martedì 23 giugno 2009

Soldi e conflitti di interessi

Non ricordo esattamente in che fase era della mia storia confindustriale quando iniziò il dibattito sull'allargamento della base associativa.
A memoria (ma la mia memoria è tarocca) era presidente dei giovani l'allora signorina Marcegaglia.
E il discorso riguardava, allora, l'ingresso di FS.

Partecipai come molti altri al dibattito, e resto ancora dell'opinione di allora.

Capisco benissimo le due principali esigenze di Confindustria: soldi e rappresentatività.

Sui soldi, da imprenditore, chi non vorrebbe fare più fatturato? Le strutture e i servizi costano (non è il momento per un dibattito sulla resa, magari ci torneremo). E il progressivo calo del manifatturiero, incassando Confindustria in base ai dipendenti, poneva seri problemi di budget.

Sulla rappresentatività è evidente a chiunque che più aziende rappresento e più posso cercare di influenzare e fare lobby. Non ho mai creduto a una associazione che rappresenta i piccoli. Che credibilità se si dice di rappresentare l'industria e non si rappresenta Fiat? E soprattutto se non si rappresentano i principali gruppi media?
Confapi e la sua storia sono lì a dimostrarlo. qualcuno sa chi è (non googolate) il Presidente di Confapi?

Il problema degli equilibri dobbiamo risolvercelo internamente, e proprio qui si innesta il pensiero sulle partecipazioni statali nella nostra organizzazione.
Da sempre Fiat ed altri grandi hanno una influenza sul sistema e sulle cariche sia per il loro peso specifico sia per la capacità di aggregazione sui subfornitori e sulle varie componenti del sistema.
Confindustria è infatti un sistema articolato a livello territoriale (provincie, regioni) e per settore (associazione di categoria) quindi avere molte sedi e diversi business importanti (vedi Fiat con anche trattori, veicoli industriali, componentistica ecc) ramifica ancora più il potere delle grandi aziende.

Questo discorso esplode quando parliamo di Poste, Trenitalia, Eni eccetera.
Trenitalia ha praticamente una sede in ogni provincia e spesso (anche se ai tempi pagava un forfait, non so ora) è tra le più importanti aziende della zona per le piccole associazioni.
Anche Eni con reti di distribuzione, raffinerie, sedi commerciali credo sia molto molto ramificata.

Anche ai più distratti non è certo sfuggito che Assolombarda è oggi in mano (dopo non poche battaglie interne) ad una persona (assolutamente degna e capace, intendiamoci) che viene dalle partecipazioni statali.
Le polemiche su Venezia, rompendo una tradizione di riservatezza che mi è cara, sono debordate e finite ampiamente sui giornali e guarda caso rigurdavano un possibile Presidente proveniente dallo stesso gruppo.

Non è un segreto, credo, che il signore qui ritratto, Paolo Scaroni, coltiva ambizioni per la successione ad Emma Marcegaglia e che i movimenti sulle grandi associazioni siano (anche) funzionali a questo progetto.

I nodi quindi, come sempre accade, vengono al pettine. Ci si era illusi e si era raccontato che ai boiardi di stato (come venivano chiamati una volta) non interessava Confindustria, i loro canali politici consolidati non avevano certo bisogno di noi.
Mi si dirà che Eni è oggi un'azienda quotata. Certo, ma mi risulta che le cariche top vengano decise dalla politica e non dal mercato. E il cane lecca sempre la mano di chi gli dà da mangiare.

Questo amplifica i problemi che già Emma Marcegaglia ha citato nella assemblea privata di Confindustria: come fare convivere monopolisti (oligopolisti nella migliore delle ipotesi) che vivono in un ovattato mondo protetto e aziende che operano sul mercato?
Come far convivere Enel & Eni e i loro prezzi esosi con le piccole e medie aziende che invece vorrebbero energia a prezzi allineati a quelli internazionali?
Può Confindustria fare una battaglia per i prezzi dell'energia contro il suo associato Enel?
Oggi ci sta provando, magari con risultati alterni ma ci sta provando.
E domani? Se Scaroni sarà Presidente? Chi ci crede?

