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giovedì 20 gennaio 2011

Ben venga Marchionne

Premessa: è una cosa scritta diversi giorni fa, in gestazione da lungo tempo. Non la "limo" e lascio la scrittura di getto o mi metto anch'io ad autocensurarmi.

La querrelle Marchionne/FIOM occupa ormai da tempo le prime pagine dei giornali.
Sono stati versati fiumi d'inchiostro da commentatori molto più autorevoli di me.

Volevo però soffermarmi (da tempo a dire il vero) da "insider" su ciò che la cosa sta scatenando.

A scanso di equivoci chiarisco subito che sto dalla parte di Marchionne.
Perché sta sollevando un problema che non è (solo) quello sindacale, ma che sono Federmeccanica e Confindustria.
E' indubbio che negli anni le organizzazioni si stratificano, che i funzionari che dovrebbero difendere le parti alla fine sviluppano una certa contiguità e familiarità.
Detto fuori dai denti, Federmeccanica per come è stata negli ultimi anni non serve a molto e men che meno alla competitività del paese.
E' vero che gli accordi e la politica sono l'arte del compromesso, ma questo non deve fare perdere di vista l'obiettivo principale.
Non so chi di voi ha mai letto il contratto dei metalmeccanici, fatelo, è una lettura istruttiva, se volete tornare indietro di 40 anni.
Tenete presente che siamo ormai a 240 (duecentoquaranta) pagine. L'orario di lavoro è regolato in 21 agili paginette.
Troverete delle descrizioni di mestieri ed inquadramenti che risalgono ormai alla prima industrializzazione, troverete tonnellate e tonnellate di cavilli, incrostazioni e stratificazioni formatesi in anni e anni di mitico "contratto nazionale". Per dire, voi che magari siete informatici, se fate la perforazione delle schede meccanografiche o il relativo controllo sappiate che siete in 2a categoria (ma se fate perforazione E verifica 3a).

E di fronte alle richieste di molti di modernizzare e rendere più attuale il contratto ho sentito le scuse più diverse.
La verità è che non c'era e non c'è la volontà di Federmeccanica di mettere le mani sulla struttura stessa del contratto.
Troppo difficile, troppo impegnativo, troppo lavoro.
E' vero che la Fiat l'ha sempre fatta da padrone in Federmeccanica, ma la Fiat del mitico Re d'Italia sabaudo Agnelli e del non rimpianto Romiti, quella che aveva in cambio sempre qualcosa.
Oggi che è guidata da una persona che se non altro non pensa che il mondo termini con i confini della provincia di Torino e che non si sente membro dell'esercito dei Savoia, si comincia a guardare in termini di costo/opportunità, a pensare in termini globali, a vedere i fattori che rallentano lo sviluppo.
Vero che la produttività deriva da scelte aziendali e che in Italia gli imprenditori non sono molto attenti sul tema. Ma è anche vero che è tempo di finirla con i "diritti" senza responsabilità. E' ora di finirla con un sistema dove questi fattori diventano lotta ideologica e politica, spesso sulla testa di imprese e lavoratori.
Non mi sono sentito tutelato da Federmeccanica come il grosso dei miei collaboratori non si è sentito tutelato dai sindacati.

E il problema non si ferma alla figlia.
Anche la grande mamma Confindustria non è ce se la passi meglio.
Cos'è la Confindustria oggi?
Ok abbiamo problemi di cassa, ma come posso sentirmi rappresentato da gente come Eni, Enel, Poste, Trenitalia, Telecom?
Come possiamo difendere gli imprenditori se poi concediamo potere di veto ai monopolisti? Se poi un vicepresidente parla di energia e pesta i piedi all'associato Enel per difendere le PMI e viene gentilmente accompagnato alla porta?
Certo la battaglia per la legalità è basilare, ma è comoda, non intacca gli interessi di associati forti.
Invece ci troviamo a tagliare articoli ed interventi negativi sui monopoli, a pagare l'energia più che negli altri paesi, con un sistema monopolistico ed oligarchico in utility e servizi.
E anche in Confindustria non vi dico i muri di gomma se qualcuno vuole fare qualcosa di _veramente_ incisivo e che vada al di là delle belle parole.

Ben venga allora Marchionne a parlare chiaro, a rompere il giocattolo. Certo, ricatta, certo, usa a volte toni un po' forti, ma le rivoluzioni non si fanno se si è troppo educati.

E' ora di finirla con un paese dove esiste il potere di veto di chi urla di più, dove la sconfitta in una votazione democratica prevede immediatamente i distinguo e le recriminazioni (vale per la Fiom e mille altri).
E' ora di finirla di lavorare contrattando continuamente sotto il ricatto del rinvio.
La questione straordinari ad esempio, con i tempi della economia attuale è credibile potere aspettare più di un mese l'autorizzazione a fare degli straordinai?
In quel tempo puoi passare dagli straordinari all'avere nulla da fare. E a chi mi dice "programmate meglio" se vuole offro uno stage a fare programmazione della produzione. Col cliente che ormai ti chiama quando ha già venduto la merce che ti ordina, e che chiama oggi per domani. E tu che lotti per migliorare la produttività e hai sbalzi del 50% sulle necessità settimanali.
Si accomodino. Se sanno programmare esattamente a 30 giorni senza ritardi, continue variazioni e scompensi produttivi lo stipendio offerto è ottimo.

