So che pare strano ma c'è chi assume (noi) e quindi deve ricercare personale.
Una cosa mi ha colpito molto negativamente in questi giorni.
Alcuni anni fa (pre 2008) capitava spesso di trovare persone "choosy" come le definì la Fornero.
Che rifiutavano un posto se non aderente alle proprie aspettative.
Noi stiamo cercando junior con poche necessità di capacità se non alcune base.
I CV che abbiamo ricevuto sono in gran parte di persone con capacità ed esperienza ben superiori al necessario.
Va detto che siamo considerati azienda buona e affidabile quindi probabilmente questo influisce.
Anche noi, anni fa, avremmo scartato le persone troppo esperte rispetto alla funzione base richiesta.
Mi trovavo però nei giorni scorsi a considerare che molte di queste persone esperte sono a casa o in mobilità, e la domanda che mi facevo era "è giusto lasciare a casa uno in gamba perché è troppo bravo e assumere uno così e così?"
Non è cosa di facile soluzione, ed è una domanda molto triste, perché se queste persone davvero sono esperte ed in gamba, per la società generale (non solo per la nostra azienda) è uno spreco enorme che non siano produttive.
Ed è triste che la situazione attuale sia così difficile per chi ha sempre lavorato con impegno.
Certo, qualche collega potrebbe essere felice, possiamo forse pagare meno persone valide, ma per me è un po' come darsi le martellate nelle balle, perché l'ideale per la società è che una persona possa esprimere il proprio valore e guadagnare di conseguenza.
Alla fine faremo decidere a loro, spiegando bene la situazione, pronti naturalmente a lasciarli liberi se trovano qualcosa di meglio.
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venerdì 10 ottobre 2014
mercoledì 26 giugno 2013
Bla bla bla bla
Il governo vara il bonus per i nuovi contratti.
Parla di 200.000 posti che nasceranno. Anzi, nasceranno nel testo non c'è, mi sa che è il titolista del Corsera che usa frasi ad effetto (lassativo).
lo so che per chi è dirigista nell'anima o creazionista (entrambi ben rappresentati al governo) il lavoro si crea dal nulla.
Il lavoro invece si crea dal lavoro di altre persone: imprenditori, tecnici, venditori.
Il lavoro si crea mettendo chi fa impresa in grado di crescere, di competere. Non incentivando per qualche mese con quattro spiccioli le assunzioni.
Invece questo paese sta facendo di tutto per uccidere le sue aziende, il suo tessuto economico e produttivo, al fine di mantenere il livello di spesa (e di sprechi) della pubblica amministrazione.
Poi si lava la coscienza sui giovani, che continueranno giustamente ad andarsene in paesi più accoglienti, con il solito pannicello caldo temporaneo.
La svolta non si vede, e se all'estero i governi di grande coalizione sono serviti a fare le riforme, qui servono a garantire in modo incrociato i garantiti.
Parla di 200.000 posti che nasceranno. Anzi, nasceranno nel testo non c'è, mi sa che è il titolista del Corsera che usa frasi ad effetto (lassativo).
bullshit
lo so che per chi è dirigista nell'anima o creazionista (entrambi ben rappresentati al governo) il lavoro si crea dal nulla.
Il lavoro invece si crea dal lavoro di altre persone: imprenditori, tecnici, venditori.
Il lavoro si crea mettendo chi fa impresa in grado di crescere, di competere. Non incentivando per qualche mese con quattro spiccioli le assunzioni.
Invece questo paese sta facendo di tutto per uccidere le sue aziende, il suo tessuto economico e produttivo, al fine di mantenere il livello di spesa (e di sprechi) della pubblica amministrazione.
Poi si lava la coscienza sui giovani, che continueranno giustamente ad andarsene in paesi più accoglienti, con il solito pannicello caldo temporaneo.
La svolta non si vede, e se all'estero i governi di grande coalizione sono serviti a fare le riforme, qui servono a garantire in modo incrociato i garantiti.
mercoledì 3 aprile 2013
Ce lo meritiamo, che ci insultino
Anche quello del lavoro, si sa, è un mercato.
Con i suoi alti e bassi e con un prezzo che dipende dall'offerta.
Ma come ogni mercato per funzionare bene ha bisogno di regole adatte e credibili e di operatori corretti ed onesti.
Tralascio il discorso regole, i danni fatti da Fornero stanno esplodendo. Ne riparlerò.
Oggi me la voglio prendere con i miei "colleghi".
Voglio essere chiaro da subito, la schiavitù è stata abolita da parecchio, e c'è chi ha donato la vita per farlo.
Non è che la crisi profonda che stiamo vivendo che autorizza a reintrodurla.
Come altro definire offerte vergognose come uno stage full time a 200 euro al mese?
Sappiamo ormai bene tutti che lo stage, da opportunità per uno studente per imparare e vedere il lavoro da dentro, si è trasformato nel modo, per molti, di avere manovalanza a basso costo.
Ho sentito storie incredibili, nella mia vita, da stagisti che si occupavano di seguire i certificatori di qualità ad aziende con interi reparti mandati avanti di stagisti.
Nella comunicazione mi pare diventato una specie di standard.
Non a caso la battuta per chi frequenta twitter e i social network quando uno famoso fa una cazzata è "lo stagista di xy ha fatto una cazzata".
Mi spiace, sarò vecchio, fuori moda, troppo poco spietato per fare il mestiere che faccio, ma io mi ostino a pensare che le persone siano persone e come tali vadano trattate.
Mi rifiuto di fare lavorare per 10 euro al giorno un neolaureato full time, magari anche con orario allungato.
Mi rifiuto di credere che la promessa "stiamo valutando delle assunzioni" possa essere una scusa per sfruttare le persone.
Mi rifiuto di sfruttare la difficoltà, magari la fame, di una persona per schiavizzarla.
Siccome sono profondamente convinto che le aziende le facciano le persone che ci lavorano (ognuno per la sua parte e con la sua dignità) non mi stupisce che aziende che trattano le persone di merda facciano poi prodotti e servizi di merda, con una profonda insoddisfazione dei clienti.
Spero fortemente che chi vede le persone per selezionarle e poi non le degna neppure di una risposta "se non la chiamiamo non se ne fa nulla" si trovi, un giorno, nella stessa situazione.
Magari sono di quelli che poi fanno gli scandalizzati per come uno, a volte, viene trattato negli uffici della pubblica amministrazione.
Per forza poi, chi fa il mio mestiere, viene considerato uno stronzo sfruttatore.
A me piange il cuore quando la gente ci ringrazia semplicemente perché rispondiamo a chi ci manda un CV, sorpresa, perché non lo fa nessuno.
E nonostante quei tre o quattro che ognuno di noi ha assunto (e che ci sono anche in azienda da noi) ce la mettano tutta per farmi cambiare idea, continuerò a guardare con rispetto e a trattare da persone non da servi, tutti: chi lavora con noi, chi viene da noi a cercare un lavoro, coloro che passano da noi per lavoro.
E a odiare profondamente tutti i miei colleghi che trattano le persone da schiavi.
Se li vedo fallire, possibilmente senza un soldo (purtroppo a quelli veramente stronzi capita poco), ho profondo dispiacere per i loro collaboratori che perdono il posto, ma una sottile gioia per loro, augurandogli di trovarsi davanti a uno che per lavorare gli offre 200 euro al mese, circa un euro all'ora, molto meno di quello che loro davano, ai tempi del benessere, alla loro donna di servizio.
E se lo ricordino i miei colleghi, che cercano sempre prodotti e servizi a prezzi che se uno ci pensa non possono essere remunerativi. Se pagate poco e male avrete pessimi fornitori, e pessimi prodotti.
E se lo ricordino i clienti, tutti vogliamo risparmiare, ma comperare a certi prezzi è solo connivenza con gli sfruttatori.
PS: questo post appartiene alla serie: anche gli imprenditori hanno figli che cercano lavoro.
Con i suoi alti e bassi e con un prezzo che dipende dall'offerta.
Ma come ogni mercato per funzionare bene ha bisogno di regole adatte e credibili e di operatori corretti ed onesti.
Tralascio il discorso regole, i danni fatti da Fornero stanno esplodendo. Ne riparlerò.
Oggi me la voglio prendere con i miei "colleghi".
Voglio essere chiaro da subito, la schiavitù è stata abolita da parecchio, e c'è chi ha donato la vita per farlo.
Non è che la crisi profonda che stiamo vivendo che autorizza a reintrodurla.
Come altro definire offerte vergognose come uno stage full time a 200 euro al mese?
Sappiamo ormai bene tutti che lo stage, da opportunità per uno studente per imparare e vedere il lavoro da dentro, si è trasformato nel modo, per molti, di avere manovalanza a basso costo.
Ho sentito storie incredibili, nella mia vita, da stagisti che si occupavano di seguire i certificatori di qualità ad aziende con interi reparti mandati avanti di stagisti.
Nella comunicazione mi pare diventato una specie di standard.
Non a caso la battuta per chi frequenta twitter e i social network quando uno famoso fa una cazzata è "lo stagista di xy ha fatto una cazzata".
Mi spiace, sarò vecchio, fuori moda, troppo poco spietato per fare il mestiere che faccio, ma io mi ostino a pensare che le persone siano persone e come tali vadano trattate.
Mi rifiuto di fare lavorare per 10 euro al giorno un neolaureato full time, magari anche con orario allungato.
Mi rifiuto di credere che la promessa "stiamo valutando delle assunzioni" possa essere una scusa per sfruttare le persone.
Mi rifiuto di sfruttare la difficoltà, magari la fame, di una persona per schiavizzarla.
Siccome sono profondamente convinto che le aziende le facciano le persone che ci lavorano (ognuno per la sua parte e con la sua dignità) non mi stupisce che aziende che trattano le persone di merda facciano poi prodotti e servizi di merda, con una profonda insoddisfazione dei clienti.
Spero fortemente che chi vede le persone per selezionarle e poi non le degna neppure di una risposta "se non la chiamiamo non se ne fa nulla" si trovi, un giorno, nella stessa situazione.
Magari sono di quelli che poi fanno gli scandalizzati per come uno, a volte, viene trattato negli uffici della pubblica amministrazione.
Per forza poi, chi fa il mio mestiere, viene considerato uno stronzo sfruttatore.
