giovedì 17 giugno 2010

Grosso quanto?

Quando eravamo ragazzi era in voga un giochino su certe dimensioni.
Il tempo passa ma in fondo non cresciamo mai.

La crescita dimensionale delle aziende sembra essere il "must", siamo passati da piccolo è bello a "crescere, crescere".

Ma come da ragazzi abbiamo imparato che le dimensioni non sono tutto, dovremmo ricordarcene anche quando parliamo di aziende.

Grande o piccolo è relativo, posso fatturare 20 milioni ed essere piccolo e fatturare un milione ed essere grande.
Estremizzando se faccio pasta e fatturo 20 milioni di fronte a Barilla sono piccolo, se faccio 1 milione con il formaggio di fossa probabilmente sono grande (sparo a caso non ho idea del business totale del formaggio di fossa).

Questo per fare capire che le dimensioni piccole o grandi non sono significative, se non le rapportiamo al settore di appartenenza e che ci sono fior fiore di aziende "piccole" che magari fatturano tra i 5 e i 10 milioni e sono tra i leader mondiali del loro prodotto di nicchia.

Il problema della dimensione nasce quando il mercato mi richiede dei servizi di un certo tipo, che sono quelli standard del mio settore, e che per riuscire a finanziare devo spalmare su un fatturato adeguato al settore.

Per l'export è più un problema di mentalità e attitudine che di costi, per cominciare non servono cifre folli. Certo, se uno è un artigiano è difficile, ma se parliamo di aziende appena appena strutturate si può partire anche con cifre affrontabili.

Il problema principale è poi quello dell'innovazione e della capacità di investimento.
Anche noi, anni fa, abbiamo abbandonato una linea di prodotti perché eravamo troppo piccoli per competere e richiedeva una quantità di investimenti fattibili solo con volumi che noi non raggiungevamo.
Ma l'innovazione, in molti settori, è (ancora) spesso più un problema di persone ed attitudine che di soldi. Le buone idee possono venire anche alla piccola azienda, e permetterle di crescere.

C'è poi l'opportunità, importante, di fare rete per chi produce sottosistemi, ma per quello mi darò ispirare successivamente.

11 commenti:

woman ha detto...

Sull'argomento reti oramai sono una specialista e ancora non si sa' nulla a riguardo... anche perche' non si sa' come in realtà consolidare le realta' che ne fanno parte per presentarsi come unica voce. Per l'internazionalizzazione sono d'accordo, non serve poi una struttura grandissima. E come spesso dico io "piccolo potrebbe essere bello" ;) ... chissà prima o poi paleserò questa mia tesi sul blog.

Anonimo ha detto...

Imprenditore

Ha detto che la dimensione non é importante, ma non ha motivato la scelta di rimanere piccoli.

E, a prescindere dalla sua ditta, delle ragioni ci devono pur essere, data la situazione italiana.

Che in un caso non sia importante essere grandi, puó essere anche vero magari. Ma che un paese abbia poche ditte grandi--e di quelle poche ancor meno con vantaggi competitivi sostenibili--é chiaramente un punto di interesse.

È vero che le dimensioni non sono la prioritá. La redditivitá e un vantaggio competitivo sostenibile in una nicchia sono meglio di dimensioni grandi ma competizione sui prezzi.

Ma le dimensioni dei vantaggi concreti li possono portare. Nell´R&D, ad esempio, nelle economie di scala, nei rapporti con i fornitori e con i clienti, nella promozione della marca e dei prodotti... nella diversificazione delle strutture produttive, nell´acquisizione di informazioni specifiche sui differenti mercati, ecc.

Anche l´accesso ai mercati dei capitali diventa piú facile, volendo.

Non so cosa produca lei, ma per molte ditte medie e medio-piccole in Italia penso che la competizione di ditte grosse nei paesi emergenti creerá problemi seri in futuro. Anche per il paese: per l´impatto sull´occupazione, sulle entrate fiscali, ecc.

Secondo me, un´economia basata su distretti che operano con tante piccole ditte ha piú passato che futuro.

Anonimo ha detto...

PS

Ho scordato il nick:

Troll

:)

Sorry

Jakala ha detto...

La struttura/strutturazione la possiedi con aziende medio-grandi in Italia, perché una struttura significa o tanto personale o persone molto competenti e quindi che riescono a coprire più ruoli bene, ma che costano però.

