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venerdì 28 settembre 2007

Meglio soli che forti

Se dovessi puntare il dito contro IL DIFETTO di chi fa impresa in Italia lo farei sulla incapacità di aggregarsi.

Ogni popolo porta il peso della storia, che influenza pesantemente il modo di pensare. Questo è il paese dei Comuni, dove tantissimi piccoli signorotti cercavano di fregarsi l'un l'altro.
L'economia stessa è figlia della storia (se non li avete mai letti prendete qualche libro sul tema del Professor Carlo Maria Cipolla) e della mentalità di chi fa l'imprenditore.
E ancora oggi tra comuni vicini ci sono rivalità profonde.

Ecco che allora in questo paese si preferisce essere padroni al 100% del nulla, con corollario magari del retropensiero di essere comunque più furbo del concorrente, di avere il controllo assoluto. Magari col corollario del "fai così perché lo dico io e non rompere le balle che non capisci niente".

Leggevo ieri su Magazine una citazione del Berlusca che avrebbe detto che nessuno ha fatto più di lui, forse solo Bill Gates in USA. Tralascio per carità di patria un commento alla frase.

Ma soffermiamoci un attimo sulla situazione.
Da subito Microsoft fu aperta ad altri soci, i dipendenti venivano pagati in azioni (e sono diventati miliardari), Certo Gates ha sempre tenuto probabilmente la maggioranza, ma non il 100% come il Berlusca fino a prima di entrare in politica.

Ed è così quasi dappertutto, credetemi, in nessun paese al mondo ci sono così poche centrali di acquisto per la piccola distribuzione o centrali di vendita (magari cooperative per riallacciarsi sopra).
Ad esempio quando si va all'estero si va in ordine sparso.
Non si riesce ad organizzare neppure una rete di assistenza e vendita all'estero tra non concorrenti (tra concorrenti è addirittura vietato farselo venire in mente) che porterebbe benefici a tutti.
Dopo due secondi che un consorzio si è formato cominciano le gelosie e ripicche.

Per non parlare delle migliaia di aziende della subfornitura incapaci di sviluppare un prodotto proprio che vengono strozzate da clienti approfittatori e che dovrebbero aggregarsi con altre aziende della filiera per essere in grado di fornire servizi avanzati su sistemi complessi, oltre al piccolo pezzo fatto su disegno.

E intanto, naturalmente ci si lamenta.
I piccoli vengono stritolati dai grandi.
E non si rendono conto che è una scelta loro.

Se poi ci aggiungiamo la spiacevole attitudine a preferire che un lavoro vada ad uno straniero che ad un concorrente diretto Italiano è detto tutto.


PS Ho trovato interessante anche il commento che diceva che è una scelta anche delle associazioni per avere tanti piccoli associati che hanno meno capacità di incidere (e pagano complessivamente di più, mi si consenta ;-) ) che non pochi forti associati.

Coop & Caprotti /2

Ho avuto parecchi commenti sul tema, in alcuni casi devo dire che mi è sembrato un dialogo tra sordi che dicono la stessa cosa. Devo essere stato scarso a spiegarmi.

Cerco di farlo

Secondo me esistono vari livelli di cooperative.
Quelle sociali che hanno una loro funzione secondo me molto importante, proprio perché le cooperative, facendo l'interesse del socio, sono in grado di offrire occasioni di lavoro con meno vincoli contrattuali (ad esempio) che non le società di capitali.
Le aziende che decidono spontaneamente di darsi la forma di cooperativa, accettando i vincoli e i benefici che la cosa offre (un lettore ne parla in modo interessante nei commenti). A mio personalissimo parere ad esempio, anche se ammetto di non conoscere approfonditamente l'argomento, molte start-up informatiche meglio che piene di gente con partita IVA sarebbe utile fossero cooperative. Poi se il business viaggia si può trasformare (o no, scusate non lo so) in società di capitali.
Le cooperative di supporto, tipo le citate Valfrutta, che diventano "rete di vendita" di chi da solo non ce la fa. Di queste a mio parere in Italia ne facciamo troppo poche e ci torno in un prossimo post.
Le "multinazionali delle cooperative" che a mio personalissimo parere hanno poco senso, dovendo alla fine darsi una governance adeguata e sfuggendo a quel punto la possibilità di intervento dei soci. Un po' come certe banche popolari o cooperative che diventano poi enormi e grazie alla struttura societaria diventano di fatto guidate dai manager o da gruppi organizzati tipo sindacati nella BPM.

