venerdì 4 novembre 2011

[Guest post] Fondazioni


Ricevo da un affezionato lettore un post che mi pare interessante, e quindi pubblico.
di Gianni Miltoni

Prendiamo il Comune di Siena. Nel 2010 ha riscosso 81 milioni di euro e ne ha spesi 88. Non c’è più l’ICI, i trasferimenti dallo Stato scarseggiano e anche gli enti locali tirano la cinghia. Fortuna che a riequilibrare il bilancio del comune senese ci pensa la generosa e ricca Fondazione MPS con circa 10 milioni di euro di “contributi decennali destinati al pagamento di rate di BOC (bond comunali) per piani di manutenzione straordinaria della città”. La generosa e ricca Fondazione MPS: una fondazione no profit di origine bancaria, nata insieme a tante altre all’inizio degli anni ’90, dal conferimento di una banca pubblica (Banca MPS) da parte dello stato. Benché sia stata creata con un bene pubblico, benché subisca la vigilanza del Ministero dell’Economia, le Fondazione MPS (come gli altri Frankenstein generati dalla legge Amato-Carli) può dirsi un ente di diritto privato e il suo patrimonio di quasi 6 miliardi di euro (2 miliardi in più di quanto rientrò in Italia con il precedente scudo fiscale) è gestito in autonomia da organi deliberanti nominati da Comune di Siena, Provincia di Siena, Regione Toscana, Università degli Studi di Siena, Arcidiocesi di Siena. Scopo della Fondazione MPS è il mantenimento nella città di Siena della sede e della Direzione Generale della Banca Monte dei Paschi di Siena e il perseguimento di fini di utilità sociale nei settori della ricerca scientifica, dell’istruzione, dell’arte, della sanità, dell’assistenza alle categorie sociali deboli, della valorizzazione dei beni e delle attività culturali mantenendo e rafforzando i particolari legami con Siena. Tutto molto nobile. Certo, magari 5 milioni di euro per 40 dipendenti della Fondazione MPS (125 mila euro di costo medio, medio eh!) sono tanti in tempo di austerity, per non parlare dei 2 milioni di euro per i 29 membri degli organi deliberanti che si riuniranno in Fondazione sì e no una volta al mese. Epperò come criticare un’istituzione così generosa? Le erogazioni sono state numerose nel 2010: 779 per un totale di quasi 70 milioni di euro. Si va dal finanziamento di borse di studio, ai 120 mila euro per il Festival di San Galgano passando per i summenzionati contributi in favore del comune per la manutenzioni di strade, teatri e chiese.
Insomma, meno male che c’è santa Fondazione MPS che riversa una tale pioggia denaro nel piccolo territorio senese supplendo alle carenze di Stato e Comune. Purtroppo però la pacchia sta per finire. I dividendi dalla partecipazione in MPS si sono prosciugati e, anzi, la banca continua a chiedere aumenti di capitale che la Fondazione MPS deve per forza sottoscrivere per rispettare la sua mission statutaria (il controllo della assoluto della Banca). In estate la Fondazione ha già sborsato un miliardo indebitandosi in parte con altri istituti di credito (ah, i rischi sistemici) e se passerà la linea dura del’EBA (l’agenzia europea che vigila sul patrimonio delle banche), MPS potrebbe trovarsi a dover deliberare un altro aumento di capitale da 3 miliardi di euro, di cui la Fondazione MPS dovrebbe sottoscrivere 1,5 miliardi di euro. E dove dovrebbe trovarli? E’ certo che il territorio senese nei prossimi non potrà contare molto sulle erogazioni di Santa Fondazione, nonostante il suo patrimonio di 5 miliardi di euro.
E se la Fondazione rinunciasse a sottoscrivere l’aumento di capitale diluendosi e, anzi, vendendo un po’ delle azioni esistenti per finanziarie gli interventi sul territorio? Non si può fare per statuto. L’avesse fatto tre anni fa, magari fondendosi con l’allora Sanpaolo Imi, la città di Siena ora potrebbe contare su un patrimonio ben più consistente e al sicuro dalla crisi del settore bancario (come ha fatto la Fondazione Roma per la sua originaria partecipazione in Cassa di Risparmio di Roma, diventata Banca di Roma, poi Capitalia, poi Unicredit e progressivamente dismessa sul mercato).