A me piange il cuore quando la gente ci ringrazia semplicemente perché rispondiamo a chi ci manda un CV, sorpresa, perché non lo fa nessuno.
E nonostante quei tre o quattro che ognuno di noi ha assunto (e che ci sono anche in azienda da noi) ce la mettano tutta per farmi cambiare idea, continuerò a guardare con rispetto e a trattare da persone non da servi, tutti: chi lavora con noi, chi viene da noi a cercare un lavoro, coloro che passano da noi per lavoro.
E a odiare profondamente tutti i miei colleghi che trattano le persone da schiavi.
Se li vedo fallire, possibilmente senza un soldo (purtroppo a quelli veramente stronzi capita poco), ho profondo dispiacere per i loro collaboratori che perdono il posto, ma una sottile gioia per loro, augurandogli di trovarsi davanti a uno che per lavorare gli offre 200 euro al mese, circa un euro all'ora, molto meno di quello che loro davano, ai tempi del benessere, alla loro donna di servizio.
E se lo ricordino i miei colleghi, che cercano sempre prodotti e servizi a prezzi che se uno ci pensa non possono essere remunerativi. Se pagate poco e male avrete pessimi fornitori, e pessimi prodotti.
E se lo ricordino i clienti, tutti vogliamo risparmiare, ma comperare a certi prezzi è solo connivenza con gli sfruttatori.
PS: questo post appartiene alla serie: anche gli imprenditori hanno figli che cercano lavoro.
martedì 5 febbraio 2013
Il problema di assumere persone
Siamo in una profonda crisi, ma ci sono comunque aziende che per fortuna o capacità non vanno male.
Qualcuna addirittura che ha budget in crescita importante.
Uno si dice: bene, con questa situazione è un piacere creare lavoro.
Poi si mette a (cercare) di farlo.
Per fare qualità servono anche persone in gamba e ben formate (anche per i semplici assemblaggi)
Come chiunque faccia impresa sa budget è ben diverso da ordini e in questo momento le situazioni sono variabili settimanalmente. Se la necessità che hai è di aumentare di circa il 10% il tuo personale non è una spesa che puoi fare diventare "fissa"a fronte di budget.
Ci piacerebbe tanto assumerli tutti a tempo indeterminato, meno problemi, loro più contenti, ma il mercato non ce lo permette.
Una volta per la stagionalità e i picchi usavamo le agenzie per il lavoro (internali). Adesso con i margini in continuo calo il costo aggiuntivo delle agenzie, soprattutto se per lungo tempo e diverse persone, è inaccettabile. Va detto che è aggiunto al "sovrapprezzo" contributivo per i contratti a termine.
Abbiamo anche sempre usato i contratti a termine.
Soluzione 1
Trattandosi di parecchie persone per parecchio tempo (sei mesi / un anno) scartiamo gli interinali per il costo.
Soluzione 2
Interinale + Contratti a termine
L'ideale sarebbe fare uno due mesi di "prova" poi se va bene assumerlo noi.
Peccato che nel frattempo dovremmo fare una pausa di 60 giorni (perlomeno secondo i nostri consulenti)
Soluzione 3
Contratto a termine
Dovremmo farli di 3 mesi e poi rinnovarli, ma si può fare solo 1 rinnovo, poi dopo sei mesi 90 giorni (tre mesi) di stop.
Non è che noi formiamo la gente e poi mettiamo un altro qualsiasi per 90 giorni. (il concetto che la politica ha degli operai è che siano carne da cannone, noi no)
Soluzione finale: li assumiamo a temine 6 mesi + 6 mesi.
E se poi il lavoro cala? Eh, li metteremo in cassa integrazione fino alla fine del contratto.
Assurdo? Certo.
Ma se le leggi le fa chi in azienda non c'è mai stato o pensa che un posto di lavoro debba essere più stabile di un matrimonio va così.
Tralascio per carità di patria il fatto che probabilmente 1o 2 assunti saranno irregolari perché superano la quantità di contratti a termine contrattualmente stabilita.
Se viene l'ispettore del lavoro mando lui in reparto a dire alla persona di andarsene immediatamente perché fuori quota.
Non mi aspetto un monumento perché creo lavoro, ma almeno non continui intralci.
Qualcuna addirittura che ha budget in crescita importante.
Uno si dice: bene, con questa situazione è un piacere creare lavoro.
Poi si mette a (cercare) di farlo.
Per fare qualità servono anche persone in gamba e ben formate (anche per i semplici assemblaggi)
Come chiunque faccia impresa sa budget è ben diverso da ordini e in questo momento le situazioni sono variabili settimanalmente. Se la necessità che hai è di aumentare di circa il 10% il tuo personale non è una spesa che puoi fare diventare "fissa"a fronte di budget.
Ci piacerebbe tanto assumerli tutti a tempo indeterminato, meno problemi, loro più contenti, ma il mercato non ce lo permette.
Una volta per la stagionalità e i picchi usavamo le agenzie per il lavoro (internali). Adesso con i margini in continuo calo il costo aggiuntivo delle agenzie, soprattutto se per lungo tempo e diverse persone, è inaccettabile. Va detto che è aggiunto al "sovrapprezzo" contributivo per i contratti a termine.
Abbiamo anche sempre usato i contratti a termine.
Soluzione 1
Trattandosi di parecchie persone per parecchio tempo (sei mesi / un anno) scartiamo gli interinali per il costo.
Soluzione 2
Interinale + Contratti a termine
L'ideale sarebbe fare uno due mesi di "prova" poi se va bene assumerlo noi.
Peccato che nel frattempo dovremmo fare una pausa di 60 giorni (perlomeno secondo i nostri consulenti)
Soluzione 3
Contratto a termine
Dovremmo farli di 3 mesi e poi rinnovarli, ma si può fare solo 1 rinnovo, poi dopo sei mesi 90 giorni (tre mesi) di stop.
Non è che noi formiamo la gente e poi mettiamo un altro qualsiasi per 90 giorni. (il concetto che la politica ha degli operai è che siano carne da cannone, noi no)
Soluzione finale: li assumiamo a temine 6 mesi + 6 mesi.
E se poi il lavoro cala? Eh, li metteremo in cassa integrazione fino alla fine del contratto.
Assurdo? Certo.
Ma se le leggi le fa chi in azienda non c'è mai stato o pensa che un posto di lavoro debba essere più stabile di un matrimonio va così.
Tralascio per carità di patria il fatto che probabilmente 1o 2 assunti saranno irregolari perché superano la quantità di contratti a termine contrattualmente stabilita.
Se viene l'ispettore del lavoro mando lui in reparto a dire alla persona di andarsene immediatamente perché fuori quota.
Non mi aspetto un monumento perché creo lavoro, ma almeno non continui intralci.
giovedì 18 ottobre 2012
Aiutare il lavoro
Stanno partendo gli incontri per la formazione sulla riforma del lavoro fatta dal Ministro Fornero.
Scene di disperazione tra i consulenti del lavoro, addetti aziendali, responsabili nelle associazioni.
Formatori neppure in grado di essere certi di come si dovrebbe operare.
Tralascio volutamente la qualità del testo (me ne dicono un gran male tutti).
Tre cose raccolte e raccontatemi al volo:
Firma per il licenziamento
Il team, rappresentante azienda, dipendente, relativi avvocati ecc va all'ufficio provinciale del lavoro.(tra l'altro da paese, facendo un po' di chilometri) Essendo l'ufficio nel capoluogo provinciale, dopo aver fatto un bel po' di chilometri per raggiungerlo dal paese.
L'addetto si rifiuta di controfirmare citando circolare che esiste ma non si sa bene da dove arriva.
Viene chiesto un documento che attesta che il team era lì per firmare (non so se l'hanno fornito).
Non si sa se il licenziamento è valido e in vigore.
Mi dicono anche che il modulo non ha il campo data (inutile come ben sapete per un documento che ha il fine di stabilire una data certa).
Sostituzione per maternità
Se voglio usare questa causale per assumere con contratto a termine una persona questa addetto può: - iniziare il giorno dopo che la sostituenda va in maternità,
- deve smettere il giorno che la mamma rientra.
E' chiaro a tutti che in azienda abbiamo dei soldatini assolutamente intercambiabili, nessuna necessità di formazione o di passaggio di informazioni.
Togli uno metti l'altro funziona tutto perfettamente. Come il Lego.
Contratto a termine
C'è una persona X in un ufficio in sostituzione maternità. Rientra la mamma Y. Il contratto scade.
Nel frattempo purtroppo un altra persona Z dello stesso ufficio ha un grave incidente, finisce in coma in ospedale.
Non posso riassumere X che è già formato, introdotto e aggiornato al posto di Z se non faccio passare i 90 giorni. Non conta nulla che le ragioni siano diverse, che sia oggettivamente dimostrabile che sono sostituzioni di persone diverse.
X non può essere riassunto.
Ecco questo spiega in che condizioni si lavora in questo paese.
Immaginate di essere direttore del personale e dovere spiegare questi bizantinismi ad uno che è seduto in un ufficio a New York e che con un tratto di penna è abituato a licenziare (pagando il disturbo, ma senza grossi problemi) migliaia di persone.
Probabile che alla prima occasione con un tratto di penna cancelli direttamente la fabbrica.
Scene di disperazione tra i consulenti del lavoro, addetti aziendali, responsabili nelle associazioni.
Formatori neppure in grado di essere certi di come si dovrebbe operare.
Tralascio volutamente la qualità del testo (me ne dicono un gran male tutti).
Tre cose raccolte e raccontatemi al volo:
Firma per il licenziamento
Il team, rappresentante azienda, dipendente, relativi avvocati ecc va all'ufficio provinciale del lavoro.
L'addetto si rifiuta di controfirmare citando circolare che esiste ma non si sa bene da dove arriva.
Viene chiesto un documento che attesta che il team era lì per firmare (non so se l'hanno fornito).
Non si sa se il licenziamento è valido e in vigore.
Mi dicono anche che il modulo non ha il campo data (inutile come ben sapete per un documento che ha il fine di stabilire una data certa).
Sostituzione per maternità
Se voglio usare questa causale per assumere con contratto a termine una persona questa addetto può: - iniziare il giorno dopo che la sostituenda va in maternità,
- deve smettere il giorno che la mamma rientra.