Il problema della rappresentatività è che le grandi aziende per progetti di questo tipo possono mettere in campo "risorse dedicate", lobbysti, creare un rapporto privilegiato con i funzionari (spesso le grandi aziende rompono meno dei piccoli perché i loro problemi se li risolvono con risorse interne) che hanno comunque sempre una forte influenza. Possono fare pressione sui subfornitori per ottenere i voti necessari.

E intanto i piccoli sono rinchiusi nel loro ufficio a lottare tutti i giorni con i mercati, le banche, i concorrenti e dicono "ho mica tempo per quelle robe lì".
Salvo poi trovarsi improvvisamente non rappresentati e lamentarsene.
Anche in considerazione del fatto che a Novembre il battagliero Morandini (Presidente della Piccola) scade.

La battaglia è iniziata da un po'.
Vedremo come andrà a finire. Ma se la base (mitico moloch che non ho mai capito se esiste) non si sveglia e lotta associazione per associazione, voto per voto, la vedo dura.

Come in politica: lasciamo fare "perché non è il nostro mestiere" e poi ci troviamo la classe politica che abbiamo e ci lamentiamo.

9 commenti:

Millennium Bags ha detto...

prima o poi qualche decisione bisognerà prenderla.

attendo con ansia la pubblicazione dei bilanci di confindustria e dei sindacati.

che dici? potrebbe essere una battaglia da fare?
già che siamo liberisti...

Unknown ha detto...

Guarda, il bilancio di Confindustria non l'ho sotto mano ma non mi risulta sia particolarmente difficile da trovare.
gli ultimi che avevo visto io erano tenuti su dai dividendi del Sole24ore.
E credo che spulciando il Sole dopo l'assemblea qualche dato ci sia.
Negli ultimi anni è stata fatta parecchia pulizia da quanto so.

Non esiste un vero consolidato perché è impossibile (oltretutto tecnicamente non sono partecipazioni incrociate). Va detto però che tutte le principali associazioni a quanto ne so lo fanno anche certificare.

Poi ci sono le varie società di servizi. E spesso per alcune associazioni che fanno le fiere (tipo la BIMU) il burro è lì.

La battaglia da fare è sulla rappresentanza più che sui bilanci.

Per i sindacati, ci pensi chi è iscritto a verificare come spendono i suoi soldi.

Millennium Bags ha detto...

putroppo credo che spetti a tutti capire come spendono i soldi i sindacati e soprattutto le fonti (ritenute, caf, ecc.)

e solo offrendo la massima trasparenza delle associazioni imprenditoriali è possibile chiedere che il sindacato faccia altrettanto.

ciò detto concordo sul problema della rappresentanza che fa rima con indipendenza in questo caso ;-)

pollodimare ha detto...

Noto con piacere che hai deciso di trattare l'argomento.
Una precisazione, Scaroni è già stato Presidente di Confindustria Venezia alcuni anni fa; divertente la nemesi storica per cui Luca Marzotto, autocandidato alla poltrona di Venezia, è figlio dell'ex Presidente di Confindustria Vicenza di cui il padre di Scaroni era direttore generale. Evidentemente conosce bene quel mondo. Ho vissuto anni fa questi temi prima di andarmene da Confindustria Padova, è vero che le aziende collegate sono spesso la vera fonte di business, però ti segnalo il caso di Interconfidi Nordest di Padova, poi diventato Banca Popolare di Garanzia che, con una perdita di 18 milioni di € nel 2008 su un capitale di 15 milioni è in procinto di fallire. Penso che qualche PM se ne interesserà.

Unknown ha detto...

