Si parla tanto di OTA, così odiate dagli albergatori.
Come potete immaginare viaggio abbastanza, sia per lavoro che per diletto, quindi mi capita abbastanza di prenotare alberghi.
Da anni uso uno dei principali operatori web, visto il numero di prenotazioni ho spesso anche accesso a offerte speciali.
Il processo di prenotazione è integrato e velocissimo, la mail viene letta da gmail che me la mette in agenda, inoltre la giro ad un servizio che mi permette di organizzare i viaggi (e legge le mail programmando voli, alberghi ecc).
L'altro giorno dovevo andare in una albergo che come azienda usiamo abbastanza e col quale abbiamo contatto diretto.
Ero fuori per appuntamenti e, mentre ero al telefono per altre cose, chiedo ad una mia collaboratrice, che ha il contatto, di farsi dare il prezzo per la notte che mi serviva e mandarmi una mail.
Mentre sono in metropolitana a Milano ricevo la mail col prezzo, apro l'app dell'OTA, vedo lo stesso prezzo e con due click prenoto.
Il giorno dopo arrivo in albergo e neanche a farlo apposta mi fa il check in la persona che segue le prenotazioni.
Diciamo due cose e poi mi dice che si è stupita di vedere arrivare la prenotazione attraverso l'OTA "visto che il prezzo era lo stesso".
Io altrettanto stupito la guardo e le dico "guardi che proprio perché era lo stesso ci ho messo meno a fare la prenotazione con l'OTA" E intanto penso che avrei dovuto rispondere alla mia collaboratrice, che avrebbe dovuto a sua volta ritelefonarvi, conoscendovi le avrete chiesto il numero di carta di credito o la conferma ecc ecc
Lei mi dice "ma sa con l'OTA paghiamo le commissioni"
Non so se ha compreso la mia faccia che diceva "e a me cosa interessa?"
Poi lei si è messa a raccontarmi che hanno un sistema di prenotazione del gruppo (è un gruppo grande) con le offerte ecc ecc.
Le ho fatto presente che uso almeno 5/6 catene diverse e forse fare il giro di tutti ogni volta è macchinoso (password, utente ecc).
Insomma secondo lei se il prezzo è lo stesso io dovrei passare da loro.
Tralascio la motivazione "le possiamo cancellare la prenotazione" perché chi ha esperienza con le prenotazioni di alberghi sa quanto questo comporta spesso grandi discussioni.
Invece se il prezzo è lo stesso io uso il servizio che mi offre la migliore "user experience" che nel mio caso è il massimo risparmio di tempo e non finire in un cesso di albergo (le recensioni sono un buon filtro).
Se il viaggio non è "certo" uso alberghi che mi offrono la cancellazione prenotazione.
Vedo in due secondi le opzioni (colazione, tipo stanza) e posso filtrare i servizi (sono in auto e ho bisogno il garage, la palestra, il ristorante) e vedere la posizione sulla mappa, cosa che i siti delle strutture spesso richiedono navigazione e molto spesso non sono esplicite.
Insomma, cari albergatori, lo so che avete speso qualche soldino per fare un sito, magari con l'ultima news del 2013, quando è stato fatto, quando non, come ho visto recentemente, la pagina con "news di prova".
Lo so che il sito vi piace tanto, ma o il prenotare direttamente mi offre del valore aggiunto oppure vado dove ho il servizio per me migliore.
Nel mio caso il risparmio di tempo è basilare.
Datemi retta, ringraziate che gli OTA ci sono, che in cinque secondi vi danno visibilità e mi fanno prenotare. Perché non sono così sicuro che vi troverei se non ci fossero.
E come dice il mio amico Gianluca siete sicuri che gestione professionale del sito, della rete, sistema prenotazioni efficiente ecc vi costino meno delle commissioni dell'OTA?
Visualizzazione post con etichetta Fare impresa. Mostra tutti i post
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giovedì 11 febbraio 2016
mercoledì 26 giugno 2013
Bla bla bla bla
Il governo vara il bonus per i nuovi contratti.
Parla di 200.000 posti che nasceranno. Anzi, nasceranno nel testo non c'è, mi sa che è il titolista del Corsera che usa frasi ad effetto (lassativo).
lo so che per chi è dirigista nell'anima o creazionista (entrambi ben rappresentati al governo) il lavoro si crea dal nulla.
Il lavoro invece si crea dal lavoro di altre persone: imprenditori, tecnici, venditori.
Il lavoro si crea mettendo chi fa impresa in grado di crescere, di competere. Non incentivando per qualche mese con quattro spiccioli le assunzioni.
Invece questo paese sta facendo di tutto per uccidere le sue aziende, il suo tessuto economico e produttivo, al fine di mantenere il livello di spesa (e di sprechi) della pubblica amministrazione.
Poi si lava la coscienza sui giovani, che continueranno giustamente ad andarsene in paesi più accoglienti, con il solito pannicello caldo temporaneo.
La svolta non si vede, e se all'estero i governi di grande coalizione sono serviti a fare le riforme, qui servono a garantire in modo incrociato i garantiti.
Parla di 200.000 posti che nasceranno. Anzi, nasceranno nel testo non c'è, mi sa che è il titolista del Corsera che usa frasi ad effetto (lassativo).
bullshit
lo so che per chi è dirigista nell'anima o creazionista (entrambi ben rappresentati al governo) il lavoro si crea dal nulla.
Il lavoro invece si crea dal lavoro di altre persone: imprenditori, tecnici, venditori.
Il lavoro si crea mettendo chi fa impresa in grado di crescere, di competere. Non incentivando per qualche mese con quattro spiccioli le assunzioni.
Invece questo paese sta facendo di tutto per uccidere le sue aziende, il suo tessuto economico e produttivo, al fine di mantenere il livello di spesa (e di sprechi) della pubblica amministrazione.
Poi si lava la coscienza sui giovani, che continueranno giustamente ad andarsene in paesi più accoglienti, con il solito pannicello caldo temporaneo.
La svolta non si vede, e se all'estero i governi di grande coalizione sono serviti a fare le riforme, qui servono a garantire in modo incrociato i garantiti.
venerdì 5 aprile 2013
Uno Stato mafioso
Lo Stato andrebbe inquisito, da uno dei nostri solerti giudici star, per concorso esterno in associazione mafiosa.
Uno Stato che non paga è uno Stato che favorisce la mafia.
Chi è in grado di aspettare i pagamenti per anni?
Credete che le aziende serie, capaci, innovative si diano come obiettivo un cliente che paga dopo anni?
No, le aziende che lavoravano con lo Stato sono fallite o stanno fallendo.
Le aziende serie smettono di partecipare agli appalti (oltretutto a prezzi sempre meno remunerativi).
Le uniche aziende che possono sopportare questa situazione sono quelle che non hanno certo bisogno delle banche per trovare i soldi.
Quelle che vendono con grandi sovrapprezzi (e almeno un settore mi viene in mente).
Quelle che non hanno problemi ad essere pagate perché una quota di quei soldi deve tornare a qualche funzionario.
Ormai con lo Stato che ci ritroviamo sono i miei stessi collaboratori a venire a dirmi "ma perché non ce ne andiamo?" disponibili a seguire l'azienda se si sposta all'estero.
Uno Stato che non paga è uno Stato che favorisce la mafia.
Chi è in grado di aspettare i pagamenti per anni?
Credete che le aziende serie, capaci, innovative si diano come obiettivo un cliente che paga dopo anni?
No, le aziende che lavoravano con lo Stato sono fallite o stanno fallendo.
Le aziende serie smettono di partecipare agli appalti (oltretutto a prezzi sempre meno remunerativi).
Le uniche aziende che possono sopportare questa situazione sono quelle che non hanno certo bisogno delle banche per trovare i soldi.
Quelle che vendono con grandi sovrapprezzi (e almeno un settore mi viene in mente).
Quelle che non hanno problemi ad essere pagate perché una quota di quei soldi deve tornare a qualche funzionario.
Ormai con lo Stato che ci ritroviamo sono i miei stessi collaboratori a venire a dirmi "ma perché non ce ne andiamo?" disponibili a seguire l'azienda se si sposta all'estero.
martedì 5 febbraio 2013
Il problema di assumere persone
Siamo in una profonda crisi, ma ci sono comunque aziende che per fortuna o capacità non vanno male.
Qualcuna addirittura che ha budget in crescita importante.
Uno si dice: bene, con questa situazione è un piacere creare lavoro.
Poi si mette a (cercare) di farlo.
Per fare qualità servono anche persone in gamba e ben formate (anche per i semplici assemblaggi)
Come chiunque faccia impresa sa budget è ben diverso da ordini e in questo momento le situazioni sono variabili settimanalmente. Se la necessità che hai è di aumentare di circa il 10% il tuo personale non è una spesa che puoi fare diventare "fissa"a fronte di budget.
Ci piacerebbe tanto assumerli tutti a tempo indeterminato, meno problemi, loro più contenti, ma il mercato non ce lo permette.
Una volta per la stagionalità e i picchi usavamo le agenzie per il lavoro (internali). Adesso con i margini in continuo calo il costo aggiuntivo delle agenzie, soprattutto se per lungo tempo e diverse persone, è inaccettabile. Va detto che è aggiunto al "sovrapprezzo" contributivo per i contratti a termine.
Abbiamo anche sempre usato i contratti a termine.
Soluzione 1
Trattandosi di parecchie persone per parecchio tempo (sei mesi / un anno) scartiamo gli interinali per il costo.
Soluzione 2
Interinale + Contratti a termine
L'ideale sarebbe fare uno due mesi di "prova" poi se va bene assumerlo noi.
Peccato che nel frattempo dovremmo fare una pausa di 60 giorni (perlomeno secondo i nostri consulenti)
Soluzione 3
Contratto a termine
Dovremmo farli di 3 mesi e poi rinnovarli, ma si può fare solo 1 rinnovo, poi dopo sei mesi 90 giorni (tre mesi) di stop.
Non è che noi formiamo la gente e poi mettiamo un altro qualsiasi per 90 giorni. (il concetto che la politica ha degli operai è che siano carne da cannone, noi no)
Soluzione finale: li assumiamo a temine 6 mesi + 6 mesi.
E se poi il lavoro cala? Eh, li metteremo in cassa integrazione fino alla fine del contratto.
Assurdo? Certo.
Ma se le leggi le fa chi in azienda non c'è mai stato o pensa che un posto di lavoro debba essere più stabile di un matrimonio va così.
Tralascio per carità di patria il fatto che probabilmente 1o 2 assunti saranno irregolari perché superano la quantità di contratti a termine contrattualmente stabilita.
