Come spesso accade quando si parla di qualcosa si tende a generalizzare.
Un po' come quando si dice che gli imprenditori evadono le tasse.
Sono affermazioni frutto da una parte del sentire comune o di "medie" tra le varie sfumature.
Ma il mondo, notoriamente, non è bianco o nero ed esistono infinite sfumature di grigio.
Per la Cina vale lo stesso discorso.
Esistono oggi tante Cina, come esistono, chi può negarlo, diverse Italia.
Nel mondo del business per quella che è la mia esperienza la Cina è molto simile all'Italia.
A fianco di aziende che sono cresciute e sono attori importanti sul mercato globale, con propri reparti di R&D, di progettazione, di marketing, organizzate come vere aziende esiste tutto un sottobosco che vive ai margini della legalità.
Per intenderci, aziende come l'ormai tristemente nota Foxconn sono quasi sicuro che non fanno copie, pagano poco, ma in modo allineato al mercato locale i dipendenti, ha una sua struttura.
E producono prodotti di buona qualità-
Poi ci sono migliaia di aziende del sottobosco che operano ai limiti (per non dire oltre) della legge.
Sono piccole aziende che schiavizzano i dipendenti, vivono di copie, di prodotti di pessima qualità, magari contenti materiali dannosi per la salute.
Non molto distante dall'Italia di un po' di anni fa, e per certi versi, in alcune zone, anche di quella di oggi.
Di quale Cina parliamo allora quando, come nei commenti di qualche recente post si accusano gli imprenditori italiani di non voler accettare la concorrenza?
Dai dati che ho produrre con qualità comparabile alla nostra costa, in Cina, tra il 30 e il 40% in meno (almeno nel metalmeccanico) che, intendiamoci, è moltissimo.
Ma ben lontano da quell'80% in meno che a volte si vede sul mercato.
Il problema di noi piccoli è che come concorrenti ci troviamo questi piccoli fuorilegge, non le aziende serie ed organizzate.
Ed è questo che ci fa alterare.
Ma vale non solo per le aziende cinesi. Chi lavora non in regola in Italia, parimenti, ci fa concorrenza sleale.
Noi la nostra parte la facciamo, e se non la facciamo il mercato ci punirà.
Ma vorremmo competere senza trucchi.
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domenica 13 giugno 2010
lunedì 31 maggio 2010
Facile profeta
Da tempo sostengo: per quanto tempo gli ex contadini cinesi si accontenteranno di uno stipendio da fame?
La mia teoria era che con la facilità di comunicazione di oggi e con l'ambiente che c'è in fabbrica (pettegolo) anche là dove ci sono le dittature, prima o poi l'ex contadino pagato qualche decina di dollari al mese avrebbe saputo che il manager europeo prendeva quasi centinaia di volte in più. E anche l'operaio specializzato cinese lì di fianco guadagna molto molto di più.
E avrebbe saputo quanto erano gli stipendi in Europa e USA.
Quindi avrebbe cominciato a alzare la testa.
Tenete conto che è vero che in campagna guadagnano meno, ma con il lavoro in campagna il cibo non ti manca. E di solito la casa (o baracca) per vivere ce l'hai.
In città lavorando in fabbrica hai molte più spese.
Sono di questi giorni le notizie di scioperi e rivendicazioni in diverse fabbriche cinesi.
Certo, ci vorranno decenni prima che raggiungano i nostri stipendi, ma intanto la "fabbrica del mondo" comincia a diventare più cara.
La mia teoria era che con la facilità di comunicazione di oggi e con l'ambiente che c'è in fabbrica (pettegolo) anche là dove ci sono le dittature, prima o poi l'ex contadino pagato qualche decina di dollari al mese avrebbe saputo che il manager europeo prendeva quasi centinaia di volte in più. E anche l'operaio specializzato cinese lì di fianco guadagna molto molto di più.
E avrebbe saputo quanto erano gli stipendi in Europa e USA.
Quindi avrebbe cominciato a alzare la testa.
Tenete conto che è vero che in campagna guadagnano meno, ma con il lavoro in campagna il cibo non ti manca. E di solito la casa (o baracca) per vivere ce l'hai.
In città lavorando in fabbrica hai molte più spese.
Sono di questi giorni le notizie di scioperi e rivendicazioni in diverse fabbriche cinesi.
Certo, ci vorranno decenni prima che raggiungano i nostri stipendi, ma intanto la "fabbrica del mondo" comincia a diventare più cara.
martedì 16 marzo 2010
Non tutto è perduto
Non tutto è perduto nella nostra battaglia contro la Cina.
Esiste una speranza, visto il consulente che hanno assoldato.
Esiste una speranza, visto il consulente che hanno assoldato.
martedì 20 maggio 2008
Mi faccio orrore

A volte ho pensieri che mi spaventano e mi fanno schifo.
Quando c'è stato il terremoto in Cina il primo pensiero è stato: speriamo sia crollata qualche fabbrica di quelle che fanno le copie.
Una roba orribile. Lo so benissimo, e mi fa schifo,
Forse facevo meglio a non scriverlo ma sono, così, a volte condivido con voi pensieri che fatico a condividere con me stesso.
Ma a tanto può arrivare l'uomo, a tanto può portarti l'odio per chi ti sta avvelenando il mercato e il futuro.
domenica 16 marzo 2008
Liberisti
Finalmente abbiamo un bell'esempio dai miti dei nostri compagni.
La Cina fa vedere che è effettivamente cambiata e dopo il boom economico cerca di mettere a posto le cose in Tibet.
