Ciclicamente chi fa il mio mestiere si trova con persone che dicono cosa deve fare, come si deve comportare e lezioncine varie.
Non ultimi, come da commenti di oggi su questi blog, anche "manager" che si vanno allegramente ad aggiungere a politici, sindacalisti e persone della strada.
Dando già per scontato che lo fanno dei dipendenti geni incompresi.
Un po' l'effetto allenatore (di gran moda in questi giorni di mondiali) per il quale abbiamo 50 milioni di commissari tecnici della nazionale e un pirla che non capisce nulla che è stato messo lì (probabilmente perché raccomandato, o leccaculo ecc ecc) a farlo davvero.
Se è così chiaro e semplice fare l'imprenditore, e quelli che lo fanno sono chiaramente degli incapaci, magari lì solo perché figli di papà; perché tutte queste persone non fanno una bella azienda che conquista il mercato ad ampie falcate e fa fallire gli incapaci?
Io vivo di mercato, non ho protezioni di sorta, non abbiamo aiuti di stato e siamo anche tra quei pazzi che pagano le tasse e cercano di comportarsi correttamente.
Oltretutto è una azienda famigliare portata avanti da raccomandati entrati in azienda in quanto parenti del "padrone".
Insomma la schifezza assoluta.
E non ci sono particolari barriere d'ingresso. Basta avere dei buoni tecnici in grado di mettere assieme un progetto (se ce la facciamo noi, via non sarà difficile no?) e due soldini per fare un po' di investimenti.
Dovrebbe essere un gioco da ragazzi.
Eppure vedo gente (manager compresi, anzi per primi) che parla, parla, parla e spara sentenze. Ma che stranamente non si mette a fare l'imprenditore.
Le scuse saranno le solite, "le banche non aiutano", "il mercato è bloccato" ecc ecc, le solite scuse. Se mi lamento io o altri siamo dei lamentosi sempre lì a lagnarsi.
Ma certamente per loro è diverso.
Eppure per un manager capace e con i contatti giusti non sarà difficile far partire in quattro e quattr'otto un'azienda di successo. Cosa ci vuole?
E ci sono tanti manager che l'hanno fatto e ce l'hanno fatta (Colaninno per parlare di uno famoso, faceva il manager di De Benedetti, ma ne conosco molti altri).
Ci sono tante altre persone che ci provano ogni giorno, magari con poche risorse e confidando nelle loro idee, partendo da dipendenti, neppure da dirigenti.
Ma la maggior parte restano allenatori da bar, capaci di parlare davanti ad un caffé corretto grappa e poco più.
Insomma come si dice, al solito "son tutti finocchi col culo degli altri".
lunedì 21 giugno 2010
giovedì 17 giugno 2010
Grosso quanto?
Quando eravamo ragazzi era in voga un giochino su certe dimensioni.
Il tempo passa ma in fondo non cresciamo mai.
La crescita dimensionale delle aziende sembra essere il "must", siamo passati da piccolo è bello a "crescere, crescere".
Ma come da ragazzi abbiamo imparato che le dimensioni non sono tutto, dovremmo ricordarcene anche quando parliamo di aziende.
Grande o piccolo è relativo, posso fatturare 20 milioni ed essere piccolo e fatturare un milione ed essere grande.
Estremizzando se faccio pasta e fatturo 20 milioni di fronte a Barilla sono piccolo, se faccio 1 milione con il formaggio di fossa probabilmente sono grande (sparo a caso non ho idea del business totale del formaggio di fossa).
Questo per fare capire che le dimensioni piccole o grandi non sono significative, se non le rapportiamo al settore di appartenenza e che ci sono fior fiore di aziende "piccole" che magari fatturano tra i 5 e i 10 milioni e sono tra i leader mondiali del loro prodotto di nicchia.
