mercoledì 21 dicembre 2011

Produttività vò cercando

Se ne fa un gran parlare ma la produttività è come il marketing: a seconda della persona con cui parli la produttività è una cosa diversa.

Parto da una autocritica.
Se parlate con molti miei colleghi la mancanza di produttività deriva da quei fannulloni dei loro dipendenti che non hanno voglia di lavorare.

Invece, in azienda, la produttività si basa su investimenti in tre pilastri strettamente correlati: tecnologia, formazione, organizzazione.
Per evitare un post monstre arriveranno tre post dedicati.

Ci sono poi le diseconomie produttive "esterne". Non è un mistero che il peso della burocrazia in Italia è enormemente superiore a molti altri paesi.
Basta dire che per una start-up che vende servizi (o app) via internet è conveniente aprire una filiale nel Delaware perché se fa microfatture da massimo 50 dollari è talmente alto il costo burocratico di tutta la contabilità che rende anti-economico farlo in Italia.

Pensate poi a quante incombenze ci sono, quanta carta occorre preparare. In una piccola azienda da circa 50 persone secondo me almeno 2 persone sono dedicate al 100% a faccende burocratiche (non dico registrazioni contabili che si farebbero comunque ma proprio cose burocratiche).
Basta dire che da me stanno lavorando in due da due settimane per preparare lo "spesometro" e di quattro commercialisti interpellati non siamo riusciti ad avere una risposta univoca su cose come se Telecom è contratto o no.
Esportiamo e ci vuole una dichiarazione contenete di tutto e di più per un certo numero di leggi. Secondo voi va bene una dichiarazione standard? No naturalmente, ogni dogana utilizzata per l'export vuole la sua. Che vuole dire prepararla, firmarla, ecc.
Per non parlare di code in posta o in uffici vari che presuppongono la presenza di una persona addetta e dotata di calma olimpionica.

Da anni parlano di semplificazione.

Visto da qui non fanno che complicare le cose.
Basta dire che in due anni adesso di elenchi operazioni ne abbiamo tre: intra, black list e spesometro. E meno male che c'era il Ministro della Semplificazione anche se certo da uno con questa faccia non è che ci si può aspettare molto.

Quando poi senti dire che aumentiamo la produttività eliminando la festività locale o spostando al sabato certe feste ti viene vogli di inseguirli con un forcone.

[Continua...]

domenica 20 novembre 2011

Sfruttamento degli anziani

Una idea che mi frulla in testa da tempo.

Certe attività effettivamente una persona di una certa età ha difficoltà ad eseguirle.
Ma ha una esperienza incredibile, magari non allineata alle tecnologie attuali, ma ben solida.

E se noi da un certo punto in poi facessimo delle regole per le quali (incentivi fiscali per la persona e per le aziende) l'anziano resta in azienda come tutor dei giovani a fare formazione e affiancamento? Magari part time.

Le non tasse pagate compenserebbero la pensione, l'anziano avrebbe un reddito ed una occupazione, potrebbe continuare a fare ciò che gli piace senza responsabilità operative.
Le aziende ne beneficerebbero per la formazione dei giovani.
I giovani avrebbero chi gli insegna davvero un mestiere con competenza e passione.

Sapeste quante volte se ne va l'anziano artigiano capacissimo nel suo lavoro e le aziende si trovano in difficoltà!

sabato 19 novembre 2011

Sfruttamento giovanile

In mio tweet di ieri ha avuto qualche successo e causato qualche polemica.

Premesso che di studenti universitari ne ho due in casa, pur essendo possibile l'idea  che siano i miei ignoranti e tutti gli altri eruditi, ho anche una lunga frequentazione di studenti.
Prima direttamente, in tempi caldi, nei quali il rischio era prendersi una pallottola, dove ho frequentato gente e riunioni di tutto l'arco costituzionale e ben oltre e poi frequentando le scuole per fare relazioni ed orientamento.

E confermo quanto detto, troppo spesso l'esuberanza giovanile, la voglia di cambiare il mondo e di fare casino vengono sfruttati da altri con ben altri scopi.

I dati delle manifestazioni di ieri parlavano di qualche migliaio (2/3) di studenti per città. A Milano quanti studenti universitari ci sono? 20/30.000?
Quindi il 10% era in piazza (ammesso fossero tutti studenti) e il 90% era a fare lo studente, cioè a studiare.
Dalle facce viste nelle foto molti o erano parecchio fuori corso o non erano studenti ma Cobas, gli altri organizzatori.

Gli studenti sono comodi, basta una miccia e scendono in piazza a rimpolpare le manifestazioni di tutti. Uno sciopero e un giorno di scuola saltato sono da sempre una facile attrattiva. Poi il grosso si perde nei bar strada facendo e non sa neppure le ragioni dello sciopero ma il risultato per andare sui giornali è ottenuto.

Anche in nelle territoriali di Confindustria o altre organizzazioni quando certe manifestazioni o incontri mostrano dubbi sulla partecipazione sfruttano gli studenti per avere poi una sala piena. (ho qualche dubbio che poi la maggior parte stia a sentire, ma fa parte delle cose).

Ma veniamo a nocciolo della questione, sulla strumentalizzazione.
Partendo dal lavoro.

Con il mestiere che faccio, e visto che ho una azienda che è sempre stata in crescita e non se la sta cavando male anche nella crisi, il discorso di assunzioni, per fortuna, è da noi abituale.
E quindi so bene il meccanismo che si avvia. Tenete presente che con oltre 50 persone per noi le regole per i licenziamenti sono quelle dei grandi.

Il problema principale che abbiamo è quello della instabilità dei mercati. E' difficile prevedere cosa succederà tra due mesi con alti e bassi molto forti e una serie di fermi e improvvisi riavvii difficili da governare.
Giusto ieri, neppure a farlo apposta, in viaggio con mio padre parlavamo di due ragazzi che sono da noi come interinali che sono molto in gamba.

Ma so già, come è accaduto tante altre volte il meccanismo che partirà.
Sono bravi, sono così rari quelli bravi e che si impegnano (di questo riparlerò ma ho già parlato) che vale la pena di offrirgli un lavoro fisso.
Nel modo ideale licenzierei quei due lavativi che abbiamo (in tutte le aziende ce ne sono) e li sostituirei, applicando la meritocrazia, con due giovani in gamba.
Nella realtà siccome non posso licenziare i due lavativi comincerà il balletto su che prospettive di lavoro abbiamo per i prossimi mesi, sull'organico ideale, su come fare fronte ai picchi (interinali o straordinari) e tutta una serie di cose di gestione.
Alla fine so già che, se va bene, otterranno probabilmente un contratto a tempo determinato di un anno, in attesa di vedere come va il lavoro.

Ecco questi sono i giovani che scendono in piazza a difendere l'articolo 18? Uno dei più grossi limiti alla meritocrazia che tutti dicono di volere in Italia?
Ah se non ci fossero gli interinali, non assumeremmo, faremmo molti più straordinari come mille altri o sposteremmo fuori alcuni lavori. Tanto per sgombrare il campo dall'idea che siano il male. E quei due non avrebbero neppure i 6 mesi di lavoro.

Pensioni: Per mantenere l'equilibrio delle pensioni i contributi dei giovani sono sempre più alti andando a tagliare fortemente i loro redditi netti.
L'idea è che quei contributi servano per la loro pensione.
No, quelli INPS servono per pagare la pensione del loro papà, mamma, nonno, zio magari andati in pensione a 50 anni con le vecchie regole e che stanno prendendo una pensione commisurata agli ultimi stipendi gonfiati a fronte di contributi molto bassi versati.
Mentre i giovani difficilmente potranno godere di regole anche lontanamente comparabili.

Insomma un paio di casi dove i giovani scendono in piazza a difendere i privilegi di chi li chiama in piazza mentre il mondo è cambiato e quei privilegi loro non li avranno mai.
E certo non possono ottenerli scendendo in piazza.

Sta diventando un poema ma voglio anche parlare del tema di questi giorni.

La discesa in piazza preventiva su un governo che non è neppure ancora insediato per me è appunto strumentalizzazione.
Si contesta qualcosa senza neppure sapere cosa. In amicizia, per spirito di contestazione del quale i giovani sono pieni.
D'altra parte scendono per difendere le università ispirati dai baroni che le università le hanno rovinate contro persone che hanno saputo creare una delle migliori università italiane dove, mi dicono, il merito (e non il censo) è fortemente applicato.

Ma vogliamo parlare di banche e debito?

Il debito l'abbiamo creato tutti, chi più chi meno.
Io ho avuto una nonna che per 30 anni ha preso una pensione di reversibilità senza avere mai versato una lira di contributi non avendo mai lavorato.
Tanti tanti anni fa, quando la situazione era completamente diversa, anche noi in azienda (come tutti, intendiamoci era la regola) avevamo sacche di nero sia nelle vendite sia con i collaboratori.
Anche a me è capitato di pagare in contanti per evitare l'IVA o in cambio di uno sconto (ed è evasione).
Molte aziende (non la nostra) hanno prosperato vendendo alla PA a prezzi enormemente gonfiati.
Molti dipendenti della PA hanno fatto ben poco di quello per cui erano pagati (e magari avevano altri lavori in nero).
Tutte cose che hanno contribuito a creare il debito.

