lunedì 29 giugno 2009

Bicchiere mezzo pieno

A voler essere ottimisti a tutti i costi e vedere una goccia come bicchiere mezzo pieno questi sono i dati del Centro Studi Confindustria sulla produzione industriale.
Aumentata dello 0,3%.

Quel piccolissimo trattino verso l'alto che vedete nella zona azzurra (il secondo ed ultimo, non il primo).

giovedì 25 giugno 2009

Ombra

Perché i piccoli soffrono sempre di complessi e non vogliono nessuno che gli faccia ombra?

La grande capacità di un leader è anche (secondo me soprattutto) creare un grande team, motivarlo e valorizzarlo e preparare la propria successione.


Disclaimer: il presente post ha diverse letture. A voi scoprire quali ho in mente io e proporne di nuove.

martedì 23 giugno 2009

Soldi e conflitti di interessi

Non ricordo esattamente in che fase era della mia storia confindustriale quando iniziò il dibattito sull'allargamento della base associativa.
A memoria (ma la mia memoria è tarocca) era presidente dei giovani l'allora signorina Marcegaglia.
E il discorso riguardava, allora, l'ingresso di FS.

Partecipai come molti altri al dibattito, e resto ancora dell'opinione di allora.

Capisco benissimo le due principali esigenze di Confindustria: soldi e rappresentatività.

Sui soldi, da imprenditore, chi non vorrebbe fare più fatturato? Le strutture e i servizi costano (non è il momento per un dibattito sulla resa, magari ci torneremo). E il progressivo calo del manifatturiero, incassando Confindustria in base ai dipendenti, poneva seri problemi di budget.

Sulla rappresentatività è evidente a chiunque che più aziende rappresento e più posso cercare di influenzare e fare lobby. Non ho mai creduto a una associazione che rappresenta i piccoli. Che credibilità se si dice di rappresentare l'industria e non si rappresenta Fiat? E soprattutto se non si rappresentano i principali gruppi media?
Confapi e la sua storia sono lì a dimostrarlo. qualcuno sa chi è (non googolate) il Presidente di Confapi?

Il problema degli equilibri dobbiamo risolvercelo internamente, e proprio qui si innesta il pensiero sulle partecipazioni statali nella nostra organizzazione.
Da sempre Fiat ed altri grandi hanno una influenza sul sistema e sulle cariche sia per il loro peso specifico sia per la capacità di aggregazione sui subfornitori e sulle varie componenti del sistema.
Confindustria è infatti un sistema articolato a livello territoriale (provincie, regioni) e per settore (associazione di categoria) quindi avere molte sedi e diversi business importanti (vedi Fiat con anche trattori, veicoli industriali, componentistica ecc) ramifica ancora più il potere delle grandi aziende.

Questo discorso esplode quando parliamo di Poste, Trenitalia, Eni eccetera.
Trenitalia ha praticamente una sede in ogni provincia e spesso (anche se ai tempi pagava un forfait, non so ora) è tra le più importanti aziende della zona per le piccole associazioni.
Anche Eni con reti di distribuzione, raffinerie, sedi commerciali credo sia molto molto ramificata.

Anche ai più distratti non è certo sfuggito che Assolombarda è oggi in mano (dopo non poche battaglie interne) ad una persona (assolutamente degna e capace, intendiamoci) che viene dalle partecipazioni statali.
Le polemiche su Venezia, rompendo una tradizione di riservatezza che mi è cara, sono debordate e finite ampiamente sui giornali e guarda caso rigurdavano un possibile Presidente proveniente dallo stesso gruppo.

Non è un segreto, credo, che il signore qui ritratto, Paolo Scaroni, coltiva ambizioni per la successione ad Emma Marcegaglia e che i movimenti sulle grandi associazioni siano (anche) funzionali a questo progetto.

I nodi quindi, come sempre accade, vengono al pettine. Ci si era illusi e si era raccontato che ai boiardi di stato (come venivano chiamati una volta) non interessava Confindustria, i loro canali politici consolidati non avevano certo bisogno di noi.
Mi si dirà che Eni è oggi un'azienda quotata. Certo, ma mi risulta che le cariche top vengano decise dalla politica e non dal mercato. E il cane lecca sempre la mano di chi gli dà da mangiare.

Questo amplifica i problemi che già Emma Marcegaglia ha citato nella assemblea privata di Confindustria: come fare convivere monopolisti (oligopolisti nella migliore delle ipotesi) che vivono in un ovattato mondo protetto e aziende che operano sul mercato?
Come far convivere Enel & Eni e i loro prezzi esosi con le piccole e medie aziende che invece vorrebbero energia a prezzi allineati a quelli internazionali?
Può Confindustria fare una battaglia per i prezzi dell'energia contro il suo associato Enel?
Oggi ci sta provando, magari con risultati alterni ma ci sta provando.
E domani? Se Scaroni sarà Presidente? Chi ci crede?