Se viene l'ispettore del lavoro mando lui in reparto a dire alla persona di andarsene immediatamente perché fuori quota.
Non mi aspetto un monumento perché creo lavoro, ma almeno non continui intralci.
Qualcuna addirittura che ha budget in crescita importante.
Uno si dice: bene, con questa situazione è un piacere creare lavoro.
Poi si mette a (cercare) di farlo.
Per fare qualità servono anche persone in gamba e ben formate (anche per i semplici assemblaggi)
Come chiunque faccia impresa sa budget è ben diverso da ordini e in questo momento le situazioni sono variabili settimanalmente. Se la necessità che hai è di aumentare di circa il 10% il tuo personale non è una spesa che puoi fare diventare "fissa"a fronte di budget.
Ci piacerebbe tanto assumerli tutti a tempo indeterminato, meno problemi, loro più contenti, ma il mercato non ce lo permette.
Una volta per la stagionalità e i picchi usavamo le agenzie per il lavoro (internali). Adesso con i margini in continuo calo il costo aggiuntivo delle agenzie, soprattutto se per lungo tempo e diverse persone, è inaccettabile. Va detto che è aggiunto al "sovrapprezzo" contributivo per i contratti a termine.
Abbiamo anche sempre usato i contratti a termine.
Soluzione 1
Trattandosi di parecchie persone per parecchio tempo (sei mesi / un anno) scartiamo gli interinali per il costo.
Soluzione 2
Interinale + Contratti a termine
L'ideale sarebbe fare uno due mesi di "prova" poi se va bene assumerlo noi.
Peccato che nel frattempo dovremmo fare una pausa di 60 giorni (perlomeno secondo i nostri consulenti)
Soluzione 3
Contratto a termine
Dovremmo farli di 3 mesi e poi rinnovarli, ma si può fare solo 1 rinnovo, poi dopo sei mesi 90 giorni (tre mesi) di stop.
Non è che noi formiamo la gente e poi mettiamo un altro qualsiasi per 90 giorni. (il concetto che la politica ha degli operai è che siano carne da cannone, noi no)
Soluzione finale: li assumiamo a temine 6 mesi + 6 mesi.
E se poi il lavoro cala? Eh, li metteremo in cassa integrazione fino alla fine del contratto.
Assurdo? Certo.
Ma se le leggi le fa chi in azienda non c'è mai stato o pensa che un posto di lavoro debba essere più stabile di un matrimonio va così.
Tralascio per carità di patria il fatto che probabilmente 1o 2 assunti saranno irregolari perché superano la quantità di contratti a termine contrattualmente stabilita.
Se viene l'ispettore del lavoro mando lui in reparto a dire alla persona di andarsene immediatamente perché fuori quota.
Non mi aspetto un monumento perché creo lavoro, ma almeno non continui intralci.
venerdì 10 agosto 2012
Generazione auto-perduta
Nonostante tutto, pare strano, ci sono aziende che assumo persone.
Magari, come noi, per esigenze prettamente stagionali e per periodi brevi di 4/6 mesi.
Non un lavoro a vita, ma, credo, se uno davvero vuole lavorare, meglio di nulla.
Parlo di esperienza vissuta direttamente, non per sentito dire.
La nostra è una azienda dove principalmente si fa assemblaggio in postazioni attrezzate. Ambiente pulito, luminoso, aria condizionata, ordinato. Certo i ritmi richiesti sono sostenuti, non impossibili ma non da battere la fiacca.
Sicurezza (e relative dotazioni) a livello maniacale.
Ambiente non litigioso e dove se vai a prendere il caffè o fai una battuta nessuno ti riprende.
Nel 70% dei casi si lavora seduti, quasi sempre senza particolari carichi (pesi ecc).
Cerchiamo di applicare la meritocrazia in tutto.
Da sempre per quei tipi di lavoro, molti dei quali non richiedono particolari competenze, per una nostra etica aziendale cerchiamo di inserire giovani alla prima esperienza o con bassa esperienza e competenze nulle (terza media ecc). Questo nella idea di dargli comunque una chance di cominciare e avere qualcosa nel CV. Non usiamo / accettiamo raccomandazioni.
Le assunzioni sono tutte regolari, fatte attraverso le primarie agenzie interinali e non ci sono cose strane, niente straordinari, se non salvo in certi periodi per tutti, nel qual caso regolarmente in busta.
Questo per dire che non saremo i vincitori del "great place to work" ma (e il turn over inesistente lo dimostra) potremmo candidarci.
Ogni tanto, quelli bravi, se ci sono esigenze di personale, vengono passati a termine per poi essere assunti a tempo indeterminato.
Primo problema: per trovare una persona mediamente facciamo almeno 7/8 colloqui su persone già filtrate dall'agenzia.
E notare che la nostra "pretesa" è che dimostri un minimo di voglia di lavorare e non sembri dormire in piedi.
Chi mi segue su twitter ricorda magari qualche perla che ho twittato e che arrivava dai colloqui, tipo "sono venuto via dal precedente lavoro perché oh, c'era da lavorare".
Secondo problema: il tasso di abbandono.
Quest'anno abbiamo aggiunto un record di 45 minuti. Cioè questo alle 8,30 (dopo la mezz'ora di introduzione all'azienda) ha iniziato a lavorare alle 9.15 se ne è andato perché "non stava bene" e non è mai rientrato.
Nella maggior parte dei casi la motivazione è quella sopra "c'è da lavorare", seguita dal "pensavo fosse diverso".
Tralasciando quelli che lavorano con una mano sola, semi-sdraiati sul banco di lavoro o usando l'altra per sostenere la testa (quelli li lasciamo a casa noi).
Io sinceramente non so cosa si aspettino ma credo che "lavorare" abbia un preciso significato, diverso da "ti paghiamo per stare lì seduto".
In qualche caso è venuta la mamma a lamentarsi che il figlio arrivava la sera a casa stanco.
Tralascio per carità di patria l'assenteismo del lunedì mattina per le storte del week end.
Va detto che ci sono anche alcuni casi di persone che quando sanno che entriamo in stagione vanno in agenzia a dire che sono liberi e verrebbero volentieri da noi.
Ne abbiamo parlato molto, ultimamente, increduli che in una situazione economica come l'attuale, nonostante tutto sia più comodo stare a casa mantenuti dai genitori che lavorare.
Alla fine la decisione presa è stata "alziamo l'età". Andando a prendere gente un po' più "vecchia" che ha le bollette da pagare, che ha lavorato in altri posti (e quindi magari apprezza di più la nostra azienda) che ha maggiori responsabilità. In qualche caso (siamo gente strana noi stessi) magari un po' strani e che in una azienda tradizionale guarderebbero di traverso.
Le cose sono decisamente migliorate.
Ma il disagio che provo dentro nel vedere dei ragazzi così distanti da quella che è la vita reale, non quella della TV o dei giochi, è un tarlo che mi porto dentro e mi fa molto male.
re-edit:
Come sempre a fianco di queste situazioni ci sono molti ragazzi bravi che si impegnano (che se no sembra sempre che ce l'ho con tutti).
E va detto che anche fra i cinquantenni miei coetanei conosco molta gente che ha voglia di far nulla o si "arrangia" nel sottobosco.
Magari, come noi, per esigenze prettamente stagionali e per periodi brevi di 4/6 mesi.
Non un lavoro a vita, ma, credo, se uno davvero vuole lavorare, meglio di nulla.
Parlo di esperienza vissuta direttamente, non per sentito dire.
La nostra è una azienda dove principalmente si fa assemblaggio in postazioni attrezzate. Ambiente pulito, luminoso, aria condizionata, ordinato. Certo i ritmi richiesti sono sostenuti, non impossibili ma non da battere la fiacca.
Sicurezza (e relative dotazioni) a livello maniacale.
Ambiente non litigioso e dove se vai a prendere il caffè o fai una battuta nessuno ti riprende.
Nel 70% dei casi si lavora seduti, quasi sempre senza particolari carichi (pesi ecc).
Cerchiamo di applicare la meritocrazia in tutto.
Da sempre per quei tipi di lavoro, molti dei quali non richiedono particolari competenze, per una nostra etica aziendale cerchiamo di inserire giovani alla prima esperienza o con bassa esperienza e competenze nulle (terza media ecc). Questo nella idea di dargli comunque una chance di cominciare e avere qualcosa nel CV. Non usiamo / accettiamo raccomandazioni.
Le assunzioni sono tutte regolari, fatte attraverso le primarie agenzie interinali e non ci sono cose strane, niente straordinari, se non salvo in certi periodi per tutti, nel qual caso regolarmente in busta.
Questo per dire che non saremo i vincitori del "great place to work" ma (e il turn over inesistente lo dimostra) potremmo candidarci.
Ogni tanto, quelli bravi, se ci sono esigenze di personale, vengono passati a termine per poi essere assunti a tempo indeterminato.
Primo problema: per trovare una persona mediamente facciamo almeno 7/8 colloqui su persone già filtrate dall'agenzia.
E notare che la nostra "pretesa" è che dimostri un minimo di voglia di lavorare e non sembri dormire in piedi.
Chi mi segue su twitter ricorda magari qualche perla che ho twittato e che arrivava dai colloqui, tipo "sono venuto via dal precedente lavoro perché oh, c'era da lavorare".
Secondo problema: il tasso di abbandono.
Quest'anno abbiamo aggiunto un record di 45 minuti. Cioè questo alle 8,30 (dopo la mezz'ora di introduzione all'azienda) ha iniziato a lavorare alle 9.15 se ne è andato perché "non stava bene" e non è mai rientrato.
Nella maggior parte dei casi la motivazione è quella sopra "c'è da lavorare", seguita dal "pensavo fosse diverso".
Tralasciando quelli che lavorano con una mano sola, semi-sdraiati sul banco di lavoro o usando l'altra per sostenere la testa (quelli li lasciamo a casa noi).
Io sinceramente non so cosa si aspettino ma credo che "lavorare" abbia un preciso significato, diverso da "ti paghiamo per stare lì seduto".
In qualche caso è venuta la mamma a lamentarsi che il figlio arrivava la sera a casa stanco.
Tralascio per carità di patria l'assenteismo del lunedì mattina per le storte del week end.
Va detto che ci sono anche alcuni casi di persone che quando sanno che entriamo in stagione vanno in agenzia a dire che sono liberi e verrebbero volentieri da noi.
Ne abbiamo parlato molto, ultimamente, increduli che in una situazione economica come l'attuale, nonostante tutto sia più comodo stare a casa mantenuti dai genitori che lavorare.