L'altro lato della medaglia, cari studenti, è che la pensione del nonno contribuisce magari a pagarvi gli studi o a mantenervi a casa se siete tra quelli che non studiano e non cercano lavoro (troppi).
E' che magari papà è riuscito a comperare casa col lavoretto in nero o pagando parte della casa in nero per risparmiare.

Insomma abbiamo vissuto sopra alle nostre possibilità e una quota del debito si è trasferito (attraverso sovvenzioni o minori tasse) ai privati.

Allora cari studenti se volete rinnegare il debito dovreste anche rinunciare a ciò che vi verrà lasciato, da un certo punto di vista anche alle infrastrutture. E ripartire da zero.

Sulle banche poi, siccome gestiscono i soldi di tutti noi, stanno fallendo perché noi di soldi non ne abbiamo quasi più, e i titoli di stato gli investitori non li vogliono più quindi si sono svalutati e le banche ne sono piene per tenere in piedi in nostro malridotto stato.
Ma lì dentro ci sono i nostri soldi e se la banca salta noi potremmo non rivedere i nostri soldi. Chiedete a papà se gli sta bene e con che cosa vivrete poi.

La speculazione internazionale è un bella scusa, ma voi prestereste 1000 euro al vostro amico che chiede soldi sempre a tutti, va in giro con una bella macchina, spende e spande mentre sapete che guadagna 800 euro al mese?

L'impressione, visti da fuori, è che mentre i genitori e noi tutti (finanziando l'università, i treni a prezzo politico, le strade su cui marciate) vi mantengono voi scendete in piazza a fare casino.

Per appoggiare altri che hanno solo il fine di posizionarsi in una certa area politica. Ma non per voi, perché quello è lo spazio che occupano, poi sul da farsi lanciato qualche slogan in TV alla prima votazione sul tagliare le pensioni dei parlamentari o qualche privilegio votano compatti con tutti gli altri (magari a favore ma dopo aver controllato i numeri e di essere in forte minoranza).

venerdì 11 novembre 2011

Tradimenti

Cari signori del Pdl (e leghisti) sento dai notiziari che appoggiare il governo Monti sarebbe un tradimento della volontà popolare perché la gente aveva votato per Berlusconi.

Non sono un vostro elettore (diciamo lo sarei potenziale) ma il governo una volta eletto rappresenta teoricamente tutti.

Lasciatemelo dire.

Il vero tradimento è già stato consumato, perché gli elettori non vi hanno votato per far fare a Berlusconi i cazzacci suoi e mettere a posto le sue cose.
Vi hanno votato, credetemi, fidandosi (a questo punto a torto) che avreste fatto le promesse riforme in senso liberale dello Stato e che avreste abbassato le tasse.

In questo momento, per le riforme non fatte e anche per colpa vostra che avete aumentato le spese, abbassare le tasse è impossibile.

Allora almeno appoggiate un governo che faccia le riforme che non avete fatto e farete felici i vostri elettori e (mi si perdoni il francesismo ma viene dal cuore) non rompete i coglioni.

E se volte veramente fare contenti davvero i vostri elettori dimezzatevi, e nel prossimo parlamento andateci in 300.

mercoledì 9 novembre 2011

Circolare, circolare

Il tipico errore del neo-imprenditore è confondere i flussi con il fatturato.
E non capisce perché fattura così tanto ed è sempre senza soldi.

C'è una cosa che si chiama capitale circolante ed è la croce e delizia di qualsiasi attività economica.
Se avete un supermercato chi paga lo fa immediatamente all'acquisto, alla sera versate in banca il gruzzoletto delle vendite giornaliere (ma dovete finanziare il materiale sugli scaffali e in magazzino).
Se vendete ad un supermercato questo paga magari (in questo periodo inteso come auspicio) a 120 giorni. Quindi dovete finanziare tutto il periodo di transito del materiale, la mano d'opera e delle spese varie e i 4 mesi del pagamento.

Facendo quattro conti si capisce che il supermercato lucra proprio sui soldi che incassa e paga dopo parecchio, mentre il fornitore ha bisogno di soldi per finanziare l'operazione, quindi va dal fornitore di soldi, che si chiama banca.

Come intuisce facilmente chiunque maggiore è il tempo totale (pagamento+transito) più soldi ho bisogno. E più lavoro più ho bisogno soldi.
Attraverso i flussi di cassa positivi, e gli utili che dovrei avere sul prodotto, poco a poco riduco la necessità di soldi e comincio ad autofinanziare pezzi del magazzino e poi sempre di più.

Allora il primo problema è come diminuire quel tempo totale.
Facile, teoricamente: chiedere ai clienti di pagare alla svelta. Teoricamente.
La realtà è poi che in tempi di crisi tutti pagano male e in ritardo.
Maestra in questo è la pubblica amministrazione (che poi come percettore diventa super fiscale se ritardi di un giorno a pagare tu).

Peggiore è la puntualità e velocità di pagamento, maggiore è la mia necessità di cassa e l'ingovernabilità dei flussi.
Ma le banche non mi danno materia prima (denaro) infinita, anzi, e come da regola di mercato più ne ho bisogno e più me la fa pagare.
Quindi l'idea geniale è quella di non pagare i fornitori, che a loro volta in difficoltà cadranno nel girone infernale.

Fino a che le banche di soldi ne avevano fin troppi, il lavoro "girava" e c'erano dei margini decenti tutti si occupavano poco di flussi di cassa. Era meglio fatturare e portare a casa margini. Dei quali spesso la banca era il maggiore beneficiario, ma rimaneva qualcosa per l'azienda.

Oggi invece siamo nella situazione nella quale le banche non hanno soldi: non si fidano neppure tra di loro e non se li prestano e ci sono anche quei simpaticoni dello Stato che li "invitano caldamente" a comperare titoli del debito pubblico che diventano immobilizzazioni perché il loro valore attualmente è in caduta libera.

E non avendo soldi non li danno ai clienti.
I quali ne avrebbero bisogno per pagare i fornitori (i dipendenti sono fornitori di mano d'opera).

Insomma come capite quello che sta uccidendo le aziende non è il fatto che le banche non gli danno soldi, ma che i loro flussi sono negativi. Anzi una corretta azione aziendale in questo momento dovrebbe puntare tutto sui flussi e non sui margini.
Privilegiando clienti che pagano, e veloci.
Dovrebbero rinunciare al lavoro se pagato tardi e male, perché aumenta le loro necessità di cassa e peggiora la situazione. Lo so che è dura ma a fare bene i conti conviene.
In un mondo ideale dove tutto è pagato in contanti non avrei bisogno di fidi dalle banche se non per gli investimenti.

Non a caso le aziende che soffrono meno in questo momento sono quelle che lavorano con l'estero dove (perlomeno fino a qualche mese fa) i pagamenti sono più veloci e regolari.
Non a caso la Francia ha introdotto, appena la crisi è partita, stringenti regole anche per i pagamenti tra privati.
Non a caso diversi paesi hanno accelerato la loro velocità di pagamento ai fornitori della pubblica amministrazione (alcuni ormai puntano ai 10, si dieci avete letto bene, giorni) per attenuare i problemi della crisi di liquidità bancaria.

Da noi, come spesso accade, han fatto l'opposto, per ridurre i deficit (ricordate che lo Stato funziona per cassa e non per competenza) semplicemente smettono di pagare.
E io benedico ogni giorno le scelte che abbiamo fatto tanto tempo fa. Estero e nulla alla PA.

lunedì 7 novembre 2011

Insostituibili

Berlusconi aveva basato all'inizio la sua comunicazione sul "saper fare" derivante dall'aver fatto e guidato importanti aziende.

Ma ha applicato il peggio di quella cultura al governo.

Una delle cose peggiori che possano accadere ad una azienda, e  che spesso capita, è proprio quanto sta accadendo nel governo.

Ci sono anziani che hanno "fatto" l'azienda e l'hanno guidata in modo eccellente per lunghi anni (Berlusconi al governo ha fatto invero pochino) ma che poi arrivano ad essere anziani.
E con l'anzianità diventano inevitabilmente conservatori, poco disponibili a rischiare, inadeguati ai tempi per mentalità, lontani dal "sentire comune" proprio per quel successo e le sue conseguenze.
Le solite cose: abbiamo sempre fatto così, ha sempre funzionato, sono 50 anni che abbiamo successo facendo quello, tu vuoi insegnare a me, che l'ho fatta, come si guida questa azienda, i clienti se ne vanno ma vedrai che torneranno, è solo una crisi passeggera.
Per arrivare alla sindrome dell'insostituibile.

Senza di me qui non funzionerebbe nulla.

Che può anche essere vero, ma perché da pessimo leader non ha preparato adeguatamente la successione.

Ne conoscete, vero, di quelle aziende, dove i giovani talenti se ne vanno, dove l'autoreferenzialità guida le scelte, dove si sacrifica di tutto per non dispiacere il capo. Dove nell'idea dell'abbiamo sempre fatto così si sacrificano investimenti e non si cambia nulla anche se i conti non tornano più.
Ecco alla fine quelle aziende vanno in default, poi o qualcuno le compera per un pezzo di pane o falliscono. A volte muoiono semplicemente con il capo.

So bene che Berlusconi ha lasciato la guida delle aziende ai figli e non molla la poltrona di governo perché questa è strategica per mantenere il suo impero.