Il problema della rappresentatività è che le grandi aziende per progetti di questo tipo possono mettere in campo "risorse dedicate", lobbysti, creare un rapporto privilegiato con i funzionari (spesso le grandi aziende rompono meno dei piccoli perché i loro problemi se li risolvono con risorse interne) che hanno comunque sempre una forte influenza. Possono fare pressione sui subfornitori per ottenere i voti necessari.

E intanto i piccoli sono rinchiusi nel loro ufficio a lottare tutti i giorni con i mercati, le banche, i concorrenti e dicono "ho mica tempo per quelle robe lì".
Salvo poi trovarsi improvvisamente non rappresentati e lamentarsene.
Anche in considerazione del fatto che a Novembre il battagliero Morandini (Presidente della Piccola) scade.

La battaglia è iniziata da un po'.
Vedremo come andrà a finire. Ma se la base (mitico moloch che non ho mai capito se esiste) non si sveglia e lotta associazione per associazione, voto per voto, la vedo dura.

Come in politica: lasciamo fare "perché non è il nostro mestiere" e poi ci troviamo la classe politica che abbiamo e ci lamentiamo.

lunedì 15 giugno 2009

Pagliuzze e travi

Oggi Massimo Giannini attacca l'incontro in Confindustria con Gheddafi.
A parte il fatto che in Confindustria si incontra qualsiasi capo di stato che dia la propria disponibilità (avviene regolarmente) mi sfugge un po' cosa ci sia di male, oltre al fatto che il Libico ha parlato bene di Berlusconi.
Uno dei compiti di Confindustria rassicuro Giannini, è promuovere le aziende italiane all'estero. Il Vice all'uopo incaricato si chiama Zegna e la partecipazione è libera, non riservata ai soliti noti. Che, come dice lui nell'articolo non hanne certo bisogno di Confindustria per i loro incontri.

Tra l'altro sentirsi fare le lezioni di dignità dai giornalisti (categoria della quale ho più volte parlato) a me fa sorridere.
Ma forse andrebbe bene se gli accordi li facessimo con Cuba.

mercoledì 10 giugno 2009

Ma di cosa cavolo parla questo?

Oggi mettevo a posto un po' di cose e ho trovato un mio articolo scritto in ottobre 1995.
Era per una roba Confindustriale.
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Proprio a seguito di quelle richieste la [...] ha deciso di avviare un servizio sperimentale attraverso Internet.
La ragione di questa scelta può essere riassunta in 3 punti : velocità e aggiornamento, costi, visione strategica.
La velocità di circolazione e di aggiornamento sono le principali esigenze di qualsiasi sistema di distribuzione delle informazioni. L’utilizzo di metodi tradizionali quali fax o lettere comporta una attività di segreteria che è spesso fonte di ritardi, inconvenienti e malfunzionamenti, oltre ad essere sottoposta alla disponibilità di tempo di chi “smista” questo tipo di corrispondenza.
In caso di documenti particolarmente lunghi (come relazioni ad esempio) il fax è anche molto dispendioso, soprattutto se il documento è da inviare a più persone.
Nicholas Negroponte sostiene che i giapponesi ci hanno “imposto” il fax, invece della posta elettronica, perché il fax si adatta meglio alla loro scrittura.
Non parliamo poi del telefono : spesso il destinatario della telefonata è già occupato (altre telefonate, riunioni) o addirittura assente.
Ad un servizio basato sul WWW, una specie di “bacheca”, posso accedere quando mi serve, a qualsiasi ora, trovandolo aggiornato. Alla mia posta elettronica posso accedere anche se sono in viaggio, a casa e rispondere nel momento in cui ho tempo o appena ho pronte le informazioni richieste.
La preparazione di documenti in gruppo diventa poi molto più flessibile. Con i moderni programmi posso fare le mie annotazioni "a margine” e ritrasmettere il documento.
I costi di Internet sono ormai relativamente bassi, sono disponibili accessi a costi annuali accettabili per un’azienda con fornitori del servizio in quasi tutte le maggiori città. Questo permette di utilizzare il servizio con tariffa di chiamata urbana. Trasferire documenti (anche lunghi), immagini e tabelle di foglio elettronico richiede pochissimi secondi (questo articolo è stato trasmesso così).
Per quanto riguarda i motivi strategici, è mia personale opinione che con la liberalizzazione dei servizi di telecomunicazione le aziende entro qualche anno avranno la propria rete interna connessa ad Internet. Questo permetterà comunicazioni pressoché istantanee, se io sono seduto davanti al mio computer e mando un messaggio ad un mio corrispondente (con le rispettive reti aziendali connesse ad Internet) lui riceverà il messaggio in pochissimi minuti, potrà preparare la risposta e inviarla.
Crediamo che l’aderire allo standard Internet porti a maggiore facilità di accesso e di sviluppo. L’utilizzo di reti private o non standard offre maggiori possibilità di sicurezza ma chiude la possibilità di usare il servizio anche nei confronti di esterni come ad esempio giornalisti o altre persone non collegati al servizio privato.

