sabato 19 dicembre 2009

Grandi quanto?


Si fa un gran parlare, ultimamente di fusioni, aggregazioni della necessità di crescere e di diventare più grandi.
Vero per molti (soprattutto per le micro imprese). Ma siamo sicuri che grande sia sempre bello?

Faccio l'esempio dei Confidi. (parlo di quelli di estrazione Confindustriale che conosco)
Anni fa la maggior parte dei Confidi era gestito all'interno della Associazione Industriali locale, da un funzionario part-time, con un Presidente (imprenditore) non retribuito, un comitato tecnico formato da imprenditori (non retribuiti) e una o due segretarie dell'Associazione. Costo della struttura: bassissima. Funzionamento: agile e snello. Il finanziamento arrivava da quote della Regione e della Camera di Commercio che versavano importi che andavano a patrimonio e permettevano (attraverso i moltiplicatori) di operare. Le basse commissioni coprivano le basse spese.
Perdite sui crediti: bassissime.

Poi è arrivata Basilea 2 e le nuove regole sulle garanzie. Per essere valide per le banche devono venire da intermediari finanziari sottoposti alla 107 Tub, in pratica sotto il cappello di Banca D'Italia, che è abituata ad avere a che fare con le banche.
Primo problema: crescere (ci vogliono 75 milioni di volume).
Aggregazioni aggregazioni aggregazioni.

Secondo problema: diventare 107 e sottoporsi a Banca D'Italia.
Basta la snella struttura di un tempo, anche alla luce dei nuovi volumi? No di certo.
Ecco allora che si comincia con direttori generali, amministratori delegati, competenze di firma, comitato fidi per l'istruzione della pratica, sistemi di rating e un sacco di belle strutture:segretarie, informatica, sedi ecc.
Costose.
Contemporaneamente la Camera di Commercio che versava i soldi mica li va più a buttare in un calderone, la Regione non versa più poco a molti (a pioggia accontentando tutti come piace ai politici) ma molto ad uno (e allora vuole anche metterci il naso dentro o peggio qualcuno si fa venire strani appetiti) magari inferiore al totale di prima.
Oltre a quello  (quest'anno complice anche la crisi) le perdite aumentano a causa della ricerca dei volumi (con promoter vari che girano) e per la maggiore distanza dal territorio.
La struttura costa.
Secondo voi chi paga?
Indovinato, il cliente, le imprese, che si trovano nuovi balzelli sui finanziamenti.

Quindi l'agile struttura nata come solidarietà tra aziende che forniva quasi gratis un ottimo servizio è diventata un costoso bisonte. Alla fine quasi una banca.
Ne vale la pena?

Siamo sicuri che a volte non sia meglio un agile e veloce topolino di un elefante lento e con grandi necessità di risorse per la sola sopravvivenza?

6 commenti:

doktorfranz ha detto...

Condivido, e non solo per il caso specifico dei Confidi, legato alle (discutibili?) normative che ne vincolano fortemente struttura ed operatività.
A me pare che la questione sia davvero generale e da tempo provo ad introdurre dei distinguo in quello che, ormai, ha tutto l'aspetto di un mantra: aggregazioni - solitamente (mal)intese nell'unico significato di fusione tra piccoli per accrescere le dimensioni - ad ogni costo, in ogni situazione, per tutti.....
Quasi a prescindere da una seria analisi della realtà, l'indubbia utilità di quella strada - al fine di trovare economie di scala e migliori possibilità di aggredire mercati cangianti e lontani - pare non abbia alternative.
Insomma, ormai "piccolo è brutto".
E non è vero, invece. Conta saper collaborare, ma le forme possibili sono le più diverse ed adattabili alle specificità: l'importante, come sempre, è non precludersi aprioristicamente nuove vie. Ch'è come dire, peraltro, bando alla rigidità mentale. In ogni senso.

Anonimo ha detto...

Non ci si improvvisa banchiere. Basti pensare ai leghisti, che avevano fondato la banca CrediEuronord, fallita e poi salvata da Fiorani. Non dimentichiamoci che l'Italia è piena di faccendieri e venditori di fumo, pronti a scappare con la cassa.
E' un problema di mentalità. In Italia nessuno avrebbe mai finanziato gli inventori di Google o Facebook. Da noi si privilegia la speculazione (in primis la cementificazione selvaggia) all'innovazione (innovazione, non necessariamente riguardante l'elettronica: pensiamo a Geox, la scarpa fatta col tessuto coi microfori).

massi ha detto...

Bentornato!
Condivido in pieno!

pollodimare ha detto...

Basti pensare al Confidi di Unindustria Padova, che si è trasformato in Banca Popolare di Garanzia http://www.bancadigaranzia.com/ nel 2006 ed è poi miseramente fallita; è stata messa in liquidazione coatta amministrativa ed ora se ne sta occupando la Magistratura.

Mauro R. ha detto...

Tutto molto vero. Doktorfranz: condivido anche la tua generalizzazione. La mia attività è nella provincia di Roma, luogo dove il verbo "collaborare" e la parola "unione" non ha nessun significato. Tutti a rincorrere DA SOLI il proprio successo. E' anche per questo che non si cresce. Non solo per la "crisi", la più grande giustificazione che si stanno dando tutto quell'ammasso di imprenditori poco professonali e poco competenti. Un saluto a tutti.

Anonimo ha detto...

La foto di questo post non é umoristica. Il ragazzo ha un problema di salute.

Gli é capitato per caso. Non ne é artefice o responsabile. E questa situazione casuale limita notevolmente il controllo che lui ha sulla sua vita.

Questo esempio dimostra che il motto in cima al blog, che ognuno é artefice della propria fortuna, é vero solo in parte.