sabato 3 novembre 2007

Pesi e spalle

Fare l'imprenditore è un bel lavoro.
Si fa solo se è una passione, visto che è molto impegnativo.
Ci vogliono spalle grosse e abitudine a sopportare pesi (prevalentemente psicologici) importanti.

E' una cosa pesante anche perché, pur se la cultura imperante dice il contrario, ogni mattina ci si alza e ci si chiede se le decisioni che si prenderanno potranno mettere in pericolo l'azienda. E con essa il futuro di chi ci lavora.
E vi assicuro che sentire che dalle proprie decisioni dipende (nel mio caso) il futuro di una cinquantina di famiglie non sempre è facile.
Forse è anche per questo che chi fa questo mestiere diventa un po' pieno di se, non si può vivere senza credere nelle proprie capacità, è in conflitto con la natura stessa del lavoro.
Beninteso non vuol dire non avere dubbi, di quelli viviamo, ma la convinzione di saper prendere la strada giusta quando si decide.
Dico sempre che se l'azienda va bene è grazie a chi ci lavora e se va male è colpa mia.

E qui si allaccia la gestione dei collaboratori.
Capita che un collaboratore si riveli non all'altezza della situazione.
Io l'ho sempre considerato un mio fallimento. La colpa non è mai da una parte sola.
Significa che l'azienda non ha saputo prima selezionare e poi formare e motivare quella persona. Gli investimenti sono stati elevati, l'introduzione di una persona ad un certo livello è impegnativa e costosa, ma non hanno portato i frutti sperati.
Purtroppo l'azienda non è un sistema di beneficenza, pertanto le situazioni vanno affrontate, rimandare, di solito, non fa che amplificare il problema.
Allora va affrontato, e vi assicuro che (salvo per qualche psicopatico che potrebbe avere questo tipo di perversioni) non è mai bello licenziare o perlomeno trovare un accordo per liberarsi di una persona.
Oltretutto ormai trovare personale decente è difficilissimo, non a caso ho sentito dire in una recente riunione Federmeccanica (si parlava del contratto naturalmente) che spesso si "tiene duro" e anche se si ha poco lavoro si cerca di tenere tutto il personale per evitare di perdere la principale risorsa dell'azienda.

Si perché nonostante quello che alcuni pensano sui padroni (quanto odio questa parola) le aziende sopravvissute all'ultima crisi e che vanno bene non possono che essere aziende dove i collaboratori sono il fulcro della strategia aziendale.
Il mondo di oggi è troppo complesso, la competitività delle aziende è spinta, l'organizzazione complicata, non è possibile dare il servizio atteso senza la collaborazione di tutti. E questo presuppone personale motivato e adeguatamente formato.

Faccio un esempio: i precari per eccellenza sono i lavoratori di call center. Quale è la vostra soddisfazione media quando contattate un call center?
Secondo me uno si stupisce quando trova una persona gentile che gli risolve il problema, cosa che dovrebbe invece essere la regola.
Davvero pensate che si possa mandare avanti un'azienda a botte di stagisti da tre mesi?

Insomma è tempo di capire che siamo tutti sulla stessa barca con oneri e onori e responsabilità commisurate. Certo io guadagno più di molti miei collaboratori. Ma rischio anche un bel po' di soldi e in fondo il ritorno sull'investimento è equilibrato.

E sarebbe ora che potessi essere più libero di adeguare il guadagno di tutti (come lo è il mio) all'andamento dell'azienda che vuol dire che a volte si può anche guadagnare meno.
Ma non credo si sia pronti a parlare di opportunità che comportano anche rischio in questo paese.

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Condivido molto di quello che dici, ma credo che se fosse possibile adeguare il guadagno di tutti all'andamento dell'azienda, la maggior parte delle aziende sarebbe sempre sull'orlo della bancarotta.

Marco ha detto...

se fosse una componente, quella economica, di un serio "progetto" di responsabilizzazione rappresenterebbe una vera manna.
il problema è spezzare una cultura che, da un lato e dall'altro, si è ossificata in aspettative mutuate dal parastato.

Unknown ha detto...

