lunedì 21 luglio 2008

Tengo famiglia

Una delle cose più criticate dell'industria italiana è lo stretto legame famiglia/azienda.

Al di là del fatto che il nostro Presidente ha un'azienda che si chiama come lei, guidata da papino e fratello, lasciatemi fare qualche considerazione a ruota libera.

Intanto è un falso mito che sia una situazione italiana, anche in USA, patria del capitalismo rampante e diffuso moltissime aziende sono ancora prettamente possedute da una famiglia. Ma anche i Europa i casi non mancano. BMW non ha il nome di una famiglia ma..., c'è un Sig. Porsche ecc ecc.

L'impresa famigliare ha pregi e difetti.
Il pregio principale a mio parere è la possibilità di non guardare il breve termine (salvo le quotate, ma anche lì non è detto) ma di poter sviluppare strategie di medio e lungo termine.
Se la famiglia è illuminata non si va a caccia di profitto a breve ma si cerca di valorizzare l'asset azienda sul medio termine.

Tutti sappiamo di aziende "manageriali" dove manager autoreferenziali per prendere i bonus drogano la crescita, intanto saranno probabilmente già andati a far danni da altre parti quando i problemi arriveranno.
Certo anche Parmalat era famigliare, ma lì si parla di truffatori, non di imprenditori.

La visione a breve è a mio parere il padre dell'attuale crisi, ma qui il discorso si fa ampio e magari lo riprenderò.

Per contro l'azienda famigliare, soprattutto in Italia, ha due vincoli che, ove non superati, portano ad uno spreco di opportunità.

La prima è la sindrome del controllo.
Mi trovo tantissimi colleghi che preferiscono avere il 100% di un'aziendina che una quota di una azienda più grande. La mitica sindrome del 51%.
Mania di controllare tutto e considerare l'azienda come un figlio (o moglie o fidanzata...).
Spesso se la famiglia non ha le risorse per sostenere la crescita quindi o bara (vedi Parmalat) uccidendo il bimbo o limita la crescita per mantenere il controllo.

La seconda è la gestione manageriale.
Non sempre la famiglia è in grado di sfornare delle professionalità adeguate ai tempi e alle esigenze dell'azienda. E non sempre i padri hanno la capacità di capire che il figlio/a è inadeguato a gestire l'azienda.
Conosco padri che imperterriti hanno lasciato la gestione ai figli che si sono dimostrati inadeguati (compreso Romiti per intenderci).


Quasi nell'ambito della truffa va inquadrata poi la commistione tra beni e spese aziendali e quelle famigliari, un esempio recente è il buon Cambi che faceva vita alla grande con costi a carico azienda, ma ci sono moltissimi, che magari con costi minori, lo fanno.

Tralascio qui gli stili manageriali (magari ne riparliamo)
Quali sono le Vostre idee sulle aziende di famiglia italiane?

13 commenti:

Anonimo ha detto...

Io condivido totalmente la tua analisi. Non credo ci sia un modello migliore a priori. Ogni modello ha pro e contro. Tutto dipende dalla applicazione pratica. Il rischio del modello manageriale è la burocratizzazione, quello del modello familiare è il conservatorismo. Alla fine credo che più che i modelli contino gli uomini che si trovano ai vertici. Intendo proprio gli specifici individui negli specifici casi, non una categoria in generale.
Insomma, molto pragmaticamente direi che conta se uno è bravo a gestire l'azienda. Se è bravo, è bravo e basta. Sia che sia il figlio del padrone o un dirigente assunto da fuori. Venendo alla tua domanda specifica, credo che in Italia il modello familiare abbia saputo esprimere esempi migliori sul fronte delle piccole e medie imprese. Meno sul fronte delle grandi imprese. Questa almeno è la mia sensazione.