Il problema della dimensione nasce quando il mercato mi richiede dei servizi di un certo tipo, che sono quelli standard del mio settore, e che per riuscire a finanziare devo spalmare su un fatturato adeguato al settore.
Per l'export è più un problema di mentalità e attitudine che di costi, per cominciare non servono cifre folli. Certo, se uno è un artigiano è difficile, ma se parliamo di aziende appena appena strutturate si può partire anche con cifre affrontabili.
Il problema principale è poi quello dell'innovazione e della capacità di investimento.
Anche noi, anni fa, abbiamo abbandonato una linea di prodotti perché eravamo troppo piccoli per competere e richiedeva una quantità di investimenti fattibili solo con volumi che noi non raggiungevamo.
Ma l'innovazione, in molti settori, è (ancora) spesso più un problema di persone ed attitudine che di soldi. Le buone idee possono venire anche alla piccola azienda, e permetterle di crescere.
C'è poi l'opportunità, importante, di fare rete per chi produce sottosistemi, ma per quello mi darò ispirare successivamente.
Il tempo passa ma in fondo non cresciamo mai.
La crescita dimensionale delle aziende sembra essere il "must", siamo passati da piccolo è bello a "crescere, crescere".
Ma come da ragazzi abbiamo imparato che le dimensioni non sono tutto, dovremmo ricordarcene anche quando parliamo di aziende.
Grande o piccolo è relativo, posso fatturare 20 milioni ed essere piccolo e fatturare un milione ed essere grande.
Estremizzando se faccio pasta e fatturo 20 milioni di fronte a Barilla sono piccolo, se faccio 1 milione con il formaggio di fossa probabilmente sono grande (sparo a caso non ho idea del business totale del formaggio di fossa).
Questo per fare capire che le dimensioni piccole o grandi non sono significative, se non le rapportiamo al settore di appartenenza e che ci sono fior fiore di aziende "piccole" che magari fatturano tra i 5 e i 10 milioni e sono tra i leader mondiali del loro prodotto di nicchia.
Il problema della dimensione nasce quando il mercato mi richiede dei servizi di un certo tipo, che sono quelli standard del mio settore, e che per riuscire a finanziare devo spalmare su un fatturato adeguato al settore.
Per l'export è più un problema di mentalità e attitudine che di costi, per cominciare non servono cifre folli. Certo, se uno è un artigiano è difficile, ma se parliamo di aziende appena appena strutturate si può partire anche con cifre affrontabili.
Il problema principale è poi quello dell'innovazione e della capacità di investimento.
Anche noi, anni fa, abbiamo abbandonato una linea di prodotti perché eravamo troppo piccoli per competere e richiedeva una quantità di investimenti fattibili solo con volumi che noi non raggiungevamo.
Ma l'innovazione, in molti settori, è (ancora) spesso più un problema di persone ed attitudine che di soldi. Le buone idee possono venire anche alla piccola azienda, e permetterle di crescere.
C'è poi l'opportunità, importante, di fare rete per chi produce sottosistemi, ma per quello mi darò ispirare successivamente.
mercoledì 16 giugno 2010
Confusione
Secondo me ormai c'è un po' di confusione.
La mia impressione è che i padri costituenti con "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro." intendessero una cosa diversa da quello che pensa la gente.
Secondo me intendevano che la gente deve lavorare, magari in parte anche per lo sviluppo e il bene comune.
Oggi spesso si scambia il "lavoro" con l'avere uno stipendio e cercare di fare il meno possibile. Ci sono anche diversi libri di discreto successo in proposito.
Peccato che lo stipendio sia il corrispettivo del lavoro e della produttività, quindi se il lavoro non è produttivo e non si paga:
PS lo so che la produttività dipende anche dalle scelte aziendali ma l'esperienza mi dice che le persone in gamba e che sanno nuotare sono le prime che abbandonano le barche che fanno acqua.
La mia impressione è che i padri costituenti con "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro." intendessero una cosa diversa da quello che pensa la gente.