Sta diventando un romanzo (forse per quello non mi mettevo a scriverlo).

Troppe cose grigie per non dire buie si vedono anche da dentro, troppa flemma.
Purtroppo frequentando certi ambienti uno si rende conto che anche dove si aspetterebbe il contrario c'è una grande mancanza di persone con carattere e coraggio (essendoci molte donne parlar di senza palle mi pare indelicato, ma il concetto è quello).
E ci sono schiere di galleggiatori e navigatori della poltrona, bravi a parlare, gentili, educati, di gran classe e savoir faire ma incapaci di prendere una decisione che vada contro qualcuno.

E mi piacerebbe far leggere certe robe da burocratese e attenzione alla forma e ai regolarmenti che ogni tanto escono dai nostri palazzi confindustriali degni della peggiore burocrazia ministeriale.
In fondo di quello vivono, e a frequentare certi ambienti, si sa, ci si adegua.
E a sentire certe voci sulle forniture al nostro palazzone romano vengono i brividi

Ben venga allora Marchionne che porta la Fiat fuori da Confindustria e che rompe gli equilibri, anche interni e anche estetici (maglione di chi lavora, contro grisaglia)
Magari con la prospettiva di una Confindustria che perdendo i pezzi fatica a pagare gli stipendi qualcuno capirà che forse dovrebbero difendere gli interessi delle aziende.
Oppure associeranno anche i ministeri così non avranno più problemi di budget.
E faranno Berlusconi anche presidente di Confindustria, che andrà molto d'accordo con il presidente del consiglio.


PS il tutto scritto in treno di fronte a uno che lavora (a mannina) su un documento CGIL :-)

lunedì 13 settembre 2010

Forza Marchionne

A volte i simboli nascono dalle piccole cose, anche un maglione blu al posto del solito gessato può essere un simbolo in un paese dove conta più l'apparenza della sostanza.

La disdetta (alla sua scadenza, tra l'altro) del Metalmeccanici contratto 2008 è un atto che dovrebbe essere normale, visto che è già stato aggiornato con un altro.

Ma questo non è un paese normale.

Questo è un paese dove, ancora, una parte significante del paese è legata a schemi mentali di contrapposizione.
Un paese rovinato da una generazione di insegnati cresciuta nel mito del '68 (col 6 politico senza studiare) che hanno riversato nella scuola tutte le loro frustrazioni, incapacità e paranoie.
Un paese dove sento sempre parlare di diritti, ma poco o nulla di doveri.
Un paese dove i primi a cercare scorciatoie, a cercare compromessi, ad accettare situazioni inaccettabili, a credere al colpo di fortuna della lotteria, a vedere i furbi come più intelligenti degli onesti sono proprio le persone della "gente comune" che diventano poi elettori e cercano chi possa loro fare un favore più che un politico onesto.
Un paese dove la burocrazia si autoalimenta per darsi uno scopo e poter approfittare della confusione per trarne vantaggi.
Un paese dove la notizia è quando uno fa le cose normali e il suo dovere.
Un paese che ha perso la tensione morale e la voglia di migliorarsi, che insegue sogni di soldi facili e subito, che non è più disposto al sacrificio del duro lavoro giornaliero per raccogliere poi i risultati.
Un paese dove ormai da anni i sindacati (spesso ivi compreso il nostro, Confindustria) difendono se stessi e l'indifendibile, sempre più lontani dalla loro funzione di rappresentare le istanze degli iscritti. Sempre più parte del sistema essi stessi.

Un paese dove c'è ancora chi non ha capito che siamo tutti ai remi, che tocca a tutti remare e che il comandante (la politica) lo scegliamo noi quindi poco da lamentarsi se non fa il suo lavoro. Ma se tutti siamo ai remi, non remare o remare contro vuole soro dire stare peggio tutti.
Un paese dove tutto ormai è tifo calcistico e quindi meglio che l'avversario perda, anche se è una sconfitta del paese, per la soddisfazione di vederlo nella polvere.

Ci voleva Marchionne, con la sua cultura internazionale, la sua lontananza dai soliti giri per scardinare un sistema basato sugli amici degli amici. Per far saltare il compromesso di una mano lava l'altra.
Per mettere tutti davanti alle loro responsabilità.
Per minacciare di far saltare anche il nostro tavolo, quello Confindustriale, se non ci mettiamo ad essere più coerenti con la nostra funzione e meno poltronisti e burocratici.