Alla fine la decisione presa è stata "alziamo l'età". Andando a prendere gente un po' più "vecchia" che ha le bollette da pagare, che ha lavorato in altri posti (e quindi magari apprezza di più la nostra azienda) che ha maggiori responsabilità. In qualche caso (siamo gente strana noi stessi) magari un po' strani e che in una azienda tradizionale guarderebbero di traverso.
Le cose sono decisamente migliorate.
Ma il disagio che provo dentro nel vedere dei ragazzi così distanti da quella che è la vita reale, non quella della TV o dei giochi, è un tarlo che mi porto dentro e mi fa molto male.
re-edit:
Come sempre a fianco di queste situazioni ci sono molti ragazzi bravi che si impegnano (che se no sembra sempre che ce l'ho con tutti).
E va detto che anche fra i cinquantenni miei coetanei conosco molta gente che ha voglia di far nulla o si "arrangia" nel sottobosco.
giovedì 9 agosto 2012
Qualità vò perdendo
I cinesi non riescono a fare qualità (elettronica a parte dove i controlli sono automatici) per il semplice motivo che non hanno il concetto di qualità.
Per loro comperare un paio di pantaloni è qualcosa inerente il costo, non la qualità del tessuto, la finitura, il "value for money".
In Italia abbiamo uno dei nostri punti di forza (non a caso siamo fortissimi nel sistema moda) proprio nella capacità di coniugare il gusto, i materiali, la qualità mantenendo un prezzo equilibrato o riuscendo spesso a ricavare un sovrapprezzo.
Ma questo è possibile se la qualità permea la società.
Sono molto preoccupato per il futuro, la crisi sta mettendo a dura prova le famiglie e la tensione economica sta portando anche da noi i mali americani del consumo a tutti i costi rinunciando alla qualità.
E chi conosce il mercato USA sa di cosa parlo. Era Bill Gates, l'uomo più ricco del mondo che diceva di non avere mai speso più di qualche centinaio di dollari per un vestito (e si vedeva)?
Un concetto che porta a privilegiare la quantità alla qualità.
Avere, robaccia da poco, ma possederla. Avete mai visto le auto USA? Costano pochissimo, ma hanno un livello di finitura inaccettabile per l'Europa a parità di segmento.
Ma proprio così si perde il concetto diffuso di qualità che è basilare (per chi fa il mio mestiere) che i collaboratori abbiano.
La battaglia del "costare poco" l'abbiamo persa, a meno che, e non mi pare il caso, si torni allo schiavismo e riduciamo del 50/70% stipendi che già così sono insufficienti.
Ma se la battaglia deve essere "costa ma è di qualità" è assolutamente necessario che chi lavora sappia cosa vuole dire qualità, nella produzione ma anche nel servizio al cliente, nei flussi di lavoro interni, nell'agire quotidiano.
In una era di consumismo low cost il mio terrore è che la mentalità che si diffonde sia "si ma intanto costa poco".
Ci sono già i cinesi (e domani i vietnamiti, dopodomani qualcun altro) per quello.
O sapremo tornare eccellenti artigiani appassionati della qualità nel nostro lavoro, qualunque esso sia, o saremo perdenti.
Per loro comperare un paio di pantaloni è qualcosa inerente il costo, non la qualità del tessuto, la finitura, il "value for money".
In Italia abbiamo uno dei nostri punti di forza (non a caso siamo fortissimi nel sistema moda) proprio nella capacità di coniugare il gusto, i materiali, la qualità mantenendo un prezzo equilibrato o riuscendo spesso a ricavare un sovrapprezzo.
Ma questo è possibile se la qualità permea la società.
Sono molto preoccupato per il futuro, la crisi sta mettendo a dura prova le famiglie e la tensione economica sta portando anche da noi i mali americani del consumo a tutti i costi rinunciando alla qualità.
E chi conosce il mercato USA sa di cosa parlo. Era Bill Gates, l'uomo più ricco del mondo che diceva di non avere mai speso più di qualche centinaio di dollari per un vestito (e si vedeva)?
Un concetto che porta a privilegiare la quantità alla qualità.
Avere, robaccia da poco, ma possederla. Avete mai visto le auto USA? Costano pochissimo, ma hanno un livello di finitura inaccettabile per l'Europa a parità di segmento.
Ma proprio così si perde il concetto diffuso di qualità che è basilare (per chi fa il mio mestiere) che i collaboratori abbiano.
La battaglia del "costare poco" l'abbiamo persa, a meno che, e non mi pare il caso, si torni allo schiavismo e riduciamo del 50/70% stipendi che già così sono insufficienti.
Ma se la battaglia deve essere "costa ma è di qualità" è assolutamente necessario che chi lavora sappia cosa vuole dire qualità, nella produzione ma anche nel servizio al cliente, nei flussi di lavoro interni, nell'agire quotidiano.
In una era di consumismo low cost il mio terrore è che la mentalità che si diffonde sia "si ma intanto costa poco".
Ci sono già i cinesi (e domani i vietnamiti, dopodomani qualcun altro) per quello.
O sapremo tornare eccellenti artigiani appassionati della qualità nel nostro lavoro, qualunque esso sia, o saremo perdenti.
sabato 18 febbraio 2012
Donne
Nonostante il titolo e il periodo di farfalle e l'opinione che si ha degli imprenditori vorrei parlare di donne e lavoro, sollecitato da Arianna Visentini su twitter a seguito di un suo articolo su La Voce. Pensavate parlassi di gnocca eh? Beh, abbandonate pure mi è venuto una specie di poema.
Premetto che come sempre sarò poco political correct, come nel mio stile, ma dirò ciò che penso.
In azienda da noi abbiamo parecchie donne, sia in produzione (anche se dei cambiamenti di produzione le hanno fatte diminuire rispetto al passato) sia in ufficio.
Siamo una azienda che tende ad inserire persone giovani quando può quindi ciò vale anche per le donne.
Tempo fa, per questo, siamo arrivati ad avere 4 donne in maternità (su poco più di 50 dipendenti, non su 500) con tutti i problemi che ciò comporta (un paio nello stesso settore).
Non ci siamo mai posti grossi problemi di "genere" anche se in certi lavori magari tendiamo ad avere "preferenze" per un genere. Alcuni lavori produttivi abbiamo visto che per necessità fisiche proprio le donne non riescono a farli, in altri preferiamo le donne perché magari più adatte (piccoli assemblaggi).
In ufficio abbiamo un mix e se forse è un po' scontato nelle funzioni è perché le persone che ci sono capitate e abbiamo considerato adatte alla posizione erano "scontate".
Assumiamo le persone se le consideriamo adatte alla posizione, fregandocene abbastanza del contorno, per capirci fra uno bravo e uno meno bravo in mobilità (si risparmierebbe) prendiamo quello (per noi) migliore.
Non abbiamo stagisti, le poche volte che li abbiamo avuti facevano gli stagisti, non gli impiegati, cercando di insegnargli qualcosa. Usiamo abbastanza gli interinali ma per i picchi produttivi o esigenze in ufficio temporanee. Molti entrai come interinali sono assunti a tempo indeterminato.
Fatte le doverose premesse per inquadrare "l'ambiente" un po' di mie esperienze sul tema (senza pretesa che siano significative).
Problema principe: la maternità.
Per una azienda come la nostra è una gran rottura di palle. Le persone lavorano in grande autonomia usando sistemi informatici ampi e a tratti complessi, seguendo tutto il processo (per dire alle vendite uno segue dall'offerta all'emissione fattura, tutto il ciclo) cosa che necessita di parecchia formazione ed esperienza.
Quindi la mancanza di una persona per maternità la rende non immediatamente e facilmente sostituibile, siamo anche in pochi e spesso certe attività sono seguite da singola persona, c'è un backup ma è un backup non certo in grado di svolgere il tutto al meglio (e ha già le sue cose da fare).
Alcune hanno lavorato come se niente fosse fino all'ultimo e sono rientrate il prima possibile, alcune hanno sfruttato tutto lo sfruttabile. Ci sta, non tutti siamo uguali e alcuni hanno la tendenza a vedere l'azienda come un qualcosa da "sfruttare", tipo "stare a casa è un mio diritto".
Da parte nostra offriamo già normalmente (non in produzione per problemi organizzativi) l'orario flessibile (+ o - 1 ora) e aumentiamo la flessibilità specialmente per i primi periodi facendo scegliere alla neo mamma gli orari in base alle sue necessità.
Non abbiamo telelavoro (mai approfondito, nessuno in verità ce lo ha chiesto) anche se in qualche caso alla "mamma" abbiamo dato un portatile e qualcosa lo faceva da casa saltuariamente. Non so se riusciremmo ad organizzarlo anche per la necessità di linee di connessione adeguate.
Il rientro, con le nostre velocità di cambiamento è indolore per chi sta via poco, molto più complesso se l'assenza è quella "lunga".
Poi, a dirla tutta, moltissimo del post maternità deriva dalla mamma.
Abbiamo casi nei quali è tornata con rinnovato impegno ed è più produttiva di prima.
Abbiamo casi nei quali è chiaro che il maggiore interesse della mamma è fare la mamma e il lavoro è un "di più". Ma lo ripeto, ci sta.
In un un paio di casi, per scelta (in un caso si era nel frattempo trasferito il marito) le neo-mamme hanno rinunciato al lavoro. Ma l'incidenza per noi è bassissima.
Ultimamente abbiamo notato una molto maggiore influenza di assenze di neo-papà che danno una mano a mamma a tenere il lavoro e se il figlio è malato, da quanto ho capito, fanno metà giornata loro e metà la mamma.
Non è proprio nella nostra mentalità anche solo immaginare di avere le lettere di dimissioni in bianco o stronzate simili.
Certo è che per le piccolissime aziende italiane, spesso con una impiegata che fa tutto se questa va in maternità la cosa causa problemi organizzativi.
Sul medio termine però, una donna con i figli è soddisfatta è tutto sommato, secondo me, forse più equilibrata.
Va detto che purtroppo ultimamente sono in forte aumento le separazioni e se avviene con i figli piccoli spesso causa problemi abbastanza rilevanti.
Stipendi
Da noi non mi pare ci siano particolari differenze di stipendio, escluse due o tre persone "tecniche" la persona con stipendio più alto è una donna.
E in produzione le donne forse hanno stipendi leggermente più alti dei colleghi.
Part time
Ne abbiamo in produzione, ne abbiamo avuti in ufficio.
