venerdì 12 agosto 2011

Il vero, grande rischio

Sono (ero?) una persona fortunata, l'ho sempre detto, e faccio parte di quelli che probabilmente pagheranno il 10% di tasse in più. A fronte dell'oltre 40% che già pagano. Vale a dire lavorare più per questo stato inefficiente e sprecone che per me.

C'è però un problema fondamentale.
Che io, come molti miei colleghi onesti (quelli che non hanno la holding in Lussemburgo, che non pagano tangenti, che pagano tutte le tasse, che rispettano le norme di sicurezza, non fanno lavorare gente in nero, ecc) mi sto scoraggiando e mi sto chiedendo se ne vale la pena.
Ne vale la pena di fare un lavoro che non ha orario, che comporta pressioni mentali e morali fortissime, che comporta rischi penali enormi (il PM d'assalto è sempre dietro l'angolo) che dà soddisfazioni ma anche una quantità di rotture di scatole e situazioni nelle quali mandare giù amaro elevata?
Vale la pena di avere un investimento che permetterebbe di vivere praticamente di rendita probabilmente fino all'età della pensione e oltre ma che ormai rende quasi nulla?
Vale la pena di scontrarsi ogni giorno con collaboratori, leggi. leggine, mercato, concorrenti disonesti?

Molti ormai cominciano a pensare che no, non ne vale la pena.
E immaginano di andarsene da questo paese o semplicemente chiudere l'attività.

Quindi il vero, grande, rischio, è se che chi fa l'imprenditore molla, chi crea lavoro?
Chi alimenta la società di servizi?
Chi paga le tasse?

Il lavoro, checché ne pensino le persone, i sindacati i politici che "vogliono più lavoro" cresce se qualcuno investe, se qualcuno immagina e crea prodotti o servizi che qualcun altro sia disposto a pagare per avere. Se su ciò costruisce una azienda.
Il lavoro cresce se le aziende e i loro soci trovano le motivazioni per investire, che sono naturalmente il rendimento atteso. E il rendimento deve essere tale da coprire il rischio.
Investe se poi uno dal suo lavoro ci ricava uno stipendio o un guadagno che gli permetta di vivere decentemente secondo le sue aspettative.
Ci sono oggi queste condizioni in questo paese?

No, lo scrivono ormai tutti in tutte le salse.
Ci sono le condizioni per i mercati protetti come utilities, professionisti con i loro ordini, grandi aziende (che hanno un tax rate del 25% perché hanno 1000 modi per ottimizzare i loro carichi fiscali).
Ci sono le condizioni per le aziende scorrette quelle che fanno lavorare in nero (perché poi vendono in nero), pagano tangenti, vivono nel sottobosco della politica o della criminalità.

Insomma, una meritocrazia al contrario che espelle dal sistema la parte sana e quindi diventa sempre più marcio.
E che porta inevitabilmente al disastro sociale, alla guerra civile perché, come abbiamo visto a Londra, ogni barriera morale è saltata e ormai conta "avere", in qualsiasi modo, sia anche il saccheggio.
Perché se nessuno crea lavoro le nostre famiglie devono comunque mangiare, avere una casa in cui stare.

E l'unica categoria che crea lavoro che paga le tasse (mantenendo servizi per i meno fortunati e i servizi basilari dello stato) è quella di chi fa il mio mestiere.
Se ci fate scappare conviene poi trovare la bacchetta magica o la lampada di Aladino.

2 commenti:

Mirko Gastaldo Brac ha detto...

Bravo. Sottoscrivo ogni singola parola.

Doge ha detto...

Anch'io sottoscrivo ogni singola parola. Penso che con il 2012, troverò altre soluzioni, la pressione fiscale nel mio settore è allucinante (mi occupo di design, una professione non è riconosciuta in Italia anche se tutti parlano e straparlano di made in Italy).