Ma questo ci sta portando a fondo con lui, un vecchio che si sente invincibile e insostituibile.

venerdì 4 novembre 2011

[Guest post] Fondazioni


Ricevo da un affezionato lettore un post che mi pare interessante, e quindi pubblico.
di Gianni Miltoni

Prendiamo il Comune di Siena. Nel 2010 ha riscosso 81 milioni di euro e ne ha spesi 88. Non c’è più l’ICI, i trasferimenti dallo Stato scarseggiano e anche gli enti locali tirano la cinghia. Fortuna che a riequilibrare il bilancio del comune senese ci pensa la generosa e ricca Fondazione MPS con circa 10 milioni di euro di “contributi decennali destinati al pagamento di rate di BOC (bond comunali) per piani di manutenzione straordinaria della città”. La generosa e ricca Fondazione MPS: una fondazione no profit di origine bancaria, nata insieme a tante altre all’inizio degli anni ’90, dal conferimento di una banca pubblica (Banca MPS) da parte dello stato. Benché sia stata creata con un bene pubblico, benché subisca la vigilanza del Ministero dell’Economia, le Fondazione MPS (come gli altri Frankenstein generati dalla legge Amato-Carli) può dirsi un ente di diritto privato e il suo patrimonio di quasi 6 miliardi di euro (2 miliardi in più di quanto rientrò in Italia con il precedente scudo fiscale) è gestito in autonomia da organi deliberanti nominati da Comune di Siena, Provincia di Siena, Regione Toscana, Università degli Studi di Siena, Arcidiocesi di Siena. Scopo della Fondazione MPS è il mantenimento nella città di Siena della sede e della Direzione Generale della Banca Monte dei Paschi di Siena e il perseguimento di fini di utilità sociale nei settori della ricerca scientifica, dell’istruzione, dell’arte, della sanità, dell’assistenza alle categorie sociali deboli, della valorizzazione dei beni e delle attività culturali mantenendo e rafforzando i particolari legami con Siena. Tutto molto nobile. Certo, magari 5 milioni di euro per 40 dipendenti della Fondazione MPS (125 mila euro di costo medio, medio eh!) sono tanti in tempo di austerity, per non parlare dei 2 milioni di euro per i 29 membri degli organi deliberanti che si riuniranno in Fondazione sì e no una volta al mese. Epperò come criticare un’istituzione così generosa? Le erogazioni sono state numerose nel 2010: 779 per un totale di quasi 70 milioni di euro. Si va dal finanziamento di borse di studio, ai 120 mila euro per il Festival di San Galgano passando per i summenzionati contributi in favore del comune per la manutenzioni di strade, teatri e chiese.
Insomma, meno male che c’è santa Fondazione MPS che riversa una tale pioggia denaro nel piccolo territorio senese supplendo alle carenze di Stato e Comune. Purtroppo però la pacchia sta per finire. I dividendi dalla partecipazione in MPS si sono prosciugati e, anzi, la banca continua a chiedere aumenti di capitale che la Fondazione MPS deve per forza sottoscrivere per rispettare la sua mission statutaria (il controllo della assoluto della Banca). In estate la Fondazione ha già sborsato un miliardo indebitandosi in parte con altri istituti di credito (ah, i rischi sistemici) e se passerà la linea dura del’EBA (l’agenzia europea che vigila sul patrimonio delle banche), MPS potrebbe trovarsi a dover deliberare un altro aumento di capitale da 3 miliardi di euro, di cui la Fondazione MPS dovrebbe sottoscrivere 1,5 miliardi di euro. E dove dovrebbe trovarli? E’ certo che il territorio senese nei prossimi non potrà contare molto sulle erogazioni di Santa Fondazione, nonostante il suo patrimonio di 5 miliardi di euro.
E se la Fondazione rinunciasse a sottoscrivere l’aumento di capitale diluendosi e, anzi, vendendo un po’ delle azioni esistenti per finanziarie gli interventi sul territorio? Non si può fare per statuto. L’avesse fatto tre anni fa, magari fondendosi con l’allora Sanpaolo Imi, la città di Siena ora potrebbe contare su un patrimonio ben più consistente e al sicuro dalla crisi del settore bancario (come ha fatto la Fondazione Roma per la sua originaria partecipazione in Cassa di Risparmio di Roma, diventata Banca di Roma, poi Capitalia, poi Unicredit e progressivamente dismessa sul mercato).
Il caso senese è solo un esempio. In Italia ci sono un’ottantina di fondazioni che controllano complessivamente un patrimonio di 50 miliardi di euro (un poco meno della finanziaria varata per il piano anti crisi) attraverso organi deliberanti autoreferenziali, autonomi e nominati dagli enti più disparati (arcidiocesi, comuni, sindaci, provincie, arcivescovi, accademie, rettori, etc.). Questi enti non solo controllano un’importante massa finanziaria in molti casi, come quello senese, vitale per il territorio, ma esprimono anche i vertici di importanti istituti di credito. Nel licenziamento di Alessandro Profumo da Unicredit, prima banca italiana e uno delle prime dieci banche europee, un ruolo fondamentale è stato giocato dalla fondazione Cariverona un po’ insofferente alle mire internazionali di Kaiser Alessandro.
Il mecenatismo, la cura del patrimonio artistico del territorio, le borse di studio e la promozione delle scienze sono tutte cose nobili ma c’è da chiedersi se è auspicabile che lo stato tagli i servizi ai cittadini, la sanità e consideri persino di rubacchiare dai conti correnti bancari senza che queste fondazioni, nate da un patrimonio pubblico, siano minimamente toccate. E’ assai gretto pensare che prima di ritoccare i ticket sanitari forse bisognerebbe sponsorizzare qualche festival in meno, ma viviamo in tempi gretti e di austerity. E anche volendo sacrificarsi decidendo di non toccare il patrimonio di queste fondazioni, che d’altronde stanno lì per far del bene al territorio di riferimento (questo va riconosciuto), come si fa a garantire che quelle erogazioni siano gestite con trasparenza? Quando c’è di mezzo la cosa pubblica la trasparenza è rara, ma almeno l’ente pubblico risponde agli elettori. Le Fondazioni sono del tutto autoreferenziali. E se scorrendo le erogazioni del bilancio di Fondazione MPS si vedono cose bizzarre ma tutto sommato lodevoli, recentemente è uscito un articolo inquietante sulla gestione della Fondazione Roma (2 miliardi di patrimonio, di cui solo 0,5 ancora investiti in Unicredit).
Si fa presto, e sarebbe di un avventato robinhooddismo, proporre di nazionalizzare le fondazioni e riportare nello stato quei 50 miliardi per tagliare meno tasse. Le fondazioni hanno in parte realizzato con le risorse del sistema bancario ciò che la Lega Nord prova a fare da anni col bilancio dello stato: una distribuzione in senso federalista delle risorse. Nate da banche che raccoglievano e investivano sul territorio, le Fondazioni continuano a mantenere un forte vincolo con il territorio nello scegliere la destinazione delle loro erogazioni. Si potrebbe tuttavia pensare di rendere più sistematico e meno discrezionale il modo in cui intervengono per supplire alle carenze degli enti locali. In un periodo in cui si tagliano stipendi pubblici (o almeno si fa finta) e si chiede alle banche di tagliare i bonus, perché le fondazioni, che nelle banche hanno il loro patrimonio e nel comune il loro naturale “cliente”, non sono sottoposte agli stessi vincoli? E’ sacrosanto che le erogazioni sia decise in senso “locale” ma è altrettanto sensato che le Fondazioni abbiano tanta influenza nella gestione delle banche influenzando in senso altrettanto localistico di banche che dovrebbero aspirare a un ruolo nazionale quando non europeo? Le Fondazioni sono buoni azionisti attivi? Che dire ad esempio di Cariverona e Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna che comprano quote rilevanti di Mediobanca? Un investimento finanziario? Sì, ma fanno a cazzotti con Consob per poter esprimere un loro consigliere di minoranza nonostante il loro collegamento con azionisti di maggioranza in Mediobanca (caso Unicredit-Cariverona). Insomma, sembra che alcune di queste Fondazioni che brandiscono la loro raison d’être territoriale, sembrano aver perso di vista il territorio distratte dai giochetti di potere della finanza.
Saranno enti di diritto privato, ma le Fondazioni sembrano soffrire degli stessi vizi e degli stessi personalismi di qualsiasi ente locale. Solo che a differenza dei comuni, non hanno un elettorato, non hanno debiti e gestiscono grandi risorse finanziarie.
Una forte revisione della governance delle fondazioni sarebbe da considerare per: a) consentire di veicolare più risorse verso le amministrazioni locali alleviando i provvedimenti di austerity presi dallo stato b) sterilizzare il loro effetto nella governance della banca per rendere il nostro sistema bancario più dinamico e aperto.
Parliamo di 50 miliardi, una finanziaria. Parliamo del controllo del nostro sistema bancario. Parliamone ogni tanto.

giovedì 3 novembre 2011

Il mondo finirà nel 2012

Una delle specialità italiane è il rinvio.
Sul past due abbiamo ottenuto la solita deroga all'Italiana che scadrà il 31 Dicembre.
E nella migliore tradizione (ricordate il tessile e la Cina?) ottenuti deroga e rinvio ci avviamo fiduciosi verso l'attesa della prossima deroga e rinvio.
Peccato che non ci saranno deroga e rinvio e migliaia di aziende rischiano di trovarsi in posizione di default il 1 Gennaio 2012.