Secondo me intendevano che la gente deve lavorare, magari in parte anche per lo sviluppo e il bene comune.
Oggi spesso si scambia il "lavoro" con l'avere uno stipendio e cercare di fare il meno possibile. Ci sono anche diversi libri di discreto successo in proposito.
Peccato che lo stipendio sia il corrispettivo del lavoro e della produttività, quindi se il lavoro non è produttivo e non si paga:
- o nessuno misura e non si capisce bene chi paga
- o troviamo qualcun altro che con il suo lavoro compensa il nostro non lavoro
- o sul medio termine il nostro posto, non produttivo, sparirà
PS lo so che la produttività dipende anche dalle scelte aziendali ma l'esperienza mi dice che le persone in gamba e che sanno nuotare sono le prime che abbandonano le barche che fanno acqua.
martedì 15 giugno 2010
Controllo per chi?
Qualche giorno fa si discuteva su Friendfeed sui problemi per avviare una Srl, si parlava di capitale sociale.
Per inciso non ero d'accordo sul poterla fare con un capitale inferiore al minimo attuale (dovrebbe essere 10.000 Euro).
Ma uno dei grandi ostacoli per una capitalizzazione adeguata è il collegio sindacale.
In pratica o si porta il capitale ad una cifra veramente elevata, ma se si è nei dintorni della soglia non conviene.
Non conviene sia per un problema di costi (il collegio è relativamente caro per una PMI) sia perché comunque c'è un maggiore controllo, e, da quando sono aumentate le responsabilità dei sindaci, i controlli sono fatti seriamente e a volte possono essere visti come una rottura di scatole dall'imprenditore.
Secondo voi avere già un controllo in azienda serio porta un qualsiasi beneficio per l'azienda?
Pensate bene: nessuno.
Così come essere certificati per iso di qualità, ambiente, sicurezza non porta alcun beneficio all'azienda.
I controlli vanno fatti, è una cosa sacrosanta, anzi in Italia se ne fanno troppi di forma e pochi di sostanza, ma non sarebbe bene che chi ha già un controllo avesse un qualsiasi beneficio rispetto a chi non li ha? Anche solo per compensare i maggiori costi che sostiene per un controllo che è continuativo e non spot come quello delle istituzioni.
Il Collegio Sindacale poi è un limite alla crescita della capitalizzazione delle aziende in un momento in cui dovremmo favorire l'opposto.
E allora, che so, rendere deducibili completamente gli interessi passivi, le auto (responsabilizzando il collegio sulla inerenza), rendere più flessibili gli ammortamenti e cose di questo genere potrebbe essere una via.
PS lo so che il collegio, soprattutto nelle società pubbliche è un bel business. Non ho detto di abolirlo, ma di trovare una compensazione.
Per inciso non ero d'accordo sul poterla fare con un capitale inferiore al minimo attuale (dovrebbe essere 10.000 Euro).
Ma uno dei grandi ostacoli per una capitalizzazione adeguata è il collegio sindacale.
In pratica o si porta il capitale ad una cifra veramente elevata, ma se si è nei dintorni della soglia non conviene.
Non conviene sia per un problema di costi (il collegio è relativamente caro per una PMI) sia perché comunque c'è un maggiore controllo, e, da quando sono aumentate le responsabilità dei sindaci, i controlli sono fatti seriamente e a volte possono essere visti come una rottura di scatole dall'imprenditore.
Secondo voi avere già un controllo in azienda serio porta un qualsiasi beneficio per l'azienda?
Pensate bene: nessuno.
Così come essere certificati per iso di qualità, ambiente, sicurezza non porta alcun beneficio all'azienda.
I controlli vanno fatti, è una cosa sacrosanta, anzi in Italia se ne fanno troppi di forma e pochi di sostanza, ma non sarebbe bene che chi ha già un controllo avesse un qualsiasi beneficio rispetto a chi non li ha? Anche solo per compensare i maggiori costi che sostiene per un controllo che è continuativo e non spot come quello delle istituzioni.