Non credo che perché qualcosa è una cooperativa debba forzatamente essere "equo e solidale".
Rilevavo però come Coop usi, di fatto (e non sono i soli, certo), il concetto caro alla sinistra di "migliore" in quanto equo e solidale salvo poi comportarsi, giustamente, come qualsiasi azienda con fornitori, clienti ecc.
Se mi si permette, loro sono liberi di usare quella strategia di marketing, io sono libero di puntare il dito e dire che il Re è nudo e che sono un'azienda come tutte le altre.

Qualcuno ha letto le mie parole come difesa di Caprotti, si sbaglia. Da lombardo conosco tutte le storie (magari qualcuna più di altri) sui metodi gestionali di Esselunga.
E credo Caprotti sappia difendersi da solo.
Così come anche lui, quando può, cerca di fermare i concorrenti, con la differenza, in questo caso, che lui si cerca gli amici tra i politici. Altri tipo Coop per storia e fatti sono abbastanza "grigie" per non dire di peggio nei rapporti con la politica e non si capisce dove finisce la Coop e inizia la politica.
E qui si parla di Coop perché era la notizia del giorno, ma la cosa vale per tutte certe forme di commistione. Sempre ricordando che sono in Lombardia qui di Coop bianche o associazioni dai labili confini ad esempio col Presidente della Regione o suoi stretti collaboratori e amici ce ne intendiamo mica male.
Chiedete a chi lavora nella sanità cosa pensa di CL & collegate!

La mia contestazione veniva da una risposta Coop che diceva "si lamenta lui che è ricco", se andate a rileggerla.

Confindustria combatte da anni una battaglia contro le "finte coop", che altro non sono che aziende che hanno scelto quella forma societaria per questioni fiscali. Legittimo farlo, ma come è legittimo fino a prova contraria avere la holding in Lussemburgo o alle Cayman o nelle isole Inglesi.
Come sono libero di criticare (strappando facili applausi) chi ha la holding lussemburghese posso essere libero di criticare cooperative che (come ho detto) dello spirito cooperativo hanno alla fine ben poco?

martedì 25 settembre 2007

Coop & Caprotti

Leggo (sono sempre un po' in ritardo) la (non) risposta di Coop a Caprotti.
Nulla si dice delle facilitazioni per piani regolatori "amici".
Si dice che è normale che ci siano prezzi "differenziati" per area (ed è vero) ma non dice che chissà come mai i prezzi sono elevati dove (grazie ad ambiente "amico"?) sono in splendida solitudine e bassi dove c'è la concorrenza.

Una bella sbrodolata sui valori delle cooperative.
Ma è una cooperativa solidale un'azienda che fattura decine di miliardi di euro e che usa gli stessi metodi degli odiati capitalisti? (si vedano i commenti dell'altro post) ivi compresi (cito la risposta) "dolorosi processi di concentrazione e ristrutturazione", che vuol dire licenziamenti, per capirci.

sabato 22 settembre 2007

Sempre gli stessi tic

Alla Visco, anche i compagni delle Coop, odiando chi ha guadagnato i soldi con il proprio lavoro, alle accuse di Caprotti (Esselunga) invece di rispondere puntualmente contestando le accuse rispondono "A piangere su presunti soprusi e vessazioni inaudite subite a causa delle cooperative di consumo per oltre cinquant’anni e’ uno degli uomini piu’ ricchi d’Italia".

Quindi cosa vuol dire che siccome Caprotti è ricco è giusto che subisca?
O che le Coop siano favorite dall'essere parte interconnessa all'attuale sistema di potere?
Solito richiamo alla lotta di classe per coprire il fatto che di cooperativo c'è più nulla a parte le quote soci o che si hanno prezzi più alti dove manca la concorrenza come scritto da Caprotti sul Sole l'altro giorno?