Spero che continui, che tenga duro.
E che faccia scelte coerenti pulendo anche nella Fiat (che serva di esempio anche per gli altri) certi bubboni tipo acquisti non proprio trasparenti e pagamenti in ritardo che strozzano i fornitori.
E che contribuisca ad una Federmeccanica più moderna e aperta.

venerdì 5 febbraio 2010

No ai ricatti

A me questo signore qui piace.
Non sono mai stato particolarmente appassionato al gioco molto in voga "dagli alla Fiat".
Anche perché in Italia è già molto praticato.
 
Negli ultimi giorni è in corso la battaglia su Termini Imerese.
Fiat oramai, piaccia o no è una multinazionale e non sono proprio sicuro, che al di là della (teorica) sede centrale sia ancora da considerare italiana. E come una multinazionale si comporta. Se c'è da razionalizzare va fatto.

E' allora cominciato il fuoco di fila del Ministro Scajola, noto per la sua incapacità di avere una politica industriale, a parte il rilancio del business del nucleare (che ti fa pensare possa essere perché le centrali sono costose da costruire quindi offrono ampi margini di interessamento) o per l'aeroporto di Albenga.
Peccato che il ministro ha un modo che definirei mafioso di mandare messaggi.
Prima dice che ci saranno gli incentivi, poi, in piena bagarre per Termini comincia a dire "valuteremo", pensando di piegare così Fiat al suo volere.

Peccato che il signore col maglioncino, il cui mercato ormai è globale e la produzione idem gli abbia risposto "no problem" e abbia risposto proprio sul punto debole del ministro, chiedendo "una seria politica industriale".

E la cosa non arriva dal maneggione Romiti, arriva da uno che ha rivoltato l'azienda come un calzino rimettendo al centro, finalmente, il prodotto.

Evitare i soliti commento "socializzare le perdite, privatizzare i profitti" ne è piena internet, e cercate di spiegarmi perché una azienda dovrebbe mantenere uno stabilimento inefficiente in una fase di sovracapacità produttiva.
Ed evito qualsiasi commento sullo sciopero come strumento per mantenere aperta una fabbrica (al limite invoglia ad accelerarne la chiusura).

domenica 11 febbraio 2007

Segnali

Nell'arte del management i segnali e i comportamenti sono più importanti delle parole.

Mi spiace trovarmi in compagnia di Bertinotti, ma devo dire che Marchionne mi piace sempre di più.
Con l'occasione rispondo anche ad un commento di Marco S. su un mio post che mi diceva spiegami perché epurare i bugianen porta bene alla fiatte.

Cito a memoria perché non so se saprei ritrovare il libro in cui l'ho letto. Fiat è stata sempre organizzata alla "Savoia" e in modo molto simile a quello militare. Non a caso c'è una tradizione militare negli Agnelli, Gianni e senior.
Quindi rigida catena di comando, struttura piramidale e "caste" a seconda del livello. Mi narravano che alle cene dove c'era molta dirigenza Fiat comunque i tavoli erano divisi per "livello" quindi un middle manager non poteva in nessun caso sedersi con un top manager. Un pò come la mensa ufficiali, sottufficiali e truppa.
Unito a questo la scuola ufficiali era considerato un ottimo bacino per andare a cercare il management e per abitudine si sono sempre preferiti i piemontesi, permeati del mito Fiat e psicologicamente adatti a quel tipo di organizzazione.
La presenza di uno come Romiti (che come intelligence certo batteva 100 a 0 quei quattro polli di Telecom) non migliorava certo la situazione. Per lui l'auto era probabilmente una rottura di palle. Non a caso fece fuori Ghidella (certo non uno stinco di santo come molti a quel livello) che voleva una Fiat auto-centrica e nel suo mandato seppe dare una chiara impronta di prodotto con auto di livello tipo la Duna.

Torniamo all'oggi. Dicevo che i segnali sono importanti.
Già il marketing si è evoluto con ottime iniziative come il blog di lancio della Bravo.
Presentarsi all'appuntamento con gli analisti in maglione (cosa normale in Usa) è un segnale.
Dire "sono un metalmeccanico" è un segnale.
Ma con una situazione come quella raccontata prima che l'amministratore delegato, un sabato si presenti insieme a diversi suoi collaboratori a vendere le auto è una specie di bomba atomica.
Immagine? Certo, ma anche segnale per tutti i dipendenti e il mercato.

Anche nelle piccole aziende troppo spesso l'imprenditore o il management si chiude in ufficio e nulla sa del processo per il quale il suo prodotto è poi venduto sul mercato.
Non parlano con le persone che acquistano il prodotto per capire perché hanno preso quello e non quello di un concorrente.

Andare in mezzo ai clienti per un'azienda come Fiat è il segnale che occorre cambiare strategia (e molto è stato fatto) e fare macchine per i clienti, non che piacciono ai tecnici o peggio che hanno una strategia solo di costo.

E spero che il fatto che l'Ad di Fiat "scenda in strada" convinca i troppi che stanno chiusi in ufficio a farlo. Quanti hanno mai provato ad andare ad acquistare un proprio prodotto in modo anonimo? Provare per credere.