domenica 20 novembre 2011

Sfruttamento degli anziani

Una idea che mi frulla in testa da tempo.

Certe attività effettivamente una persona di una certa età ha difficoltà ad eseguirle.
Ma ha una esperienza incredibile, magari non allineata alle tecnologie attuali, ma ben solida.

E se noi da un certo punto in poi facessimo delle regole per le quali (incentivi fiscali per la persona e per le aziende) l'anziano resta in azienda come tutor dei giovani a fare formazione e affiancamento? Magari part time.

Le non tasse pagate compenserebbero la pensione, l'anziano avrebbe un reddito ed una occupazione, potrebbe continuare a fare ciò che gli piace senza responsabilità operative.
Le aziende ne beneficerebbero per la formazione dei giovani.
I giovani avrebbero chi gli insegna davvero un mestiere con competenza e passione.

Sapeste quante volte se ne va l'anziano artigiano capacissimo nel suo lavoro e le aziende si trovano in difficoltà!

sabato 19 novembre 2011

Sfruttamento giovanile

In mio tweet di ieri ha avuto qualche successo e causato qualche polemica.

Premesso che di studenti universitari ne ho due in casa, pur essendo possibile l'idea  che siano i miei ignoranti e tutti gli altri eruditi, ho anche una lunga frequentazione di studenti.
Prima direttamente, in tempi caldi, nei quali il rischio era prendersi una pallottola, dove ho frequentato gente e riunioni di tutto l'arco costituzionale e ben oltre e poi frequentando le scuole per fare relazioni ed orientamento.

E confermo quanto detto, troppo spesso l'esuberanza giovanile, la voglia di cambiare il mondo e di fare casino vengono sfruttati da altri con ben altri scopi.

I dati delle manifestazioni di ieri parlavano di qualche migliaio (2/3) di studenti per città. A Milano quanti studenti universitari ci sono? 20/30.000?
Quindi il 10% era in piazza (ammesso fossero tutti studenti) e il 90% era a fare lo studente, cioè a studiare.
Dalle facce viste nelle foto molti o erano parecchio fuori corso o non erano studenti ma Cobas, gli altri organizzatori.

Gli studenti sono comodi, basta una miccia e scendono in piazza a rimpolpare le manifestazioni di tutti. Uno sciopero e un giorno di scuola saltato sono da sempre una facile attrattiva. Poi il grosso si perde nei bar strada facendo e non sa neppure le ragioni dello sciopero ma il risultato per andare sui giornali è ottenuto.

Anche in nelle territoriali di Confindustria o altre organizzazioni quando certe manifestazioni o incontri mostrano dubbi sulla partecipazione sfruttano gli studenti per avere poi una sala piena. (ho qualche dubbio che poi la maggior parte stia a sentire, ma fa parte delle cose).

Ma veniamo a nocciolo della questione, sulla strumentalizzazione.
Partendo dal lavoro.

Con il mestiere che faccio, e visto che ho una azienda che è sempre stata in crescita e non se la sta cavando male anche nella crisi, il discorso di assunzioni, per fortuna, è da noi abituale.
E quindi so bene il meccanismo che si avvia. Tenete presente che con oltre 50 persone per noi le regole per i licenziamenti sono quelle dei grandi.

Il problema principale che abbiamo è quello della instabilità dei mercati. E' difficile prevedere cosa succederà tra due mesi con alti e bassi molto forti e una serie di fermi e improvvisi riavvii difficili da governare.
Giusto ieri, neppure a farlo apposta, in viaggio con mio padre parlavamo di due ragazzi che sono da noi come interinali che sono molto in gamba.

Ma so già, come è accaduto tante altre volte il meccanismo che partirà.
Sono bravi, sono così rari quelli bravi e che si impegnano (di questo riparlerò ma ho già parlato) che vale la pena di offrirgli un lavoro fisso.
Nel modo ideale licenzierei quei due lavativi che abbiamo (in tutte le aziende ce ne sono) e li sostituirei, applicando la meritocrazia, con due giovani in gamba.
Nella realtà siccome non posso licenziare i due lavativi comincerà il balletto su che prospettive di lavoro abbiamo per i prossimi mesi, sull'organico ideale, su come fare fronte ai picchi (interinali o straordinari) e tutta una serie di cose di gestione.
Alla fine so già che, se va bene, otterranno probabilmente un contratto a tempo determinato di un anno, in attesa di vedere come va il lavoro.