Come spesso accade se ne parla da un po' ma i miei colleghi, sempre molto indaffarati, non hanno tempo di occuparsi di queste sottigliezze.

Peccato che moltissimi hanno posizioni di "arretrati" o past due, che possono essere sconfinamenti rispetto ai fidi accordati, ritardi nei rimborsi mutui, cosine così.
E che magari lo sono da, per esempio da 45 giorni.
Fino al 31 Dicembre non succede nulla (spero la banca li avvisi almeno). Il 31 Dicembre sono 100 giorni, situazione che la banca ha sempre tollerato (anzi lucrava sulle commissioni di scoperto).
Il 1 Gennaio 2012 improvvisamente sarà fuori dai termini, passati da 180 (in deroga) a 90 e l'azienda sarà dichiarata in default. Parola che spero tutti abbiano capito cosa vuole dire: "non in grado di onorare i propri debiti".

Potete sempre chiamare un indignato e provare un default controllato o appellarvi al diritto sovrano di autodeterminazione aziendale organizzando anche un referendum tra i dipendenti. O dichiarare che i debiti li ha fatti il vostro predecessore e non è giusto che siate voi a pagarli.
Resta il fatto che nessuno vi darà più credito e le banche chiederanno, tutte, il rientro completo (esce in Centrale Rischi).
E se avete garanzie in essere potrete vederle escusse.

Bello eh? Tranquillizzante?

Cosa fare?
Intanto controllate attentamente la situazione dell'uso dei fidi, ma non fidatevi.
Andate in Banca D'Italia e controllate la vostra Centrale rischi. Capita infatti che quei simpatici ragazzi incravattati dei bancari facciano errori nella compilazione dei dati e risultino sconfinamenti o past due inesatti.

E rientrate, o rinegoziate i fidi per essere all'interno (e per la seconda cosa potrebbe essere già tardi).

Tenete d'occhio la rete, molti ne scriveranno, più preparati di me. Io ne scrivo perché so che un po' di colleghi mi seguono.
E fate girare la voce...

Ah, e se non sapete cosa è la Centrale Rischi pensate seriamente a fare un po' di formazione sulla finanza d'impresa.

mercoledì 19 ottobre 2011

Backoffice

Si è fatta molta polemica su Confindustria e i suoi costi, ultimamente. E l'uscita di Fiat ha permesso ai giornali prima cauti di liberare gli editorialisti. Due o tre in cerca di notorietà si sono accodati.

Oggi la Marcegaglia risponde al Corriere, io che non sono mai stato tenero con lei e la struttura vorrei però fare qualche considerazione.

Intanto il costo totale è vero che è probabilmente intorno ai 500 milioni, ma di tutto il sistema, fatto di 265 associazioni, che hanno quindi una media di meno di 2 milioni l'una. Mentre molti sembrano addebitarlo al "palazzo romano".
E se dividiamo sugli associati (circa 148.000) il costo per associato è di 3.300 euro circa. Meno di un mese di stipendio di una persona appena qualificata.

Detto questo la verità è che l'ideale di Confindustria è che non si veda e non si senta.
E' una lobby, e una lobby interviene a difendere gli interessi degli associati dove può, prima che escano le leggi, facendone approvare altre, insomma, facendo il suo lavoro in silenzio.

Il secondo grande tema, che fa mantenere un grande numero di associati, sono i servizi.
Locali e di settore.
Ad esempio, sui PGT dei comuni, un conto è che un singolo si muova e cerchi di portare le sue rimostranze, un conto è che l'organizzazione faccia un quadro generale delle richieste dell'industria e vada in Comune a cercare di farle approvare.
Allo stesso tempo per un piccolo imprenditore di una città medio grande non è facile avere accesso agli amministratori e ai responsabili di settore, tra questi e i funzionari dell'associazione c'è un rapporto quasi quotidiano.
Per non parlare poi delle consulenze su temi come sicurezza o ambiente dove la conoscenza delle abitudini e orientamenti delle ASL locali (sembra strano ma a parità di legge ognuno la interpreta a modo suo) è importantissimo per i piccoli. Poi i notiziari su fisco, sindacale, scadenziari ecc.
Per una piccola azienda acquistare queste consulenze sul mercato costerebbe probabilmente di più della quota associativa.

Per non parlare poi delle categorie, che offrono consulenza per orientarsi nelle regole tecniche europee e magari in altri paesi (anche qui facendo lobby al momento dei draft) e spesso organizza(va)no fiere e programmi promozionali con l'ICE.

Tutta roba che certo non serve a Fiat, e che a volte nelle medie aziende neppure chi è al vertice vede. Ma che sono spesso di grande aiuto nel quotidiano delle nostre aziende.

Un po' di cose fatte (cito per esempio la moratoria) le ha ricordate nella sua lettera Marcegaglia e moltissime ne vengono fatte senza che quasi nessuno se ne accorga.

Certo poi di lavoro da fare per ottimizzare, snellire, migliorare ecc ce n'è da fare molto, e mi batto per quello, ma anche in azienda da me, come in qualsiasi organizzazione.
Resta il contrasto privati-pubblici.
Molte cose non vengono fatte in modo adeguato, molte associazioni non funzionano.
Molti sono lì per poltrone e non per lavorare per il sistema.
Ma se così in tanti restano dentro, mentre altre organizzazioni perdono pezzi continuamente, un po' di utilità l'avrà.

E, se permettete, sul tema della legalità, al sud, si è fatto moltissimo.
E in tema di rinnovamento molti non lo conoscono ma segnalo questo. A quanto ne so molti sono stati poi assunti.

martedì 11 ottobre 2011

Come fare?


Per il mestiere che faccio e per attitudine personale amo poco le proteste fini a se stesse.
Anche nelle riunioni associative quello che più mi annoia e innervosisce è ascoltare lunghi interventi di lamentela (magari pieni di luoghi comuni) che non portano altro che lo sfogo di chi li fa.

Nel mio piccolo, ove posso e con le mie capacità, cerco sempre di esaminare un problema e portare una proposta, piccola o grande che sia.
A volte capita anche a me di fare interventi sui problemi ma per cercare di inquadrarli.

Invece siamo circondati da gente che fa sfoghi autoassolutori dove il problema è sempre qualcuno o qualcosa esterno che non gli permette di fare le cose che vorrebbe e potrebbe fare.
Dal Presidente del Consiglio a moltissimi miei colleghi che, immobili, danno la colpa ad altri del fatto che stanno perdendo il treno. Come coloro che dopo avere svuotato l'azienda di ogni liquidità (magari per investire in borsa o nell'immobiliare con perdite importanti) adesso si lamentano che le banche non gli fanno credito.

Tutti sappiamo quanto sia grave la situazione in questo momento e di come chi ci governa si stia dimostrando, a tutti i livelli, per quanto mi riguarda, inadeguato ad affrontare i problemi.

Io faccio politica da sempre, con il mio impegno in Confindustria (che è fare politica nonostante le scuse che racconta Marchionne) ma non partitica e spero di avere portato qualche granello di sabbia per cercare di costruire il castello del nostro futuro.

Ma sempre più sento che non è sufficiente, che occorre qualcosa di più, che occorre che chi pensa di avere qualcosa da dire e da portare in questo momento debba cominciare ad impegnarsi direttamente.

Il problema è il come. Sono caratterialmente inadatto alla politica, per una serie di ragioni, dalla mia timidezza e riservatezza al carattere duro e aspro, non sempre accomodante, alla tendenza al sarcasmo dissacrante. 
Ma credo anche di avere una decente capacità di analisi dei problemi e una propensione a trovare soluzioni in presenza di dati eterogenei e complessi.
Credo potrei dare una mano nella seconda linea più che come persona immagine (che non fa per me).

Ma dove? I partiti attuali, tutti, nella mia esperienza, premiano ben altro che le capacità.
Sono pieni, a tutti i livelli, di leccaculo e nullafacenti che cercano nella politica un modo per "portare a casa" (magari a loro insaputa) benefici, soldi e potere.

Sento, dentro di me, che è venuto il momento che davvero si formi un movimento di persone capaci, oneste e trasparenti che cerchino di portare una ventata di aria fresca e parlino chiaramente.

Ma vedo anche i due problemi principali:
- come formare questo movimento?
- la gente non lo voterebbe, le persone vogliono sentirsi raccontare delle balle tipo che tutto va bene, vogliono vantaggi personali nel votare e se uno si presenta e dice "per uscire da questa situazione servono lacrime e sangue per tutti" votano invece chi gli promette che tasserà i ricchi o combatterà l'evasione o che diminuirà le tasse e altre bugie simili.

Giro in tondo e ho poche idee. 
Certo il sistema va cambiato da dentro, proprio perché fuori è già pieno di grilli parlanti.

Ma come?

martedì 4 ottobre 2011

Attila

E così il gran giorno è arrivato, quello che molte PMI hanno sempre sperato si è avverato.
Fiat è fuori da Confindustria.


Devo dire che se avessi l'abitudine a scommettere avrei fatto i soldi su un Confindustria in cattive condizioni e divisa alla fine dell'attuale presidenza.

Emma Marcegaglia è brava ed intelligente ma a mio parere unfit (per citare l'Economist) per il ruolo.

