giovedì 17 febbraio 2011

Cecità



Mi perdonerà Roberta Milano (che sul turismo è più brava di me ed un punto di riferimento) se invado il suo campo.

Leggo nella newsletter mattutina del Sole 24 Ore che Bocca, presidente di Confturismo, dà la colpa (anche) alla tassa di soggiorno per il calo delle presenze in Italia (purtroppo non c'è online al momento).
Mi viene voglia di proporre una nuova teoria economica, quella della sindrome "Jake Blues", "non è stata colpa mia".

Ma Bocca ha fatto un giro nelle strutture turistiche in Italia e magari fatto un po' di comparazioni con l'estero?
Certo, qui ci sono vincoli enormi anche "esterni" alle strutture turistiche, che vanno dai trasporti pubblici alla pulizia, agli orari dei musei ecc.
Ma sarebbe utile prima di tutto guardarsi in casa.

Il "value for money" (se non si usa un po' di inglese in economia non si è credibili) delle strutture turistiche italiane è spessissimo molto basso. Alberghi e ristoranti cari, carenti di servizi e spesso anche di ciò che non costa nulla: un po' di gentilezza.
Raramente mi capitano strutture che mi fanno venire voglia di tornarci.
Più spesso mi capita di vedere quelle piccole e grandi disattenzioni, e non sono il solo, che mi fanno capire che siamo mille miglia lontani da un concetto di servizio alla persona adeguato ai tempi.

Non mi interessa pagare, con quello che costano gli hotel in Italia, qualche euro di tassa di soggiorno (che esiste tra l'altro in moltissimi paesi e sperando che venga usata per migliorare la città), mi interesserebbe invece avere servizio e trattamento adeguati a quanto (spesso tanto) pago.

Non vorrei  Bocca avesse su un paio di occhiali scuri, li tolga, magari vedrà più chiaramente la situazione.

2 commenti:

Nime ha detto...

Purtroppo posso dire per esperienza personale che hai ragione, caro imprenditore.

Abito in una delle aree "storiche" del turismo italiano, dove siamo abituati ad accogliere visitatori fin dall'immediato dopoguerra.
Mi è bastato spostarmi in zone "un po' meno rodate" per sentirmi una mucca da mungere (e avanti un altro) piuttosto che una gradita visitatrice.
A Siena, per esempio, siamo stati incanalati a forza in un parcheggio a pagamento. Si pagava, e caro, per qualsiasi visita ai monumenti: vuoi vedere il duomo? Paghi. Vuoi vedere il battistero, entrando dalla parte posteriore del duomo stesso? Paghi di nuovo... Ci siamo accontentati della piazza e degli splendidi scorci della città, almeno quelli erano davvero "pubblici".
E che dire delle terme di Porretta, che propongono soggiorni da sogno nelle pubblicità ma la struttura cade letteralmente a pezzi? http://blog.kobracrea.com/2009/01/come-ti-distruggo-il-marketing/

Insomma, a parte alcune realtà in cui l'accoglienza fa parte della cultura locale più che del lavoro turistico in sè; abbiamo ancora tanto da imparare!

nellifirenze ha detto...

secondo me dietro al calo di presenze turistiche c'è un problema ancora + a monte: la totale incapacità di molti hotel e strutture ricettive nel promuoversi online.
e non parlo di facebook, twitter e tutto il mondo del web 2.0 ma di un livello ancora + base.
i siti internet sono centrati sugli effetti speciali e non sui desideri /bisogni dei turisti, sono costruiti in modo da essere completamente invisibili a Google (che infatti ci dice che ogni anno ci perdiamo 13 milioni di presenze per causa di cio), le traduzioni sono fatte da traduttori automatici che trasformano una località come Forte dei Marmi in Strongly of Marbles.. e rendono i turisti perplessi di fronte a certi sfondoni. E anche quelli che investono in un madrelingua gli affidano un testo da tradurre..

Nella mia esperienza lavorativa quasi mai ho trovato un sito di un hotel con contenuti pensati per culture diverse, come se vendere un agriturismo a un turista italiano sia la stessa cosa che farlo a un tedesco, un inglese o un americano.

e per rifarsi a cio' che dice Nime: dopo esser stati spennati, i turisti ne parlano sui social media, sui blog e su tripadvisor.. e anche in questo caso pochi sono gli albergatori che aprono il dialogo.