Ecco questi sono i giovani che scendono in piazza a difendere l'articolo 18? Uno dei più grossi limiti alla meritocrazia che tutti dicono di volere in Italia?
Ah se non ci fossero gli interinali, non assumeremmo, faremmo molti più straordinari come mille altri o sposteremmo fuori alcuni lavori. Tanto per sgombrare il campo dall'idea che siano il male. E quei due non avrebbero neppure i 6 mesi di lavoro.

Pensioni: Per mantenere l'equilibrio delle pensioni i contributi dei giovani sono sempre più alti andando a tagliare fortemente i loro redditi netti.
L'idea è che quei contributi servano per la loro pensione.
No, quelli INPS servono per pagare la pensione del loro papà, mamma, nonno, zio magari andati in pensione a 50 anni con le vecchie regole e che stanno prendendo una pensione commisurata agli ultimi stipendi gonfiati a fronte di contributi molto bassi versati.
Mentre i giovani difficilmente potranno godere di regole anche lontanamente comparabili.

Insomma un paio di casi dove i giovani scendono in piazza a difendere i privilegi di chi li chiama in piazza mentre il mondo è cambiato e quei privilegi loro non li avranno mai.
E certo non possono ottenerli scendendo in piazza.

Sta diventando un poema ma voglio anche parlare del tema di questi giorni.

La discesa in piazza preventiva su un governo che non è neppure ancora insediato per me è appunto strumentalizzazione.
Si contesta qualcosa senza neppure sapere cosa. In amicizia, per spirito di contestazione del quale i giovani sono pieni.
D'altra parte scendono per difendere le università ispirati dai baroni che le università le hanno rovinate contro persone che hanno saputo creare una delle migliori università italiane dove, mi dicono, il merito (e non il censo) è fortemente applicato.

Ma vogliamo parlare di banche e debito?

Il debito l'abbiamo creato tutti, chi più chi meno.
Io ho avuto una nonna che per 30 anni ha preso una pensione di reversibilità senza avere mai versato una lira di contributi non avendo mai lavorato.
Tanti tanti anni fa, quando la situazione era completamente diversa, anche noi in azienda (come tutti, intendiamoci era la regola) avevamo sacche di nero sia nelle vendite sia con i collaboratori.
Anche a me è capitato di pagare in contanti per evitare l'IVA o in cambio di uno sconto (ed è evasione).
Molte aziende (non la nostra) hanno prosperato vendendo alla PA a prezzi enormemente gonfiati.
Molti dipendenti della PA hanno fatto ben poco di quello per cui erano pagati (e magari avevano altri lavori in nero).
Tutte cose che hanno contribuito a creare il debito.

L'altro lato della medaglia, cari studenti, è che la pensione del nonno contribuisce magari a pagarvi gli studi o a mantenervi a casa se siete tra quelli che non studiano e non cercano lavoro (troppi).
E' che magari papà è riuscito a comperare casa col lavoretto in nero o pagando parte della casa in nero per risparmiare.

Insomma abbiamo vissuto sopra alle nostre possibilità e una quota del debito si è trasferito (attraverso sovvenzioni o minori tasse) ai privati.

Allora cari studenti se volete rinnegare il debito dovreste anche rinunciare a ciò che vi verrà lasciato, da un certo punto di vista anche alle infrastrutture. E ripartire da zero.

Sulle banche poi, siccome gestiscono i soldi di tutti noi, stanno fallendo perché noi di soldi non ne abbiamo quasi più, e i titoli di stato gli investitori non li vogliono più quindi si sono svalutati e le banche ne sono piene per tenere in piedi in nostro malridotto stato.
Ma lì dentro ci sono i nostri soldi e se la banca salta noi potremmo non rivedere i nostri soldi. Chiedete a papà se gli sta bene e con che cosa vivrete poi.