In ufficio non lo amo particolarmente, mi causava problemi organizzativi: per le riunioni avevi orari che non si potevano utilizzare, gli esterni che avevano bisogno della persona non avevano le risposte immediatamente come sono abituati. La fluidità del lavoro ne risentiva un po'.
Ma probabilmente dipende molto anche dalla posizione, in altre avrebbe impattato meno (ed effettivamente ha impattato meno il discorso allattamento, simile al part time, per alcune).
Asilo e servizi
Siamo una azienda troppo piccola per potere avviare progetti di asilo interno, ho cercato qualcuno nei dintorni interessato ma i miei colleghi non paiono sentirci molto.
Da quello che vedo moltissimi ancora si affidano alla nonna, qualcuno a nido e asilo ma con qualche problema mitigato solo dall'orario flessibile.
Donne sul lavoro
Chiudo con una cosa che non piacerà a molti.
Le donne sono il peggior nemico delle donne sul lavoro.
Troppo spesso vanno in competizione più contro le colleghe che contro i colleghi.
E troppo spesso sono il maggiore ostacolo alla promozione delle colleghe.
Gli uomini in genere hanno una competizione che è limitata e sfocia poi nel cameratismo, le donne troppo spesso mettono le cose sul piano personale (non professionale) e "se la legano al dito".
La mia esperienza dice che è molto più problematico mantenere un ambiente equilibrato in presenza di molte donne piuttosto che fra gli uomini.
Alla fine mi è venuto fuori un poema. Con poche proposte oltretutto.
Ma forse la proposta maggiore è rinchiusa nell'ultima parte.
Che le donne, se vogliono sfondare quel tetto di cristallo, devono imparare a non essere competitive contro le altre donne ma cercare di coalizzarsi.
Premetto che come sempre sarò poco political correct, come nel mio stile, ma dirò ciò che penso.
In azienda da noi abbiamo parecchie donne, sia in produzione (anche se dei cambiamenti di produzione le hanno fatte diminuire rispetto al passato) sia in ufficio.
Siamo una azienda che tende ad inserire persone giovani quando può quindi ciò vale anche per le donne.
Tempo fa, per questo, siamo arrivati ad avere 4 donne in maternità (su poco più di 50 dipendenti, non su 500) con tutti i problemi che ciò comporta (un paio nello stesso settore).
Non ci siamo mai posti grossi problemi di "genere" anche se in certi lavori magari tendiamo ad avere "preferenze" per un genere. Alcuni lavori produttivi abbiamo visto che per necessità fisiche proprio le donne non riescono a farli, in altri preferiamo le donne perché magari più adatte (piccoli assemblaggi).
In ufficio abbiamo un mix e se forse è un po' scontato nelle funzioni è perché le persone che ci sono capitate e abbiamo considerato adatte alla posizione erano "scontate".
Assumiamo le persone se le consideriamo adatte alla posizione, fregandocene abbastanza del contorno, per capirci fra uno bravo e uno meno bravo in mobilità (si risparmierebbe) prendiamo quello (per noi) migliore.
Non abbiamo stagisti, le poche volte che li abbiamo avuti facevano gli stagisti, non gli impiegati, cercando di insegnargli qualcosa. Usiamo abbastanza gli interinali ma per i picchi produttivi o esigenze in ufficio temporanee. Molti entrai come interinali sono assunti a tempo indeterminato.
Fatte le doverose premesse per inquadrare "l'ambiente" un po' di mie esperienze sul tema (senza pretesa che siano significative).
Problema principe: la maternità.
Per una azienda come la nostra è una gran rottura di palle. Le persone lavorano in grande autonomia usando sistemi informatici ampi e a tratti complessi, seguendo tutto il processo (per dire alle vendite uno segue dall'offerta all'emissione fattura, tutto il ciclo) cosa che necessita di parecchia formazione ed esperienza.
Quindi la mancanza di una persona per maternità la rende non immediatamente e facilmente sostituibile, siamo anche in pochi e spesso certe attività sono seguite da singola persona, c'è un backup ma è un backup non certo in grado di svolgere il tutto al meglio (e ha già le sue cose da fare).
Alcune hanno lavorato come se niente fosse fino all'ultimo e sono rientrate il prima possibile, alcune hanno sfruttato tutto lo sfruttabile. Ci sta, non tutti siamo uguali e alcuni hanno la tendenza a vedere l'azienda come un qualcosa da "sfruttare", tipo "stare a casa è un mio diritto".
Da parte nostra offriamo già normalmente (non in produzione per problemi organizzativi) l'orario flessibile (+ o - 1 ora) e aumentiamo la flessibilità specialmente per i primi periodi facendo scegliere alla neo mamma gli orari in base alle sue necessità.
Non abbiamo telelavoro (mai approfondito, nessuno in verità ce lo ha chiesto) anche se in qualche caso alla "mamma" abbiamo dato un portatile e qualcosa lo faceva da casa saltuariamente. Non so se riusciremmo ad organizzarlo anche per la necessità di linee di connessione adeguate.
Il rientro, con le nostre velocità di cambiamento è indolore per chi sta via poco, molto più complesso se l'assenza è quella "lunga".
Poi, a dirla tutta, moltissimo del post maternità deriva dalla mamma.
Abbiamo casi nei quali è tornata con rinnovato impegno ed è più produttiva di prima.
Abbiamo casi nei quali è chiaro che il maggiore interesse della mamma è fare la mamma e il lavoro è un "di più". Ma lo ripeto, ci sta.
In un un paio di casi, per scelta (in un caso si era nel frattempo trasferito il marito) le neo-mamme hanno rinunciato al lavoro. Ma l'incidenza per noi è bassissima.
Ultimamente abbiamo notato una molto maggiore influenza di assenze di neo-papà che danno una mano a mamma a tenere il lavoro e se il figlio è malato, da quanto ho capito, fanno metà giornata loro e metà la mamma.
Non è proprio nella nostra mentalità anche solo immaginare di avere le lettere di dimissioni in bianco o stronzate simili.
Certo è che per le piccolissime aziende italiane, spesso con una impiegata che fa tutto se questa va in maternità la cosa causa problemi organizzativi.
Sul medio termine però, una donna con i figli è soddisfatta è tutto sommato, secondo me, forse più equilibrata.
Va detto che purtroppo ultimamente sono in forte aumento le separazioni e se avviene con i figli piccoli spesso causa problemi abbastanza rilevanti.
Stipendi
Da noi non mi pare ci siano particolari differenze di stipendio, escluse due o tre persone "tecniche" la persona con stipendio più alto è una donna.
E in produzione le donne forse hanno stipendi leggermente più alti dei colleghi.
Part time
Ne abbiamo in produzione, ne abbiamo avuti in ufficio.
In ufficio non lo amo particolarmente, mi causava problemi organizzativi: per le riunioni avevi orari che non si potevano utilizzare, gli esterni che avevano bisogno della persona non avevano le risposte immediatamente come sono abituati. La fluidità del lavoro ne risentiva un po'.
Ma probabilmente dipende molto anche dalla posizione, in altre avrebbe impattato meno (ed effettivamente ha impattato meno il discorso allattamento, simile al part time, per alcune).
Asilo e servizi
Siamo una azienda troppo piccola per potere avviare progetti di asilo interno, ho cercato qualcuno nei dintorni interessato ma i miei colleghi non paiono sentirci molto.
Da quello che vedo moltissimi ancora si affidano alla nonna, qualcuno a nido e asilo ma con qualche problema mitigato solo dall'orario flessibile.
Donne sul lavoro
Chiudo con una cosa che non piacerà a molti.
Le donne sono il peggior nemico delle donne sul lavoro.
Troppo spesso vanno in competizione più contro le colleghe che contro i colleghi.
E troppo spesso sono il maggiore ostacolo alla promozione delle colleghe.
Gli uomini in genere hanno una competizione che è limitata e sfocia poi nel cameratismo, le donne troppo spesso mettono le cose sul piano personale (non professionale) e "se la legano al dito".
La mia esperienza dice che è molto più problematico mantenere un ambiente equilibrato in presenza di molte donne piuttosto che fra gli uomini.
Alla fine mi è venuto fuori un poema. Con poche proposte oltretutto.
Ma forse la proposta maggiore è rinchiusa nell'ultima parte.
Che le donne, se vogliono sfondare quel tetto di cristallo, devono imparare a non essere competitive contro le altre donne ma cercare di coalizzarsi.
mercoledì 15 febbraio 2012
Produttività e collaboratori
A furia di dirmi "domani lo scrivo" non sono più andato avanti sul discorso produttività. Pigro.
In questi giorni sto, come sempre, ma in questo periodo di più, lavorando su organizzazione interna e miglioramento dei processi aziendali.
E mi stupisco di come a volte cose che a me appaiono evidenti non vengano segnalate dai miei collaboratori: colli di bottiglia, attività ripetitive non ottimizzate, perdite di tempo.
D'accordo, io ho un occhio maggiore per queste cose, ho un maggiore interesse.
Ma mi comincio a chiedere se non ci siano altre ragioni.
Maggiore produttività vuole dire metterci meno a fare le cose.
Metterci meno a fare le cose significa che fatto 100 il livello produttivo con 50 persone, se risparmio il 2% del tempo tendenzialmente ho bisogno solo 49 persone (o portare la produzione a 102%).
Non è che la poca produttività fa comodo alle persone perché giustifica la loro presenza?
Anche se poi, come spesso accade, una azienda meno competitiva alla fine può portare alla chiusura.
In questi giorni sto, come sempre, ma in questo periodo di più, lavorando su organizzazione interna e miglioramento dei processi aziendali.
E mi stupisco di come a volte cose che a me appaiono evidenti non vengano segnalate dai miei collaboratori: colli di bottiglia, attività ripetitive non ottimizzate, perdite di tempo.
D'accordo, io ho un occhio maggiore per queste cose, ho un maggiore interesse.
Ma mi comincio a chiedere se non ci siano altre ragioni.
Maggiore produttività vuole dire metterci meno a fare le cose.
Metterci meno a fare le cose significa che fatto 100 il livello produttivo con 50 persone, se risparmio il 2% del tempo tendenzialmente ho bisogno solo 49 persone (o portare la produzione a 102%).
Non è che la poca produttività fa comodo alle persone perché giustifica la loro presenza?
Anche se poi, come spesso accade, una azienda meno competitiva alla fine può portare alla chiusura.
mercoledì 21 dicembre 2011
Produttività vò cercando
Se ne fa un gran parlare ma la produttività è come il marketing: a seconda della persona con cui parli la produttività è una cosa diversa.
Parto da una autocritica.
Se parlate con molti miei colleghi la mancanza di produttività deriva da quei fannulloni dei loro dipendenti che non hanno voglia di lavorare.