Il Collegio Sindacale poi è un limite alla crescita della capitalizzazione delle aziende in un momento in cui dovremmo favorire l'opposto.
E allora, che so, rendere deducibili completamente gli interessi passivi, le auto (responsabilizzando il collegio sulla inerenza), rendere più flessibili gli ammortamenti e cose di questo genere potrebbe essere una via.
PS lo so che il collegio, soprattutto nelle società pubbliche è un bel business. Non ho detto di abolirlo, ma di trovare una compensazione.
domenica 13 giugno 2010
Quale Cina?
Come spesso accade quando si parla di qualcosa si tende a generalizzare.
Un po' come quando si dice che gli imprenditori evadono le tasse.
Sono affermazioni frutto da una parte del sentire comune o di "medie" tra le varie sfumature.
Ma il mondo, notoriamente, non è bianco o nero ed esistono infinite sfumature di grigio.
Per la Cina vale lo stesso discorso.
Esistono oggi tante Cina, come esistono, chi può negarlo, diverse Italia.
Nel mondo del business per quella che è la mia esperienza la Cina è molto simile all'Italia.
A fianco di aziende che sono cresciute e sono attori importanti sul mercato globale, con propri reparti di R&D, di progettazione, di marketing, organizzate come vere aziende esiste tutto un sottobosco che vive ai margini della legalità.
Per intenderci, aziende come l'ormai tristemente nota Foxconn sono quasi sicuro che non fanno copie, pagano poco, ma in modo allineato al mercato locale i dipendenti, ha una sua struttura.
E producono prodotti di buona qualità-
Poi ci sono migliaia di aziende del sottobosco che operano ai limiti (per non dire oltre) della legge.
Sono piccole aziende che schiavizzano i dipendenti, vivono di copie, di prodotti di pessima qualità, magari contenti materiali dannosi per la salute.
Non molto distante dall'Italia di un po' di anni fa, e per certi versi, in alcune zone, anche di quella di oggi.
Di quale Cina parliamo allora quando, come nei commenti di qualche recente post si accusano gli imprenditori italiani di non voler accettare la concorrenza?
Dai dati che ho produrre con qualità comparabile alla nostra costa, in Cina, tra il 30 e il 40% in meno (almeno nel metalmeccanico) che, intendiamoci, è moltissimo.
Ma ben lontano da quell'80% in meno che a volte si vede sul mercato.
Il problema di noi piccoli è che come concorrenti ci troviamo questi piccoli fuorilegge, non le aziende serie ed organizzate.
Ed è questo che ci fa alterare.
Ma vale non solo per le aziende cinesi. Chi lavora non in regola in Italia, parimenti, ci fa concorrenza sleale.
Noi la nostra parte la facciamo, e se non la facciamo il mercato ci punirà.
Ma vorremmo competere senza trucchi.
Un po' come quando si dice che gli imprenditori evadono le tasse.
Sono affermazioni frutto da una parte del sentire comune o di "medie" tra le varie sfumature.
Ma il mondo, notoriamente, non è bianco o nero ed esistono infinite sfumature di grigio.
Per la Cina vale lo stesso discorso.
Esistono oggi tante Cina, come esistono, chi può negarlo, diverse Italia.
Nel mondo del business per quella che è la mia esperienza la Cina è molto simile all'Italia.
A fianco di aziende che sono cresciute e sono attori importanti sul mercato globale, con propri reparti di R&D, di progettazione, di marketing, organizzate come vere aziende esiste tutto un sottobosco che vive ai margini della legalità.
Per intenderci, aziende come l'ormai tristemente nota Foxconn sono quasi sicuro che non fanno copie, pagano poco, ma in modo allineato al mercato locale i dipendenti, ha una sua struttura.