La speculazione internazionale è un bella scusa, ma voi prestereste 1000 euro al vostro amico che chiede soldi sempre a tutti, va in giro con una bella macchina, spende e spande mentre sapete che guadagna 800 euro al mese?

L'impressione, visti da fuori, è che mentre i genitori e noi tutti (finanziando l'università, i treni a prezzo politico, le strade su cui marciate) vi mantengono voi scendete in piazza a fare casino.

Per appoggiare altri che hanno solo il fine di posizionarsi in una certa area politica. Ma non per voi, perché quello è lo spazio che occupano, poi sul da farsi lanciato qualche slogan in TV alla prima votazione sul tagliare le pensioni dei parlamentari o qualche privilegio votano compatti con tutti gli altri (magari a favore ma dopo aver controllato i numeri e di essere in forte minoranza).

venerdì 11 novembre 2011

Tradimenti

Cari signori del Pdl (e leghisti) sento dai notiziari che appoggiare il governo Monti sarebbe un tradimento della volontà popolare perché la gente aveva votato per Berlusconi.

Non sono un vostro elettore (diciamo lo sarei potenziale) ma il governo una volta eletto rappresenta teoricamente tutti.

Lasciatemelo dire.

Il vero tradimento è già stato consumato, perché gli elettori non vi hanno votato per far fare a Berlusconi i cazzacci suoi e mettere a posto le sue cose.
Vi hanno votato, credetemi, fidandosi (a questo punto a torto) che avreste fatto le promesse riforme in senso liberale dello Stato e che avreste abbassato le tasse.

In questo momento, per le riforme non fatte e anche per colpa vostra che avete aumentato le spese, abbassare le tasse è impossibile.

Allora almeno appoggiate un governo che faccia le riforme che non avete fatto e farete felici i vostri elettori e (mi si perdoni il francesismo ma viene dal cuore) non rompete i coglioni.

E se volte veramente fare contenti davvero i vostri elettori dimezzatevi, e nel prossimo parlamento andateci in 300.

mercoledì 9 novembre 2011

Circolare, circolare

Il tipico errore del neo-imprenditore è confondere i flussi con il fatturato.
E non capisce perché fattura così tanto ed è sempre senza soldi.

C'è una cosa che si chiama capitale circolante ed è la croce e delizia di qualsiasi attività economica.
Se avete un supermercato chi paga lo fa immediatamente all'acquisto, alla sera versate in banca il gruzzoletto delle vendite giornaliere (ma dovete finanziare il materiale sugli scaffali e in magazzino).
Se vendete ad un supermercato questo paga magari (in questo periodo inteso come auspicio) a 120 giorni. Quindi dovete finanziare tutto il periodo di transito del materiale, la mano d'opera e delle spese varie e i 4 mesi del pagamento.

Facendo quattro conti si capisce che il supermercato lucra proprio sui soldi che incassa e paga dopo parecchio, mentre il fornitore ha bisogno di soldi per finanziare l'operazione, quindi va dal fornitore di soldi, che si chiama banca.

Come intuisce facilmente chiunque maggiore è il tempo totale (pagamento+transito) più soldi ho bisogno. E più lavoro più ho bisogno soldi.
Attraverso i flussi di cassa positivi, e gli utili che dovrei avere sul prodotto, poco a poco riduco la necessità di soldi e comincio ad autofinanziare pezzi del magazzino e poi sempre di più.

Allora il primo problema è come diminuire quel tempo totale.
Facile, teoricamente: chiedere ai clienti di pagare alla svelta. Teoricamente.
La realtà è poi che in tempi di crisi tutti pagano male e in ritardo.
Maestra in questo è la pubblica amministrazione (che poi come percettore diventa super fiscale se ritardi di un giorno a pagare tu).