E' chiaro a tutti che in azienda abbiamo dei soldatini assolutamente intercambiabili, nessuna necessità di formazione o di passaggio di informazioni.
Togli uno metti l'altro funziona tutto perfettamente. Come il Lego.
Contratto a termine
C'è una persona X in un ufficio in sostituzione maternità. Rientra la mamma Y. Il contratto scade.
Nel frattempo purtroppo un altra persona Z dello stesso ufficio ha un grave incidente, finisce in coma in ospedale.
Non posso riassumere X che è già formato, introdotto e aggiornato al posto di Z se non faccio passare i 90 giorni. Non conta nulla che le ragioni siano diverse, che sia oggettivamente dimostrabile che sono sostituzioni di persone diverse.
X non può essere riassunto.
Ecco questo spiega in che condizioni si lavora in questo paese.
Immaginate di essere direttore del personale e dovere spiegare questi bizantinismi ad uno che è seduto in un ufficio a New York e che con un tratto di penna è abituato a licenziare (pagando il disturbo, ma senza grossi problemi) migliaia di persone.
Probabile che alla prima occasione con un tratto di penna cancelli direttamente la fabbrica.
venerdì 10 agosto 2012
Generazione auto-perduta
Nonostante tutto, pare strano, ci sono aziende che assumo persone.
Magari, come noi, per esigenze prettamente stagionali e per periodi brevi di 4/6 mesi.
Non un lavoro a vita, ma, credo, se uno davvero vuole lavorare, meglio di nulla.
Parlo di esperienza vissuta direttamente, non per sentito dire.
La nostra è una azienda dove principalmente si fa assemblaggio in postazioni attrezzate. Ambiente pulito, luminoso, aria condizionata, ordinato. Certo i ritmi richiesti sono sostenuti, non impossibili ma non da battere la fiacca.
Sicurezza (e relative dotazioni) a livello maniacale.
Ambiente non litigioso e dove se vai a prendere il caffè o fai una battuta nessuno ti riprende.
Nel 70% dei casi si lavora seduti, quasi sempre senza particolari carichi (pesi ecc).
Cerchiamo di applicare la meritocrazia in tutto.
Da sempre per quei tipi di lavoro, molti dei quali non richiedono particolari competenze, per una nostra etica aziendale cerchiamo di inserire giovani alla prima esperienza o con bassa esperienza e competenze nulle (terza media ecc). Questo nella idea di dargli comunque una chance di cominciare e avere qualcosa nel CV. Non usiamo / accettiamo raccomandazioni.
Le assunzioni sono tutte regolari, fatte attraverso le primarie agenzie interinali e non ci sono cose strane, niente straordinari, se non salvo in certi periodi per tutti, nel qual caso regolarmente in busta.
Questo per dire che non saremo i vincitori del "great place to work" ma (e il turn over inesistente lo dimostra) potremmo candidarci.
Ogni tanto, quelli bravi, se ci sono esigenze di personale, vengono passati a termine per poi essere assunti a tempo indeterminato.
Primo problema: per trovare una persona mediamente facciamo almeno 7/8 colloqui su persone già filtrate dall'agenzia.
E notare che la nostra "pretesa" è che dimostri un minimo di voglia di lavorare e non sembri dormire in piedi.
Chi mi segue su twitter ricorda magari qualche perla che ho twittato e che arrivava dai colloqui, tipo "sono venuto via dal precedente lavoro perché oh, c'era da lavorare".
Secondo problema: il tasso di abbandono.
Quest'anno abbiamo aggiunto un record di 45 minuti. Cioè questo alle 8,30 (dopo la mezz'ora di introduzione all'azienda) ha iniziato a lavorare alle 9.15 se ne è andato perché "non stava bene" e non è mai rientrato.
Nella maggior parte dei casi la motivazione è quella sopra "c'è da lavorare", seguita dal "pensavo fosse diverso".
Tralasciando quelli che lavorano con una mano sola, semi-sdraiati sul banco di lavoro o usando l'altra per sostenere la testa (quelli li lasciamo a casa noi).
Io sinceramente non so cosa si aspettino ma credo che "lavorare" abbia un preciso significato, diverso da "ti paghiamo per stare lì seduto".
In qualche caso è venuta la mamma a lamentarsi che il figlio arrivava la sera a casa stanco.
Tralascio per carità di patria l'assenteismo del lunedì mattina per le storte del week end.
Va detto che ci sono anche alcuni casi di persone che quando sanno che entriamo in stagione vanno in agenzia a dire che sono liberi e verrebbero volentieri da noi.
Ne abbiamo parlato molto, ultimamente, increduli che in una situazione economica come l'attuale, nonostante tutto sia più comodo stare a casa mantenuti dai genitori che lavorare.
Alla fine la decisione presa è stata "alziamo l'età". Andando a prendere gente un po' più "vecchia" che ha le bollette da pagare, che ha lavorato in altri posti (e quindi magari apprezza di più la nostra azienda) che ha maggiori responsabilità. In qualche caso (siamo gente strana noi stessi) magari un po' strani e che in una azienda tradizionale guarderebbero di traverso.
Le cose sono decisamente migliorate.
Ma il disagio che provo dentro nel vedere dei ragazzi così distanti da quella che è la vita reale, non quella della TV o dei giochi, è un tarlo che mi porto dentro e mi fa molto male.
re-edit:
Come sempre a fianco di queste situazioni ci sono molti ragazzi bravi che si impegnano (che se no sembra sempre che ce l'ho con tutti).
E va detto che anche fra i cinquantenni miei coetanei conosco molta gente che ha voglia di far nulla o si "arrangia" nel sottobosco.
Magari, come noi, per esigenze prettamente stagionali e per periodi brevi di 4/6 mesi.
Non un lavoro a vita, ma, credo, se uno davvero vuole lavorare, meglio di nulla.
Parlo di esperienza vissuta direttamente, non per sentito dire.
La nostra è una azienda dove principalmente si fa assemblaggio in postazioni attrezzate. Ambiente pulito, luminoso, aria condizionata, ordinato. Certo i ritmi richiesti sono sostenuti, non impossibili ma non da battere la fiacca.
Sicurezza (e relative dotazioni) a livello maniacale.
Ambiente non litigioso e dove se vai a prendere il caffè o fai una battuta nessuno ti riprende.
Nel 70% dei casi si lavora seduti, quasi sempre senza particolari carichi (pesi ecc).
Cerchiamo di applicare la meritocrazia in tutto.
Da sempre per quei tipi di lavoro, molti dei quali non richiedono particolari competenze, per una nostra etica aziendale cerchiamo di inserire giovani alla prima esperienza o con bassa esperienza e competenze nulle (terza media ecc). Questo nella idea di dargli comunque una chance di cominciare e avere qualcosa nel CV. Non usiamo / accettiamo raccomandazioni.
Le assunzioni sono tutte regolari, fatte attraverso le primarie agenzie interinali e non ci sono cose strane, niente straordinari, se non salvo in certi periodi per tutti, nel qual caso regolarmente in busta.
Questo per dire che non saremo i vincitori del "great place to work" ma (e il turn over inesistente lo dimostra) potremmo candidarci.
Ogni tanto, quelli bravi, se ci sono esigenze di personale, vengono passati a termine per poi essere assunti a tempo indeterminato.
Primo problema: per trovare una persona mediamente facciamo almeno 7/8 colloqui su persone già filtrate dall'agenzia.
E notare che la nostra "pretesa" è che dimostri un minimo di voglia di lavorare e non sembri dormire in piedi.
Chi mi segue su twitter ricorda magari qualche perla che ho twittato e che arrivava dai colloqui, tipo "sono venuto via dal precedente lavoro perché oh, c'era da lavorare".
Secondo problema: il tasso di abbandono.
Quest'anno abbiamo aggiunto un record di 45 minuti. Cioè questo alle 8,30 (dopo la mezz'ora di introduzione all'azienda) ha iniziato a lavorare alle 9.15 se ne è andato perché "non stava bene" e non è mai rientrato.
Nella maggior parte dei casi la motivazione è quella sopra "c'è da lavorare", seguita dal "pensavo fosse diverso".
Tralasciando quelli che lavorano con una mano sola, semi-sdraiati sul banco di lavoro o usando l'altra per sostenere la testa (quelli li lasciamo a casa noi).
Io sinceramente non so cosa si aspettino ma credo che "lavorare" abbia un preciso significato, diverso da "ti paghiamo per stare lì seduto".
In qualche caso è venuta la mamma a lamentarsi che il figlio arrivava la sera a casa stanco.
Tralascio per carità di patria l'assenteismo del lunedì mattina per le storte del week end.
Va detto che ci sono anche alcuni casi di persone che quando sanno che entriamo in stagione vanno in agenzia a dire che sono liberi e verrebbero volentieri da noi.
Ne abbiamo parlato molto, ultimamente, increduli che in una situazione economica come l'attuale, nonostante tutto sia più comodo stare a casa mantenuti dai genitori che lavorare.
Alla fine la decisione presa è stata "alziamo l'età". Andando a prendere gente un po' più "vecchia" che ha le bollette da pagare, che ha lavorato in altri posti (e quindi magari apprezza di più la nostra azienda) che ha maggiori responsabilità. In qualche caso (siamo gente strana noi stessi) magari un po' strani e che in una azienda tradizionale guarderebbero di traverso.
Le cose sono decisamente migliorate.
Ma il disagio che provo dentro nel vedere dei ragazzi così distanti da quella che è la vita reale, non quella della TV o dei giochi, è un tarlo che mi porto dentro e mi fa molto male.
re-edit:
Come sempre a fianco di queste situazioni ci sono molti ragazzi bravi che si impegnano (che se no sembra sempre che ce l'ho con tutti).
E va detto che anche fra i cinquantenni miei coetanei conosco molta gente che ha voglia di far nulla o si "arrangia" nel sottobosco.
mercoledì 21 marzo 2012
Lavoro e imprese
Giustamente il governo interviene su uno dei grandi problemi del nostro paese: il lavoro.
Giustamente lo fa da Governo. Senza sottostare a veti vari incrociati che da sempre sono proprio quelli che bloccano il paese, ivi compresi quelli della mia parte, Confindustria.