E producono prodotti di buona qualità-
Poi ci sono migliaia di aziende del sottobosco che operano ai limiti (per non dire oltre) della legge.
Sono piccole aziende che schiavizzano i dipendenti, vivono di copie, di prodotti di pessima qualità, magari contenti materiali dannosi per la salute.
Non molto distante dall'Italia di un po' di anni fa, e per certi versi, in alcune zone, anche di quella di oggi.
Di quale Cina parliamo allora quando, come nei commenti di qualche recente post si accusano gli imprenditori italiani di non voler accettare la concorrenza?
Dai dati che ho produrre con qualità comparabile alla nostra costa, in Cina, tra il 30 e il 40% in meno (almeno nel metalmeccanico) che, intendiamoci, è moltissimo.
Ma ben lontano da quell'80% in meno che a volte si vede sul mercato.
Il problema di noi piccoli è che come concorrenti ci troviamo questi piccoli fuorilegge, non le aziende serie ed organizzate.
Ed è questo che ci fa alterare.
Ma vale non solo per le aziende cinesi. Chi lavora non in regola in Italia, parimenti, ci fa concorrenza sleale.
Noi la nostra parte la facciamo, e se non la facciamo il mercato ci punirà.
Ma vorremmo competere senza trucchi.
venerdì 11 giugno 2010
Trolling
La voglia di mettere la registrazione per commentare è forte.
Ma resisto.
Però fatemi un favore personale, inventatevi uno pseudonimo e firmate, anche Alan Ford, Paperoga o Gastone va bene. Spesso non partecipo ai commenti perché c'è una fila di anonimi e basta.
Ma resisto.
Però fatemi un favore personale, inventatevi uno pseudonimo e firmate, anche Alan Ford, Paperoga o Gastone va bene. Spesso non partecipo ai commenti perché c'è una fila di anonimi e basta.
Fai ciao ciao con la manina
Mi sono definitivamente stufato.
Stufato di leggere che la principale occupazione del Governo (oltre a rubare, naturalmente) è quella di difendere gli interessi personali del Presidente del Consiglio, dei ladrones che lo circondano, di gente che ormai si pensa intoccabile.
Il mondo sta collassando e il pensiero in Italia è porre la fiducia per le intercettazioni?
Ci avevo sperato, per un momento, tanti anni fa. Che un po' di liberismo potesse arrivare in Italia.
Finita l'illusione un opposizione anti-industriale e incapace mi faceva turare il naso e immaginare fosse il male minore.
Adesso basta però, qui non è più questione di turarsi il naso, la cacca è ben sopra il naso ed è impossibile difendersi.
Egregio Presidente del Consiglio se fare politica (che è l'arte di mediare e studiare scenari) non le piace, si levi dalle palle e torni a comandare nella sua azienda.
Anzi, facciamo una cosa, si levi dalle scatole e basta che ogni giorno che passa Lei e i quaqquaraquà che la circondano sta facendo di tutto per confermare tutto il male che si dice di Lei.
Stufato di leggere che la principale occupazione del Governo (oltre a rubare, naturalmente) è quella di difendere gli interessi personali del Presidente del Consiglio, dei ladrones che lo circondano, di gente che ormai si pensa intoccabile.
Il mondo sta collassando e il pensiero in Italia è porre la fiducia per le intercettazioni?
Ci avevo sperato, per un momento, tanti anni fa. Che un po' di liberismo potesse arrivare in Italia.
Finita l'illusione un opposizione anti-industriale e incapace mi faceva turare il naso e immaginare fosse il male minore.
Adesso basta però, qui non è più questione di turarsi il naso, la cacca è ben sopra il naso ed è impossibile difendersi.
Egregio Presidente del Consiglio se fare politica (che è l'arte di mediare e studiare scenari) non le piace, si levi dalle palle e torni a comandare nella sua azienda.
