L'argomento è d'attualità (di moda?) e ne ho parlato diverse volte anch'io (suscitando a volte reazioni contrastanti).
Il libro mi è piaciuto moltissimo, non nasconde le difficoltà o i problemi, intendiamoci, ma spiega semplicemente la realtà.
E se la prende (a mio parere giustamente) con scuola e genitori, responsabilizza i mitici precari e le loro scelte di vita. Dice quello che si dice da tempo che esiste un problema di struttura del welfare studiata negli anni '70 che non aiuta chi si trova nel mondo del lavoro della globalizzazione.
Racconta la verità, che la vita è dura. Che è stata dura anche per quelli della mia generazione (nati intorno al '60). Che il precariato, come ho detto anch'io qui qualche volta, è il costo dell'inamovibilità dei lavoratori a tempo indeterminato.
Il contrario di quello che cercano di trasmettere molti genitori oggi, proteggendo i loro "bambini".
Insomma, finalmente qualcuno non allineato al piagnisteo dei poveri ragazzi senza prospettive. Non a caso nella maggior parte dei casi i "precari" vivono nel sottobosco della pubblica amministrazione (università e simili). Nessun minatore, nessun operaio, no muratori idraulici & co.
Ho trovato molto interessante (magari più per i giovani che per chi ha un minimo di storia) la parte finale con una breve storia del lavoro.
Insomma, più che consigliato a tutti i giovani che si lasciano andare a lamenti e depressione.
Ho tra l'altro scoperto che la giornalista che l'ha scritto ha un blog, vero, non di supporto al libro
dove ha i commenti e risponde, per intenderci, e dove non parla ossessivamente del suo libro. Che è entrato nel mio blogroll.
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14 commenti:
Grazie. E' una grande soddisfazione rivedere quello su cui si è sudato, ma con gli occhi degli altri. Grande quando poi si ha l'impressione di essere riusciti a trasmettere un senso. Voglio aggiungere solo una cosa: oltre ad avere opinioni e una tesi, questo è un libro di storie: attraverso le vicende delle persone ognuno può trovare qualcosa per sé. Questo è stato, soprattutto, il mio tentativo. E continuo a farlo, perché credo che raccontare, raccogliere racconti, faccia parte del mio lavoro. Tutto ciò per dire che se qualcuno di qui vuole raccontare la sua storia di lavoro, e se mi sembrerà interessante, la pubblicherei volentieri sul blog.
E per me che sono uno dei "raccontati" il ritrovare opinioni positive su uno dei blog che leggo di piu' è ulteriore motivo di allegria.
Ringrazio Angela, non è usuale avere un commento da chi l'ha scritto al tuo commento su un libro :-)
Andrea, perdonami ma non ho capito qual'è il blog che leggi spesso, il mio o quello di Angela?
Una cosa che ho trovato nei "raccontati" è che per la maggior parte sono "imprenditori di se stessi" vecchia definizione ormai fuori moda e che forse Draghi vorrebbe rilanciare. Cercano di costruire il proprio futuro invece di subirlo.
Il precariato e' una vergogna.
onlinecasinomania.net
@ Anonimo
E allora per non essere precario ti dai al gioco d'azzardo?
Ottima scelta. Complimenti. non potrebbe esserci nulla di più distante dalla mia mentalità del gioco d'azzardo, che odio. Mai comperato neppure un biglietto della lotteria.
Mai entrato in un casinò.
Non sarà che il precariato è la conseguenza dell'incapacità della classe imprenditoriale a muoversi verso mercati/prodotti a maggiore valore aggiunto invece di continuare a pensare di poter stare sul mercato coi prezzi bassi (sulla pelle degli altri) sulla forza lavoro??
Probabilmente il precariato - che non esiste come parola, poichè si chiama flessibilità - è semplicemente l'espressione della gioventù di oggi di una assenza della volontà del rischio insito in ogni tipo di lavoro che ha fatto la fortuna dei nostri padri.
@ anonimo
C'era il comico che diceva "son tutti finocchi col culo degli altri".
Se è così semplice muoversi verso mercati/prodotti a maggiore valore aggiunto si accomodi. Spazio ce n'è per tutti.
Valore aggiunto? l'Ipod ha del valore aggiunto, ma lo fanno pure lui in Cina.
Non sarà che si fa fatica a trovare persone in gamba che ci aiutano a trovare prodotti/mercati a maggiore valore aggiunto? O tocca sempre solo tutto all'imprenditore?
@ Prime
Il libro parla di gente che si impegna. Leggilo, lo consiglio davvero.
I nostri padri avevano fame. Adesso il 70/80% preferisce essere mantenuto dai genitori o fare il lavoretto in nero che impegnarsi o sporcarsi le mani.
E i pochi che hanno voglia di fare ce l'avranno più facile nella desolazione generale.
Ci troveremo con gli immigrati ricchi perché fanno gli idraulici e i nostri giovani con le pezze al culo ma senza sporcarsi le mani.
saluto andrea...!
poi vorrei aggiungere che anche gli immigrati...non crediate che continueranno a fare sempre i lavoro che non ci piacciono. Sta arrivando un'ondata da India e Cina di immigrati laureati in materie scientifiche, motivati come noi non ce lo sogniamo più da 60 anni! Ancora l'Italia è un po' al riparo per via della lingua, ma arriverano anche qui e saranno dolori per i laureati italiani...altro che lavoretti da immigrati
scusate i refusi, la fretta!
rif: 6/11/07 07:23
..se non tocca ll'imprenditore a chi tocca rischiare?? Al tornitore? All'impiegato che paghi 1000 € perchè il suo lavoro può farlo chiunque?? Alla 20 enne che inserisce le fatture nel PC?
Certo che tocca all'imprenditore rischiare, chi ha mai detto il contrario.
Ma sempre ricordarsi che il guadagno è legato al rischio.
E lo scarso guadagno è legato, in parte, alla sicurezza del posto di lavoro.
Se ti riferisci al mio "tocca sempre tutto all'imprenditore" era per dire che con la complessità odierna le one man company sono finite. O c'è un team forte o non funziona.
E si fa fatica a trovare persone capaci (e sono pagate bene, ti assicuro) di aiutare l'azienda a trovare prodotti e mercati redditizi.
@l'imprenditore:
fortunatamente il libro lo avevamo già letto, non potevamo farci sfuggire qualcuno che finalmente ha la forza di dire le cose come stanno. Sono pensieri - per quel che ci è dato vedere - non così rari per fortuna.
Poi il vero problema è come tu giustamente dici la quasi totale impossibilità a trovare persone capace e disposte al sacrificio nel lavoro - chi ne ha alcune le deve assolutamente tenere ben strette. I problemi sono comunque riassumibili in una generale mancanza di mentalità vincente ed una propensione al piagnisteo diffusa.
@anonimo:
nel lavoro di oggi non c'è dubbio che debba rischiare in primis l'imprenditore. Ma ormai in un'ottima di lavoro che coinvolge tutte le fasi produttive, e dove una cospicua parte dell'ingaggio deve essere soggetta come in altri paesi al rendimento della singola persona, il rischio diviene condiviso in parte anche dal lavoratore.
@angela padrone:
pienamente in accordo. Quando questi arriveranno, e lavoreranno tutti senza tutele eccessive, e con stipendi che noi definiamo "da fame", ma con la stessa qualità che noi abbiamo, se non superiore, per allora chi non si sarà messo in riga con una nuova filosofia di pensiero morirà purtroppo.
Per imprenditore: scusa, ma io ho perso tutto nella vita. Spero solo nella dea fortuna. Buona vita a te che sei un imprenditore di successo.
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