Il caso senese è solo un esempio. In Italia ci sono un’ottantina di fondazioni che controllano complessivamente un patrimonio di 50 miliardi di euro (un poco meno della finanziaria varata per il piano anti crisi) attraverso organi deliberanti autoreferenziali, autonomi e nominati dagli enti più disparati (arcidiocesi, comuni, sindaci, provincie, arcivescovi, accademie, rettori, etc.). Questi enti non solo controllano un’importante massa finanziaria in molti casi, come quello senese, vitale per il territorio, ma esprimono anche i vertici di importanti istituti di credito. Nel licenziamento di Alessandro Profumo da Unicredit, prima banca italiana e uno delle prime dieci banche europee, un ruolo fondamentale è stato giocato dalla fondazione Cariverona un po’ insofferente alle mire internazionali di Kaiser Alessandro.
Il mecenatismo, la cura del patrimonio artistico del territorio, le borse di studio e la promozione delle scienze sono tutte cose nobili ma c’è da chiedersi se è auspicabile che lo stato tagli i servizi ai cittadini, la sanità e consideri persino di rubacchiare dai conti correnti bancari senza che queste fondazioni, nate da un patrimonio pubblico, siano minimamente toccate. E’ assai gretto pensare che prima di ritoccare i ticket sanitari forse bisognerebbe sponsorizzare qualche festival in meno, ma viviamo in tempi gretti e di austerity. E anche volendo sacrificarsi decidendo di non toccare il patrimonio di queste fondazioni, che d’altronde stanno lì per far del bene al territorio di riferimento (questo va riconosciuto), come si fa a garantire che quelle erogazioni siano gestite con trasparenza? Quando c’è di mezzo la cosa pubblica la trasparenza è rara, ma almeno l’ente pubblico risponde agli elettori. Le Fondazioni sono del tutto autoreferenziali. E se scorrendo le erogazioni del bilancio di Fondazione MPS si vedono cose bizzarre ma tutto sommato lodevoli, recentemente è uscito un articolo inquietante sulla gestione della Fondazione Roma (2 miliardi di patrimonio, di cui solo 0,5 ancora investiti in Unicredit).
Si fa presto, e sarebbe di un avventato robinhooddismo, proporre di nazionalizzare le fondazioni e riportare nello stato quei 50 miliardi per tagliare meno tasse. Le fondazioni hanno in parte realizzato con le risorse del sistema bancario ciò che la Lega Nord prova a fare da anni col bilancio dello stato: una distribuzione in senso federalista delle risorse. Nate da banche che raccoglievano e investivano sul territorio, le Fondazioni continuano a mantenere un forte vincolo con il territorio nello scegliere la destinazione delle loro erogazioni. Si potrebbe tuttavia pensare di rendere più sistematico e meno discrezionale il modo in cui intervengono per supplire alle carenze degli enti locali. In un periodo in cui si tagliano stipendi pubblici (o almeno si fa finta) e si chiede alle banche di tagliare i bonus, perché le fondazioni, che nelle banche hanno il loro patrimonio e nel comune il loro naturale “cliente”, non sono sottoposte agli stessi vincoli? E’ sacrosanto che le erogazioni sia decise in senso “locale” ma è altrettanto sensato che le Fondazioni abbiano tanta influenza nella gestione delle banche influenzando in senso altrettanto localistico di banche che dovrebbero aspirare a un ruolo nazionale quando non europeo? Le Fondazioni sono buoni azionisti attivi? Che dire ad esempio di Cariverona e Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna che comprano quote rilevanti di Mediobanca? Un investimento finanziario? Sì, ma fanno a cazzotti con Consob per poter esprimere un loro consigliere di minoranza nonostante il loro collegamento con azionisti di maggioranza in Mediobanca (caso Unicredit-Cariverona). Insomma, sembra che alcune di queste Fondazioni che brandiscono la loro raison d’être territoriale, sembrano aver perso di vista il territorio distratte dai giochetti di potere della finanza.
Saranno enti di diritto privato, ma le Fondazioni sembrano soffrire degli stessi vizi e degli stessi personalismi di qualsiasi ente locale. Solo che a differenza dei comuni, non hanno un elettorato, non hanno debiti e gestiscono grandi risorse finanziarie.
Una forte revisione della governance delle fondazioni sarebbe da considerare per: a) consentire di veicolare più risorse verso le amministrazioni locali alleviando i provvedimenti di austerity presi dallo stato b) sterilizzare il loro effetto nella governance della banca per rendere il nostro sistema bancario più dinamico e aperto.
Parliamo di 50 miliardi, una finanziaria. Parliamo del controllo del nostro sistema bancario. Parliamone ogni tanto.

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