Anzi, facciamo una cosa, si levi dalle scatole e basta che ogni giorno che passa Lei e i quaqquaraquà che la circondano sta facendo di tutto per confermare tutto il male che si dice di Lei.
martedì 1 giugno 2010
Modelli di business
Questa notizia dà l'idea di cosa si muove nel mondo della tecnologia oggi.
So già cosa pensate, eccolo qui un altro che parla dell'iPad. Non sono molto interessato all'oggetto ma al modello di business.
Credo che pur con le dovute proporzioni certi esempi dovrebbero fare pensare anche il piccolo artigiano.
Quale è oggi il business di Apple?
Secondo me i servizi, anzi è una media company che vende contenuti (quante apps per ogni ipad? moltiplicato milioni).
Così come Google, che si sta trasformando (se non lo è già) nella più grande media company globale.
L'hardware è solo una parte del business.
Apple credo sia oggi il più grande distributore globale di musica attraverso Itunes.
Con l'iPhone, e ancora più con l'iPad, diventerà probabilmente il più grosso distributore globale di software.
E se volete vendere musica e/o software e/o pubblicità/servizi (altro non sono le apps delle aziende) sarà difficile fare a meno del più grande distributore già presente a livello globale.
Perché non è venuto in mente a una vecchia media company di fare un grande, efficiente, motore di ricerca? Anche solo delle news.
Perché il loro ciclo produttivo era consolidato, codificato, di successo per decine di anni, basato su schiere di giornalisti e sulla carta.
Come la maggior parte dei dinosauri hanno guardato con sufficienza e fastidio quelle tarme che piano piano sembravano cibarsi degli avanzi. E quando si sono accorti che stavano mangiandogli le basi sulle quali erano poggiati era tardi.
E come i dinosauri, grossi, lenti, con i loro enormi corpi o sapranno evolversi in qualcosa di più adattabile, veloce, snello o si estingueranno.
Anche se si agitano per proteggere il loro business nel solito modo antico.
Sembrava impossibile eh?
E come fanno business Google e Apple? Con numeri enormi, grandissimi, quote di mercato da monopolista (ma per colpa degli altri) e prezzi bassissimi.
Nessuno pensa a come risparmiare piratando una app da 79 centesimi o due euro, è più lo sforzo del risultato.
E la canzone che ti piace che costa solo 1 euro la prendi anche d'istinto se sei un utilizzatore saltuario, piuttosto che sbatterti fra mille siti pirata o cercare l'amico che te la può dare.
A maggiore ragione se sei già collegato ad itunes per le apps.
Perché queste cose servono anche all'artigiano?
Perché evidenziano intanto che per chi ha idee buone lo spazio c'è sempre. E che può (ma non per forza deve) essere globale.
Perché dimostra che oggi conta più il servizio dell'hardware, e l'artigiano è il re del servizio. Cos'è la personalizzazione, la fuoriserie, se non l'apoteosi del servizio con un prodotto mio e solo mio?
Ma c'è anche lo spazio per l'hardware sei contenuti sono adeguati.
Vendibile tra l'altro ad un prezzo molto più elevato dei concorrenti.
Ma ci vuole design, interfaccia, marketing, poi un ottimo buzz e un sacco di evangelisti in giro.
Perché non posso diventare la Apple dei piastrellisti del mio quartiere?
Offrendo un servizio diverso, più accurato rispetto ai miei concorrenti, ad esempio con un accordo con una agenzia di pulizie e lasciando la casa lustra invece di un cesso dopo il lavoro (lo so che costa, ma state ricadendo nel modello attento ai costi e non ai servizi).
Il problema è sempre lo stesso. Pensare in grande, pensiero laterale per non farsi trascinare dalle prassi consolidate. E coraggio, tanto coraggio.
Se poi c'è un leader carismatico e visionario il mondo può essere vostro.
E non è vero che in Italia non ci sono le condizioni per una Apple o una Microsoft. Non ci sono le condizioni mentali, probabilmente. Perché siamo così occupati a guardarci l'ombelico e a lamentarci che non vediamo il treno che passa.