Invece, in azienda, la produttività si basa su investimenti in tre pilastri strettamente correlati: tecnologia, formazione, organizzazione.
Per evitare un post monstre arriveranno tre post dedicati.
Ci sono poi le diseconomie produttive "esterne". Non è un mistero che il peso della burocrazia in Italia è enormemente superiore a molti altri paesi.
Basta dire che per una start-up che vende servizi (o app) via internet è conveniente aprire una filiale nel Delaware perché se fa microfatture da massimo 50 dollari è talmente alto il costo burocratico di tutta la contabilità che rende anti-economico farlo in Italia.
Pensate poi a quante incombenze ci sono, quanta carta occorre preparare. In una piccola azienda da circa 50 persone secondo me almeno 2 persone sono dedicate al 100% a faccende burocratiche (non dico registrazioni contabili che si farebbero comunque ma proprio cose burocratiche).
Basta dire che da me stanno lavorando in due da due settimane per preparare lo "spesometro" e di quattro commercialisti interpellati non siamo riusciti ad avere una risposta univoca su cose come se Telecom è contratto o no.
Esportiamo e ci vuole una dichiarazione contenete di tutto e di più per un certo numero di leggi. Secondo voi va bene una dichiarazione standard? No naturalmente, ogni dogana utilizzata per l'export vuole la sua. Che vuole dire prepararla, firmarla, ecc.
Per non parlare di code in posta o in uffici vari che presuppongono la presenza di una persona addetta e dotata di calma olimpionica.
Da anni parlano di semplificazione.
Visto da qui non fanno che complicare le cose.
Basta dire che in due anni adesso di elenchi operazioni ne abbiamo tre: intra, black list e spesometro. E meno male che c'era il Ministro della Semplificazione anche se certo da uno con questa faccia non è che ci si può aspettare molto.
Quando poi senti dire che aumentiamo la produttività eliminando la festività locale o spostando al sabato certe feste ti viene vogli di inseguirli con un forcone.
[Continua...]
Parto da una autocritica.
Se parlate con molti miei colleghi la mancanza di produttività deriva da quei fannulloni dei loro dipendenti che non hanno voglia di lavorare.
Invece, in azienda, la produttività si basa su investimenti in tre pilastri strettamente correlati: tecnologia, formazione, organizzazione.
Per evitare un post monstre arriveranno tre post dedicati.
Ci sono poi le diseconomie produttive "esterne". Non è un mistero che il peso della burocrazia in Italia è enormemente superiore a molti altri paesi.
Basta dire che per una start-up che vende servizi (o app) via internet è conveniente aprire una filiale nel Delaware perché se fa microfatture da massimo 50 dollari è talmente alto il costo burocratico di tutta la contabilità che rende anti-economico farlo in Italia.
Pensate poi a quante incombenze ci sono, quanta carta occorre preparare. In una piccola azienda da circa 50 persone secondo me almeno 2 persone sono dedicate al 100% a faccende burocratiche (non dico registrazioni contabili che si farebbero comunque ma proprio cose burocratiche).
Basta dire che da me stanno lavorando in due da due settimane per preparare lo "spesometro" e di quattro commercialisti interpellati non siamo riusciti ad avere una risposta univoca su cose come se Telecom è contratto o no.
Esportiamo e ci vuole una dichiarazione contenete di tutto e di più per un certo numero di leggi. Secondo voi va bene una dichiarazione standard? No naturalmente, ogni dogana utilizzata per l'export vuole la sua. Che vuole dire prepararla, firmarla, ecc.
Per non parlare di code in posta o in uffici vari che presuppongono la presenza di una persona addetta e dotata di calma olimpionica.
Da anni parlano di semplificazione.
Visto da qui non fanno che complicare le cose.
Basta dire che in due anni adesso di elenchi operazioni ne abbiamo tre: intra, black list e spesometro. E meno male che c'era il Ministro della Semplificazione anche se certo da uno con questa faccia non è che ci si può aspettare molto.
Quando poi senti dire che aumentiamo la produttività eliminando la festività locale o spostando al sabato certe feste ti viene vogli di inseguirli con un forcone.
[Continua...]
domenica 20 novembre 2011
Sfruttamento degli anziani
Una idea che mi frulla in testa da tempo.
Certe attività effettivamente una persona di una certa età ha difficoltà ad eseguirle.
Ma ha una esperienza incredibile, magari non allineata alle tecnologie attuali, ma ben solida.
E se noi da un certo punto in poi facessimo delle regole per le quali (incentivi fiscali per la persona e per le aziende) l'anziano resta in azienda come tutor dei giovani a fare formazione e affiancamento? Magari part time.
Le non tasse pagate compenserebbero la pensione, l'anziano avrebbe un reddito ed una occupazione, potrebbe continuare a fare ciò che gli piace senza responsabilità operative.
Le aziende ne beneficerebbero per la formazione dei giovani.
I giovani avrebbero chi gli insegna davvero un mestiere con competenza e passione.
Sapeste quante volte se ne va l'anziano artigiano capacissimo nel suo lavoro e le aziende si trovano in difficoltà!
Certe attività effettivamente una persona di una certa età ha difficoltà ad eseguirle.
Ma ha una esperienza incredibile, magari non allineata alle tecnologie attuali, ma ben solida.
E se noi da un certo punto in poi facessimo delle regole per le quali (incentivi fiscali per la persona e per le aziende) l'anziano resta in azienda come tutor dei giovani a fare formazione e affiancamento? Magari part time.
Le non tasse pagate compenserebbero la pensione, l'anziano avrebbe un reddito ed una occupazione, potrebbe continuare a fare ciò che gli piace senza responsabilità operative.
Le aziende ne beneficerebbero per la formazione dei giovani.
I giovani avrebbero chi gli insegna davvero un mestiere con competenza e passione.
Sapeste quante volte se ne va l'anziano artigiano capacissimo nel suo lavoro e le aziende si trovano in difficoltà!
mercoledì 9 novembre 2011
Circolare, circolare
Il tipico errore del neo-imprenditore è confondere i flussi con il fatturato.
E non capisce perché fattura così tanto ed è sempre senza soldi.
C'è una cosa che si chiama capitale circolante ed è la croce e delizia di qualsiasi attività economica.
Se avete un supermercato chi paga lo fa immediatamente all'acquisto, alla sera versate in banca il gruzzoletto delle vendite giornaliere (ma dovete finanziare il materiale sugli scaffali e in magazzino).
Se vendete ad un supermercato questo paga magari (in questo periodo inteso come auspicio) a 120 giorni. Quindi dovete finanziare tutto il periodo di transito del materiale, la mano d'opera e delle spese varie e i 4 mesi del pagamento.
Facendo quattro conti si capisce che il supermercato lucra proprio sui soldi che incassa e paga dopo parecchio, mentre il fornitore ha bisogno di soldi per finanziare l'operazione, quindi va dal fornitore di soldi, che si chiama banca.
Come intuisce facilmente chiunque maggiore è il tempo totale (pagamento+transito) più soldi ho bisogno. E più lavoro più ho bisogno soldi.
Attraverso i flussi di cassa positivi, e gli utili che dovrei avere sul prodotto, poco a poco riduco la necessità di soldi e comincio ad autofinanziare pezzi del magazzino e poi sempre di più.
Allora il primo problema è come diminuire quel tempo totale.
Facile, teoricamente: chiedere ai clienti di pagare alla svelta. Teoricamente.
La realtà è poi che in tempi di crisi tutti pagano male e in ritardo.
Maestra in questo è la pubblica amministrazione (che poi come percettore diventa super fiscale se ritardi di un giorno a pagare tu).
Peggiore è la puntualità e velocità di pagamento, maggiore è la mia necessità di cassa e l'ingovernabilità dei flussi.
Ma le banche non mi danno materia prima (denaro) infinita, anzi, e come da regola di mercato più ne ho bisogno e più me la fa pagare.
Quindi l'idea geniale è quella di non pagare i fornitori, che a loro volta in difficoltà cadranno nel girone infernale.
Fino a che le banche di soldi ne avevano fin troppi, il lavoro "girava" e c'erano dei margini decenti tutti si occupavano poco di flussi di cassa. Era meglio fatturare e portare a casa margini. Dei quali spesso la banca era il maggiore beneficiario, ma rimaneva qualcosa per l'azienda.
Oggi invece siamo nella situazione nella quale le banche non hanno soldi: non si fidano neppure tra di loro e non se li prestano e ci sono anche quei simpaticoni dello Stato che li "invitano caldamente" a comperare titoli del debito pubblico che diventano immobilizzazioni perché il loro valore attualmente è in caduta libera.
E non avendo soldi non li danno ai clienti.
I quali ne avrebbero bisogno per pagare i fornitori (i dipendenti sono fornitori di mano d'opera).
Insomma come capite quello che sta uccidendo le aziende non è il fatto che le banche non gli danno soldi, ma che i loro flussi sono negativi. Anzi una corretta azione aziendale in questo momento dovrebbe puntare tutto sui flussi e non sui margini.
Privilegiando clienti che pagano, e veloci.
Dovrebbero rinunciare al lavoro se pagato tardi e male, perché aumenta le loro necessità di cassa e peggiora la situazione. Lo so che è dura ma a fare bene i conti conviene.
In un mondo ideale dove tutto è pagato in contanti non avrei bisogno di fidi dalle banche se non per gli investimenti.
Non a caso le aziende che soffrono meno in questo momento sono quelle che lavorano con l'estero dove (perlomeno fino a qualche mese fa) i pagamenti sono più veloci e regolari.
Non a caso la Francia ha introdotto, appena la crisi è partita, stringenti regole anche per i pagamenti tra privati.
Non a caso diversi paesi hanno accelerato la loro velocità di pagamento ai fornitori della pubblica amministrazione (alcuni ormai puntano ai 10, si dieci avete letto bene, giorni) per attenuare i problemi della crisi di liquidità bancaria.
Da noi, come spesso accade, han fatto l'opposto, per ridurre i deficit (ricordate che lo Stato funziona per cassa e non per competenza) semplicemente smettono di pagare.
E io benedico ogni giorno le scelte che abbiamo fatto tanto tempo fa. Estero e nulla alla PA.
E non capisce perché fattura così tanto ed è sempre senza soldi.
C'è una cosa che si chiama capitale circolante ed è la croce e delizia di qualsiasi attività economica.
Se avete un supermercato chi paga lo fa immediatamente all'acquisto, alla sera versate in banca il gruzzoletto delle vendite giornaliere (ma dovete finanziare il materiale sugli scaffali e in magazzino).