Il suo maggiore, grandissimo, difetto è l'assoluta incapacità di fare squadra. Non a caso se ci fate caso la comunicazione di Confindustria è affidata a lei.
In un momento come questo ci si aspetterebbe una azione corale da parte dei vice-presidenti che appoggino il documento preparato la scorsa settimana, ognuno per le sue deleghe, per spiegare e approfondire. Avete visto qualcosa?
No. La signora detesta non essere lei al centro della ribalta.
E per quello che è la mia esperienza non si fida molto delle persone che ha attorno e cercano di consigliarla.

In compenso poi si affida a personaggi come Arpisella, che da sempre fa il "lavoro sporco" e che in qualche caso ha comportato anche qualche problema.
Il personaggio è molto ingombrante dai metodi non sempre ortodossi.

E poi non c'è  solo Fiat, pare Marcegaglia abbia rotto con un furioso litigio qualsiasi rapporto con Tremonti.

Recentemente Confindustria ha perso importanti dirigenti storici, le voci dicono per dissidi. E altre persone di valore se ne sono andate.
Diversi vice-presidente sono, per usare un eufemismo, defilati e le commissioni interne non lavorano (salvo pochi casi).


Il direttore Galli è certamente un ottimo economista ma l'impressione è che non sia esattamente l'ideale per guidare la struttura. Kraus ne fa le veci ma avere due galli (!) nello stesso pollaio non aiuta.

La scelta di Riotta e la relativa strategia sono state disastrose per la principale partecipata: il Sole 24 Ore che è importantissimo con i suoi dividendi per l'equilibrio economico.

Il direttivo è cresciuto a dismisura diventando quasi una giunta e notoriamente se un organismo è di 70/80 persone diventa consultivo e non certo l'organo decisionale.
Non si capisce chi decide e i malumori interni viaggiano nei corridoi.

Certo, sono stati migliorati i costi e sono stati introdotti parecchi giovani (finalmente) a buon potenziale. Ma i metodi di lavoro sono ancora un po' poco incentrati sulla produttività e l'informatica.

Adesso abbiamo davanti la sfida finale, quella che risolverà per sempre l'annoso problema serve più Fiat a Confindustria o Confindustria a Fiat?
Cosa succederà in Federmeccanica dove abbiamo sempre dovuto sperare che il contratto si rinnovasse in periodi di crisi del settore auto, se no calavamo le braghe su tutto senza problemi per evitare scioperi?

Molte associazioni Territoriali dove Fiat era molto importante (anche economicamente, come contributi) avrano finalmente il coraggio, con l'acqua alla gola, di fondersi?
A livello nazionale l'1% di contributi cambierà poco o nulla economicamente.

Quale sarà il peso politico di una Confindustria che parlerà per le aziende italiane, ma non per la principale azienda privata. Manterrà la sua credibilità?
E tra Fiat e Confindustria si scatenerà una guerra globale o una pace negoziata?
Le territoriali quando si troveranno a discutere con le autorità locali di problemi di industria se la Fiat è presente e importante la boicotteranno o saranno neutrali?

Fiat continuerà a influenzare Confindustria anche attraverso i sub-fornitori come ha sempre fatto?

L'uscita di Fiat aprirà definitivamente lo spazio alle partecipazioni statali (che per me non dovrebbero neppure essere associate) che già da tempo si muovevano per piazzare loro persone in punti chiave (vedi Meomartini a Milano)?

Tutte cose da verificare. Abbiamo davanti un periodo difficile.
Sta a noi avviare la distruzione creativa e non subire la distruzione.

martedì 27 settembre 2011

Mischiare le carte

Si sa i politici sono dotati di orecchie strane, che sentono solo quello che fa comodo.

Per intenderci una volta per tutte la proposta di Assonime, fatta propria, con qualche variazione, da Confindustria prevedeva:

Gettito invariato

Aumento dell'IVA (tutte le aliquote)
Patrimoniale (una cosa ridicola 0,5 permille, 500 euro per milione)

da utilizzare per
abbassare la prima aliquota irpef (o alzare la soglia minima, che è uguale) 50/60% dell'intervento
abbassare leggermente il cuneo fiscale possibilmente via Irap (50/40%)

anche un bimbo capirebbe che maggiori sostegni al reddito, irpef più bassa per i meno abbienti e un migliore sistema di welfare sul lavoro aiuta i deboli. E compensa probabilmente l'IVA in più versata per chi è nella fascia bassa (i "ricchi" pagherebbero più tasse e il beneficio sarebbe marginale sulla prima aliquota).

Ma come sempre accade se parli di entrate ci sentono benissimo, per il resto faranno un tavolo, una commissione, un indirizzo, una proposta di legge, insomma, avete capito.

Poi la proposta poteva non piacere ma almeno aveva un senso.

Il risultato è che Confindustria è per l'aumento IVa e patrimoniale.

lunedì 26 settembre 2011

Pagliacci

Siccome non si smentiscono mai, ricevo questa email e la pubblico:

Istituto nazionale per il Commercio Estero-Ente soppresso ai sensi della Legge 15 luglio 2011 n.111


Il Ministero dello Sviluppo Economico - Direzione generale per le politiche di internazionalizzazione e la promozione degli scambi - ha richiesto il supporto dell'ex ICE per dare ulteriore diffusione alla missione in Georgia ed Azerbaijan del Ministro Paolo Romani che si recherà a Tbilisi e a Baku dal 9 all’11 ottobre 2011, con una delegazione di imprese.



Servono commenti?

A prescindere

Tutti oggi se la sono presi con Brunetta.

Non sono tra gli estimatori di questo governo; ormai si pensa che dicano cazzate a prescindere, e anche loro hanno fatto di tutto per arrivare a questo risultato.

Ma che i documenti rilasciati dalla pubblica amministrazione o le CCIAA siano richieste dalla pubblica amministrazione che ne ha bisogno, senza passare attraverso l'azienda, non è una cazzata.
Anzi, forse sarebbe il momento buono nel quale la PA si mette a fare seriamente una rete di interscambio dati.
E, a mio parere, sarebbe il metodo giusto per fare in modo che le aziende controllino e tengano a posto tutte le cose dei rapporti con la PA.

Faccio l'esempio del DURC (il documento che dice che sono a posto con i contributi INPS). Se sono io a fornirlo per assurdo posso costruirlo falso. Se l'appaltante lo ricevesse direttamente dall'INPS sarebbe certo e aggiornato.

Non conosco l'attuale certificazione antimafia, non partecipiamo a nessun appalto per scelta, ma in passato era una pagliacciata. E mi pare non abbia evitato che gli appalti siano andati agli amici degli amici.

Forse sarebbe ora di passare dai controlli formali a quelli sostanziali. Quella si che è la rivoluzione di efficienza per la nostra PA.

Se poi pensate che ogni volta alla PA, per qualsiasi cosa, devo fornire la visura camerale forse capite cosa intendo.

Ah, certo, dimenticavo, per ogni documento pago la CCIAA, il bollo e tangenti varie. Forse la ragione è quella.

Re-Edit Ah, per la cronaca mi son fatto una ricerca. Qui si trova la guida.
Come notate in fondo dai costi (moltiplicare per migliaia di documenti) non è un brutto business. Ma qualcuno mi deve dire perché non può richiederlo l'ente in via elettronica (oltretutto avrebbero tutto automatizzato con si/no).

giovedì 22 settembre 2011

Il cuneo

Poniamo il caso, ma solo un caso, che ci sia un governo in forte difficoltà e un paese allo sbando.

Poniamo il caso che le parti sociali più importanti, pur in presenza di forti contrasti e differenza di vedute riescano a trovare un accordo su alcuni punti, il primo dei quali è la rappresentanza sindacale.

Sempre per pura immaginazione possiamo pensare che le parti sociali, già che son lì, magari parlino anche di proposte e problemi attinenti il governo di cui sopra.

Come disinnescare questo pericolo?
Visto che insistono tanto su questa storia del cuneo (che forse quelli del governo mica hanno neppure capito tanto bene) gli diamo il cuneo.

Infiliamo in un decreto che parla di tutt'altro una norma senza senso che dice che in base ad accordi col sindacato si può superare il totem dell'articolo 18. Una balla grossa come una casa perché già oggi, trovando l'accordo con i sindacati, si può licenziare. E se non ci credete chiedete alle migliaia che hanno perso il lavoro nelle ristrutturazioni aziendali.

Basta poi suggerire all'orecchio di qualche connivente oppositore che è un attacco all'articolo 18 e a lui non pare vero di fare finalmente una bella sparata in TV sui diritti dei lavoratori violati da un governo fascista, e creando opere d'arte come quella qui rappresentata. Anche se non è vero. Ma questo ormai non è più importante per i media.

Sempre ipoteticamente eccolo lì un bel cuneo piantato in mezzo per divaricare le parti sociali ed evitare problemi.

Peccato, per il governo e i suoi sottopanza tipo quelli del Giornale che a volte non solo nelle favole chi fa il leader sia meno accecato dei suoi mille e mille suggeritori e non caschi nel tranello.