Peggiore è la puntualità e velocità di pagamento, maggiore è la mia necessità di cassa e l'ingovernabilità dei flussi.
Ma le banche non mi danno materia prima (denaro) infinita, anzi, e come da regola di mercato più ne ho bisogno e più me la fa pagare.
Quindi l'idea geniale è quella di non pagare i fornitori, che a loro volta in difficoltà cadranno nel girone infernale.

Fino a che le banche di soldi ne avevano fin troppi, il lavoro "girava" e c'erano dei margini decenti tutti si occupavano poco di flussi di cassa. Era meglio fatturare e portare a casa margini. Dei quali spesso la banca era il maggiore beneficiario, ma rimaneva qualcosa per l'azienda.

Oggi invece siamo nella situazione nella quale le banche non hanno soldi: non si fidano neppure tra di loro e non se li prestano e ci sono anche quei simpaticoni dello Stato che li "invitano caldamente" a comperare titoli del debito pubblico che diventano immobilizzazioni perché il loro valore attualmente è in caduta libera.

E non avendo soldi non li danno ai clienti.
I quali ne avrebbero bisogno per pagare i fornitori (i dipendenti sono fornitori di mano d'opera).

Insomma come capite quello che sta uccidendo le aziende non è il fatto che le banche non gli danno soldi, ma che i loro flussi sono negativi. Anzi una corretta azione aziendale in questo momento dovrebbe puntare tutto sui flussi e non sui margini.
Privilegiando clienti che pagano, e veloci.
Dovrebbero rinunciare al lavoro se pagato tardi e male, perché aumenta le loro necessità di cassa e peggiora la situazione. Lo so che è dura ma a fare bene i conti conviene.
In un mondo ideale dove tutto è pagato in contanti non avrei bisogno di fidi dalle banche se non per gli investimenti.

Non a caso le aziende che soffrono meno in questo momento sono quelle che lavorano con l'estero dove (perlomeno fino a qualche mese fa) i pagamenti sono più veloci e regolari.
Non a caso la Francia ha introdotto, appena la crisi è partita, stringenti regole anche per i pagamenti tra privati.
Non a caso diversi paesi hanno accelerato la loro velocità di pagamento ai fornitori della pubblica amministrazione (alcuni ormai puntano ai 10, si dieci avete letto bene, giorni) per attenuare i problemi della crisi di liquidità bancaria.

Da noi, come spesso accade, han fatto l'opposto, per ridurre i deficit (ricordate che lo Stato funziona per cassa e non per competenza) semplicemente smettono di pagare.
E io benedico ogni giorno le scelte che abbiamo fatto tanto tempo fa. Estero e nulla alla PA.

lunedì 7 novembre 2011

Insostituibili

Berlusconi aveva basato all'inizio la sua comunicazione sul "saper fare" derivante dall'aver fatto e guidato importanti aziende.

Ma ha applicato il peggio di quella cultura al governo.

Una delle cose peggiori che possano accadere ad una azienda, e  che spesso capita, è proprio quanto sta accadendo nel governo.

Ci sono anziani che hanno "fatto" l'azienda e l'hanno guidata in modo eccellente per lunghi anni (Berlusconi al governo ha fatto invero pochino) ma che poi arrivano ad essere anziani.
E con l'anzianità diventano inevitabilmente conservatori, poco disponibili a rischiare, inadeguati ai tempi per mentalità, lontani dal "sentire comune" proprio per quel successo e le sue conseguenze.
Le solite cose: abbiamo sempre fatto così, ha sempre funzionato, sono 50 anni che abbiamo successo facendo quello, tu vuoi insegnare a me, che l'ho fatta, come si guida questa azienda, i clienti se ne vanno ma vedrai che torneranno, è solo una crisi passeggera.
Per arrivare alla sindrome dell'insostituibile.

Senza di me qui non funzionerebbe nulla.

Che può anche essere vero, ma perché da pessimo leader non ha preparato adeguatamente la successione.

Ne conoscete, vero, di quelle aziende, dove i giovani talenti se ne vanno, dove l'autoreferenzialità guida le scelte, dove si sacrifica di tutto per non dispiacere il capo. Dove nell'idea dell'abbiamo sempre fatto così si sacrificano investimenti e non si cambia nulla anche se i conti non tornano più.
Ecco alla fine quelle aziende vanno in default, poi o qualcuno le compera per un pezzo di pane o falliscono. A volte muoiono semplicemente con il capo.