Il servizio dei [...] è per il momento sperimentale e comprende l’agenda, le notizie, una lista dei componenti, oltre ai collegamenti con le gli altri servizi dei [...] presenti sulla rete.

Chi ha accesso ad Internet può quindi collegarsi con un programma per il World Wide Web a:
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Letto oggi forse fa un po' tenerezza. Prego notare il passaggio: è mia personale opinione che con la liberalizzazione dei servizi di telecomunicazione le aziende entro qualche anno avranno la propria rete interna connessa ad Internet
Questo post partecipa al thread nato si FF qualche giorno fa sul quando ciascuno aveva iniziato ad usare la posa elettronica e dove.

martedì 9 giugno 2009

Ufficio complicazioni affari semplici

La burocrazia, si sa è una brutta bestia.
La cui principale occupazione pare quella di complicare le cose semplici.

Come molte aziende abbiamo una casella postale, che rende le cose semplici. Esce il fattorino e torna all'ora da noi desiderata con la posta (che include svariati quotidiani).

Per comodità di tutti nella casella postale finiva la posta delle altre nostre società e anche quella personale dei familiari che abitano in questo comune.
Tutto bene.

Invece secondo l'art. 1 comma 2 delle "Condizioni Generali di locazione di Casella Postale" (la burocrazia Adora le maiuscole) possono essere immesse in casella le sole corrispondenze recanti in indirizzo: le generalità del destinatario, la dicitura "casella postale" (andrà bene CP? andrà bene se lo scrivono con le maiuscole?) il numero della casella postale, la denominazione dell'Ufficio Postale presso il quale è ubicata la Casella Postale (tornata maiuscola), il codice C.A.P.; la città di destinazione.
Gli indirizzi di corrispondenza diversamente indirizzati saranno consegnati all'indirizzo indicato dal mittente sull'oggetto stesso, come previsto dall'art. 2 Condizioni generali per l'espletamento del servizio universale approvato con Decreto Ministero dello Sviluppo Economico 1 ottobre (minuscolo) 2008.

Insomma siccome avevano un tot di postini che non sapevano cosa fargli fare adesso devo mandare il fattorino a prendere la posta come sopra Indirizzata e poi arriva il postino a portarmene altra. Con buona pace dell'inquinamento e del traffico (visto che siamo fuori città).
Lo so che devo fare normalizzare gli indirizzi, ma che palle!

Oggi naturalmente: posta senza CP in cassetta, con la CP portata dal postino e il Corsera non mi è arrivato.
Bah, stupidate, certo, ma è dalle piccole cose che si vede un paese civile.

I Partigiani sono morti inutilmente

Forse i partigiani, sui quali molti vorrebbero fondare i nostro paese, sono morti inutilmente.
Se sono morti per liberarci dalla dittatura e darci la democrazia e poi quelli che si dicono loro eredi passano il loro tempo a dire che il popolo non capisce nulla perché vota nel modo sbagliato.
Dimostrando che in cuor loro che vorrebbero il governo "dei migliori" (cioè loro).

Vale a dire una dittatura o oligarchia.

domenica 7 giugno 2009

Democrazia e partecipazione

Vivo, per scelta, in un piccolissimo paese.
L'idea era di far crescere i figli in un ambiente più rilassato di quello delle grandi città.

Oggi abbiamo le elezioni amministrative. Sono andato a votare perché lo considero un dovere.
Ma non ho votato nessuna delle liste presenti sulla scheda, annullandola.
Ci ho pensato molto. Ma non sono proprio riuscito a superare lo schifo.