PS avendo fregato l'immagine segnalo anche idee solo leggermente diverse dalle mie. mentre attendo con impazienza il "futuro governo confindustriale di centrosinistra" .

mercoledì 21 settembre 2011

Poteri fortissimi

Confindustria è un sistema complesso, oltretutto formato da primedonne abituate a fare e disfare a casa propria (imprenditori e capi azienda) con caratteri, nella maggior parte dei casi, a partire dal sottoscritto, non esattamente accomodanti.
(spoiler, se conoscete bene la struttura saltate alle ultime righe al [landing point])

A questo va unita la complessità della rappresentanza basata su due direttrici: territorio e settore.
Una azienda di mobili della Brianza è quindi tipicamente associata a Monza e a Federlegno.
Al territorio spetta occuparsi dei problemi locali con Comuni e Provincie (che so, PGT, strade, ecc)  a quella di settore dei problemi del settore in ambito nazionale e internazionale (normative, andamento del settore, leggi che lo riguardano).
Esistono poi altri due livelli che si rapportano con i livelli istituzionali: Regionale (al quale sono associate le territoriali) e Nazionale (al quale sono associate territoriali e settoriali) che è il più conosciuto.
Quindi ai livelli elevati sono rappresentate le varie associazioni e non direttamente le aziende, anche se poi ci vanno i rappresentanti delle aziende, normalmente quelle più rappresentative.

Vi siete persi? Certo. Lo so, è complesso.
Se poi aggiungiamo che in ogni territoriale esistono comitati (o delegati) per la PMI e Giovani Imprenditori che a loro volta hanno tutti i livelli e che sono poi rappresentati a tutti i livelli vi complicherò ancora più l'idea.

In quel cesso di sito che ci ritroviamo qui trovate un po' di numeri e qui potete sorridere su quanto possiamo diventare lobbisti particolareggiati; sinceramente certe categorie tipo "Associazione delle Organizzazioni di Ingegneria e Consulenza Tecnico Economica" mi erano sconosciute.

A questo unite il fatto che sono rappresentate da aziende piccolissime a multinazionali (anche straniere se hanno strutture in Italia) e che ultimamente (anche se molti, come il sottoscritto, non sono d'accordo) sono entrate molte aziende pubbliche tipo FS, Poste e anche alcune banche.

Ci sono poi interessi contrastanti secondo voi la associazione dei produttori e distributori "Associazione Nazionale Industriali Gas" ha gli stessi interessi dei consumatori della "Federazione Imprese Siderurgiche Italiane"?
E gli interessi del 90% delle PMI contrastano fortemente e spessissimo con quelli delle grandi aziende.

Vista la complessità e gli enormi interessi qui rappresentati come potete immaginare quale fatica e quale lavoro di mediazione ci sia dietro alla gestione di un baraccone del genere.
E perché a volte su certi passaggi le posizioni siano quantomeno "sfumate".

Tra l'altro, come ulteriore fattore, è una lobby che per mandato è filo-governativa e a-partitica (politica la facciamo tutti, ogni giorno). Dovendo cercare di intervenire sulle leggi mentre sono ancora in commissione deve avere un rapporto con tutti e un filo diretto con chi è al governo.
E' poi in "concorrenza" nella rappresentatività con Rete Imprese Italia (quando ancora c'era qualcosa da spartire) e le controparti sindacali


Tutta questa menata per fare capire che la signora Marcegaglia, seduta sulla prestigiosa ma scomoda poltrona ha una giacchetta antistrappo tirata da mille parti.
Le persone sedute ai vertici oltretutto sono, nella maggior parte, dotate di lobby autonoma e in grado di parlare direttamente con chiunque. Marchionne, Scaroni, Tronchetti, Confalonieri non hanno certo bisogno di Confindustria per parlare con Berlusconi.

Ed ecco perché c'è l'accusa, vera, che troppo spesso Confindustria è attenta agli interessi di bottega e quindi molto filo-governativa.
Oltretutto, grazie ad un efficiente e capace ufficio studi, è molto ascoltata anche a livello internazionale (il Presidente incontra in modo regolare i maggiori leader) e quindi le parole vanno dosate.

Ho, capito (se siete arrivati qui), non vengo al dunque.
Volevo spiegare, a chi non la conoscesse, la struttura e le sue problematiche. E poi arrivare al dunque.

[landing point]

Perché oggi improvvisamente da mediatrice Confindustria è passata all'attacco?
Perché anche i grandi, i cosiddetti poteri forti, si sono rotti le scatole.
Perché ormai anche loro sanno che di soldi da distribuire non ce ne sono più.
Perché tutti hanno capito che qui rischia di saltare il banco, non i singoli giocatori.

Perché anche i grandi sono oggi disposti a rinunciare alle prebende di un tempo in cambio di serie riforme e una modernizzazione dello Stato unita a una revisione del sistema fiscale che favorisca anche i dipendenti/consumatori oltre alle aziende.

E questa, vista da dentro, vi garantisco che è la vera notizia e un cambiamento epocale.

lunedì 19 settembre 2011

Familismo

Si parla molto spesso del difetto di molti di noi imprenditori che portiamo i figli alla direzione delle aziende. Spesso, per chi accusa, senza meritocrazia.

Se non altro lo facciamo con i nostri soldi e se la scelta va su un incapace chi ci perde è la famiglia.

Qualcuno mi spiega perché dobbiamo invece avere il Trota, il figlio di Di Pietro ecc. in politica?
Perché i "figli di", che strano, spessissimo trovano un posto pubblico o semi pubblico?

E per chi sa come funziona il mercato dei voti sentire Di Pietro che dice "si ma mio figlio deve trovare i voti per essere eletto" appare più una presa per il culo che una giustificazione.

domenica 18 settembre 2011

La grande truffa dei solidali

Anche oggi, per l'ennesima volta, per quei 5 minuti di TG che vedo facendo colazione mi sono sentito dire "occorre una maggiore attenzione per i poveri".
Che poi è di solito seguita da "le tasse sono necessarie per aiutare i bisognosi" ecc.

Nulla di più truffaldino e falso.

I bisognosi si aiutano mettendo i ricchi in condizioni di fare impresa e dare un lavoro ai bisognosi.
Una politica industriale serve a quello. Favorire le imprese rispetto alle rendite finanziarie serve a quello. Abbassare il cuneo fiscale serve a quello.

Una scuola che funziona, venture capital che funziona, un po' di libertà di fare impresa consentono ai meritevoli di cercare di fare la propria azienda. Togliere lacci e lacciuoli aumenterebbe la mobilità sociale in un paese ingessato dove la cosa peggiore è che se nasci povero e sei in gamba difficilmente riuscirai a ottenere quello che meriteresti.

L'Italia nel dopoguerra è uscita dalla povertà grazie alla crescita industriale, e ci sta tornando grazie ad uno stato onnivoro che drena tutte le risorse per se e per mantenere tutte le sanguisughe che vi ci sono attaccate.

Combattere chi fa il mio mestiere e fargli venire la voglia di scappare è il contrario di quello che vi raccontano del togliere al ricco per dare al povero.
Io probabilmente resterò ricco ma i poveri aumenteranno (i miei dipendenti).
Oltretutto, in una situazione come l'attuale, chi si rompe le scatole sono quelli corretti, che pagano le tasse, attenti alla sicurezza, che non fanno lavorare in nero, che hanno una visione anche sociale della propria azienda. E  restano quelli al quali il sistema marcio va bene perché nel marcio vivono e proliferano.
Se ne va chi fa anche beneficenza e resta chi ruba dalle offerte in chiesa.

Volete aiutare davvero i bisognosi? aiutate i ricchi "sani" (che gli altri vanno combattuti siamo d'accordo).
Se no sono solo belle parole, spesso dette da chi, come la Chiesa (e mi dispiace), tra i poveri ha il proprio "target" e il business della raccolta fondi e quindi ha interesse che non scompaiano.

venerdì 16 settembre 2011

CV - A volte tornano

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Vi mando volentieri tutti a ...

Non sono un bigotto, anzi chi mi conosce sa che tendo piuttosto dal lato libertini.
Non sono in condizioni di giudicare le abitudini sentimentali degli altri.
Capisco e conosco gli appassionati di gnocca.

Ma che un vecchio ormai semi idiota, ricco oltre ogni necessità terrena possa essere così povero di spirito di essere acquistabile con qualche bella ragazza mi mette tristezza per lui.
Incontinente anche al telefono dove spara cazzate a raffica. Senza un minimo senso del ridicolo, non pretendo serietà e senso dello stato da dei pagliacci.

Quando poi il vecchio rincoglionito fa il Presidente del Consiglio di una (ex) delle maggiori potenze mondiali la cosa diventa preoccupante.
E mi fa incazzare.
E mi fanno incazzare tutti i parassiti (molto più parassiti di qualsiasi evasore) che ha attorno e che, nostri rappresentanti, stanno svendendo e rovinando il nostro paese per mantenere le loro poltrone e i loro privilegi.

E sono tutti sulla stessa barca, intendiamoci, con una opposizione più spaventata della maggioranza che caschi tutto. Perderebbero anche loro i privilegi e nella per loro malaugurata idea andassero al potere non avrebbero la minima idea di cosa fare. Patrimoniale a parte, che sarebbe il colpo finale (e alla quale arriverà probabilmente comunque presto anche il vecchio demente alla ricerca di soldi).

Milioni di dibattiti e tutti che parlano di come reperire risorse.
Avessi sentito uno che dice che occorre diminuire le spese!