Ci sono però, visti dalla plancia di comando della nave che naviga nella tempesta due problemi fondamentali:
A maggiore ragione in un momento di crisi intervengono la scarsità di posti di lavoro che portano qualcuno ad approfittarsene e la scarsità di lavoro per le aziende che costringe a sfruttare ogni cosa, spesso anche border line per diminuire i costi.
Ci sono settori come facchinaggio, servizi alla persona, pulizie dove, a fronte di una professionalità necessaria nulla, il costo del lavoro è quasi l'unico costo.
Non a caso in questi settori gli abusi di cooperative e contratti atipici sono esplosi.
Spesso a causa dello Stato stesso che fa appalti al massimo ribasso e poi non paga regolarmente, creando situazioni esplosive di persone già sottopagate che neppure ricevono lo stipendio.
Mi chiedo come verranno risolte le questioni delle aziende che lavorano con appalti stracciati per lo Stato e che secondo le nuove regole andrebbero pesantemente bastonate.
C'è poi tutta una fascia dove invece è necessaria una buona professionalità ma non vi è continuità di lavoro. Mi viene in mente tutto il settore start up web, informatica, ricerca.
In questo caso la partita iva è a volte una scelta del collaboratore stesso, perché in periodi di lavoro scarso può lavorare per altri, spesso perché comunque molti dei lavoratori del settore non amano la rigidità dell'essere dipendenti (orari, subordinazione).
In altri casi è la società stessa che cerca di mantenere flessibilità e abbassare il costo del lavoro il più possibile.
L'idea che arrivi in azienda l'INPS a fare le pulci e decida che i dipendenti sono trasformati a tempo indeterminato (spero in questo caso senza sanzioni retroattive per l'azienda) che lo desiderino o no, badate bene, è una bomba a mano messa nella sede della società. Che in moltissimi casi potrebbe lasciarci le penne.
In informatica va anche considerato che purtroppo le cose cambiano talmente velocemente che una azienda può cambiare e spostarsi tra varie tecnologie e necessità con cambiamenti che richiedono forti cambiamenti nel personale.
Un dipendente con posto fisso che non si aggiorna e si "siede", intanto è garantito, in aziende con pochi dipendenti diventa una palla al piede terribile. Un consulente può o cercarsi lavoro in un altro posto dove hanno necessità della sua professionalità o è incentivato ad aggiornarsi.
Voglio poi vedere il testo per il discorso somministrazione e contratti a termine, ma spero si ricordino che ci sono aziende che fanno prodotti stagionali (Panettoni, uova di Pasqua, gelati, vivai, agricoltura) e che hanno strutturalmente la necessità di prendere persone stagionali.
Penalizzarle o irrigidirle significa minarne la competitività.
Per quanto riguarda i licenziamenti non so quante volte ho detto, con mille altri, che l'obiettivo delle aziende non è licenziare. Ogni licenziamento è un piccolo fallimento personale, perché non si ha più il lavoro o perché non si è stati in grado di scegliere la persona giusta.
Con quello che costa nella complessità odierna (ho detto che le basse professionalità sono già sfruttate con modi diversi) formare un collaboratore perché lavori bene con tempi e qualità adeguati, le aziende usano il licenziamento come estrema soluzione.
Basta guardare quanto, in questi anni di crisi, le aziende abbiano sfruttato fino all'ultimo la cassa integrazione per tenere il personale. Ad onor del vero ci sono casi di aziende decotte dove la CIS è voluta dal sindacato ma quello è stato eliminato nella riforma.
Il problema non è mai stato licenziare, i modi e i motivi si trovano.
Il problema (che è irrisolto e assegnato alla riforma della giustizia) sono sempre stati i giudici e i tempi.
L'applicazione delle leggi è sempre stata "proteggere il lavoratore contro l'azienda cattiva".
Gli esempi si sprecano, dai ladri dei bagagli di Malpensa reintegrati all'artigiano che il giudice ha fatto assumere come dipendente a tempo indeterminato in quanto mono committente.
Quando le aziende fanno i conteggi di costo-opportunità ad oggi avevano come spada di damocle la durata del processo (e il fatto che spesso il dipendente avviava la causa dopo un anno per alzare la posta degli arretrati) e il reintegro.
Oggi in parte con una sanzione economica minima e massima, mentre il reintegro c'è solo in caso di discriminazione questo è in parte risolto.
Il problema nasce dalle mensilità fissate come minimo e massimo di indennizzo per i licenziamenti.
Quando si fa una trattativa, infatti, queste diventano la base.
Sia il lavoratore che il datore di lavoro hanno tutto l'interesse a trovare un accordo preventivo per una uscita morbida e un conto è partire da un massimo di 6 mesi e uno da 15.
Una cosa che non ho capito è se questa indennità sarà proporzionale agli anni lavorati.
L'atteggiamento dei giudici di cui si parlava è un grande problema per le aziende.
Che sanno già che probabilmente il dipendente (favorito dall'orientamento dei giudici) avvierà la causa di lavoro: se esiste il minimo appiglio per licenziamento discriminatorio, altrimenti per licenziamento ingiusto.
Fare una offerta per una uscita soft comporta usare (nell'ambito delle valutazioni del rischio di causa) come base gli indennizzi di legge.
Che sono costosissimi per le piccole imprese o una start up.
Insomma tutta la riforma è da leggere bene, ma credo che il primo impatto saranno ulteriori problemi per le assunzioni.
L'esatto opposto dell'obiettivo che ci si era posti.
Con una fortissima ed estrema attenzione oltretutto ai contratti non a tempo indeterminato che saranno anche precari ma almeno sono una occasione.
Temo fortemente che molte delle attività a quel punto verranno subappaltate, magari all'estero se possibile (pensate a tutto lo sviluppo web).
Giustamente lo fa da Governo. Senza sottostare a veti vari incrociati che da sempre sono proprio quelli che bloccano il paese, ivi compresi quelli della mia parte, Confindustria.
Ci sono però, visti dalla plancia di comando della nave che naviga nella tempesta due problemi fondamentali:
- la visione dirigistica dello "Stato etico" che vede, provvede e sa cosa è giusto
- l'applicazione poi sul campo, nel lavoro di tutti i giorni delle leggi (soprattutto da parte dei giudici)
A maggiore ragione in un momento di crisi intervengono la scarsità di posti di lavoro che portano qualcuno ad approfittarsene e la scarsità di lavoro per le aziende che costringe a sfruttare ogni cosa, spesso anche border line per diminuire i costi.
Ci sono settori come facchinaggio, servizi alla persona, pulizie dove, a fronte di una professionalità necessaria nulla, il costo del lavoro è quasi l'unico costo.
Non a caso in questi settori gli abusi di cooperative e contratti atipici sono esplosi.
Spesso a causa dello Stato stesso che fa appalti al massimo ribasso e poi non paga regolarmente, creando situazioni esplosive di persone già sottopagate che neppure ricevono lo stipendio.
Mi chiedo come verranno risolte le questioni delle aziende che lavorano con appalti stracciati per lo Stato e che secondo le nuove regole andrebbero pesantemente bastonate.
C'è poi tutta una fascia dove invece è necessaria una buona professionalità ma non vi è continuità di lavoro. Mi viene in mente tutto il settore start up web, informatica, ricerca.
In questo caso la partita iva è a volte una scelta del collaboratore stesso, perché in periodi di lavoro scarso può lavorare per altri, spesso perché comunque molti dei lavoratori del settore non amano la rigidità dell'essere dipendenti (orari, subordinazione).
In altri casi è la società stessa che cerca di mantenere flessibilità e abbassare il costo del lavoro il più possibile.
L'idea che arrivi in azienda l'INPS a fare le pulci e decida che i dipendenti sono trasformati a tempo indeterminato (spero in questo caso senza sanzioni retroattive per l'azienda) che lo desiderino o no, badate bene, è una bomba a mano messa nella sede della società. Che in moltissimi casi potrebbe lasciarci le penne.
In informatica va anche considerato che purtroppo le cose cambiano talmente velocemente che una azienda può cambiare e spostarsi tra varie tecnologie e necessità con cambiamenti che richiedono forti cambiamenti nel personale.
Un dipendente con posto fisso che non si aggiorna e si "siede", intanto è garantito, in aziende con pochi dipendenti diventa una palla al piede terribile. Un consulente può o cercarsi lavoro in un altro posto dove hanno necessità della sua professionalità o è incentivato ad aggiornarsi.
Voglio poi vedere il testo per il discorso somministrazione e contratti a termine, ma spero si ricordino che ci sono aziende che fanno prodotti stagionali (Panettoni, uova di Pasqua, gelati, vivai, agricoltura) e che hanno strutturalmente la necessità di prendere persone stagionali.
Penalizzarle o irrigidirle significa minarne la competitività.
Per quanto riguarda i licenziamenti non so quante volte ho detto, con mille altri, che l'obiettivo delle aziende non è licenziare. Ogni licenziamento è un piccolo fallimento personale, perché non si ha più il lavoro o perché non si è stati in grado di scegliere la persona giusta.
Con quello che costa nella complessità odierna (ho detto che le basse professionalità sono già sfruttate con modi diversi) formare un collaboratore perché lavori bene con tempi e qualità adeguati, le aziende usano il licenziamento come estrema soluzione.
Basta guardare quanto, in questi anni di crisi, le aziende abbiano sfruttato fino all'ultimo la cassa integrazione per tenere il personale. Ad onor del vero ci sono casi di aziende decotte dove la CIS è voluta dal sindacato ma quello è stato eliminato nella riforma.
Il problema non è mai stato licenziare, i modi e i motivi si trovano.
Il problema (che è irrisolto e assegnato alla riforma della giustizia) sono sempre stati i giudici e i tempi.
L'applicazione delle leggi è sempre stata "proteggere il lavoratore contro l'azienda cattiva".
Gli esempi si sprecano, dai ladri dei bagagli di Malpensa reintegrati all'artigiano che il giudice ha fatto assumere come dipendente a tempo indeterminato in quanto mono committente.
Quando le aziende fanno i conteggi di costo-opportunità ad oggi avevano come spada di damocle la durata del processo (e il fatto che spesso il dipendente avviava la causa dopo un anno per alzare la posta degli arretrati) e il reintegro.