Se vendete ad un supermercato questo paga magari (in questo periodo inteso come auspicio) a 120 giorni. Quindi dovete finanziare tutto il periodo di transito del materiale, la mano d'opera e delle spese varie e i 4 mesi del pagamento.
Facendo quattro conti si capisce che il supermercato lucra proprio sui soldi che incassa e paga dopo parecchio, mentre il fornitore ha bisogno di soldi per finanziare l'operazione, quindi va dal fornitore di soldi, che si chiama banca.
Come intuisce facilmente chiunque maggiore è il tempo totale (pagamento+transito) più soldi ho bisogno. E più lavoro più ho bisogno soldi.
Attraverso i flussi di cassa positivi, e gli utili che dovrei avere sul prodotto, poco a poco riduco la necessità di soldi e comincio ad autofinanziare pezzi del magazzino e poi sempre di più.
Allora il primo problema è come diminuire quel tempo totale.
Facile, teoricamente: chiedere ai clienti di pagare alla svelta. Teoricamente.
La realtà è poi che in tempi di crisi tutti pagano male e in ritardo.
Maestra in questo è la pubblica amministrazione (che poi come percettore diventa super fiscale se ritardi di un giorno a pagare tu).
Peggiore è la puntualità e velocità di pagamento, maggiore è la mia necessità di cassa e l'ingovernabilità dei flussi.
Ma le banche non mi danno materia prima (denaro) infinita, anzi, e come da regola di mercato più ne ho bisogno e più me la fa pagare.
Quindi l'idea geniale è quella di non pagare i fornitori, che a loro volta in difficoltà cadranno nel girone infernale.
Fino a che le banche di soldi ne avevano fin troppi, il lavoro "girava" e c'erano dei margini decenti tutti si occupavano poco di flussi di cassa. Era meglio fatturare e portare a casa margini. Dei quali spesso la banca era il maggiore beneficiario, ma rimaneva qualcosa per l'azienda.
Oggi invece siamo nella situazione nella quale le banche non hanno soldi: non si fidano neppure tra di loro e non se li prestano e ci sono anche quei simpaticoni dello Stato che li "invitano caldamente" a comperare titoli del debito pubblico che diventano immobilizzazioni perché il loro valore attualmente è in caduta libera.
E non avendo soldi non li danno ai clienti.
I quali ne avrebbero bisogno per pagare i fornitori (i dipendenti sono fornitori di mano d'opera).
Insomma come capite quello che sta uccidendo le aziende non è il fatto che le banche non gli danno soldi, ma che i loro flussi sono negativi. Anzi una corretta azione aziendale in questo momento dovrebbe puntare tutto sui flussi e non sui margini.
Privilegiando clienti che pagano, e veloci.
Dovrebbero rinunciare al lavoro se pagato tardi e male, perché aumenta le loro necessità di cassa e peggiora la situazione. Lo so che è dura ma a fare bene i conti conviene.
In un mondo ideale dove tutto è pagato in contanti non avrei bisogno di fidi dalle banche se non per gli investimenti.
Non a caso le aziende che soffrono meno in questo momento sono quelle che lavorano con l'estero dove (perlomeno fino a qualche mese fa) i pagamenti sono più veloci e regolari.
Non a caso la Francia ha introdotto, appena la crisi è partita, stringenti regole anche per i pagamenti tra privati.
Non a caso diversi paesi hanno accelerato la loro velocità di pagamento ai fornitori della pubblica amministrazione (alcuni ormai puntano ai 10, si dieci avete letto bene, giorni) per attenuare i problemi della crisi di liquidità bancaria.
Da noi, come spesso accade, han fatto l'opposto, per ridurre i deficit (ricordate che lo Stato funziona per cassa e non per competenza) semplicemente smettono di pagare.
E io benedico ogni giorno le scelte che abbiamo fatto tanto tempo fa. Estero e nulla alla PA.
lunedì 7 novembre 2011
Insostituibili
Berlusconi aveva basato all'inizio la sua comunicazione sul "saper fare" derivante dall'aver fatto e guidato importanti aziende.
Ma ha applicato il peggio di quella cultura al governo.
Una delle cose peggiori che possano accadere ad una azienda, e che spesso capita, è proprio quanto sta accadendo nel governo.
Ci sono anziani che hanno "fatto" l'azienda e l'hanno guidata in modo eccellente per lunghi anni (Berlusconi al governo ha fatto invero pochino) ma che poi arrivano ad essere anziani.
E con l'anzianità diventano inevitabilmente conservatori, poco disponibili a rischiare, inadeguati ai tempi per mentalità, lontani dal "sentire comune" proprio per quel successo e le sue conseguenze.
Le solite cose: abbiamo sempre fatto così, ha sempre funzionato, sono 50 anni che abbiamo successo facendo quello, tu vuoi insegnare a me, che l'ho fatta, come si guida questa azienda, i clienti se ne vanno ma vedrai che torneranno, è solo una crisi passeggera.
Per arrivare alla sindrome dell'insostituibile.
Senza di me qui non funzionerebbe nulla.
Che può anche essere vero, ma perché da pessimo leader non ha preparato adeguatamente la successione.
Ne conoscete, vero, di quelle aziende, dove i giovani talenti se ne vanno, dove l'autoreferenzialità guida le scelte, dove si sacrifica di tutto per non dispiacere il capo. Dove nell'idea dell'abbiamo sempre fatto così si sacrificano investimenti e non si cambia nulla anche se i conti non tornano più.
Ecco alla fine quelle aziende vanno in default, poi o qualcuno le compera per un pezzo di pane o falliscono. A volte muoiono semplicemente con il capo.
So bene che Berlusconi ha lasciato la guida delle aziende ai figli e non molla la poltrona di governo perché questa è strategica per mantenere il suo impero.
Ma questo ci sta portando a fondo con lui, un vecchio che si sente invincibile e insostituibile.
Ma ha applicato il peggio di quella cultura al governo.
Una delle cose peggiori che possano accadere ad una azienda, e che spesso capita, è proprio quanto sta accadendo nel governo.
Ci sono anziani che hanno "fatto" l'azienda e l'hanno guidata in modo eccellente per lunghi anni (Berlusconi al governo ha fatto invero pochino) ma che poi arrivano ad essere anziani.
E con l'anzianità diventano inevitabilmente conservatori, poco disponibili a rischiare, inadeguati ai tempi per mentalità, lontani dal "sentire comune" proprio per quel successo e le sue conseguenze.
Le solite cose: abbiamo sempre fatto così, ha sempre funzionato, sono 50 anni che abbiamo successo facendo quello, tu vuoi insegnare a me, che l'ho fatta, come si guida questa azienda, i clienti se ne vanno ma vedrai che torneranno, è solo una crisi passeggera.
Per arrivare alla sindrome dell'insostituibile.
Senza di me qui non funzionerebbe nulla.
Che può anche essere vero, ma perché da pessimo leader non ha preparato adeguatamente la successione.
Ne conoscete, vero, di quelle aziende, dove i giovani talenti se ne vanno, dove l'autoreferenzialità guida le scelte, dove si sacrifica di tutto per non dispiacere il capo. Dove nell'idea dell'abbiamo sempre fatto così si sacrificano investimenti e non si cambia nulla anche se i conti non tornano più.
Ecco alla fine quelle aziende vanno in default, poi o qualcuno le compera per un pezzo di pane o falliscono. A volte muoiono semplicemente con il capo.
So bene che Berlusconi ha lasciato la guida delle aziende ai figli e non molla la poltrona di governo perché questa è strategica per mantenere il suo impero.
Ma questo ci sta portando a fondo con lui, un vecchio che si sente invincibile e insostituibile.
venerdì 12 agosto 2011
Il vero, grande rischio
Sono (ero?) una persona fortunata, l'ho sempre detto, e faccio parte di quelli che probabilmente pagheranno il 10% di tasse in più. A fronte dell'oltre 40% che già pagano. Vale a dire lavorare più per questo stato inefficiente e sprecone che per me.
C'è però un problema fondamentale.
Che io, come molti miei colleghi onesti (quelli che non hanno la holding in Lussemburgo, che non pagano tangenti, che pagano tutte le tasse, che rispettano le norme di sicurezza, non fanno lavorare gente in nero, ecc) mi sto scoraggiando e mi sto chiedendo se ne vale la pena.
Ne vale la pena di fare un lavoro che non ha orario, che comporta pressioni mentali e morali fortissime, che comporta rischi penali enormi (il PM d'assalto è sempre dietro l'angolo) che dà soddisfazioni ma anche una quantità di rotture di scatole e situazioni nelle quali mandare giù amaro elevata?
Vale la pena di avere un investimento che permetterebbe di vivere praticamente di rendita probabilmente fino all'età della pensione e oltre ma che ormai rende quasi nulla?
Vale la pena di scontrarsi ogni giorno con collaboratori, leggi. leggine, mercato, concorrenti disonesti?
Molti ormai cominciano a pensare che no, non ne vale la pena.
E immaginano di andarsene da questo paese o semplicemente chiudere l'attività.
Quindi il vero, grande, rischio, è se che chi fa l'imprenditore molla, chi crea lavoro?
Chi alimenta la società di servizi?
Chi paga le tasse?
Il lavoro, checché ne pensino le persone, i sindacati i politici che "vogliono più lavoro" cresce se qualcuno investe, se qualcuno immagina e crea prodotti o servizi che qualcun altro sia disposto a pagare per avere. Se su ciò costruisce una azienda.
Il lavoro cresce se le aziende e i loro soci trovano le motivazioni per investire, che sono naturalmente il rendimento atteso. E il rendimento deve essere tale da coprire il rischio.
Investe se poi uno dal suo lavoro ci ricava uno stipendio o un guadagno che gli permetta di vivere decentemente secondo le sue aspettative.
Ci sono oggi queste condizioni in questo paese?
No, lo scrivono ormai tutti in tutte le salse.
Ci sono le condizioni per i mercati protetti come utilities, professionisti con i loro ordini, grandi aziende (che hanno un tax rate del 25% perché hanno 1000 modi per ottimizzare i loro carichi fiscali).
Ci sono le condizioni per le aziende scorrette quelle che fanno lavorare in nero (perché poi vendono in nero), pagano tangenti, vivono nel sottobosco della politica o della criminalità.
Insomma, una meritocrazia al contrario che espelle dal sistema la parte sana e quindi diventa sempre più marcio.
E che porta inevitabilmente al disastro sociale, alla guerra civile perché, come abbiamo visto a Londra, ogni barriera morale è saltata e ormai conta "avere", in qualsiasi modo, sia anche il saccheggio.
