Ricevo da un affezionato lettore un post che mi pare interessante, e quindi pubblico.
di Gianni Miltoni
Prendiamo il Comune di Siena. Nel 2010
ha riscosso 81 milioni di euro e ne ha spesi 88. Non c’è più
l’ICI, i trasferimenti dallo Stato scarseggiano e anche gli enti
locali tirano la cinghia. Fortuna che a riequilibrare il bilancio del
comune senese ci pensa la generosa e ricca Fondazione MPS con circa
10 milioni di euro di “contributi decennali destinati al pagamento
di rate di BOC (bond comunali) per piani di manutenzione
straordinaria della città”. La generosa e ricca Fondazione MPS:
una fondazione no profit di origine bancaria, nata insieme a tante
altre all’inizio degli anni ’90, dal conferimento di una banca
pubblica (Banca MPS) da parte dello stato. Benché sia stata creata
con un bene pubblico, benché subisca la vigilanza del Ministero
dell’Economia, le Fondazione MPS (come gli altri Frankenstein
generati dalla legge Amato-Carli) può dirsi un ente di diritto
privato e il suo patrimonio di quasi 6 miliardi di euro (2 miliardi
in più di quanto rientrò in Italia con il precedente scudo fiscale)
è gestito in autonomia da organi deliberanti nominati da Comune di
Siena, Provincia di Siena, Regione Toscana, Università degli Studi
di Siena, Arcidiocesi di Siena. Scopo della Fondazione MPS è il
mantenimento nella città di Siena della sede e della Direzione
Generale della Banca Monte dei Paschi di Siena e il perseguimento di
fini di utilità sociale nei settori della ricerca scientifica,
dell’istruzione, dell’arte, della sanità, dell’assistenza alle
categorie sociali deboli, della valorizzazione dei beni e delle
attività culturali mantenendo e rafforzando i particolari legami con
Siena. Tutto molto nobile. Certo, magari 5 milioni di euro per 40
dipendenti della Fondazione MPS (125 mila euro di costo medio, medio
eh!) sono tanti in tempo di austerity, per non parlare dei 2 milioni
di euro per i 29 membri degli organi deliberanti che si riuniranno in
Fondazione sì e no una volta al mese. Epperò come criticare
un’istituzione così generosa? Le erogazioni sono state numerose nel 2010: 779 per un totale di quasi 70 milioni
di euro. Si va dal finanziamento di borse di studio, ai 120 mila
euro per il Festival di San Galgano passando per i summenzionati
contributi in favore del comune per la manutenzioni di strade, teatri
e chiese.
Insomma, meno male che c’è santa
Fondazione MPS che riversa una tale pioggia denaro nel piccolo
territorio senese supplendo alle carenze di Stato e Comune. Purtroppo
però la pacchia sta per finire. I dividendi dalla partecipazione in
MPS si sono prosciugati e, anzi, la banca continua a chiedere aumenti
di capitale che la Fondazione MPS deve per forza sottoscrivere per
rispettare la sua mission statutaria (il controllo della assoluto
della Banca). In estate la Fondazione ha già sborsato un miliardo
indebitandosi in parte con altri istituti di credito (ah, i rischi
sistemici) e se passerà la linea dura del’EBA (l’agenzia europea
che vigila sul patrimonio delle banche), MPS potrebbe trovarsi a
dover deliberare un altro aumento di capitale da 3 miliardi di euro,
di cui la Fondazione MPS dovrebbe sottoscrivere 1,5 miliardi di euro.
E dove dovrebbe trovarli? E’ certo che il territorio senese nei
prossimi non potrà contare molto sulle erogazioni di Santa
Fondazione, nonostante il suo patrimonio di 5 miliardi di euro.
E se la Fondazione rinunciasse a
sottoscrivere l’aumento di capitale diluendosi e, anzi, vendendo un
po’ delle azioni esistenti per finanziarie gli interventi sul
territorio? Non si può fare per statuto. L’avesse fatto tre anni
fa, magari fondendosi con l’allora Sanpaolo Imi, la città di Siena
ora potrebbe contare su un patrimonio ben più consistente e al
sicuro dalla crisi del settore bancario (come ha fatto la Fondazione
Roma per la sua originaria partecipazione in Cassa di Risparmio di
Roma, diventata Banca di Roma, poi Capitalia, poi Unicredit e
progressivamente dismessa sul mercato).