Oggi in parte con una sanzione economica minima e massima, mentre il reintegro c'è solo in caso di discriminazione questo è in parte risolto.
Il problema nasce dalle mensilità fissate come minimo e massimo di indennizzo per i licenziamenti.
Quando si fa una trattativa, infatti, queste diventano la base.
Sia il lavoratore che il datore di lavoro hanno tutto l'interesse a trovare un accordo preventivo per una uscita morbida e un conto è partire da un massimo di 6 mesi e uno da 15.
Una cosa che non ho capito è se questa indennità sarà proporzionale agli anni lavorati.
L'atteggiamento dei giudici di cui si parlava è un grande problema per le aziende.
Che sanno già che probabilmente il dipendente (favorito dall'orientamento dei giudici) avvierà la causa di lavoro: se esiste il minimo appiglio per licenziamento discriminatorio, altrimenti per licenziamento ingiusto.
Fare una offerta per una uscita soft comporta usare (nell'ambito delle valutazioni del rischio di causa) come base gli indennizzi di legge.
Che sono costosissimi per le piccole imprese o una start up.
Insomma tutta la riforma è da leggere bene, ma credo che il primo impatto saranno ulteriori problemi per le assunzioni.
L'esatto opposto dell'obiettivo che ci si era posti.
Con una fortissima ed estrema attenzione oltretutto ai contratti non a tempo indeterminato che saranno anche precari ma almeno sono una occasione.
Temo fortemente che molte delle attività a quel punto verranno subappaltate, magari all'estero se possibile (pensate a tutto lo sviluppo web).
sabato 18 febbraio 2012
Donne
Nonostante il titolo e il periodo di farfalle e l'opinione che si ha degli imprenditori vorrei parlare di donne e lavoro, sollecitato da Arianna Visentini su twitter a seguito di un suo articolo su La Voce. Pensavate parlassi di gnocca eh? Beh, abbandonate pure mi è venuto una specie di poema.
Premetto che come sempre sarò poco political correct, come nel mio stile, ma dirò ciò che penso.
In azienda da noi abbiamo parecchie donne, sia in produzione (anche se dei cambiamenti di produzione le hanno fatte diminuire rispetto al passato) sia in ufficio.
Siamo una azienda che tende ad inserire persone giovani quando può quindi ciò vale anche per le donne.
Tempo fa, per questo, siamo arrivati ad avere 4 donne in maternità (su poco più di 50 dipendenti, non su 500) con tutti i problemi che ciò comporta (un paio nello stesso settore).
Non ci siamo mai posti grossi problemi di "genere" anche se in certi lavori magari tendiamo ad avere "preferenze" per un genere. Alcuni lavori produttivi abbiamo visto che per necessità fisiche proprio le donne non riescono a farli, in altri preferiamo le donne perché magari più adatte (piccoli assemblaggi).
In ufficio abbiamo un mix e se forse è un po' scontato nelle funzioni è perché le persone che ci sono capitate e abbiamo considerato adatte alla posizione erano "scontate".
Assumiamo le persone se le consideriamo adatte alla posizione, fregandocene abbastanza del contorno, per capirci fra uno bravo e uno meno bravo in mobilità (si risparmierebbe) prendiamo quello (per noi) migliore.
Non abbiamo stagisti, le poche volte che li abbiamo avuti facevano gli stagisti, non gli impiegati, cercando di insegnargli qualcosa. Usiamo abbastanza gli interinali ma per i picchi produttivi o esigenze in ufficio temporanee. Molti entrai come interinali sono assunti a tempo indeterminato.
Fatte le doverose premesse per inquadrare "l'ambiente" un po' di mie esperienze sul tema (senza pretesa che siano significative).
Problema principe: la maternità.
Per una azienda come la nostra è una gran rottura di palle. Le persone lavorano in grande autonomia usando sistemi informatici ampi e a tratti complessi, seguendo tutto il processo (per dire alle vendite uno segue dall'offerta all'emissione fattura, tutto il ciclo) cosa che necessita di parecchia formazione ed esperienza.
Quindi la mancanza di una persona per maternità la rende non immediatamente e facilmente sostituibile, siamo anche in pochi e spesso certe attività sono seguite da singola persona, c'è un backup ma è un backup non certo in grado di svolgere il tutto al meglio (e ha già le sue cose da fare).
Alcune hanno lavorato come se niente fosse fino all'ultimo e sono rientrate il prima possibile, alcune hanno sfruttato tutto lo sfruttabile. Ci sta, non tutti siamo uguali e alcuni hanno la tendenza a vedere l'azienda come un qualcosa da "sfruttare", tipo "stare a casa è un mio diritto".
Da parte nostra offriamo già normalmente (non in produzione per problemi organizzativi) l'orario flessibile (+ o - 1 ora) e aumentiamo la flessibilità specialmente per i primi periodi facendo scegliere alla neo mamma gli orari in base alle sue necessità.
Non abbiamo telelavoro (mai approfondito, nessuno in verità ce lo ha chiesto) anche se in qualche caso alla "mamma" abbiamo dato un portatile e qualcosa lo faceva da casa saltuariamente. Non so se riusciremmo ad organizzarlo anche per la necessità di linee di connessione adeguate.
Il rientro, con le nostre velocità di cambiamento è indolore per chi sta via poco, molto più complesso se l'assenza è quella "lunga".
Poi, a dirla tutta, moltissimo del post maternità deriva dalla mamma.
Abbiamo casi nei quali è tornata con rinnovato impegno ed è più produttiva di prima.
Abbiamo casi nei quali è chiaro che il maggiore interesse della mamma è fare la mamma e il lavoro è un "di più". Ma lo ripeto, ci sta.
In un un paio di casi, per scelta (in un caso si era nel frattempo trasferito il marito) le neo-mamme hanno rinunciato al lavoro. Ma l'incidenza per noi è bassissima.
Ultimamente abbiamo notato una molto maggiore influenza di assenze di neo-papà che danno una mano a mamma a tenere il lavoro e se il figlio è malato, da quanto ho capito, fanno metà giornata loro e metà la mamma.
Non è proprio nella nostra mentalità anche solo immaginare di avere le lettere di dimissioni in bianco o stronzate simili.
Certo è che per le piccolissime aziende italiane, spesso con una impiegata che fa tutto se questa va in maternità la cosa causa problemi organizzativi.
Sul medio termine però, una donna con i figli è soddisfatta è tutto sommato, secondo me, forse più equilibrata.
Va detto che purtroppo ultimamente sono in forte aumento le separazioni e se avviene con i figli piccoli spesso causa problemi abbastanza rilevanti.
Stipendi
Da noi non mi pare ci siano particolari differenze di stipendio, escluse due o tre persone "tecniche" la persona con stipendio più alto è una donna.
E in produzione le donne forse hanno stipendi leggermente più alti dei colleghi.
Part time
Ne abbiamo in produzione, ne abbiamo avuti in ufficio.
In ufficio non lo amo particolarmente, mi causava problemi organizzativi: per le riunioni avevi orari che non si potevano utilizzare, gli esterni che avevano bisogno della persona non avevano le risposte immediatamente come sono abituati. La fluidità del lavoro ne risentiva un po'.
Ma probabilmente dipende molto anche dalla posizione, in altre avrebbe impattato meno (ed effettivamente ha impattato meno il discorso allattamento, simile al part time, per alcune).
Asilo e servizi
Siamo una azienda troppo piccola per potere avviare progetti di asilo interno, ho cercato qualcuno nei dintorni interessato ma i miei colleghi non paiono sentirci molto.
Da quello che vedo moltissimi ancora si affidano alla nonna, qualcuno a nido e asilo ma con qualche problema mitigato solo dall'orario flessibile.
Donne sul lavoro
Chiudo con una cosa che non piacerà a molti.
Le donne sono il peggior nemico delle donne sul lavoro.
Troppo spesso vanno in competizione più contro le colleghe che contro i colleghi.
E troppo spesso sono il maggiore ostacolo alla promozione delle colleghe.
Gli uomini in genere hanno una competizione che è limitata e sfocia poi nel cameratismo, le donne troppo spesso mettono le cose sul piano personale (non professionale) e "se la legano al dito".
La mia esperienza dice che è molto più problematico mantenere un ambiente equilibrato in presenza di molte donne piuttosto che fra gli uomini.
Alla fine mi è venuto fuori un poema. Con poche proposte oltretutto.
Ma forse la proposta maggiore è rinchiusa nell'ultima parte.
Che le donne, se vogliono sfondare quel tetto di cristallo, devono imparare a non essere competitive contro le altre donne ma cercare di coalizzarsi.
Premetto che come sempre sarò poco political correct, come nel mio stile, ma dirò ciò che penso.
In azienda da noi abbiamo parecchie donne, sia in produzione (anche se dei cambiamenti di produzione le hanno fatte diminuire rispetto al passato) sia in ufficio.
Siamo una azienda che tende ad inserire persone giovani quando può quindi ciò vale anche per le donne.
Tempo fa, per questo, siamo arrivati ad avere 4 donne in maternità (su poco più di 50 dipendenti, non su 500) con tutti i problemi che ciò comporta (un paio nello stesso settore).
Non ci siamo mai posti grossi problemi di "genere" anche se in certi lavori magari tendiamo ad avere "preferenze" per un genere. Alcuni lavori produttivi abbiamo visto che per necessità fisiche proprio le donne non riescono a farli, in altri preferiamo le donne perché magari più adatte (piccoli assemblaggi).
In ufficio abbiamo un mix e se forse è un po' scontato nelle funzioni è perché le persone che ci sono capitate e abbiamo considerato adatte alla posizione erano "scontate".
Assumiamo le persone se le consideriamo adatte alla posizione, fregandocene abbastanza del contorno, per capirci fra uno bravo e uno meno bravo in mobilità (si risparmierebbe) prendiamo quello (per noi) migliore.
Non abbiamo stagisti, le poche volte che li abbiamo avuti facevano gli stagisti, non gli impiegati, cercando di insegnargli qualcosa. Usiamo abbastanza gli interinali ma per i picchi produttivi o esigenze in ufficio temporanee. Molti entrai come interinali sono assunti a tempo indeterminato.
Fatte le doverose premesse per inquadrare "l'ambiente" un po' di mie esperienze sul tema (senza pretesa che siano significative).