Steve

Unknown ha detto...

ho sempre pensato che l'affidare l'azienda a figli pinguini, senza l'umiltà di riconoscere la realtà ed affidarsi ad un manager d'esperienza sia una delle piaghe della piccola-media impresa. Tu l'hai detto meglio di quanto avrei potuto fare io, grazie :)

Anonimo ha detto...

Io credo che oggi la complessità di gestione sia aumentata al punto tale che la condizione base per una gestione familiare sia di avere ottimi managers. Una volta la complessità stava nell'individuare nel core business delle opportunità, oggi sta nel diversificare su piani differenti la gestione dell'attività e faccio un esempio per tutti:
Una volta un gioielliere doveva individuare gli articoli più appetibili per Natale e le aziende dovevano proporre sempre qualcosa di nuovo ed interessante.
Oggi è solo una questione di credito revolving, un prodotto finanziario, per cui il gioielliere può tenere tutto a disposizione e le aziende hanno il problema di come finanziare la produzione per fare le forniture.
Ora il passaggio da produzione a gestione finanziaria non è semplicissima in una gestione "padronale" e la sopravvivenza dell'azienda è legata a questo mutamento quindi o il "padrone" è un mago o ha bisogno di buni managers

Anonimo ha detto...

il mio parere è in parte riassunto nell'intervista nel link in firma.

la proprietà familiare può essere un grosso vantaggio nei periodi di crisi. la famiglia che si identifica con l'azienda è disponibile a fere molti sacrifici pur di salvarla.

per contro rischia di essere più impermeabile alle sollecitazioni del mercato.

ma dipende tutto dalle persone.

a breve commenterò la recente ricerca di bankitalia sul passaggio generazionale a mio parere fin troppo critica con le nostre PMI familiari.

Anonimo ha detto...

Come gia' detto sia da te che da altri, il tutto sta' nelle persone.
Questo vale sia per l'impresa familiare che non.
Anche in grandi aziende ho visto MANAGER far terra bruciata soprattutto nel futuro dell'azienda pur di raggiungere gli obiettivi che gli venivano dati (strafregandosene di cio' che sarebbe venuto "dopo" di loro).
Come in tutte le cose, ci sono i suoi pro ed i suoi contro... e la condizione perfetta sta' sempre nel mezzo... l'equilibrio.
Equibrio = consapevolezza, capacita', coraggio...
E mi fermo qui, anche se ci vorrebbe un forum solo per questo argomento :)))

Anonimo ha detto...

Dei pregi delle imprese familiari non parleremo, sono cose sotto l'occhio di tutti.

Dei difetti ci interessa invece dire alcune cose:

- "sindrome 51%": è vero, alle volte esiste, e spesso non è una sindrome del 51% ma del 90,1% - chi ha un minimo di esperienza nel settore delle imprese del saprà a cosa alludiamo.

Il senso comune dice sia una cosa sbagliata, ed effettivamente lo è, forse anche in maniera oggettiva. Un vero e proprio limite strutturale.
Ma come dare torto d'altro canto a tutti quegli amici - e sono davvero tanti - che sono stati fregati nella loro vita dall'amico + caro, dalla donna che pensavano amata, dal parente sorridente? Oppure che hanno rischiato una vita di lavoro per essersi fidati di persone sbagliate?

Non la chiameremmo quindi maniacalità, la chiameremmo invece "vita serena".

Non possiamo evitare comunque di dire un fatto, che piaccia o no: l'italia è formata da imprese famigliari, e queste stanno comunque crescendo nei loro difetti.

E' una sfida da vincere senza dubbi.

Anonimo ha detto...

Ovviamente la differenza è sempre fatta dalle persone.
Altrettanto ovviamente pregi e difetti sono quelli esposti.
Il problema fondamentale, in fase di normale operatività, sta nella certezza della leadership, che in un'azienda famigliare può avere cedimenti se non si è fatta chiarezza sui ruoli, stabilendo - e formalizzando - la struttura di governance.
Grande criticità può invece presentare il momento del passaggio generazionale, che dev'essere gestito con una lucidità non sempre compatibile con l'aspetto affettivo e, forse, potrebbe essere supportato da un apporto esterno, magari temporaneo.
Notevole rilevanza, infine, assume l'identificazione con l'azienda: io credo che tale sentimento abbia un prevalente effetto positivo, pur con il limite di una minor propensione al rischio, dal momento che tende a mettere in primo piano il bene dell'azienda-figlio.