Il caso senese è solo un esempio. In
Italia ci sono un’ottantina di fondazioni che controllano
complessivamente un patrimonio di 50 miliardi di euro (un poco meno
della finanziaria varata per il piano anti crisi) attraverso organi
deliberanti autoreferenziali, autonomi e nominati dagli enti più
disparati (arcidiocesi, comuni, sindaci, provincie, arcivescovi,
accademie, rettori, etc.). Questi enti non solo controllano
un’importante massa finanziaria in molti casi, come quello senese,
vitale per il territorio, ma esprimono anche i vertici di importanti
istituti di credito. Nel licenziamento di Alessandro Profumo da
Unicredit, prima banca italiana e uno delle prime dieci banche
europee, un ruolo fondamentale è stato giocato dalla fondazione
Cariverona un po’ insofferente alle mire internazionali di Kaiser
Alessandro.
Il mecenatismo, la cura del patrimonio
artistico del territorio, le borse di studio e la promozione delle
scienze sono tutte cose nobili ma c’è da chiedersi se è
auspicabile che lo stato tagli i servizi ai cittadini, la sanità e
consideri persino di rubacchiare dai conti correnti bancari senza che
queste fondazioni, nate da un patrimonio pubblico, siano minimamente
toccate. E’ assai gretto pensare che prima di ritoccare i ticket
sanitari forse bisognerebbe sponsorizzare qualche festival in meno,
ma viviamo in tempi gretti e di austerity. E anche volendo
sacrificarsi decidendo di non toccare il patrimonio di queste
fondazioni, che d’altronde stanno lì per far del bene al
territorio di riferimento (questo va riconosciuto), come si fa a
garantire che quelle erogazioni siano gestite con trasparenza? Quando
c’è di mezzo la cosa pubblica la trasparenza è rara, ma almeno
l’ente pubblico risponde agli elettori. Le Fondazioni sono del
tutto autoreferenziali. E se scorrendo le erogazioni del bilancio di
Fondazione MPS si vedono cose bizzarre ma tutto sommato lodevoli,
recentemente è uscito un articolo inquietante sulla gestione della Fondazione Roma (2 miliardi di
patrimonio, di cui solo 0,5 ancora investiti in Unicredit).
Si fa presto, e sarebbe di un avventato
robinhooddismo, proporre di nazionalizzare le fondazioni e riportare
nello stato quei 50 miliardi per tagliare meno tasse. Le fondazioni
hanno in parte realizzato con le risorse del sistema bancario ciò
che la Lega Nord prova a fare da anni col bilancio dello stato: una
distribuzione in senso federalista delle risorse. Nate da banche che
raccoglievano e investivano sul territorio, le Fondazioni continuano
a mantenere un forte vincolo con il territorio nello scegliere la
destinazione delle loro erogazioni. Si potrebbe tuttavia pensare di
rendere più sistematico e meno discrezionale il modo in cui
intervengono per supplire alle carenze degli enti locali. In un
periodo in cui si tagliano stipendi pubblici (o almeno si fa finta) e
si chiede alle banche di tagliare i bonus, perché le fondazioni, che
nelle banche hanno il loro patrimonio e nel comune il loro naturale
“cliente”, non sono sottoposte agli stessi vincoli? E’
sacrosanto che le erogazioni sia decise in senso “locale” ma è
altrettanto sensato che le Fondazioni abbiano tanta influenza nella
gestione delle banche influenzando in senso altrettanto localistico
di banche che dovrebbero aspirare a un ruolo nazionale quando non
europeo? Le Fondazioni sono buoni azionisti attivi? Che dire ad
esempio di Cariverona e Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna che
comprano quote rilevanti di Mediobanca? Un investimento finanziario?
Sì, ma fanno a cazzotti con Consob per poter esprimere un loro
consigliere di minoranza nonostante il loro collegamento con
azionisti di maggioranza in Mediobanca (caso Unicredit-Cariverona).
Insomma, sembra che alcune di queste Fondazioni che brandiscono la
loro raison d’être territoriale, sembrano aver perso di vista il
territorio distratte dai giochetti di potere della finanza.
Saranno enti di diritto privato, ma le
Fondazioni sembrano soffrire degli stessi vizi e degli stessi
personalismi di qualsiasi ente locale. Solo che a differenza dei
comuni, non hanno un elettorato, non hanno debiti e gestiscono grandi
risorse finanziarie.
Una forte revisione della governance
delle fondazioni sarebbe da considerare per: a) consentire di
veicolare più risorse verso le amministrazioni locali alleviando i
provvedimenti di austerity presi dallo stato b) sterilizzare il loro
effetto nella governance della banca per rendere il nostro sistema
bancario più dinamico e aperto.
Parliamo di 50 miliardi, una
finanziaria. Parliamo del controllo del nostro sistema bancario.
Parliamone ogni tanto.
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