So bene che Berlusconi ha lasciato la guida delle aziende ai figli e non molla la poltrona di governo perché questa è strategica per mantenere il suo impero.

Ma questo ci sta portando a fondo con lui, un vecchio che si sente invincibile e insostituibile.

venerdì 4 novembre 2011

[Guest post] Fondazioni


Ricevo da un affezionato lettore un post che mi pare interessante, e quindi pubblico.
di Gianni Miltoni

Prendiamo il Comune di Siena. Nel 2010 ha riscosso 81 milioni di euro e ne ha spesi 88. Non c’è più l’ICI, i trasferimenti dallo Stato scarseggiano e anche gli enti locali tirano la cinghia. Fortuna che a riequilibrare il bilancio del comune senese ci pensa la generosa e ricca Fondazione MPS con circa 10 milioni di euro di “contributi decennali destinati al pagamento di rate di BOC (bond comunali) per piani di manutenzione straordinaria della città”. La generosa e ricca Fondazione MPS: una fondazione no profit di origine bancaria, nata insieme a tante altre all’inizio degli anni ’90, dal conferimento di una banca pubblica (Banca MPS) da parte dello stato. Benché sia stata creata con un bene pubblico, benché subisca la vigilanza del Ministero dell’Economia, le Fondazione MPS (come gli altri Frankenstein generati dalla legge Amato-Carli) può dirsi un ente di diritto privato e il suo patrimonio di quasi 6 miliardi di euro (2 miliardi in più di quanto rientrò in Italia con il precedente scudo fiscale) è gestito in autonomia da organi deliberanti nominati da Comune di Siena, Provincia di Siena, Regione Toscana, Università degli Studi di Siena, Arcidiocesi di Siena. Scopo della Fondazione MPS è il mantenimento nella città di Siena della sede e della Direzione Generale della Banca Monte dei Paschi di Siena e il perseguimento di fini di utilità sociale nei settori della ricerca scientifica, dell’istruzione, dell’arte, della sanità, dell’assistenza alle categorie sociali deboli, della valorizzazione dei beni e delle attività culturali mantenendo e rafforzando i particolari legami con Siena. Tutto molto nobile. Certo, magari 5 milioni di euro per 40 dipendenti della Fondazione MPS (125 mila euro di costo medio, medio eh!) sono tanti in tempo di austerity, per non parlare dei 2 milioni di euro per i 29 membri degli organi deliberanti che si riuniranno in Fondazione sì e no una volta al mese. Epperò come criticare un’istituzione così generosa? Le erogazioni sono state numerose nel 2010: 779 per un totale di quasi 70 milioni di euro. Si va dal finanziamento di borse di studio, ai 120 mila euro per il Festival di San Galgano passando per i summenzionati contributi in favore del comune per la manutenzioni di strade, teatri e chiese.
Insomma, meno male che c’è santa Fondazione MPS che riversa una tale pioggia denaro nel piccolo territorio senese supplendo alle carenze di Stato e Comune. Purtroppo però la pacchia sta per finire. I dividendi dalla partecipazione in MPS si sono prosciugati e, anzi, la banca continua a chiedere aumenti di capitale che la Fondazione MPS deve per forza sottoscrivere per rispettare la sua mission statutaria (il controllo della assoluto della Banca). In estate la Fondazione ha già sborsato un miliardo indebitandosi in parte con altri istituti di credito (ah, i rischi sistemici) e se passerà la linea dura del’EBA (l’agenzia europea che vigila sul patrimonio delle banche), MPS potrebbe trovarsi a dover deliberare un altro aumento di capitale da 3 miliardi di euro, di cui la Fondazione MPS dovrebbe sottoscrivere 1,5 miliardi di euro. E dove dovrebbe trovarli? E’ certo che il territorio senese nei prossimi non potrà contare molto sulle erogazioni di Santa Fondazione, nonostante il suo patrimonio di 5 miliardi di euro.
E se la Fondazione rinunciasse a sottoscrivere l’aumento di capitale diluendosi e, anzi, vendendo un po’ delle azioni esistenti per finanziarie gli interventi sul territorio? Non si può fare per statuto. L’avesse fatto tre anni fa, magari fondendosi con l’allora Sanpaolo Imi, la città di Siena ora potrebbe contare su un patrimonio ben più consistente e al sicuro dalla crisi del settore bancario (come ha fatto la Fondazione Roma per la sua originaria partecipazione in Cassa di Risparmio di Roma, diventata Banca di Roma, poi Capitalia, poi Unicredit e progressivamente dismessa sul mercato).