Anonimo ha detto...

Il capitalismo familiare è un terno al lotto, risultati fantastici con il fondatore, dopodiché la probabilità che la prole non è in grado di ottenere gli stessi risultati è alta, anche quando ci si affida a un manager. Se li beve come vuole e saccheggia l’azienda. Per fortuna ci sono le eccezioni.

Anonimo ha detto...

Io posso solo dirti che lavoro in un'azienda grande ma gestita in modo famigliare e sono contento di esserci e condividere con la famiglia gli obiettivi che vengono posti. E' vero che sono sempre più importanti i manager perchè la famiglia da sola non può seguire tutto. Per questo a volte negli ultimi anni sono arrivati strani personaggi che a parole avrebbero fatto miracoli. Fortuna vuole che appunto la famiglia sappia poi riconoscere dalle azioni chi parla e chi invece parlando meno riesce spesso a fare di più. In questo modo la crescita in fatturato e utili c'è sempre stata anno dopo anno.

Jakala ha detto...

Porto le mie esperienze da dipendente.
Premessa sono veneto e qui il "padrone" dell'azienda controlla pesantemente i dipendenti, quasi fossero tutti li per rubargli lo stipendio.
Ci sono persone che pur in un azienda con oltre 100 dipendenti vanno li personalmente a controllare quando timbrano alla mattina.

Le eccezioni (persone equilibrate, che danno lo spazio ai propri dipendenti) sono molto rare.

Ragion per cui io con una laurea ho preferito andarmene in aziende piu' grosse, che sicuramente non sono dei paradisi, ma ti permettono di vivere meglio la tua professionalita'.
Dico vivere proprio perche' 8 ore del proprio tempo corrispondo ad una larga fetta della giornata e quindi il posto di lavoro dovrebbe essere un luogo dove vai con piacere.

Giuslav ha detto...

Salve a tutti e complimenti per il blog! Condivido in larga parte i commenti svolti, tuttavia - per deformazione professionale - tendo ad essere estremamente scettico e diffidente nei confronti di managers rampanti, i quali troppo spesso si dimostrano privi non solo di serietà ma soprattutto di una adeguata professionalità. Una laurea con lode, avere lavorato su deals milionari a londra e a new york e aver poi frequentato mba in prestigiosi atenei, purtruppo, non significa avere sensibilità imprenditoriale. Impresa famigliare o meno, non so quale sia la scelta migliore. Tuttavia, dice il saggio: "metà pareri, metà soldi". Ergo, chiunque intenda partecipare incisivamente alle scelte imprenditoriali deve a sua volta essere imprenditore e, quindi, fare la propria PUNTATA AL BANCO! Grazie

Anonimo ha detto...

Argomento molto interessante.
Io lavoro come dipendente da circa 15 anni, per lo più in imprese familiari.

Secondo me il problema principale è costituito dal fatto che molto spesso il figlio viene portato in cima alla montagna con l'elicottero e non invece, come molto spesso ha fatto il padre, percorrendo il duro sentiero che porta alla vetta.
Per cui difficilmente riesce ad essere un buon capo per quelli che stanno sudando lungo il percorso...

Saluti a tutti

E-steban

Anonimo ha detto...

luwviLa madre di tutte lr arti ed impresa difficilissima e la competizione continua .Le forme aggregative leganti posson esser le piu diverse da familiari a religiose etniche o aziendaliste ma per girare a mille promettono agli affiliati una spada tempestata dall elsa alla punta di gemme e corone imperiali