Perché se nessuno crea lavoro le nostre famiglie devono comunque mangiare, avere una casa in cui stare.
E l'unica categoria che crea lavoro che paga le tasse (mantenendo servizi per i meno fortunati e i servizi basilari dello stato) è quella di chi fa il mio mestiere.
Se ci fate scappare conviene poi trovare la bacchetta magica o la lampada di Aladino.
C'è però un problema fondamentale.
Che io, come molti miei colleghi onesti (quelli che non hanno la holding in Lussemburgo, che non pagano tangenti, che pagano tutte le tasse, che rispettano le norme di sicurezza, non fanno lavorare gente in nero, ecc) mi sto scoraggiando e mi sto chiedendo se ne vale la pena.
Ne vale la pena di fare un lavoro che non ha orario, che comporta pressioni mentali e morali fortissime, che comporta rischi penali enormi (il PM d'assalto è sempre dietro l'angolo) che dà soddisfazioni ma anche una quantità di rotture di scatole e situazioni nelle quali mandare giù amaro elevata?
Vale la pena di avere un investimento che permetterebbe di vivere praticamente di rendita probabilmente fino all'età della pensione e oltre ma che ormai rende quasi nulla?
Vale la pena di scontrarsi ogni giorno con collaboratori, leggi. leggine, mercato, concorrenti disonesti?
Molti ormai cominciano a pensare che no, non ne vale la pena.
E immaginano di andarsene da questo paese o semplicemente chiudere l'attività.
Quindi il vero, grande, rischio, è se che chi fa l'imprenditore molla, chi crea lavoro?
Chi alimenta la società di servizi?
Chi paga le tasse?
Il lavoro, checché ne pensino le persone, i sindacati i politici che "vogliono più lavoro" cresce se qualcuno investe, se qualcuno immagina e crea prodotti o servizi che qualcun altro sia disposto a pagare per avere. Se su ciò costruisce una azienda.
Il lavoro cresce se le aziende e i loro soci trovano le motivazioni per investire, che sono naturalmente il rendimento atteso. E il rendimento deve essere tale da coprire il rischio.
Investe se poi uno dal suo lavoro ci ricava uno stipendio o un guadagno che gli permetta di vivere decentemente secondo le sue aspettative.
Ci sono oggi queste condizioni in questo paese?
No, lo scrivono ormai tutti in tutte le salse.
Ci sono le condizioni per i mercati protetti come utilities, professionisti con i loro ordini, grandi aziende (che hanno un tax rate del 25% perché hanno 1000 modi per ottimizzare i loro carichi fiscali).
Ci sono le condizioni per le aziende scorrette quelle che fanno lavorare in nero (perché poi vendono in nero), pagano tangenti, vivono nel sottobosco della politica o della criminalità.
Insomma, una meritocrazia al contrario che espelle dal sistema la parte sana e quindi diventa sempre più marcio.
E che porta inevitabilmente al disastro sociale, alla guerra civile perché, come abbiamo visto a Londra, ogni barriera morale è saltata e ormai conta "avere", in qualsiasi modo, sia anche il saccheggio.
Perché se nessuno crea lavoro le nostre famiglie devono comunque mangiare, avere una casa in cui stare.
E l'unica categoria che crea lavoro che paga le tasse (mantenendo servizi per i meno fortunati e i servizi basilari dello stato) è quella di chi fa il mio mestiere.
Se ci fate scappare conviene poi trovare la bacchetta magica o la lampada di Aladino.
giovedì 19 maggio 2011
Scavare buche riempire buche
A volte ho l'impressione che la profonda ignoranza economica che abbiano in Italia (che non lo dico io che ignorante sono, avendo la terza media, ma lo dicono i maggiori siti economici) sia particolarmente evidente sul discorso lavoro.
Spesso sentiamo che bisogna dare "un lavoro" e delle prospettive ai giovani.
Si proprio così "un lavoro", generico, perché abbiano "uno stipendio" e possano farsi una famiglia.
Ci vedo due problemi principali.
Il primo è che lavoro, visto che poi molti lavori i giovani non li vogliono fare.
E che ognuno di noi ha giustamente delle aspirazioni e vorrebbe, credo, un lavoro che gli piaccia almeno un po' perché andare a lavorare non sia una condanna al carcere a vita.
La seconda, legata appunto alla ignoranza economica, è il come si forma il reddito.
Sarebbe bello se tutto potesse funzionare alla Keynes per cui basta pagare due squadre una che scava le buche e l'altra che le riempie per dare un lavoro a tutti.
Nel breve periodo può funzionare (e l'aumento di spesa pubblica è sempre un buon salvagente) ma alla fine chi paga?
Come ben capite se pagare le persone anche tassando i due gruppi al 50% non ce la farei a pagarli, ogni mese dovrei finanziare lo stipendio netto.
Si perché è vero che i dipendenti pubblici pagano le tasse, ma è un formalismo per correttezza generale, il loro stipendio per lo stato è un costo (il netto).
Ci vuole qualcuno che paghi le tasse e sia fuori dal giro della pubblica amministrazione.
I pirla come me (vale anche per i professionisti) che creano un prodotto o un servizio, danno lavoro e magari lo vendono nel mondo facendo arrivare in Italia anche un bel po' di soldi dall'estero.
E alla fine le mie tasse le paga un americano o un tedesco acquistando i prodotti. Come io pago pro quota le sue acquistando una automobile o un elettrodomestico ecc.
Ma pago le tasse se riesco a mantenere in equilibrio e competitiva la mia azienda.
Quindi non è che se mi servono 10 persone ne posso avere 15, non pagherei tasse e alla fine probabilmente fallirei. (mentre se sono una bella conglomerata pubblica tipo municipalizzata posso anche avere persone in più, tanto pagano i (tar)tassati).
Non solo, ma ho bisogno gente in gamba, motivata, capace di fare il suo lavoro, quindi offro quel lavoro e non "un lavoro".
Quindi, facendo il mio lavoro, io la mia parte la faccio.
Se la spesa pubblica è un palliativo di breve durata, certi lavori non si vogliono fare e non si può pretendere dagli altri più di quello che già fanno, esiste la quarta via.
Muovere le sante chiappette e crearsi il lavoro.
E non ditemi che:
Spesso sentiamo che bisogna dare "un lavoro" e delle prospettive ai giovani.
Si proprio così "un lavoro", generico, perché abbiano "uno stipendio" e possano farsi una famiglia.
Ci vedo due problemi principali.
Il primo è che lavoro, visto che poi molti lavori i giovani non li vogliono fare.
E che ognuno di noi ha giustamente delle aspirazioni e vorrebbe, credo, un lavoro che gli piaccia almeno un po' perché andare a lavorare non sia una condanna al carcere a vita.
La seconda, legata appunto alla ignoranza economica, è il come si forma il reddito.
Sarebbe bello se tutto potesse funzionare alla Keynes per cui basta pagare due squadre una che scava le buche e l'altra che le riempie per dare un lavoro a tutti.
Nel breve periodo può funzionare (e l'aumento di spesa pubblica è sempre un buon salvagente) ma alla fine chi paga?
Come ben capite se pagare le persone anche tassando i due gruppi al 50% non ce la farei a pagarli, ogni mese dovrei finanziare lo stipendio netto.
Si perché è vero che i dipendenti pubblici pagano le tasse, ma è un formalismo per correttezza generale, il loro stipendio per lo stato è un costo (il netto).
Ci vuole qualcuno che paghi le tasse e sia fuori dal giro della pubblica amministrazione.
I pirla come me (vale anche per i professionisti) che creano un prodotto o un servizio, danno lavoro e magari lo vendono nel mondo facendo arrivare in Italia anche un bel po' di soldi dall'estero.
E alla fine le mie tasse le paga un americano o un tedesco acquistando i prodotti. Come io pago pro quota le sue acquistando una automobile o un elettrodomestico ecc.
Ma pago le tasse se riesco a mantenere in equilibrio e competitiva la mia azienda.
Quindi non è che se mi servono 10 persone ne posso avere 15, non pagherei tasse e alla fine probabilmente fallirei. (mentre se sono una bella conglomerata pubblica tipo municipalizzata posso anche avere persone in più, tanto pagano i (tar)tassati).
Non solo, ma ho bisogno gente in gamba, motivata, capace di fare il suo lavoro, quindi offro quel lavoro e non "un lavoro".
Quindi, facendo il mio lavoro, io la mia parte la faccio.
Se la spesa pubblica è un palliativo di breve durata, certi lavori non si vogliono fare e non si può pretendere dagli altri più di quello che già fanno, esiste la quarta via.
Muovere le sante chiappette e crearsi il lavoro.
E non ditemi che:
- vi mancano i soldi: per le buone idee di soldi in giro ce ne sono in abbondanza (rinunciando al controllo naturalmente)
- è rischioso (a me lo dite? perché io non rischio?)
- è difficile ed impegnativo: certo, ma allora smettete di sputare su chi non crea abbastanza lavoro
giovedì 5 maggio 2011
Crisi? Quale crisi?
Notoriamente la crisi è qualcosa che si sono inventati i portatori di sventura ma grazie al nostro intrepido governo e al decreto dello sviluppo le cose miglioreranno.
I dati sembrano buoni ma cresciamo meno dell'Europa e siamo pur sempre sotto rispetto al 2008 (e stiamo già rallentando come si vede dal grafico)
E questo è quello che il nostro governo considera necessario per lo sviluppo.
Sulla ricerca una defiscalizzazione su quella aggiuntiva affidata alle Università. Così se hai investito su risorse interne sei cornuto e mazziato.
Credo che la vera, grande, svolta verrà da questo "Raddoppio a 10mila euro del valore dei beni di cui le imprese possono disfarsi, perché obsoleti, per cui sarà sufficiente l'atto notorio".
Perché se non lo sapete se voglio buttare via un vecchio PC che è a cespite devo chiamare la finanza (o l'agenzia delle entrate) per certificarne la distruzione. (al di là di dover pagare per smaltirlo).
Al solito, aria fritta pre-elettorale.
Intanto hanno aumentato la benzina per la guerra (scommetto diventerà definitivo) ristabilito le tariffe per gli avvocati (i migliori amici del nostro Presidente del Consiglio) ecc ecc
Ah, naturalmente non manca una stabilizzazione dei precari della scuola.
I dati sembrano buoni ma cresciamo meno dell'Europa e siamo pur sempre sotto rispetto al 2008 (e stiamo già rallentando come si vede dal grafico)
E questo è quello che il nostro governo considera necessario per lo sviluppo.