Problema principe: la maternità.
Per una azienda come la nostra è una gran rottura di palle. Le persone lavorano in grande autonomia usando sistemi informatici ampi e a tratti complessi, seguendo tutto il processo (per dire alle vendite uno segue dall'offerta all'emissione fattura, tutto il ciclo) cosa che necessita di parecchia formazione ed esperienza.
Quindi la mancanza di una persona per maternità la rende non immediatamente e facilmente sostituibile, siamo anche in pochi e spesso certe attività sono seguite da singola persona, c'è un backup ma è un backup non certo in grado di svolgere il tutto al meglio (e ha già le sue cose da fare).
Alcune hanno lavorato come se niente fosse fino all'ultimo e sono rientrate il prima possibile, alcune hanno sfruttato tutto lo sfruttabile. Ci sta, non tutti siamo uguali e alcuni hanno la tendenza a vedere l'azienda come un qualcosa da "sfruttare", tipo "stare a casa è un mio diritto".
Da parte nostra offriamo già normalmente (non in produzione per problemi organizzativi) l'orario flessibile (+ o - 1 ora) e aumentiamo la flessibilità specialmente per i primi periodi facendo scegliere alla neo mamma gli orari in base alle sue necessità.
Non abbiamo telelavoro (mai approfondito, nessuno in verità ce lo ha chiesto) anche se in qualche caso alla "mamma" abbiamo dato un portatile e qualcosa lo faceva da casa saltuariamente. Non so se riusciremmo ad organizzarlo anche per la necessità di linee di connessione adeguate.
Il rientro, con le nostre velocità di cambiamento è indolore per chi sta via poco, molto più complesso se l'assenza è quella "lunga".
Poi, a dirla tutta, moltissimo del post maternità deriva dalla mamma.
Abbiamo casi nei quali è tornata con rinnovato impegno ed è più produttiva di prima.
Abbiamo casi nei quali è chiaro che il maggiore interesse della mamma è fare la mamma e il lavoro è un "di più". Ma lo ripeto, ci sta.
In un un paio di casi, per scelta (in un caso si era nel frattempo trasferito il marito) le neo-mamme hanno rinunciato al lavoro. Ma l'incidenza per noi è bassissima.
Ultimamente abbiamo notato una molto maggiore influenza di assenze di neo-papà che danno una mano a mamma a tenere il lavoro e se il figlio è malato, da quanto ho capito, fanno metà giornata loro e metà la mamma.
Non è proprio nella nostra mentalità anche solo immaginare di avere le lettere di dimissioni in bianco o stronzate simili.
Certo è che per le piccolissime aziende italiane, spesso con una impiegata che fa tutto se questa va in maternità la cosa causa problemi organizzativi.
Sul medio termine però, una donna con i figli è soddisfatta è tutto sommato, secondo me, forse più equilibrata.
Va detto che purtroppo ultimamente sono in forte aumento le separazioni e se avviene con i figli piccoli spesso causa problemi abbastanza rilevanti.
Stipendi
Da noi non mi pare ci siano particolari differenze di stipendio, escluse due o tre persone "tecniche" la persona con stipendio più alto è una donna.
E in produzione le donne forse hanno stipendi leggermente più alti dei colleghi.
Part time
Ne abbiamo in produzione, ne abbiamo avuti in ufficio.
In ufficio non lo amo particolarmente, mi causava problemi organizzativi: per le riunioni avevi orari che non si potevano utilizzare, gli esterni che avevano bisogno della persona non avevano le risposte immediatamente come sono abituati. La fluidità del lavoro ne risentiva un po'.
Ma probabilmente dipende molto anche dalla posizione, in altre avrebbe impattato meno (ed effettivamente ha impattato meno il discorso allattamento, simile al part time, per alcune).
Asilo e servizi
Siamo una azienda troppo piccola per potere avviare progetti di asilo interno, ho cercato qualcuno nei dintorni interessato ma i miei colleghi non paiono sentirci molto.
Da quello che vedo moltissimi ancora si affidano alla nonna, qualcuno a nido e asilo ma con qualche problema mitigato solo dall'orario flessibile.
Donne sul lavoro
Chiudo con una cosa che non piacerà a molti.
Le donne sono il peggior nemico delle donne sul lavoro.
Troppo spesso vanno in competizione più contro le colleghe che contro i colleghi.
E troppo spesso sono il maggiore ostacolo alla promozione delle colleghe.
Gli uomini in genere hanno una competizione che è limitata e sfocia poi nel cameratismo, le donne troppo spesso mettono le cose sul piano personale (non professionale) e "se la legano al dito".
La mia esperienza dice che è molto più problematico mantenere un ambiente equilibrato in presenza di molte donne piuttosto che fra gli uomini.
Alla fine mi è venuto fuori un poema. Con poche proposte oltretutto.
Ma forse la proposta maggiore è rinchiusa nell'ultima parte.
Che le donne, se vogliono sfondare quel tetto di cristallo, devono imparare a non essere competitive contro le altre donne ma cercare di coalizzarsi.
lunedì 5 settembre 2011
Cancellazioni multiple
Il governo aveva cancellato l'articolo 18 inserendo l'arbitrato.
Adesso ri-cancella l'articolo 18 inserendo una norma (che non ho letto, non vale la pena di perdere tempo dietro a norme che durano lo spazio di una mattina nella "manovra") che permette "di licenziare con l'accordo dei sindacati".
Tutto fumo negli occhi e pubblicità gratuita allo sciopero di domani.
Licenziare con l'accordo dei sindacati si può, da sempre.
Basta chiederlo alle migliaia di lasciati a casa per ristrutturazioni, chiusure aziendali ecc con l'accordo sindacale.
E in Italia la nostra legislazione rende più facile licenziare 2000 persone che una.
Non a caso, nel caso uno volesse licenziare una o due persone il metodo migliore è il seguente:
Incontrare i sindacati e dire in sequenza (immaginate che il sindacato dica "no trattiamo" ogni volta).
Adesso ri-cancella l'articolo 18 inserendo una norma (che non ho letto, non vale la pena di perdere tempo dietro a norme che durano lo spazio di una mattina nella "manovra") che permette "di licenziare con l'accordo dei sindacati".
Tutto fumo negli occhi e pubblicità gratuita allo sciopero di domani.
Licenziare con l'accordo dei sindacati si può, da sempre.
Basta chiederlo alle migliaia di lasciati a casa per ristrutturazioni, chiusure aziendali ecc con l'accordo sindacale.
E in Italia la nostra legislazione rende più facile licenziare 2000 persone che una.
Non a caso, nel caso uno volesse licenziare una o due persone il metodo migliore è il seguente:
Incontrare i sindacati e dire in sequenza (immaginate che il sindacato dica "no trattiamo" ogni volta).
- chiudo la fabbrica
- allora devo ridurre il personale del 50%
- no guardate così non ce la faccio ad andare avanti ne licenzio 15
- almeno 10 dovete farmeli licenziare
- ok allora due ma decido io chi
L'impresa ottiene il risultato e il sindacato andrà in giro a bullarsi di avere salvato x posti di lavoro.
E senza articolo 18 come farebbe a difendere il singolo scansafatiche (che anche i colleghi vorrebbero licenziare?) e a far finta di fare il suo lavoro?
A scanso di equivoci per il 90% delle imprese, quelle oneste (le disoneste lo sono su tutto), licenziare una persona è una sconfitta e un costo. Sconfitta perché non hai saputo crescere per dare lavoro a tutti o non hai saputo tenere aggiornata la persona, costo perché licenzi una persona che, poco o tanto, hai formato.
venerdì 22 luglio 2011
Di chi la colpa
Ho il massimo rispetto per la sicurezza sul lavoro e sono un maniaco in azienda di queste cose.
E considero ogni piccolo incidente che avviene nelle aziende una sconfitta di tutti.
Però bisognerebbe, ogni tanto, con il massimo rispetto per chi subisce gli incidenti, cercare anche di vedere di chi sono le responsabilità.
Leggo oggi sul Corriere della Sera di 4 morti sul lavoro.
Molti, troppi.
Poi leggo l'articolo e 3 su 4 sono incidenti dovuti alla persona che è deceduta: incidenti di guida per una caduta con un camion in un precipizio, per essere andato a sbattere con un muletto (e sapeste quante volte si richiamano i mulettisti per velocità non adeguate al contesto) e uno per il solito ribaltamento col trattore, evidentemente vecchio visto che tutti i nuovi hanno la struttura antiribaltamento (ma poi vanno tenute le cinture di sicurezza).
Il quarto caso è qualcosa che nessuna azienda potrà mai evitare, se la procedura di sicurezza prevede che per effettuare manutenzione va staccata la corrente (e così è per ogni macchinario) se chi interviene non lo fa come può l'azienda tutelarlo?
Se poi arriva il collega e fa partire la macchina senza controllare ancora peggio.
Insomma il problema esiste, ed è molto grave, ma occorre che tutti, per primi i lavoratori (e l'azienda attraverso prevenzione e formazione) lavorino con un occhio alla sicurezza.
Perché questa è una battaglia che va combattuta tutti assieme e non con le contrapposizioni.
E considero ogni piccolo incidente che avviene nelle aziende una sconfitta di tutti.
Però bisognerebbe, ogni tanto, con il massimo rispetto per chi subisce gli incidenti, cercare anche di vedere di chi sono le responsabilità.
Leggo oggi sul Corriere della Sera di 4 morti sul lavoro.
Molti, troppi.
Poi leggo l'articolo e 3 su 4 sono incidenti dovuti alla persona che è deceduta: incidenti di guida per una caduta con un camion in un precipizio, per essere andato a sbattere con un muletto (e sapeste quante volte si richiamano i mulettisti per velocità non adeguate al contesto) e uno per il solito ribaltamento col trattore, evidentemente vecchio visto che tutti i nuovi hanno la struttura antiribaltamento (ma poi vanno tenute le cinture di sicurezza).
Il quarto caso è qualcosa che nessuna azienda potrà mai evitare, se la procedura di sicurezza prevede che per effettuare manutenzione va staccata la corrente (e così è per ogni macchinario) se chi interviene non lo fa come può l'azienda tutelarlo?
Se poi arriva il collega e fa partire la macchina senza controllare ancora peggio.