Ma non temete, gli interessi in gioco per quella che è diventata la fabbrica a basso costo del mondo sono troppo alti, non ci saranno ripercussioni sul piano internazionale.
E boicottare le olimpiadi sarebbe comodo per loro.
Sarebbe meglio boicottare i prodotti ma avevo letto di una americano che ci ha provato poi ha dovuto desistere.
Si sa, la legge non è uguale per tutti.
A Cuba invece, momento di innovazioni, sarà possibile comperare computer e TV.
Queste sono innovazioni.
La Cina fa vedere che è effettivamente cambiata e dopo il boom economico cerca di mettere a posto le cose in Tibet.
Ma non temete, gli interessi in gioco per quella che è diventata la fabbrica a basso costo del mondo sono troppo alti, non ci saranno ripercussioni sul piano internazionale.
E boicottare le olimpiadi sarebbe comodo per loro.
Sarebbe meglio boicottare i prodotti ma avevo letto di una americano che ci ha provato poi ha dovuto desistere.
Si sa, la legge non è uguale per tutti.
A Cuba invece, momento di innovazioni, sarà possibile comperare computer e TV.
Queste sono innovazioni.
venerdì 17 agosto 2007
Noi, cinquanta anni fa
Il problema dei giochi Mattel riporta in evidenza la Cina. Da un lato sottoscrivo quanto detto da Steve, anzi il problema è che là di regole non ce ne sono proprio e qui ormai regolamentiamo anche quante volte si può andare in bagno (i bagni nelle fabbriche cinesi non esistono proprio).
Qualche sera fa in una delle mie rare presenze davanti alla TV ho visto un pezzo di un documentario strano, patitola per la storia del socialismo, arriva alla masturbazione (messaggi subliminali?) torna alla storia industriale.
E ho visto i film delle barche cariche di emigranti, dell'esodo dalla campagna alle città per fornire mano d'opera alle grandi aziende (non a caso Torino è sempre stata la seconda città del Sud come popolazione dopo Napoli).
E l'ambiente che trovavano in fabbrica, i diritti, gli orari ecc ecc credo fossero non molto dissimili da quello che trovano oggi in Cina gli agricoltori attirati nelle città per lavorare in fabbrica.
Insomma, come sempre accade la storia non è che un ripetersi delle cose già successe.
Noi 50 anni fa, i cinesi oggi, l'Africa dopodomani (forse)
Peccato che questa volta siamo noi quelli che vengono colpiti dalla concorrenza cinese, che ne subiamo le conseguenze.
Da un lato vorrei che anche loro dovessero rispettare le regole che noi abbiamo, così è facile farci concorrenza, in un paese dove se fai attività sindacale si arriva alla pena di morte certamente è più facile fare impresa sfruttando la mano d'opera (e qui avrei molto da dire sull'atteggiamento dei nostri sempre presenti sindacati).
Dall'altro però voler imbrigliare nelle 100.000 assurde regolette che noi ci ritroviamo per colpa di una politica e una burocrazia autoalimentante sarebbe allo stesso modo concorrenza sleale verso chi, in fondo, in molti casi nella piramide di Maslow è ancora alla base: mangiare tutti i giorni.
Questa credo sia oggi la grande sfida della globalizzazione.
Il buon senso direbbe di fare "un po' per uno", qualche regola in più per loro, qualcuna in meno per noi. Ma dubito la nostra burocrazia possa rinunciare a quello che gli permette di sopravvivere.
Tornerò sul tema parlando di multinazionali.
Qualche sera fa in una delle mie rare presenze davanti alla TV ho visto un pezzo di un documentario strano, patitola per la storia del socialismo, arriva alla masturbazione (messaggi subliminali?) torna alla storia industriale.
E ho visto i film delle barche cariche di emigranti, dell'esodo dalla campagna alle città per fornire mano d'opera alle grandi aziende (non a caso Torino è sempre stata la seconda città del Sud come popolazione dopo Napoli).
E l'ambiente che trovavano in fabbrica, i diritti, gli orari ecc ecc credo fossero non molto dissimili da quello che trovano oggi in Cina gli agricoltori attirati nelle città per lavorare in fabbrica.
Insomma, come sempre accade la storia non è che un ripetersi delle cose già successe.
Noi 50 anni fa, i cinesi oggi, l'Africa dopodomani (forse)
Peccato che questa volta siamo noi quelli che vengono colpiti dalla concorrenza cinese, che ne subiamo le conseguenze.
Da un lato vorrei che anche loro dovessero rispettare le regole che noi abbiamo, così è facile farci concorrenza, in un paese dove se fai attività sindacale si arriva alla pena di morte certamente è più facile fare impresa sfruttando la mano d'opera (e qui avrei molto da dire sull'atteggiamento dei nostri sempre presenti sindacati).
Dall'altro però voler imbrigliare nelle 100.000 assurde regolette che noi ci ritroviamo per colpa di una politica e una burocrazia autoalimentante sarebbe allo stesso modo concorrenza sleale verso chi, in fondo, in molti casi nella piramide di Maslow è ancora alla base: mangiare tutti i giorni.
Questa credo sia oggi la grande sfida della globalizzazione.
Il buon senso direbbe di fare "un po' per uno", qualche regola in più per loro, qualcuna in meno per noi. Ma dubito la nostra burocrazia possa rinunciare a quello che gli permette di sopravvivere.
Tornerò sul tema parlando di multinazionali.
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