Post originariamente scritto per "Formiche" sul numero di Maggio attualmente in Libreria.
Ne ho visti tanti, sparire nel buco nero della politica attirati dalle sirene.
Incontri gli amici di un tempo, trascinati nel gorgo della politica e li trovi persi, presi da argomenti e ragionamenti distanti.
Credo sia qualcosa che fa parte dell'animo umano, che si lega intimamente ai nostri istinti animali più profondi. Quelli che non cambiano al variare della cultura, del luogo di nascita, della propria storia.
E' qualcosa che è legato al potere, al comando. Presente infatti anche nei gruppi di animali.
Molti miei colleghi sono i primi a soffrirne, chi non conosce industriali di provincia boriosi e pieni di se? Ma se vivi in provincia sei riconosciuto, omaggiato, vai in giro e ti senti "qualcuno" e non "uno". Poi bisognerebbe rendersi conto che ti sposti nel paese di fianco e probabilmente nessuno ti conosce ma questa è un'altra storia.
Quando una persona, anche di successo, intelligente e con buona cultura entra in politica viene inserito nel meccanismo.
Il meccanismo prevede che uno cominci ad assumere degli incarichi.
E più sali più hai incarichi, più hai incarichi più il meccanismo ti trascina nell’ingranaggio.
Sempre più la tua vita si riempie di politica. Cominci a incontrare prevalentemente persone a causa della politica, ad avere incontri con i colleghi. Entri nel gruppo dei “politici”.
Ogni gruppo tende a proteggere i suoi componenti, a diventare autoreferenziale, dagli amici che si trovano per una partita di carte al bar alle grandi organizzazioni.
La politica è naturalmente l’apoteosi dei circoli chiusi.
Ti danno le chiavi e cominci ad avere accesso al castello, là dove entrano solo le persone di potere.
E più sali di livello e più puoi salire ai piani alti del castello.
Inizi la durissima vita del politico ad alto livello. La gente non si rende conto di quanto questa vita sia dura, che il 90% delle persone probabilmente schianterebbero al suolo stremate, anche considerando di avere tutte le facilitazioni di viaggio e organizzative di cui si gode. Sembra una cosa semplice, invece è complessa, difficile, estenuante e ha due grandi controindicazioni: la prima è che ti trovi sempre più circondato da tuoi simili e quando esci dal castello il popolo, ammesso che superi la cerchia di chi ti protegge, è adulante.
La seconda è che questa durissima vita rende miopi.
E allora quando ti trovi nella torre del castello a parlare con i tuoi simili e a decidere sul destino del popolo, lo stesso popolo, il paesaggio tutto quello che circonda il castello diventa un paesaggio sfumato ed indistinto.
L’ho detto, ogni ambiente a poco a poco si trasforma in un circolo “chiuso” dalla bocciofila alla compagnia di ragazzi, al paesello.
Il problema è che la politica decide e regola la vita di tutto quel mondo che cerca di andare avanti fuori dal castello. E lo fa senza più vederlo e capirlo.
Non a caso i miei collaboratori normalmente commentano: ma ci provano mai a pensare cosa comporta cercare di rispettare le leggi che emanano?
Per questo non c’è da stupirsi se da centinaia di anni per il popolo il governante è qualcuno che alla affermazione “manca il pane il popolo ha fame” dà come risposta “dategli le brioches”.
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