Insomma il problema esiste, ed è molto grave, ma occorre che tutti, per primi i lavoratori (e l'azienda attraverso prevenzione e formazione) lavorino con un occhio alla sicurezza.
Perché questa è una battaglia che va combattuta tutti assieme e non con le contrapposizioni.
giovedì 19 maggio 2011
Scavare buche riempire buche
A volte ho l'impressione che la profonda ignoranza economica che abbiano in Italia (che non lo dico io che ignorante sono, avendo la terza media, ma lo dicono i maggiori siti economici) sia particolarmente evidente sul discorso lavoro.
Spesso sentiamo che bisogna dare "un lavoro" e delle prospettive ai giovani.
Si proprio così "un lavoro", generico, perché abbiano "uno stipendio" e possano farsi una famiglia.
Ci vedo due problemi principali.
Il primo è che lavoro, visto che poi molti lavori i giovani non li vogliono fare.
E che ognuno di noi ha giustamente delle aspirazioni e vorrebbe, credo, un lavoro che gli piaccia almeno un po' perché andare a lavorare non sia una condanna al carcere a vita.
La seconda, legata appunto alla ignoranza economica, è il come si forma il reddito.
Sarebbe bello se tutto potesse funzionare alla Keynes per cui basta pagare due squadre una che scava le buche e l'altra che le riempie per dare un lavoro a tutti.
Nel breve periodo può funzionare (e l'aumento di spesa pubblica è sempre un buon salvagente) ma alla fine chi paga?
Come ben capite se pagare le persone anche tassando i due gruppi al 50% non ce la farei a pagarli, ogni mese dovrei finanziare lo stipendio netto.
Si perché è vero che i dipendenti pubblici pagano le tasse, ma è un formalismo per correttezza generale, il loro stipendio per lo stato è un costo (il netto).
Ci vuole qualcuno che paghi le tasse e sia fuori dal giro della pubblica amministrazione.
I pirla come me (vale anche per i professionisti) che creano un prodotto o un servizio, danno lavoro e magari lo vendono nel mondo facendo arrivare in Italia anche un bel po' di soldi dall'estero.
E alla fine le mie tasse le paga un americano o un tedesco acquistando i prodotti. Come io pago pro quota le sue acquistando una automobile o un elettrodomestico ecc.
Ma pago le tasse se riesco a mantenere in equilibrio e competitiva la mia azienda.
Quindi non è che se mi servono 10 persone ne posso avere 15, non pagherei tasse e alla fine probabilmente fallirei. (mentre se sono una bella conglomerata pubblica tipo municipalizzata posso anche avere persone in più, tanto pagano i (tar)tassati).
Non solo, ma ho bisogno gente in gamba, motivata, capace di fare il suo lavoro, quindi offro quel lavoro e non "un lavoro".
Quindi, facendo il mio lavoro, io la mia parte la faccio.
Se la spesa pubblica è un palliativo di breve durata, certi lavori non si vogliono fare e non si può pretendere dagli altri più di quello che già fanno, esiste la quarta via.
Muovere le sante chiappette e crearsi il lavoro.
E non ditemi che:
Spesso sentiamo che bisogna dare "un lavoro" e delle prospettive ai giovani.
Si proprio così "un lavoro", generico, perché abbiano "uno stipendio" e possano farsi una famiglia.
Ci vedo due problemi principali.
Il primo è che lavoro, visto che poi molti lavori i giovani non li vogliono fare.
E che ognuno di noi ha giustamente delle aspirazioni e vorrebbe, credo, un lavoro che gli piaccia almeno un po' perché andare a lavorare non sia una condanna al carcere a vita.
La seconda, legata appunto alla ignoranza economica, è il come si forma il reddito.
Sarebbe bello se tutto potesse funzionare alla Keynes per cui basta pagare due squadre una che scava le buche e l'altra che le riempie per dare un lavoro a tutti.
Nel breve periodo può funzionare (e l'aumento di spesa pubblica è sempre un buon salvagente) ma alla fine chi paga?
Come ben capite se pagare le persone anche tassando i due gruppi al 50% non ce la farei a pagarli, ogni mese dovrei finanziare lo stipendio netto.
Si perché è vero che i dipendenti pubblici pagano le tasse, ma è un formalismo per correttezza generale, il loro stipendio per lo stato è un costo (il netto).
Ci vuole qualcuno che paghi le tasse e sia fuori dal giro della pubblica amministrazione.
I pirla come me (vale anche per i professionisti) che creano un prodotto o un servizio, danno lavoro e magari lo vendono nel mondo facendo arrivare in Italia anche un bel po' di soldi dall'estero.
E alla fine le mie tasse le paga un americano o un tedesco acquistando i prodotti. Come io pago pro quota le sue acquistando una automobile o un elettrodomestico ecc.
Ma pago le tasse se riesco a mantenere in equilibrio e competitiva la mia azienda.
Quindi non è che se mi servono 10 persone ne posso avere 15, non pagherei tasse e alla fine probabilmente fallirei. (mentre se sono una bella conglomerata pubblica tipo municipalizzata posso anche avere persone in più, tanto pagano i (tar)tassati).
Non solo, ma ho bisogno gente in gamba, motivata, capace di fare il suo lavoro, quindi offro quel lavoro e non "un lavoro".
Quindi, facendo il mio lavoro, io la mia parte la faccio.
Se la spesa pubblica è un palliativo di breve durata, certi lavori non si vogliono fare e non si può pretendere dagli altri più di quello che già fanno, esiste la quarta via.
Muovere le sante chiappette e crearsi il lavoro.
E non ditemi che:
- vi mancano i soldi: per le buone idee di soldi in giro ce ne sono in abbondanza (rinunciando al controllo naturalmente)
- è rischioso (a me lo dite? perché io non rischio?)
- è difficile ed impegnativo: certo, ma allora smettete di sputare su chi non crea abbastanza lavoro
venerdì 21 gennaio 2011
Il tempo aggiusta tutto
Anche se la mia esperienza attuale a dire la verità non dice la stessa cosa (il tempo aggiusta tutto quello che affronti).
Ricordo la "battaglia di civiltà" per lavorare 35 ore, portata avanti con duri scontri.
Oggi chi ha fatto quella scelta torna indietro, perché, purtroppo, il salario non è una variabile indipendente.
E senza imprese competitive non c'è lavoro.
Naturalmente va rilevato come negli altri paesi ci si muova per affrontare i problemi, mentre qui da noi il problema son le puttanelle.
Ricordo la "battaglia di civiltà" per lavorare 35 ore, portata avanti con duri scontri.
Oggi chi ha fatto quella scelta torna indietro, perché, purtroppo, il salario non è una variabile indipendente.
E senza imprese competitive non c'è lavoro.
Naturalmente va rilevato come negli altri paesi ci si muova per affrontare i problemi, mentre qui da noi il problema son le puttanelle.
lunedì 21 giugno 2010
Siamo tutti allenatori (e imprenditori)
Ciclicamente chi fa il mio mestiere si trova con persone che dicono cosa deve fare, come si deve comportare e lezioncine varie.
Non ultimi, come da commenti di oggi su questi blog, anche "manager" che si vanno allegramente ad aggiungere a politici, sindacalisti e persone della strada.
Dando già per scontato che lo fanno dei dipendenti geni incompresi.
Un po' l'effetto allenatore (di gran moda in questi giorni di mondiali) per il quale abbiamo 50 milioni di commissari tecnici della nazionale e un pirla che non capisce nulla che è stato messo lì (probabilmente perché raccomandato, o leccaculo ecc ecc) a farlo davvero.
Se è così chiaro e semplice fare l'imprenditore, e quelli che lo fanno sono chiaramente degli incapaci, magari lì solo perché figli di papà; perché tutte queste persone non fanno una bella azienda che conquista il mercato ad ampie falcate e fa fallire gli incapaci?
Io vivo di mercato, non ho protezioni di sorta, non abbiamo aiuti di stato e siamo anche tra quei pazzi che pagano le tasse e cercano di comportarsi correttamente.
Oltretutto è una azienda famigliare portata avanti da raccomandati entrati in azienda in quanto parenti del "padrone".
Insomma la schifezza assoluta.
E non ci sono particolari barriere d'ingresso. Basta avere dei buoni tecnici in grado di mettere assieme un progetto (se ce la facciamo noi, via non sarà difficile no?) e due soldini per fare un po' di investimenti.
Dovrebbe essere un gioco da ragazzi.
Eppure vedo gente (manager compresi, anzi per primi) che parla, parla, parla e spara sentenze. Ma che stranamente non si mette a fare l'imprenditore.
Le scuse saranno le solite, "le banche non aiutano", "il mercato è bloccato" ecc ecc, le solite scuse. Se mi lamento io o altri siamo dei lamentosi sempre lì a lagnarsi.
Ma certamente per loro è diverso.
Eppure per un manager capace e con i contatti giusti non sarà difficile far partire in quattro e quattr'otto un'azienda di successo. Cosa ci vuole?
E ci sono tanti manager che l'hanno fatto e ce l'hanno fatta (Colaninno per parlare di uno famoso, faceva il manager di De Benedetti, ma ne conosco molti altri).
Ci sono tante altre persone che ci provano ogni giorno, magari con poche risorse e confidando nelle loro idee, partendo da dipendenti, neppure da dirigenti.
Ma la maggior parte restano allenatori da bar, capaci di parlare davanti ad un caffé corretto grappa e poco più.
Insomma come si dice, al solito "son tutti finocchi col culo degli altri".
Non ultimi, come da commenti di oggi su questi blog, anche "manager" che si vanno allegramente ad aggiungere a politici, sindacalisti e persone della strada.
Dando già per scontato che lo fanno dei dipendenti geni incompresi.
Un po' l'effetto allenatore (di gran moda in questi giorni di mondiali) per il quale abbiamo 50 milioni di commissari tecnici della nazionale e un pirla che non capisce nulla che è stato messo lì (probabilmente perché raccomandato, o leccaculo ecc ecc) a farlo davvero.
Se è così chiaro e semplice fare l'imprenditore, e quelli che lo fanno sono chiaramente degli incapaci, magari lì solo perché figli di papà; perché tutte queste persone non fanno una bella azienda che conquista il mercato ad ampie falcate e fa fallire gli incapaci?