Ciò che mi viene in mente è irripetibile.

martedì 13 settembre 2011

Ritorno al passato

L'ho promesso un sacco di volte, ma non ho mai mantenuto la promessa.
Tempo fa facevo un giochino con i Curriculum Vitae che alcuni trovavano interessante.

In pratica analizzando un CV (sempre rigorosamente anonimizzato) fornivo il "punto di vista" del lettore.
Certo, magari forzando un po' le cose, sia per estremizzare che per fare diventare la cosa interessante, ma in genere lasciando il fondo di verità.

Visto che sto cercando di rivitalizzare un po' il blog e ultimamente ho ripreso a postare chi volesse una analisi tra il serio e la presa in giro del proprio CV (astenersi permalosi) può mandarlo così com'è o anonimizzato (ma non è la stessa cosa) all'indirizzo mail che trovate in alto a destra del Blog.
Garantisco riservatezza.

Grandi Elusori

Continuiamo con la mia "saga dell'evasore" arrivando alle medie e grandi organizzazioni.

Per evidenti ragioni (anche se mi dicono che c'è chi lo fa e mi chiedo come) le grandi organizzazioni non fanno il nero spiccio.
C'è qualche difficoltà per Esselunga a organizzarsi per non fare lo scontrino, o per Fiat per vendervi una Punto in nero.
Il nero spiccio comporta il maneggiare contanti, e non è percorribile se ci sono molti dipendenti.

In questi casi i meccanismi sono molto variegati e vanno dall'evasione pura, all'elusione, all'ottimizzazione fiscale.

Va premesso che i controlli di queste aziende sono molto molto difficili e nella marea di operazioni che vengono fatte è spesso difficile trovare quelle incriminate. Parliamo di migliaia, spesso milioni, di documenti da analizzare.

L'evasione pura, spesso per procurarsi fondi neri destinati a tangenti o a pagare commissioni fuori dal circuito ufficiale avviene principalmente con false operazioni.
Fatture che finiscono nel calderone delle spese e che permettono attraverso vari caroselli di fatturazione di trovarsi con giacenze in conti locati in paesi non molto trasparenti.

Non scandalizzatevi se si parla di fondi neri, si pagano tangenti in tutto il mondo, e gli integerrimi tedeschi sono tra i maggiori pagatori (anche in Italia trovarono Siemens con le mani nel sacco) e certi business come le armi si muovono solo se adeguatamente oliati. Non è giusto ma così va il mondo.

C'è poi tutta la parte elusione e ottimizzazione. Basta vedere il tax rate medio per le grandi aziende quotate per capire che sono molto distanti dalle PMI.
E leggevo un articolo di Penati ieri su Affari e Finanza che parlava del 38% delle grandi quotate e del 52% per le piccole. In una piccola impresa può arrivare comodamente all'80% se fa poco utile (l'IRAP pesa inversamente all'utile).
E' vero che molte quotate sono holding quindi non subiscono il perverso effetto IRAP, ma non è solo quello.

I metodi utilizzati per eludere sono moltissimi e sempre in "movimento" (e il nostro ministro delle finanze ne è stato un autore molto acclamato).
Si va dai transfer pricing per le aziende all'estero (il grosso dell'utile resta là) alla cessione dei marchi con pagamento royalties in paesi a bassa fiscalità (il marchio Tod's è di Della Valle in persona e locato in Lussemburgo, gli U2 hanno i diritti delle canzoni in Olanda) alle commerciali in paesi a bassa fiscalità (compero a poco e faccio utile poco tassato con la commerciale).
Va detto che tutti questi metodi sono elusione e non evasione. Spesso tecnicamente ineccepibili, soprattutto se si utilizzano paesi europei come Lussemburgo o Olanda.

E' una questione di cifre. Per importi piccoli non vale la pena, ad esempio, di avere una stabile organizzazione in Olanda. Che vuol dire personale ed uffici. Se risparmio qualche milione di euro di tasse vale la pena di affittare un ufficio ed assumere un paio di persone.

Per le persone fisiche (famosi i casi di Pavarotti e Valentino Rossi) spesso c'è la residenza fiscale in paesi con tasse più basse. E per i beni l'intestazione a società (tipo le barche di Vasco Rossi o Briatore) con affitto.

L'elusione fiscale è una lotta in punta di fioretto, l'amministrazione cerca di frenarla e, proprio per le cifre in gioco, le migliori menti cercano nuovi metodi per continuarla.

La globalizzazione moltiplica poi a dismisura queste cose. Che sono mondiali.
Da Google a Facebook, alle multinazionali alimentari o farmaceutiche è un continua verifica della ottimale struttura fiscale.
Spesso se si parla di società di servizi (ad esempio nell'informatica) è facile eludere anche con piccole società, operando (i server possono essere ovunque) con società di diritto USA nel Delaware o anche a Londra (alcune note società che si occupano di SN in Italia fanno così). Tutto regolare, niente di illegale.

Va detto a chiare lettere che l'ottimizzazione fiscale è uno dei compiti di un bravo gestore di una azienda. E se sta nelle leggi sta solo facendo il suo lavoro che è quello di massimizzare il risultato.

Questo comporta quello che vado dicendo da tempo. E' difficilissimo tassare i grandi patrimoni.
Un po' come le eredità: le tasse sulla eredità la paga chi ha un appartamento, ma chi ha ingenti patrimoni ci pensa per tempo.
E se i risparmi fiscali sono misurabili in decine di punti percentuali quando si parla di milioni si arriva ai milioni. E vale la pena mettere persone a studiare i metodi.
Non a caso Tremonti guadagnava milioni come commercialista.

Possiamo pensare che non è giusto, ma è una lotta persa, funziona così tutto il mondo e in alcuni casi lo stringere troppo i cordoni non ha fatto altro che spingere le grandi aziende, che possono farlo, ad andarsene dai paesi troppo fiscalmente penalizzanti.

E' il mercato, ed esiste anche un mercato delle tasse. Non a caso gli stati americani si fanno concorrenza anche su quello.

Una cosa è certa. I grandi ricchi di tasse ne pagano poche, in proporzione, comunque.

giovedì 8 settembre 2011

Tanti piccoli evasori

Accontentata la fame di lotta di classe inserendo i piccoli imprenditori torno sui privati. Non per cattiveria o per persecuzione, ma per fare capire, a chi ha voglia di leggere e non si fa trascinare dai preconcetti che l'evasione è diffusa anche tra chi dice "pago le tasse" e sul guadagno le paga in quanto trattenute alla fonte.

Una categoria di lamentosi che spesso succede che dimentichi di denunciare un po' di reddito è quella degli insegnanti. In fondo una parte del baratto è ti pago poco lavori poco, come orario.
Quanti insegnanti il pomeriggio poi danno lezioni private?
Non tutti certo, dipende anche dalla materia e dalla località.
Ma le tariffe, almeno qui in Lombardia non sono proprio a buon mercato. Secondo me ci sono insegnanti che viaggiano a migliaia di Euro al mese.
Secondo voi così, ad occhio, lo inseriscono nella denuncia dei redditi?
Ho personalmente qualche dubbio.

Capitolo donna di servizio e o badante. Quanti la hanno regolarmente assunta?
Pochi pochi, anzi quasi si fa fatica a trovarla da assumere.
Anche qui l'evasore è il datore di lavoro (non versa i contributi) e permette (anche se spessissimo sarebbero sotto la soglia per fare la denuncia) di evadere alla persona di servizio.

Eppure da quando sono stati istituiti i buoni lavoro sarebbe facile e meno complicato pagare versando contemporaneamente i contributi.
Per la cronaca stiamo parlando di un comportamento (mancato versamento contributi) che a me potrebbe costare la galera e il caso Manfrotto ha fatto scandalo per le ore di straordinario pagate in nero senza contributi. Certo, sempre con le dovute proporzioni, ma l'ambito è quello.

E di affitti vogliamo parlare? Ci sono persone arricchitesi affittando in nero a studenti ed extracomunitari.
Oppure la casa al mare che ti costa 2000 euro d'estate ma "senza contratto, pagamento contanti se no non conviene".

E il settore "arte"? Quanti artisti vendono dipinti, musicisti che suonano nei locali ecc che probabilmente "dimenticano" di inserire gli importi (poco o tanto è comunque da fare) nella denuncia dei redditi.

Insomma non occorre fare delazione sull'evasore vicino di casa, spesso basta guardare nello specchio.
E la scusa che è qualche migliaio o centinaio di Euro come già detto non vale.
Intanto la legge si rispetta e basta, e poi 100 euro evasi a testa fan sempre circa 5 miliardi se siamo 50.000.000.

mercoledì 7 settembre 2011

Piccolo imprenditore, feccia degli evasori

Come promesso continuo con la "saga dell'evasione", oggi faccio felici tutti, e i loro pregiudizi tranquillizzanti, parlando di evasione dei miei (piccoli) colleghi, tratterò in altri post i grandi evasori.

Lo dico subito, a scanso di equivoci. Per me il più grande aiuto agli evasori sono gli studi di settore. Esattamente il contrario di quello che pensano moltissimi.