Il caso senese è solo un esempio. In Italia ci sono un’ottantina di fondazioni che controllano complessivamente un patrimonio di 50 miliardi di euro (un poco meno della finanziaria varata per il piano anti crisi) attraverso organi deliberanti autoreferenziali, autonomi e nominati dagli enti più disparati (arcidiocesi, comuni, sindaci, provincie, arcivescovi, accademie, rettori, etc.). Questi enti non solo controllano un’importante massa finanziaria in molti casi, come quello senese, vitale per il territorio, ma esprimono anche i vertici di importanti istituti di credito. Nel licenziamento di Alessandro Profumo da Unicredit, prima banca italiana e uno delle prime dieci banche europee, un ruolo fondamentale è stato giocato dalla fondazione Cariverona un po’ insofferente alle mire internazionali di Kaiser Alessandro.
Il mecenatismo, la cura del patrimonio artistico del territorio, le borse di studio e la promozione delle scienze sono tutte cose nobili ma c’è da chiedersi se è auspicabile che lo stato tagli i servizi ai cittadini, la sanità e consideri persino di rubacchiare dai conti correnti bancari senza che queste fondazioni, nate da un patrimonio pubblico, siano minimamente toccate. E’ assai gretto pensare che prima di ritoccare i ticket sanitari forse bisognerebbe sponsorizzare qualche festival in meno, ma viviamo in tempi gretti e di austerity. E anche volendo sacrificarsi decidendo di non toccare il patrimonio di queste fondazioni, che d’altronde stanno lì per far del bene al territorio di riferimento (questo va riconosciuto), come si fa a garantire che quelle erogazioni siano gestite con trasparenza? Quando c’è di mezzo la cosa pubblica la trasparenza è rara, ma almeno l’ente pubblico risponde agli elettori. Le Fondazioni sono del tutto autoreferenziali. E se scorrendo le erogazioni del bilancio di Fondazione MPS si vedono cose bizzarre ma tutto sommato lodevoli, recentemente è uscito un articolo inquietante sulla gestione della Fondazione Roma (2 miliardi di patrimonio, di cui solo 0,5 ancora investiti in Unicredit).
Si fa presto, e sarebbe di un avventato robinhooddismo, proporre di nazionalizzare le fondazioni e riportare nello stato quei 50 miliardi per tagliare meno tasse. Le fondazioni hanno in parte realizzato con le risorse del sistema bancario ciò che la Lega Nord prova a fare da anni col bilancio dello stato: una distribuzione in senso federalista delle risorse. Nate da banche che raccoglievano e investivano sul territorio, le Fondazioni continuano a mantenere un forte vincolo con il territorio nello scegliere la destinazione delle loro erogazioni. Si potrebbe tuttavia pensare di rendere più sistematico e meno discrezionale il modo in cui intervengono per supplire alle carenze degli enti locali. In un periodo in cui si tagliano stipendi pubblici (o almeno si fa finta) e si chiede alle banche di tagliare i bonus, perché le fondazioni, che nelle banche hanno il loro patrimonio e nel comune il loro naturale “cliente”, non sono sottoposte agli stessi vincoli? E’ sacrosanto che le erogazioni sia decise in senso “locale” ma è altrettanto sensato che le Fondazioni abbiano tanta influenza nella gestione delle banche influenzando in senso altrettanto localistico di banche che dovrebbero aspirare a un ruolo nazionale quando non europeo? Le Fondazioni sono buoni azionisti attivi? Che dire ad esempio di Cariverona e Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna che comprano quote rilevanti di Mediobanca? Un investimento finanziario? Sì, ma fanno a cazzotti con Consob per poter esprimere un loro consigliere di minoranza nonostante il loro collegamento con azionisti di maggioranza in Mediobanca (caso Unicredit-Cariverona). Insomma, sembra che alcune di queste Fondazioni che brandiscono la loro raison d’être territoriale, sembrano aver perso di vista il territorio distratte dai giochetti di potere della finanza.
Saranno enti di diritto privato, ma le Fondazioni sembrano soffrire degli stessi vizi e degli stessi personalismi di qualsiasi ente locale. Solo che a differenza dei comuni, non hanno un elettorato, non hanno debiti e gestiscono grandi risorse finanziarie.
Una forte revisione della governance delle fondazioni sarebbe da considerare per: a) consentire di veicolare più risorse verso le amministrazioni locali alleviando i provvedimenti di austerity presi dallo stato b) sterilizzare il loro effetto nella governance della banca per rendere il nostro sistema bancario più dinamico e aperto.
Parliamo di 50 miliardi, una finanziaria. Parliamo del controllo del nostro sistema bancario. Parliamone ogni tanto.