Ci sono molte aziende anche con fatturati grandi che in realtà sono rette dal "paron", il direttore di produzione ed un paio di venditori smart.

Se anche le piccole fossero strutturate ci sarebbe uno sbocco anche per la massa di laureati che produciamo

Jak

Anonimo ha detto...

PS2

Le ditte piú grandi, piú prestigiose e con piú fondi hanno anche maggiori opportunitá di assumere personale qualificato.

Quando emergono concorrenti grandi che hanno vantaggi sui costi di finanziamento, economie di scala, maggiori investimenti in R&D, personale con qualifiche ed esperienza superiori, maggiori capacitá di promuovere marchio e prodotti e si trovano in una posizione piú forte nei confronti di clienti e fornitori, credo che il piccolo rimarrá "bello" solo in pochi casi specifici, piuttosto che come modello generale.

Non irrilevante é anche il fatto che in altri paesi ci sono vantaggi sistemici, sia legati alla produzione che ai mercati di sbocco.

Dato che le ditte medie e medio-piccole caratterizzano l´economia italiana e che delle grandi ce ne sono piuttosto poche veramente competitive, la questione del perché ció avviene sia rilevante.

Un fattore credo che sia la normativa. L´accesso ai finanziamenti penso sia un altro. Ma anche e, forse, soprattutto c´é un fattore culturale, che si manifesta in modo variegato.

Non vado oltre, altrimenti sono sicuro che mette la registrazione obbligatoria...

:p

Troll

Woman ha detto...

Beh se parliamo di persone... posso essere sincera ? Io nelle G.I. non ho mai visto dei geni anzi penso che si concentri propri li' al piu' alta percentuale di persone che non vogliono prendersi responsabilità e che guardano (forse) solo il proprio orticello. Le persone piu' capaci e attive le ho sempre viste nelle pmi. Ho clienti di ogni dimensione e sinceramente vedo che piu' si sale di dimensione e piu' si trovano incompetenti... (poi ovviamente ci sono le eccezioni). NB. E qui si scatenera' l'inferno, scusami Imprenditore.

Anonimo ha detto...

Woman

Le ditte grandi possono diventare facilmente delle enormi burocrazie. Ed é anche vero che la carriera puó avanzare per ragioni diverse dal merito. Ma questo avviene anche nelle piccole, secondo me: basta guardare quanti dirigenti nelle ditte italiane sono figli o parenti del fondatore...

Guardando alle ditte grandi italiane, poi, si vedono esempi poco esemplari in cui le dimensioni sono diventate un vantaggio per le ragioni sbagliate (o mi dai, o licenzio...), oppure hanno attirato attenzioni indesiderabili.

A me pare comunque che le ditte grandi in molti casi possano offrire maggiori compensi, opportunitá di carriera e prestigio per i dipendenti e, quindi, avere maggior scelta. Se poi questa opportunitá la usano male, questo é un altro discorso.

La crescita dimensionale, altrettanto, é spesso un obiettivo fine a se stesso. Molte ditte crescono per M&A, nel contempo distruggendo valore per gli azionisti--e spesso addirittura minando il proprio vantaggio competitivo. Anche qui, dipende da come vengono fatte le scelte.

La crescita della ditta, se fatta perseguendo una strategia sostenibile e gestita in modo competente, puó portare vantaggi concreti. Tali vantaggi, poi, potrebbero diventare essenziali per la sopravvivenza se diventano lo standard del settore. Ossia, se sono adottati dalla concorrenza potrebbero diventare una condizione minima per poter competere.

La mia impressione é che in Italia ci sono diverse ragioni che disincentivano la crescita. Per alcune ditte non sará un problema, ma per il paese nel suo complesso sará, secondo me, un notevole svantaggio.

Troll

Anonimo ha detto...

Faccio un esempio concreto di quello che sto pensando:

Un imprenditore ha un´idea di come realizzare un prodotto con un rapporto qualitá/prezzo migliore della concorrenza. L´imprenditore ha competenze specifiche riguardanti il processo di produzione, le caratteristiche tecniche del prodotto, ecc. Questo é avvenuto in molti casi, in Italia, in Germania, ecc.

Finché la ditta é piccola, molte decisioni avvengono per default, nel senso che non c´é molta scelta (va in banca: non c´é da valutare l´alternativa di quotarsi in borsa), e in modo informale (i 4 clienti li conosce, non c´é bisogno di fare acrobazie di marketing).

