mercoledì 7 settembre 2011

Piccolo imprenditore, feccia degli evasori

Come promesso continuo con la "saga dell'evasione", oggi faccio felici tutti, e i loro pregiudizi tranquillizzanti, parlando di evasione dei miei (piccoli) colleghi, tratterò in altri post i grandi evasori.

Lo dico subito, a scanso di equivoci. Per me il più grande aiuto agli evasori sono gli studi di settore. Esattamente il contrario di quello che pensano moltissimi.

Per come sono fatti gli studi di settore, ad un evasore indicano il "minimo" che va versato per vivere tranquillo.
Non a caso, ad esempio, i ristoratori, spesso "tarano" l'emissione di ricevute per raggiungere il budget.
La mia esperienza con gli studi di settore è limitata ad una immobiliare di gestione (la nostra azienda è considerata tra le "grandi"), ma li ho trovati assurdi.
Per intenderci (magari adesso sono cambiati, correggetemi nel caso) non c'era modo per dire se eventuali immobili erano sfitti e nel caso di immobili commerciali se erano in zone di pregio o periferiche. Come ognuno capisce un negozio di 100 mq in via Condotti o Montenapoleone ha rese diverse da un negozio di 100 mq in una via laterale periferica.

Da quanto mi dicono molti di questi difetti sono trasversali. Un conto è un bar in una stazione della Metro a Milano, un conto in periferia.
Non solo, ma molto degli studi di settore è basato sugli acquisti e sui dipendenti.
Ecco perché vi sarà capitato di vedere baristi e ristoratori al supermercato (per carità, magari si sono fatti fare la fattura anche lì eh, è possibile) con carrelli pieni di roba. Se compero con scontrino non appare negli acquisti e non mi incrementa il fattore ricavi.
Idem per il personale, se risulta che siamo io e mia moglie part time (perché altre 3 persone sono lì in nero) più di tot lavoro non possiamo fare.

Allora gli studi di settore (anche se so che qualche correttivo è stato fatto) se hai un bar in un paese di montagna non turistico di 200 abitanti rischiano di strozzarti, se hai un bar in piazzetta a Portofino e con un tavolo di aperitivi incassi quanto l'altro in una settimana sono un comodo "minimo" sul quale appoggiarsi.

Ho fatto il discorso bar ma vale per il 90% dei lavori artigianali o semi-artigianali. Ancora più facile nel caso di lavori che non prevedono neppure consumi, tipo dottore.
Naturalmente tutto questo vale se si lavora per il consumatore, perché lavorando per le aziende queste (che scaricano, salvo "catene del nero" di cui parlavo in altro post) la fattura la vogliono.
Quindi ad esempio facendo assistenza tecnica informatica avere come clienti principalmente aziende o privati cambia molto la possibilità di evasione.

Se non fosse come dico non avremmo la chiusura di un sacco di attività marginali strozzate dalle tasse, se guadagnassero davvero tanto col nero, farebbero semplicemente qualche fattura in più per sopravvivere.

Ma se va bene, fatto il budget dello studio di settore, il piccolo imprenditore comincia ad offrire al consumatore lo sconto se non vuole la fattura.
Come detto sulla singola operazione concettualmente guadagna il consumatore, sulla ripetitività naturalmente l'importo si alza per l'imprenditore.
Il risultato deriva dal numero di clienti e se faccio una operazione in nero da 20 Euro (ci sono comunque quasi sempre spese) e ne faccio 10 al giorno prendo lordi 200 euro, diventano 4000 al mese. Una evasione di circa 1200 euro
Se sono un dottore senza spese e faccio 10 visite in nero al giorno (e ne ho visti) a 100 Euro e visito 3 giorni a settimana porto a casa intorno ai 150.000 euro l'anno evadendone circa 60.000.
NB Le cifre sono semplificate poi ci sono INPS ecc.
Ma ricordate sempre che nel lavoro in nero non evade il 100%, ci sono eventuali spese e l'evasione è relativa alla quota tasse non pagate.

Come fermarli?
Va detto che senza una coscienza civile e un controllo (al costo di pagare la propria quota di tasse) del consumatore è complesso perseguire questi evasori.
Ancora oggi ci sono ristoranti che non accettano altro pagamento che i contanti, ma so che molti evadono nonostante l'uso di pagamenti con carta di credito.
Con milioni di partite IVA e stando negli studi di settore la possibilità di essere scoperti è ridicola, e nel caso (ma ne parleremo) se c'è un buon tesoretto è utilizzabile per ammorbidire i controlli.

Nella mia esperienza moltissime piccole attività marginali evadono anche per cercare (spesso senza riuscirci) di sopravvivere, i giri di affari sono piccolissimi e le cifre evase basse.
E poi ci sono (c'erano, sono finiti certi tempi) invece gli evasori che davvero fanno le centinaia di migliaia di euro denunciando spicci. Ma nei termini degli studi di settore.

Quando sento le medie delle categorie mi capita di pensare a certi negozi marginali e chiedermi seriamente se ci arrivano a vendere (non guadagnare) per le cifre medie; mentre per altri siano una piccola quota parte di quanto vendono. Una roba da minimum tax, insomma.

Ultimamente da un lato assistiamo alla schizofrenia di verbali assurdi e campati in aria che poi non portano gettito (vedere qui quanto poco poi si incassa) ma che servono a fare annunci.  Dall'altro, assurdo non si facesse prima, c'è finalmente un maggiore uso dell'incrocio dati sulle varie banche dati patrimoniali e reddituali che può portare discreti risultati.

Soluzioni particolari non ne ho; "bisogna lottare contro l'evasione", ascoltato migliaia di volte è una affermazione non un metodo.
La migliore, come detto, è certamente il controllo civile di tutti noi.
Certo l'uso intensivo di intelligence sulle banche dati è l'altro. Sia patrimoniale che di spese.

Ma gli evasori ci sono in tutto il mondo, e le incidenze da noi sono molto diversificate sul territorio.
In alcune aree l'incidenza è simile a quella dei migliori paesi.

Non a caso in Grecia e Nord Africa l'evasione è più che da noi e in Germania e Svezia meno. Diciamo che c'è un certo legame tra latitudine ed evasione.

Questo, anche se non è una giustificazione, va tenuto a mente per capire bene il problema.

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