Da solo mi dico. perché?
Non è nel mio stile, sono un fautore della partecipazione.
Qualcuno si chiederà: e allora perché non ti metti in gioco tu?
Intanto perché non me l'hanno chiesto e poi per le mie precedenti esperienze.
La vita mia ha portato, per posizioni ricoperte, anche a essere in contatto con la politica a vari livelli. E ho scoperto che non fa per me.
Perché gli elettori (soprattutto nelle amministrative, ma in genere) non vogliono il bene comune vogliono qualcosa per loro.
Ne ho avuto varie prove. Stando a contatto con i politici sentivo (o dovevo fare da tramite come rappresentante di categoria) le richieste che ricevevano.

Un esempio: volevo fare una battaglia per la diminuzione dei comuni, con l'eliminazione dei piccolissimi comuni. Fui fermato perché i miei colleghi mi dissero che preferivano avere a che fare con il piccolo comune (dove anche l'azienda da 20 persone è realtà di rilievo) che con comuni più grandi dove le loro istanze sarebbero state meno forti.

Insomma la verità è che ci troviamo i politici che ci meritiamo. Intrallazzatori o idealisti lontani dal mondo reale. E spesso, se ce la fanno, gli idealisti, appena eletti, si trasformano in intrallazzatori della peggior specie.

Per non parlare poi di una campagna elettorale per le europee (almeno il nostro Presidente Marcegaglia lo dice chiaro che ci fa schifo) ormai trasformata in qualcosa più vicino al tifo calcistico che a un confronto di idee. Qualcuno ha sentito parlare di strategie per l'Europa del futuro? Io no, spero di essere stato solo distratto.

Che fare? Non lo so, risvegliare la coscienza civile dei cittadini non è facile. Conta più che il sindaco trasformi la loro area da agricola ad edificabile che non che dia servizi decenti per le madri che lavorano o per gli anziani.
Spesso ho la forte impressione che invidie, ripicche, questioni personali siano molto molto più importanti del merito, del portare persone che siano in grado di fornire il loro contributo al bene comune.

La meritocrazia la vogliamo a parole. Nei fatti no.

Purtroppo.

venerdì 5 giugno 2009

Passato presente futuro


Per abitudine, il lavoro che faccio e per come funziona la mia testa "vivo nel futuro".
In azienda infatti quello che succede oggi e domani è frutto delle scelte e della pianificazione di ieri, poco è modificabile. I cicli di cambiamento sono lunghi.
E sono uno che "archivia il passato" senza troppi rimpianti (che comunque ci sono e non potrebbe essere diversamente) e senza essere troppo legato a ciò che è successo. Ma studiando il passato per capire le ragioni che mi hanno portato qui.

Il grande rischio di questa situazione è che spesso non si vive il momento, proiettati già nel futuro, in una specie di autocannibalismo del proprio vivere che non ti permette di goderti il presente.

Ma c'è un altro grandissimo rischio nel pensare al futuro e nel nuovo. Dimenticare le lezioni del passato.
In azienda, in politica, in mille altri campi c'è la mania del nuovo.
Ma questa mania ci fa dimenticare che siamo figli del passato, che ciò che siamo è frutto delle nostre scelte e delle nostre esperienze. Individualmente e collettivamente.

Molte aziende in questo periodo per abbassare i costi stanno diminuendo il personale, e per essere più incisive allontanano le persone più anziane e quindi più costose.
Peccato che così facendo perdano anche la loro esperienza. E' evidente che parlo di persone capaci, i parassiti in una società meritocratica non dovrebbero neppure essere "costosi".

Troppo spesso si tende a cambiare tutto, senza il supporto di chi conosce il passato.

Nell'arte si può fare qualcosa a prescindere dal passato? E' credibile chi si erge e giudice della musica di oggi senza conoscere la storia del rock o a chi giudica la validità di un artista contemporaneo senza conoscere i grandi del passato?
Per me no. Perché tutto è un percorso.

Nella mia esperienza tra i Giovani Imprenditori di Confindustria sono passato dai nuovi ai "vecchi" e ho visto passare tanti nuovi giovani. Moltissimi arrivavano con idee "nuove".
A me veniva da sorridere, e qualche volta ho tirato fuori documenti dove le idee nuove erano state scritte magari dieci anni prima, e probabilmente ancora prima senza che io le conoscessi.
Tutti abbiamo presente la modernità di certi scritti del passato. Forse anche perché in questo strano paese tutto cambia per restare sempre tristemente uguale.

Allora un auspicio per chi mi legge, studiate il passato e il percorso che ha portato al risultato di oggi, non sottovalutate l'esperienza di chi magari è meno bravo con il computer ma sa giudicare una cosa con una occhiata. Chi non sa nulla di web 2.0 ma conosce il mercato in un modo che voi non riuscirete mai a raggiungere.

E ricordate, oggi siete il nuovo. Tra un istante (perché la vita passa in un attimo) sarete voi, il vecchio.