@pollodimare

Scaroni dir gen Marzotto mi mancava.
Per la cornaca mi sono andato a vedere wikipedia, lettura interessante http://it.wikipedia.org/wiki/Paolo_Scaroni
So che ci sono diverse associazioni dove già ci sono certe situazioni.
Ma un conto è che ci sia qualcuna di queste situazioni, un conto è un bel progetto completo per essere direttamente ai vertici.

Per Interconfidi lo so (e anche in Lombardia c'è chi non sta troppo bene) e sentivo voci su chi è Presidente nazionali e su aree che fanno riferimento a lui non troppo in buona salute.

pollodimare ha detto...

Il padre di Scaroni era dir. gen. di Confindustria Vicenza, non di Marzotto.
Sulla rappresentatività ho sempre pensato che la presenza dei grandissimi sia un ostacolo; l'esperienza di Confcommercio in questo mi dà ragione.
A mio avviso una Confindustria senza FIAT ma con tutti i soggetti dell'indotto sarebbe stata un'ottima cosa; peccato non sia accaduto. I vari governi avrebbero potuto negoziare gli aiuti a Fiat da una posizione di maggior forza avendo dietro la Confindustria dei soli piccoli. E' solo un'opinione personale ovviamente, so che dissenti. In quanto alla presenza come associati di ENEL, ENI, FS, POSTE e compagnia cantante dico solo che si tratta di una follia.

Bugaz ha detto...

Nel sistema Confindustria ci ho lavorato e oltre a Enel citerei anche i conflitti di interesse inevitabili che nascono dall'associare PosteItaliane e Telecom (due gruppi che almeno nella mia territoriale hanno pure reclamato posti in giunta).

Passando al bilancio consolidato di gruppo, è veramente impossibile averlo, anche perchè ogni associazione è formalmente indipendente da Confindustria, ogni anno paga semplicemente una quota alla struttura nazionale, non c'è un rapporto di controllo. Tuttavia, su Il Mondo (allegato del Corriere) della settimana scorsa c'era un interessante servizio sui "numeri" di Confindustria (entrate, dipendenti, società controllate)...non male.

doktorfranz ha detto...

Conosco piuttosto bene l'argomento che tratti e - devo dire - la situazione veneziana, che coinvolge anche qualche amico, mi causa alcuni mal di pancia.
Avevo pensato di scrivere un post decisamente aggressivo (in realtà, una prima stesura è pronta già da oltre un mese), ma la mia posizione ne rende poco opportuna la pubblicazione, almeno per ora.
Mi limiterò, allora, a ribadire ciò che penso - e vado dicendo - fin da quando si iniziò a parlare del possibile ingresso di "costoro" in Confindustria, ormai da un decennio: è un errore ed un'incongruenza, per tutta una serie di motivi abbastanza evidenti.
Mi auguro che, oggi, l'offensiva degli Scaroni-boys serva a facilitare quel chiarimento che la stessa Emma Marcegaglia sembra voler raggiungere, quando sillaba - dal palco della territoriale trevigiana - "noi stiamo con il vice-presidente Costato, contro le lobbies dell'energia".
Francamente, si può anche fare a meno delle (pur cospicue) risorse fornite dalle ex partecipazioni statali, non della credibilità e dell'indipendenza: io taglierei i ponti, senz'alcun rimpianto.

Unknown ha detto...

Quando al consiglio direttivo della mia territoriale è stato comunicato che grazie all'accordo con le poste aumentava di una trentina (gli sportelli!!) il numero degli associati, ho avuto un sussulto, pensando allo sportello delle poste della piccola frazione in cui la mia impresa ha la sede. Mi sono alzato, ho chiesto la parola, e ho chiesto, "A quando le parrocchie in Confindustria?". Perchè il parrocco, stretto tra i tagli del vescovo, le entrate che calano, ed i servizi da offrire alla comunità, un po' di gestione imprenditoriale la deve seguire, almeno lui...