giovedì 3 novembre 2011

Il mondo finirà nel 2012

Una delle specialità italiane è il rinvio.
Sul past due abbiamo ottenuto la solita deroga all'Italiana che scadrà il 31 Dicembre.
E nella migliore tradizione (ricordate il tessile e la Cina?) ottenuti deroga e rinvio ci avviamo fiduciosi verso l'attesa della prossima deroga e rinvio.
Peccato che non ci saranno deroga e rinvio e migliaia di aziende rischiano di trovarsi in posizione di default il 1 Gennaio 2012.

Come spesso accade se ne parla da un po' ma i miei colleghi, sempre molto indaffarati, non hanno tempo di occuparsi di queste sottigliezze.

Peccato che moltissimi hanno posizioni di "arretrati" o past due, che possono essere sconfinamenti rispetto ai fidi accordati, ritardi nei rimborsi mutui, cosine così.
E che magari lo sono da, per esempio da 45 giorni.
Fino al 31 Dicembre non succede nulla (spero la banca li avvisi almeno). Il 31 Dicembre sono 100 giorni, situazione che la banca ha sempre tollerato (anzi lucrava sulle commissioni di scoperto).
Il 1 Gennaio 2012 improvvisamente sarà fuori dai termini, passati da 180 (in deroga) a 90 e l'azienda sarà dichiarata in default. Parola che spero tutti abbiano capito cosa vuole dire: "non in grado di onorare i propri debiti".

Potete sempre chiamare un indignato e provare un default controllato o appellarvi al diritto sovrano di autodeterminazione aziendale organizzando anche un referendum tra i dipendenti. O dichiarare che i debiti li ha fatti il vostro predecessore e non è giusto che siate voi a pagarli.
Resta il fatto che nessuno vi darà più credito e le banche chiederanno, tutte, il rientro completo (esce in Centrale Rischi).
E se avete garanzie in essere potrete vederle escusse.

Bello eh? Tranquillizzante?

Cosa fare?
Intanto controllate attentamente la situazione dell'uso dei fidi, ma non fidatevi.
Andate in Banca D'Italia e controllate la vostra Centrale rischi. Capita infatti che quei simpatici ragazzi incravattati dei bancari facciano errori nella compilazione dei dati e risultino sconfinamenti o past due inesatti.

E rientrate, o rinegoziate i fidi per essere all'interno (e per la seconda cosa potrebbe essere già tardi).

Tenete d'occhio la rete, molti ne scriveranno, più preparati di me. Io ne scrivo perché so che un po' di colleghi mi seguono.
E fate girare la voce...

Ah, e se non sapete cosa è la Centrale Rischi pensate seriamente a fare un po' di formazione sulla finanza d'impresa.