Se la ditta cresce, peró, diventano molto piú rilevanti competenze specifiche. Nel marketing, ad es., per le analisi di mercato, la ricerca sulle caratteristiche dei prodotti, ecc. In ambito finanziario, se si aprono alternative di finanziamento, per gestire finanziamenti, scegliere opzioni di investimento (anche in impianti o macchinari, ad es.), o per gestire flussi in valute diverse o la liquiditá... Oppure in ambito legale, se si esporta, se si valutano strutture alternative, riguardo al personale, ecc.

È raro che una singola persona possa avere tutte queste competenze e, se anche le avesse, sarebbe improbabile che avesse anche il tempo di occuparsi di tutto. Esternalizzare le consulenze é un´alternativa, ma non ottimale perché tutti questi aspetti devono essere coordinati in una strategia di lungo termine.

La risposta piú semplice é: chi me lo fa fare? Piccolo é bello!

Certo, finché nel paese ci siete Ugo e Gino a fare la stessa cosa e tutti e due tenete prezzi alti, non c´é problema. Diventare ricchi con poca fatica é molto meglio che diventare poveri facendo molta fatica.

Ma il punto é che tra un po´ ci saranno anche Pino che si é trasferito in Romania e il signor Wang che ha capito che in Cina riesce a produrre lo stesso prodotto ad un prezzo minore che voi tre... e quando cresce, oltre ai costi bassi, avrá anche economie di scala.

Forse Ugo, Gino e Pino se la caveranno comunque. Ma i dipendenti? E il paese??

Troll

Anonimo ha detto...

Ma per favore in questo periodo gli imprenditori sono capaci solo di tagliare i costi e cercare di ridurre il personale.
Quelli che prendono sono a termine e li vogliono pagare meno possibile.
Poi se uno è capace gli propongono comunque contratti a termine ( nelle vendite anche senza contratto ) ma i soldi per fare le inutili fiere, come dicono loro, li trovano sempre.
Reti? Ma che caso quelli che conosco parlano di rete solo per spendere meno a fare le fiere.

Anonimo Manager

Anonimo ha detto...

Anonimo Manager

È chiaro che devono ridurre i costi del personale. È l´unica cosa comprimibile.

Devono competere con paesi che hanno costi piú bassi e quindi prezzi piú bassi.

Mica possono comprimere il costo della burocrazia, delle tasse, delle carenze infrastrutturali, dei costi dell´energia e dei servizi piú elevati, ecc.

Comprimono i costi del personale. Poi tagliano gli investimenti. Poi comprimono i margini. Poi ci mettono dentro anche quello che hanno guadagnato in passato. Poi chiudono.

Quelli piú lungimiranti chiudono subito e, semmai, si trasferiscono.

È il sistema che crea queste condizioni.

Troll

Unknown ha detto...

Io non ho detto che occorre rimanere piccoli.
Probabilmente non so scrivere bene per spiegarmi.

Dico che a volte, e per certi settori, non è detto che si debba per forza diventare enormi.
Si può essere competitivi con la dimensione adeguata al mercato di riferimento.

@jakala
il problema dei laureati è un anno so problema di aspettative e competenze. Gli stessi laureati non amano (lo dico per esperienza) le PMI e preferiscono andare nella grande azienda.
Purtroppo spesso i laureati sono investimenti, arrivano che sanno fare poco o nulla e una volta formati spesso abbandonano la PMI che quindi non li ama particolarmente.
Per questo i laureati trovano più accoglienza nelle medie e grandi imprese.

Sul fatto che le grandi imprese abbiano alcuni vantaggi competitivi (non credo siano nell'ambito finanza ad esempio) è innegabile, ma non credo che il limite di crescita sia dovuto a scelte di competenza. Certo in qualche caso come sempre accade si, ma non generalizzato.

Secondo me il discorso delle aziende che non crescono molto in Italia è dovuto alla struttura industriale, molti per compensare costi e problemi di competitività di sistema si sono rifugiati nelle nicchie, appunto come dicevo nel post, e le nicchie permettono di crescere fino ad un certo punto.
Se si va verso il mercato dei grandi numeri allora si che nascono i problemi di gestione della crescita per acquisire le quote di mercato da strappare ai grandi.

E in Italia le grandi aziende non sono mai state amate. Soprattutto dai sindacati e dai politici, ad esempio.
E' più comodo avere piccole aziende ricattabili che grandi in grado di decidere e fregarsene dei condizionamenti.