So già cosa pensate, eccolo qui un altro che parla dell'iPad. Non sono molto interessato all'oggetto ma al modello di business.
Credo che pur con le dovute proporzioni certi esempi dovrebbero fare pensare anche il piccolo artigiano.
Quale è oggi il business di Apple?
Secondo me i servizi, anzi è una media company che vende contenuti (quante apps per ogni ipad? moltiplicato milioni).
Così come Google, che si sta trasformando (se non lo è già) nella più grande media company globale.
L'hardware è solo una parte del business.
Apple credo sia oggi il più grande distributore globale di musica attraverso Itunes.
Con l'iPhone, e ancora più con l'iPad, diventerà probabilmente il più grosso distributore globale di software.
E se volete vendere musica e/o software e/o pubblicità/servizi (altro non sono le apps delle aziende) sarà difficile fare a meno del più grande distributore già presente a livello globale.
Perché non è venuto in mente a una vecchia media company di fare un grande, efficiente, motore di ricerca? Anche solo delle news.
Perché il loro ciclo produttivo era consolidato, codificato, di successo per decine di anni, basato su schiere di giornalisti e sulla carta.
Come la maggior parte dei dinosauri hanno guardato con sufficienza e fastidio quelle tarme che piano piano sembravano cibarsi degli avanzi. E quando si sono accorti che stavano mangiandogli le basi sulle quali erano poggiati era tardi.
E come i dinosauri, grossi, lenti, con i loro enormi corpi o sapranno evolversi in qualcosa di più adattabile, veloce, snello o si estingueranno.
Anche se si agitano per proteggere il loro business nel solito modo antico.
Sembrava impossibile eh?
E come fanno business Google e Apple? Con numeri enormi, grandissimi, quote di mercato da monopolista (ma per colpa degli altri) e prezzi bassissimi.
Nessuno pensa a come risparmiare piratando una app da 79 centesimi o due euro, è più lo sforzo del risultato.
E la canzone che ti piace che costa solo 1 euro la prendi anche d'istinto se sei un utilizzatore saltuario, piuttosto che sbatterti fra mille siti pirata o cercare l'amico che te la può dare.
A maggiore ragione se sei già collegato ad itunes per le apps.
Perché queste cose servono anche all'artigiano?
Perché evidenziano intanto che per chi ha idee buone lo spazio c'è sempre. E che può (ma non per forza deve) essere globale.
Perché dimostra che oggi conta più il servizio dell'hardware, e l'artigiano è il re del servizio. Cos'è la personalizzazione, la fuoriserie, se non l'apoteosi del servizio con un prodotto mio e solo mio?
Ma c'è anche lo spazio per l'hardware sei contenuti sono adeguati.
Vendibile tra l'altro ad un prezzo molto più elevato dei concorrenti.
Ma ci vuole design, interfaccia, marketing, poi un ottimo buzz e un sacco di evangelisti in giro.
Perché non posso diventare la Apple dei piastrellisti del mio quartiere?
Offrendo un servizio diverso, più accurato rispetto ai miei concorrenti, ad esempio con un accordo con una agenzia di pulizie e lasciando la casa lustra invece di un cesso dopo il lavoro (lo so che costa, ma state ricadendo nel modello attento ai costi e non ai servizi).
Il problema è sempre lo stesso. Pensare in grande, pensiero laterale per non farsi trascinare dalle prassi consolidate. E coraggio, tanto coraggio.
Se poi c'è un leader carismatico e visionario il mondo può essere vostro.
E non è vero che in Italia non ci sono le condizioni per una Apple o una Microsoft. Non ci sono le condizioni mentali, probabilmente. Perché siamo così occupati a guardarci l'ombelico e a lamentarci che non vediamo il treno che passa.
Iscriviti a:
Post (Atom)