Sulla ricerca una defiscalizzazione su quella aggiuntiva affidata alle Università. Così se hai investito su risorse interne sei cornuto e mazziato.
Credo che la vera, grande, svolta verrà da questo "Raddoppio a 10mila euro del valore dei beni di cui le imprese possono disfarsi, perché obsoleti, per cui sarà sufficiente l'atto notorio".
Perché se non lo sapete se voglio buttare via un vecchio PC che è a cespite devo chiamare la finanza (o l'agenzia delle entrate) per certificarne la distruzione. (al di là di dover pagare per smaltirlo).
Al solito, aria fritta pre-elettorale.
Intanto hanno aumentato la benzina per la guerra (scommetto diventerà definitivo) ristabilito le tariffe per gli avvocati (i migliori amici del nostro Presidente del Consiglio) ecc ecc
Ah, naturalmente non manca una stabilizzazione dei precari della scuola.
martedì 3 maggio 2011
Certezza del diritto
Come noto la FIOM ha promosso diverse cause riguardanti l'applicazione del contratto separato metalmeccanici del 2009.
Tribunale di Torino (almeno fossero due tribunali diversi).
Una sentenza a favore della FIOM.
Una sentenza a favore dell'azienda.
I team legali e i comportamenti sono uguali.
C'è bisogno di commentare oltre a mettersi a piangere?
Tribunale di Torino (almeno fossero due tribunali diversi).
Una sentenza a favore della FIOM.
Una sentenza a favore dell'azienda.
I team legali e i comportamenti sono uguali.
C'è bisogno di commentare oltre a mettersi a piangere?
giovedì 28 aprile 2011
Artisti
Ci sono persone che sono degli artisti.
In questo caso si tratta del (ir)responsabile del magazzino.
Ok la nostra azienda non è molto estesa, ma possibile che in un mese sia nella pausa pranzo che la sera non ti sia capitato 1 volta, dico 1 di ritardare l'uscita di un minuto?
Possibile che non hai mai avuto una cosa da fare, che so il computer che non si spegne, un muletto da mettere a posto, una bolla, una telefonata, una momentanea distrazione?
No 42 volte sei riuscito a timbrare entro il minuto in cui la sirena ha iniziato a suonare.
Un artista!
Però per farlo c'è un metodo solo, smettere dieci minuti prima di lavorare, mentre io ti pago fino al minuto di timbratura. Anche quando tu sei già lì in zona timbratura mani lavate, fresco e pronto ad uscire.
Credi che siamo scemi? Poi non ti lamentare se non prendi un aumento neanche a piangere (mentre i tuoi colleghi lo prendono senza chiederlo) e se le tue valutazioni su come lavori non sono mai positive (il cartellino rispecchia l'impegno generale).
Certo che dev'essere ben triste lavorare così. E avevi l'occasione di crescere.
Nota per i polemici, non sono di quelli che pretendono ore gratis e paghiamo eventuali straordinari (tranne che ai quadri, ma lì lo stipendio li ricomprende). E molti altri timbrano nel minuto, anche degli uffici. Ma non con una regolarità così.
Non fatevi distrarre dall'ora di entrata, sta in cortile a parlare e al suono della sirena, con passo felpato si avvia verso il suo posto di lavoro, si veste, accende il computer ecc.
EDIT - non è vero, mi sono sbagliato, sul mese scorso una volta sei uscito alle 12.01. Mi cospargo il capo di cenere ;-) (stavo guardando quello di Aprile e non era successo)
In questo caso si tratta del (ir)responsabile del magazzino.
Ok la nostra azienda non è molto estesa, ma possibile che in un mese sia nella pausa pranzo che la sera non ti sia capitato 1 volta, dico 1 di ritardare l'uscita di un minuto?
Possibile che non hai mai avuto una cosa da fare, che so il computer che non si spegne, un muletto da mettere a posto, una bolla, una telefonata, una momentanea distrazione?
No 42 volte sei riuscito a timbrare entro il minuto in cui la sirena ha iniziato a suonare.
Un artista!
Però per farlo c'è un metodo solo, smettere dieci minuti prima di lavorare, mentre io ti pago fino al minuto di timbratura. Anche quando tu sei già lì in zona timbratura mani lavate, fresco e pronto ad uscire.
Credi che siamo scemi? Poi non ti lamentare se non prendi un aumento neanche a piangere (mentre i tuoi colleghi lo prendono senza chiederlo) e se le tue valutazioni su come lavori non sono mai positive (il cartellino rispecchia l'impegno generale).
Certo che dev'essere ben triste lavorare così. E avevi l'occasione di crescere.
Nota per i polemici, non sono di quelli che pretendono ore gratis e paghiamo eventuali straordinari (tranne che ai quadri, ma lì lo stipendio li ricomprende). E molti altri timbrano nel minuto, anche degli uffici. Ma non con una regolarità così.
Non fatevi distrarre dall'ora di entrata, sta in cortile a parlare e al suono della sirena, con passo felpato si avvia verso il suo posto di lavoro, si veste, accende il computer ecc.
EDIT - non è vero, mi sono sbagliato, sul mese scorso una volta sei uscito alle 12.01. Mi cospargo il capo di cenere ;-) (stavo guardando quello di Aprile e non era successo)
lunedì 4 aprile 2011
Sognando le nuvole
Giornalmente in azienda riceviamo offerte.
Se uno legge on line e le riviste è certamente il trend del momento.
Tutti ne parlano.
Cloud computing.
Servizi in ASP, server e memorizzazione dati remoti.
Bellissimo.
C'è il solito ma: avere i dati in remoto nella cloud è bellissimo. Ma dovrei avere una bella linea internet veloce e affidabile.
Invece qui da noi, visti gli scarsi investimenti fatti sulla rete ultimamente, avere una linea internet veloce e stabile è una specie di sogno.
Ammesso e non concesso di essere in località coperta almeno da ADSL (e in certi posti è già un sogno) una linea veloce ed affitabile in grado di supportare la memorizzazione remota costa ben più di un buon server.
No cloud computer ma le solite nuvole nere all'orizzonte.
Se uno legge on line e le riviste è certamente il trend del momento.
Tutti ne parlano.
Cloud computing.
Servizi in ASP, server e memorizzazione dati remoti.
Bellissimo.
C'è il solito ma: avere i dati in remoto nella cloud è bellissimo. Ma dovrei avere una bella linea internet veloce e affidabile.
Invece qui da noi, visti gli scarsi investimenti fatti sulla rete ultimamente, avere una linea internet veloce e stabile è una specie di sogno.
Ammesso e non concesso di essere in località coperta almeno da ADSL (e in certi posti è già un sogno) una linea veloce ed affitabile in grado di supportare la memorizzazione remota costa ben più di un buon server.
No cloud computer ma le solite nuvole nere all'orizzonte.
sabato 26 febbraio 2011
la vostra ignoranza vi fregherà
Personalmente traggo una lezione da quanto sta succedendo in Nord Africa.
Ed è quanto (come dico da tempo) i governanti siano lontani dal popolo, circondati da paraculi che non fanno che osannarli e rassicurarli.
A questo si aggiunge, oggi, la profonda incapacità di moltissimi di capire nel profondo i Social Networks e la loro potenza. Che in questi casi sta nella polverizzazione e impossibilità di avere una visione di insieme.
Chi può oggi veramente fare una analisi del "sentiment" sui social network?
Dove e chi (forse a parte Google) ha la potenza di calcolo di fare analisi serie su ciò che passa sui SN?
Davvero qualcuno pensa che basti tenere d'occhio un po' Facebook e un po' Twitter?
Mi dicono persone che ci sono state che mesi e mesi fa i giovani dicevano che il nord Africa era una polveriera pronta ad esplodere.
Proprio mentre i governanti venivano a promuovere gli insediamenti produttivi e gli accordi commerciali, mentre i governanti rubavano sempre e sempre più, comportandosi come se tutto non dovesse finire mai.
Chi aveva il "sentiment" della situazione? Probabilmente i giovani che frequentavano i SN e altri giovani, non chi viveva nella sua torre d'avorio.
E spegnere internet dopo non è molto utile.
Non a caso i cinesi, ben più smart e abituati a reprimere il dissenso (fanno ogni anno ben più morti della Libia, ma la realpolitik verso chi ci sta comperando ed è fabbrica del mondo ci fa turare il naso) internet lo tengono mezzo aperto e molto controllato.
Per estensione, care decine di migliaia di colleghi che pensate che quelle siano robe da ragazzini e io non ho mica tempo da perdere e tanto nel nostro settore... siete sicuri che la next revolution non renderà di sabbia le fondamenta proprio del vostro business?
Ed è quanto (come dico da tempo) i governanti siano lontani dal popolo, circondati da paraculi che non fanno che osannarli e rassicurarli.
A questo si aggiunge, oggi, la profonda incapacità di moltissimi di capire nel profondo i Social Networks e la loro potenza. Che in questi casi sta nella polverizzazione e impossibilità di avere una visione di insieme.
Chi può oggi veramente fare una analisi del "sentiment" sui social network?
Dove e chi (forse a parte Google) ha la potenza di calcolo di fare analisi serie su ciò che passa sui SN?
Davvero qualcuno pensa che basti tenere d'occhio un po' Facebook e un po' Twitter?
Mi dicono persone che ci sono state che mesi e mesi fa i giovani dicevano che il nord Africa era una polveriera pronta ad esplodere.
Proprio mentre i governanti venivano a promuovere gli insediamenti produttivi e gli accordi commerciali, mentre i governanti rubavano sempre e sempre più, comportandosi come se tutto non dovesse finire mai.
Chi aveva il "sentiment" della situazione? Probabilmente i giovani che frequentavano i SN e altri giovani, non chi viveva nella sua torre d'avorio.
E spegnere internet dopo non è molto utile.
Non a caso i cinesi, ben più smart e abituati a reprimere il dissenso (fanno ogni anno ben più morti della Libia, ma la realpolitik verso chi ci sta comperando ed è fabbrica del mondo ci fa turare il naso) internet lo tengono mezzo aperto e molto controllato.
Per estensione, care decine di migliaia di colleghi che pensate che quelle siano robe da ragazzini e io non ho mica tempo da perdere e tanto nel nostro settore... siete sicuri che la next revolution non renderà di sabbia le fondamenta proprio del vostro business?
mercoledì 2 febbraio 2011
Questa è l'Italia

Ha un milione.
Ha un sogno.
Ma cerca il posto fisso, anche da receptionist, ad aprire una sua azienda non ci pensa proprio.
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