Io vivo di mercato, non ho protezioni di sorta, non abbiamo aiuti di stato e siamo anche tra quei pazzi che pagano le tasse e cercano di comportarsi correttamente.
Oltretutto è una azienda famigliare portata avanti da raccomandati entrati in azienda in quanto parenti del "padrone".
Insomma la schifezza assoluta.
E non ci sono particolari barriere d'ingresso. Basta avere dei buoni tecnici in grado di mettere assieme un progetto (se ce la facciamo noi, via non sarà difficile no?) e due soldini per fare un po' di investimenti.
Dovrebbe essere un gioco da ragazzi.
Eppure vedo gente (manager compresi, anzi per primi) che parla, parla, parla e spara sentenze. Ma che stranamente non si mette a fare l'imprenditore.
Le scuse saranno le solite, "le banche non aiutano", "il mercato è bloccato" ecc ecc, le solite scuse. Se mi lamento io o altri siamo dei lamentosi sempre lì a lagnarsi.
Ma certamente per loro è diverso.
Eppure per un manager capace e con i contatti giusti non sarà difficile far partire in quattro e quattr'otto un'azienda di successo. Cosa ci vuole?
E ci sono tanti manager che l'hanno fatto e ce l'hanno fatta (Colaninno per parlare di uno famoso, faceva il manager di De Benedetti, ma ne conosco molti altri).
Ci sono tante altre persone che ci provano ogni giorno, magari con poche risorse e confidando nelle loro idee, partendo da dipendenti, neppure da dirigenti.
Ma la maggior parte restano allenatori da bar, capaci di parlare davanti ad un caffé corretto grappa e poco più.
Insomma come si dice, al solito "son tutti finocchi col culo degli altri".
mercoledì 16 giugno 2010
Confusione
Secondo me ormai c'è un po' di confusione.
La mia impressione è che i padri costituenti con "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro." intendessero una cosa diversa da quello che pensa la gente.
Secondo me intendevano che la gente deve lavorare, magari in parte anche per lo sviluppo e il bene comune.
Oggi spesso si scambia il "lavoro" con l'avere uno stipendio e cercare di fare il meno possibile. Ci sono anche diversi libri di discreto successo in proposito.
Peccato che lo stipendio sia il corrispettivo del lavoro e della produttività, quindi se il lavoro non è produttivo e non si paga:
PS lo so che la produttività dipende anche dalle scelte aziendali ma l'esperienza mi dice che le persone in gamba e che sanno nuotare sono le prime che abbandonano le barche che fanno acqua.
La mia impressione è che i padri costituenti con "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro." intendessero una cosa diversa da quello che pensa la gente.
Secondo me intendevano che la gente deve lavorare, magari in parte anche per lo sviluppo e il bene comune.
Oggi spesso si scambia il "lavoro" con l'avere uno stipendio e cercare di fare il meno possibile. Ci sono anche diversi libri di discreto successo in proposito.
Peccato che lo stipendio sia il corrispettivo del lavoro e della produttività, quindi se il lavoro non è produttivo e non si paga:
- o nessuno misura e non si capisce bene chi paga
- o troviamo qualcun altro che con il suo lavoro compensa il nostro non lavoro
- o sul medio termine il nostro posto, non produttivo, sparirà
PS lo so che la produttività dipende anche dalle scelte aziendali ma l'esperienza mi dice che le persone in gamba e che sanno nuotare sono le prime che abbandonano le barche che fanno acqua.
giovedì 20 maggio 2010
Tengo famiglia
Anche i sindacalisti tengono famiglia. In particolare figli.
E allora quando è il momento ti telefonano per raccomandarlo.
As usual, vizi privati e (finte) pubbliche virtù.
E allora quando è il momento ti telefonano per raccomandarlo.
As usual, vizi privati e (finte) pubbliche virtù.
venerdì 31 luglio 2009
L'attesa

Il mitico 31 Luglio è arrivato, quest'anno di Venerdì.
Sabato 1 Agosto. Un mito, praticamente.
Da domani l'Italia è (quasi tutta) chiusa per ferie.
Ma il mondo industriale è in attesa, molte domande si accavallano.
Quanti riapriranno a settembre? Quanti torneranno e si troveranno senza un lavoro?
Le aziende (soprattutto le PMI) per la maggior parte, ad oggi, hanno tenuto duro, sfruttando ferie residue, manutenzioni straordinarie, CIG, e ogni trucco per tenersi stretti i collaboratori con tanti sforzi cresciuti e formati.
Ma il gioco non può durare all'infinito.
Molti settori sono stati in caduta libera nell'ultimo semestre. Poi una ripresa piccina piccina.
Ivolumi di un paio di anni fa sono lontanissimi.
E qui sta il problema.
Nella maggior parte dei casi le aziende stanno cercando di capire dove si stabilizzerà la produzione per avviare il processo di adeguamento della struttura ai nuovi volumi produttivi.
Sarà qualcosa di traumatico e doloroso. Con forti implicazioni sociali.
Ed è ciò che ci aspetta al rientro.
Senza contare tutte quelle aziende che hanno proprio finito i soldi e quindi non riusciranno a sopravvivere per asfissia finanziaria.
Questo post partecipa alla campagna "siccome non vado in ferie cerco di rovinarvi le vostre"
martedì 7 luglio 2009
Libertà di movimento

Le colpe dei padri ricadono sui figli.
L'attuale crisi economica, ne abbiamo parlato tante volte, richiede un forte intervento del pubblico nell'economia.
Siamo vicinissimi al disastro sociale che un innalzamento della disoccupazione senza prospettive potrebbe portare.
Quindi proprio in una fase come questa sono facilitate le formiche rispetto alle cicale: velocità di movimento, disponibilità economica sono di grande aiuto.
Ma noi abbiamo già sulle spalle un enorme debito pubblico (gli altri ci stanno raggiungendo con ampie falcate).
E come Atlante, schiacciati dal peso, ci muoviamo lentamente e speriamo di venircene fuori con qualche pannicello caldo o interventi spot a costo quasi zero.
Teniamolo presente quando ragioniamo sulla situazione. Qualcuno quel masso l'ha costruito.
E spesso abbiamo contribuito tutti, ognuno con la sua piccola fetta di interesse.
martedì 10 marzo 2009
Il lavoro non lo porta la cicogna

I nodi vengono al pettine. Ci si è illusi per lunghi anni che l'industria fosse finita, qualcosa di obsoleto risalente al secolo scorso.
Che si potesse vivere di finanza, di servizi avanzati, di new economy.
Dimenticandosi che poi, alla fine, moltissime di queste attività hanno come scopo finale quello di vendere merce. Che nel bene o nel male va prodotta.
E che se non c'è merce da vendere molti di questi servizi cadono.
Che alla fine moltissime delle attività avanzate non erano altro che outsourcing di produzione.
Che la finanza per la finanza non può sopravvivere, è solo un castello di carte.
La nota positiva, per me, è che forse questa crisi farà capire a tutti di più che forse non tutti possiamo vendere fumo.
Che ricominceremo a trovare persone che hanno voglia di fare lavori umili, certo, ma in fondo continuativi. Ricominceremo a trovare italiane che accettano di fare le badanti o le donne di servizio. Ragazzi che capiscono che alla fine lavorare in fabbrica (nelle fabbriche moderne) non è così deplorevole. Che fare l'artigiano ha un suo contenuto e una sua dignità.
Tornerà, spero, la voglia di fare "cose" e non solo fumo.
Il problema è: riusciremo a far ripartire l'industria? I primi ritorni dopo le delocalizzazioni selvagge ci sono. Non sarebbe una brutta idea aiutare chi produce in Italia.
martedì 23 dicembre 2008
E' Natale, siamo tutti più buoni
Come tutti sanno sono tempi incerti, il 2009 potrebbe essere un anno difficile, quindi quasi tutti stanno alleggerendo le strutture e i primi a soffrirne sono coloro che hanno contratti a termine o gli interinali.
Noi non abusiamo di questi inquadramenti, gli interinali li usiamo effettivamente nei picchi stagionali di produzione, i contratti a termine come ammortizzatore negli anni incerti.
In questa situazione però anche noi siamo abbastanza attenti a non appesantire troppo la struttura.
Abbiamo una persona in produzione non giovanissima (intorno ai 45 anni) senza particolari capacità, le cui valutazioni sono nella parte medio bassa. Entrato come interinale avevamo fatto un contratto a temine di un anno.
Ma proprio perché è non giovane e ha famiglia abbiamo deciso di tenerlo (un paio di contratti invece non li abbiamo rinnovati), vista la situazione dove possibile abbiamo fatto un altro contratto a termine (di un anno, non di due mesi). E questo è uno di quei casi.
Sono il primo a dire che la situazione non è ottimale, ma è anche vero che da noi se il lavoro c'è la gente viene poi assunta a tempo indeterminato (non facciamo come altri la rotazione dei contratti a termine).
Questa persona invece di essere non dico contento (so bene che il contratto a termine è una specie di spada di Damocle) ma almeno tranquillo per essere stato tra i confermati, si è proprio arrabbiato e non parla più con nessuno.
Col risultato di far venire dei dubbi su un eventuale futuro inserimento.
Per la cronaca si è anche appena preso un bel premio produttività.
Insomma noi pensavamo di fargli un piacere, lui si è arrabbiato.
giovedì 4 dicembre 2008
Numeri a caso

Non capisco quindi le leggi delle grandi aziende.
Ma una domanda mi sorge spontanea quando una società di servizi (non che fa roba da assemblare e simili quindi) licenzia non una, non dieci, non cento ma 9000 persone.
Come si fa a fare a meno di 9000 persone, capisco producessero lavatrici e di lavatrici non se ne vendono più, ma servizi?
I casi sono due:
1 - son lì a far niente (e perché le tenevano?) e capisco perché certe bollette sono così care
2 - qualcosa fanno e saranno sostituiti da outsurcing fatto con precari, da delocalizzazione o quel che volete con costo del lavoro più basso
Insomma spesso mi sembrano operazioni di chirurgia estetica ad uso borsistico, quando non impoverimento del know how aziendale.
NB ogni riferimento a fatti od aziende esistenti è frutto della vostra immaginazione.
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