giovedì 8 gennaio 2009

Imprese in affanno

Leggo spesso articoli e lamentele sulla mancanza di credito nelle PMI.
E spesso l'equazione che chi si è indebitato lo ha fatto per crescere e adesso, proprio lui che ha rischiato, si trova in difficoltà a causa delle banche che stringono i cordoni.

Ci si dimentica che però ci sono modi ben diversi di indebitarsi e per mantenere una equilibrata struttura finanziaria.
Tralascio quelli (spesso citati nei commenti) che usano l'azienda come vacca da mungere per fare la bella vita.

Ma ci si dimentica che la "crescita" è un valore positivo se porta una crescita armoniosa, dove l'azienda cresce anche nei margini e con un progetto chiaro.

Nella mia esperienza invece spesso si assiste a crescite squilibrate.
Dovuto quasi sempre alla scarsa capitalizzazione delle PMI aziende italiane.

L'errore più comune è quello di finanziare gli investimenti con debito a breve (anticipi fatture o addirittura scoperto di conto). Questo è un errore da matita rossa che si paga caro in questo periodo.

Ma l'errore che molti fanno (sia pure da matita blu) è quella di crescere senza tenere d'occhio il circolante.
Un'azienda che cresce aumenta le necessità di capitale per acquisti, magazzino e credito clienti.
Poi è molto più facile far crescere il fatturato concedendo forti dilazioni di credito ai clienti, che già spesso se le prendono da soli. E che agli agenti non costano nulla.
Col risultato che i margini ci sono ma vengono usati per pagare interessi alle banche.

Spesso nelle PMI poco organizzate il concetto di flussi di cassa è quantomeno fumoso.

Allora se non è armoniosa e pianificata la crescita non è un valore.

Forse vale la pena fermarsi, fare un po' di cassa, organizzare meglio l'azienda, verificare bene i margini e poi ricominciare la corsa.
Non si può sempre correre senza fiato di riserva. La maratona la vince chi sa dosare le forze, non chi parte più forte all'inizio.

10 commenti:

Francesco ha detto...

E' vero quello che asserisci sul debito a breve e sulla crescita di fatturato a margine zero.
Ideale, ma forse discutibile, è invece a mio avviso l'idea di fermarsi per riorganizzare l'azienda. Quella attuale è già una situazione di stallo "forzato" nella quale bisogna lottare, quindi muoversi, agire quotidianamente.

Unknown ha detto...

Mai dimenticare il lungo termine rincorrendo il quotidiano.

E proprio la crisi offre il momento ideale (anche per le dinamiche interne alle aziende) per la riorganizzazione delle linee prodotti. Se ce ne sono a margini negativi.

Se tutto va bene si tende a sopportare queste linee che i product manager dicono sempre che presto diventeranno redditizie.
E la corte di chi ha in loro il proprio potere (o lavoro)le difende a spada tratta.

In un momento come questo invece è più facile (e necessario) tagliarle.

bisogna muoversi, ma se sei in acqua e ti muovi coordinato (nuotando) stai a galla, se ti muovi in modo inconsulto vai a fondo più velocemente.

Francesco ha detto...

Se arriva un'onda anomala (leggi crisi) non basta saper nuotare per restare a galla....meglio cercare di stare fuori, il più lontano possibile!

Unknown ha detto...

mi sa che la variabile "panico" in questo periodo disturbi un po' la capacità di guardare in maniera lucida alla realtà aziendale. Poi io sono un dipendente, e parlare come se si fosse nelle scarpe degli altri non è mai elegante... :)

Anonimo ha detto...

vero,la cosa piu' difficile e' far capire che vendere senza guadagnare e' un non senso.adesso poi va di moda guardare il margine contributivo del cliente nel complesso.Lei che ne pensa di questo approccio?

Unknown ha detto...

@anonimo

noi lavoriamo a livello globale con diverse linee di prodotto.
Con prezzi abbastanza differenziati nelle varie aree del mondo.

Personalmente da sempre analizziamo sia la redditività (lavorando principalmente sui margini di contribuzione non amando il direct costing) per cliente che per linea di prodotto.

Per famiglia di articoli è evidente il perché.

Per cliente per capire se il mix di prodotti/prezzi è redditizio.
E a volte accetti clienti a basso margine ma alti volumi in mercati molto competitivi. Oppure sacrifichi in particolari fasi (vedi andamento dollaro) i margini per mantenere i mercati.
Ma deve essere temporaneo e fatto consapevolmente.

Non so se mi sono spiegato e ho risposto.

Anonimo ha detto...

Spiegato benessimo tanto che mi permetto di insistere con una altra questione,quella del momento in cui dire no al cliente.Insomma soprattutto adesso credo ci siano clienti che sono in sofferenza,non pagano,magari da due -tre mesi(dopo aver mandato insoluta la fattura magari a 120gg) e chiedono ulteriori dilazioni e merce,oppure chiedono sconti tali che uno si domanda se vale la pena fornirli.Lei ha una traccia generale di comportamento in questi casi.dove dire stop?o perche' non incassa o perche' poco c'e'poco margine con il rischio di perderlo definitivamente.

Unknown ha detto...

dico la mia, poi prendetela come l'idea di un area manager che non rischia del suo in fondo...
fondamentalmente dipende dal cliente: se è storico o appena arrivato, se ti chiede uan mano lui in un momento di difficoltà o racconta balle a tutto spiano. C'è da pensare che tutto il tempo investito nel fare "recupero crediti" è comunque un costo per l'azienda, ed avendo insoluti troppo lunghi si finisce per fare da "banca" al cliente, ed è un costo anche questo. Bisogna considerarli tutti...

Anonimo ha detto...

Certo che uno considera tutto,ma si metta nei panni di chi rischia i soldini propri.cosa fare,quale regola di massima ,se c'e', ,seguire,qual'e' il punto in cui se perdo il cliente(paura di essere fesso)ho comunque la certezza che il rischio per tenerlo non vale piu' la candela.e poi se continuo a dare merce a che punto smetto? tenendo conto che se smetto poi lo perdo e in aggiunta o concesso maggior credito.Vorrei sentire la risposta se possibile di chi rischia del suo.

Anonimo ha detto...

Purtroppo l'errore "da matita blu" è quello commesso dalla mia azienda!
E, molto probabilmente, basta e avanza per far fallire un azienda che in 6 anni è passata da 50 a 8000 dipendenti!
Visto che questa crisi era prevista, un imprenditore che commette questo tipo di errore è da "bocciare"! Non voglio essere vendicativo ma alle 8000 persone che verranno lasciate a casa senza cassa integrazione (perchè nel nostro settore non è prevista) chi glie lo va a dire che era un errore da poco?