Per come sono fatti gli studi di settore, ad un evasore indicano il "minimo" che va versato per vivere tranquillo.
Non a caso, ad esempio, i ristoratori, spesso "tarano" l'emissione di ricevute per raggiungere il budget.
La mia esperienza con gli studi di settore è limitata ad una immobiliare di gestione (la nostra azienda è considerata tra le "grandi"), ma li ho trovati assurdi.
Per intenderci (magari adesso sono cambiati, correggetemi nel caso) non c'era modo per dire se eventuali immobili erano sfitti e nel caso di immobili commerciali se erano in zone di pregio o periferiche. Come ognuno capisce un negozio di 100 mq in via Condotti o Montenapoleone ha rese diverse da un negozio di 100 mq in una via laterale periferica.

Da quanto mi dicono molti di questi difetti sono trasversali. Un conto è un bar in una stazione della Metro a Milano, un conto in periferia.
Non solo, ma molto degli studi di settore è basato sugli acquisti e sui dipendenti.
Ecco perché vi sarà capitato di vedere baristi e ristoratori al supermercato (per carità, magari si sono fatti fare la fattura anche lì eh, è possibile) con carrelli pieni di roba. Se compero con scontrino non appare negli acquisti e non mi incrementa il fattore ricavi.
Idem per il personale, se risulta che siamo io e mia moglie part time (perché altre 3 persone sono lì in nero) più di tot lavoro non possiamo fare.

Allora gli studi di settore (anche se so che qualche correttivo è stato fatto) se hai un bar in un paese di montagna non turistico di 200 abitanti rischiano di strozzarti, se hai un bar in piazzetta a Portofino e con un tavolo di aperitivi incassi quanto l'altro in una settimana sono un comodo "minimo" sul quale appoggiarsi.

Ho fatto il discorso bar ma vale per il 90% dei lavori artigianali o semi-artigianali. Ancora più facile nel caso di lavori che non prevedono neppure consumi, tipo dottore.
Naturalmente tutto questo vale se si lavora per il consumatore, perché lavorando per le aziende queste (che scaricano, salvo "catene del nero" di cui parlavo in altro post) la fattura la vogliono.
Quindi ad esempio facendo assistenza tecnica informatica avere come clienti principalmente aziende o privati cambia molto la possibilità di evasione.

Se non fosse come dico non avremmo la chiusura di un sacco di attività marginali strozzate dalle tasse, se guadagnassero davvero tanto col nero, farebbero semplicemente qualche fattura in più per sopravvivere.

Ma se va bene, fatto il budget dello studio di settore, il piccolo imprenditore comincia ad offrire al consumatore lo sconto se non vuole la fattura.
Come detto sulla singola operazione concettualmente guadagna il consumatore, sulla ripetitività naturalmente l'importo si alza per l'imprenditore.
Il risultato deriva dal numero di clienti e se faccio una operazione in nero da 20 Euro (ci sono comunque quasi sempre spese) e ne faccio 10 al giorno prendo lordi 200 euro, diventano 4000 al mese. Una evasione di circa 1200 euro
Se sono un dottore senza spese e faccio 10 visite in nero al giorno (e ne ho visti) a 100 Euro e visito 3 giorni a settimana porto a casa intorno ai 150.000 euro l'anno evadendone circa 60.000.
NB Le cifre sono semplificate poi ci sono INPS ecc.
Ma ricordate sempre che nel lavoro in nero non evade il 100%, ci sono eventuali spese e l'evasione è relativa alla quota tasse non pagate.

Come fermarli?
Va detto che senza una coscienza civile e un controllo (al costo di pagare la propria quota di tasse) del consumatore è complesso perseguire questi evasori.
Ancora oggi ci sono ristoranti che non accettano altro pagamento che i contanti, ma so che molti evadono nonostante l'uso di pagamenti con carta di credito.
Con milioni di partite IVA e stando negli studi di settore la possibilità di essere scoperti è ridicola, e nel caso (ma ne parleremo) se c'è un buon tesoretto è utilizzabile per ammorbidire i controlli.

Nella mia esperienza moltissime piccole attività marginali evadono anche per cercare (spesso senza riuscirci) di sopravvivere, i giri di affari sono piccolissimi e le cifre evase basse.
E poi ci sono (c'erano, sono finiti certi tempi) invece gli evasori che davvero fanno le centinaia di migliaia di euro denunciando spicci. Ma nei termini degli studi di settore.

Quando sento le medie delle categorie mi capita di pensare a certi negozi marginali e chiedermi seriamente se ci arrivano a vendere (non guadagnare) per le cifre medie; mentre per altri siano una piccola quota parte di quanto vendono. Una roba da minimum tax, insomma.

Ultimamente da un lato assistiamo alla schizofrenia di verbali assurdi e campati in aria che poi non portano gettito (vedere qui quanto poco poi si incassa) ma che servono a fare annunci.  Dall'altro, assurdo non si facesse prima, c'è finalmente un maggiore uso dell'incrocio dati sulle varie banche dati patrimoniali e reddituali che può portare discreti risultati.

Soluzioni particolari non ne ho; "bisogna lottare contro l'evasione", ascoltato migliaia di volte è una affermazione non un metodo.
La migliore, come detto, è certamente il controllo civile di tutti noi.
Certo l'uso intensivo di intelligence sulle banche dati è l'altro. Sia patrimoniale che di spese.

Ma gli evasori ci sono in tutto il mondo, e le incidenze da noi sono molto diversificate sul territorio.
In alcune aree l'incidenza è simile a quella dei migliori paesi.

Non a caso in Grecia e Nord Africa l'evasione è più che da noi e in Germania e Svezia meno. Diciamo che c'è un certo legame tra latitudine ed evasione.

Questo, anche se non è una giustificazione, va tenuto a mente per capire bene il problema.

lunedì 5 settembre 2011

Cancellazioni multiple

Il governo aveva cancellato l'articolo 18 inserendo l'arbitrato.

Adesso ri-cancella l'articolo 18 inserendo una norma (che non ho letto, non vale la pena di perdere tempo dietro a norme che durano lo spazio di una mattina nella "manovra") che permette "di licenziare con l'accordo dei sindacati".

Tutto fumo negli occhi e pubblicità gratuita allo sciopero di domani.
Licenziare con l'accordo dei sindacati si può, da sempre.

Basta chiederlo alle migliaia di lasciati a casa per ristrutturazioni, chiusure aziendali ecc con l'accordo sindacale.

E in Italia la nostra legislazione rende più facile licenziare 2000 persone che una.

Non a caso, nel caso uno volesse licenziare una o due persone il metodo migliore è il seguente:

Incontrare i sindacati e dire in sequenza (immaginate che il sindacato dica "no trattiamo" ogni volta).

  1. chiudo la fabbrica
  2. allora devo ridurre il personale del 50%
  3. no guardate così non ce la faccio ad andare avanti ne licenzio 15
  4. almeno 10 dovete farmeli licenziare
  5. ok allora due ma decido io chi
L'impresa ottiene il risultato e il sindacato andrà in giro a bullarsi di avere salvato x posti di lavoro.

E senza articolo 18 come farebbe a difendere il singolo scansafatiche (che anche i colleghi vorrebbero licenziare?) e a far finta di fare il suo lavoro?

A scanso di equivoci per il 90% delle imprese, quelle oneste (le disoneste lo sono su tutto), licenziare una persona è una sconfitta e un costo. Sconfitta perché non hai saputo crescere per dare lavoro a tutti o non hai saputo tenere aggiornata la persona, costo perché licenzi una persona che, poco o tanto, hai formato.

sabato 3 settembre 2011

Evasione ed evasori

Il mio post id ieri ha suscitato parecchi commenti, sia nel blog che su Twitter.

Come spesso accade i post sono in parte semplificazione, in parte provocazione e come ho detto ho intenzione di occuparmi dell'argomenti in vari post e con vari punti di vista.

Una cosa, però, mi sento di dirla subito.

Tra le righe molti dei commentatori di ieri hanno fatto il ragionamento "quello che evade è l'artigiano (professionista, azienda, insomma il fornitore) mentre per il consumatore è una piccola cosa e un peccato veniale".

Questo è il problema dell'Italia.
Finché non ci saremo convinti e non avremo la consapevolezza che i comportamenti collettivi sono una semplice conseguenza dei comportamenti dei singoli non andremo da nessuna parte.

Il fatto che io (e l'ho fatto) eviti di farmi fare la fattura per risparmiare 100 euro non è "veniale" perché se tutti fanno come me, visto che siamo 50.000.000 alla fine mancano 5 miliardi di imposte. E questo dice anche come nasce la grande evasione.

Non solo, ma il fatto di non farmi fare la fattura, come ho detto (forse male) ieri, scatena una catena di mancate imposte.
Allora non è vero che è peggio l'artigiano di quello che non si fa fare la fattura.
Semplicemente se tutti si facessero fare la fattura (e pagassero la loro quota di imposte) l'artigiano fatturerebbe tutto e alla fine pagherebbe anche le sue imposte sul reddito.
Mentre il suo beneficio è proprio sulla quantità (e non sulla singola operazione che come detto conviene più al consumatore).

Ognuno in questi casi fa i conti con il suo senso civico.
Noi lavoriamo molto poco rispetto alle nostre potenzialità in ampie aree del nostro paese.
Per il semplice motivo che non accettiamo di vendere senza fattura. E per molti potenziali clienti questo è inaccettabile (!).
Se tutti facessero come noi l'evasione in quelle aree sarebbe minore o inesistente.

Ognuno è responsabile del suo pezzettino di Stato.