Ma io non penso assolutamente a qualcosa di obbligatorio, chi non ci crede può evitare di fare i pacchi al bilancio per farlo tornare e non pagare i bonus.

Penso a qualcosa tipo una quota di utile pagate le tasse, completamente defiscalizzato (le tasse le ha già pagate l'azienda) da distribuire ai dipendenti con un max dell'utile lordo, tipo 10%.

Chi vuole lo distribuisce, chi non vuole no.

Sarebbe il metodo per dimostrare nei fatti e non a parole quanto si crede nell'importanza del fattore lavoro.
E un fattore competitivo, una persona valida va in un'azienda dove partecipa agli utili in modo serio o in una che non lo fa?

Nico RnR ha detto...

Ho letto quello che hai scritto, e anche se non me ne intendo di imprenditoria, perchè 1 non sono un imprenditore e 2 sono molto giovane, condivido pienamente le tue parole. Vorrei tanto avere la possibilità di diventare anch'io un imprenditore, ma la mia unica passione è qualunque cosa che abbia a che fare con la musica (sono un musicista non professionale...magari lo fossi professionale), e con la musica qui in italia si fa la fame...almeno credo, giusto?

Marco ha detto...

vedi, uno ci può anche credere, ma la fatica più grossa è spendere quei denari in modo che valgano per quello che sono.

in un'azienda qui vicino che per vicende sue non se la passa bene ultimamente, l'imprenditore ha spiegato in una riunione con i dipendenti perché e come ha dovuto chiudere e ristrutturare alcune aziende del gruppo riportandole ad essere semplici reparti dell'azienda principale dopo averci messo di tasca sua qualche soldino nelle casse.
beh, il risultato di tanta premura nel coinvolgere tutto il personale sulle strategie e sul futuro dell'azienda è stato uno sciopero perché non ci sarebbero stati i premi produzione con tanto di bandiere del sindacato ai cancelli.

c'è anche questo limite culturale da sindrome "alitalia" da superare, non solo avere le risorse e la volontà di spenderle.

Anonimo ha detto...

Condivido parzialmente il tuo ragionamento.
Secondo me una grande questione irrisolta nei postumi nell'era della globalizzazione e' il ruolo dei lavoratori e del vincolo di "subordinazione" (non solo nel senso giuslavoristico del termine).
Un sistema *diverso* di relazioni industriali che richiede si una diversa consapevolezza (rispetto ai processi produttivi e macro-microeconomici) della forza lavoro ma anche una diversa disponibilita' al dialogo degli imprenditori (e quanti ancora hanno un atteggiamento da padrone del vapore?)
Infine non dimentichiamoci che mentre tu un domani non giudicassi piu' sufficiente il rientro potresti smobilitare il tutto e magari darti alla finanza (e molti tuoi colleghi negli ultimi 15 anni l'hanno fatto, chiedere a Gnutti - ad esempio - che su di loro ha costruito le sue fortune) un dipendente e' costituzionalmente piu' debole (in assenza di un welfare degno di questo nome).
Infine per curiosita' hai provato a fare una proiezione della tua idea sulla tua azienda per capire quanto potrebbe *pesare* sulle buste paga un tale cambiamento? (e perche' poi non introdurla ugualmente a livello di integrativo aziendale, pur con tutte le correzioni del caso?)

Anonimo ha detto...

Nella mia azienda è successo, una sola volta, a fine anno uno stipendio in più a tutti, una 14-esima.
Certo se si potesse defiscalizzare una quota di utile sarebbe meglio, pagare un premio produzione ha i suoi costi.
Quello che ancora non capisco è: dare gli eventuali premi/utili a tutti indiscriminatamente o a chi ha dimostrato più impegno? Nel primo caso c’è il pericolo “vacca”, ovvero di vedere premiati chi lavora poco e chi si è impegnato di più non la prende bene. Nel secondo caso c’è il pericolo “avvoltoio”, c’è gente che pur di raggiungere l’obiettivo farebbe veramente di tutto, conseguentemente il clima in azienda diventa pesante.

Anonimo ha detto...

Rispondiamo con la nostra un po a tutti.

Certamente il tuo discorso @l'imprenditore ha delle forti basi di fondamento. Quello che dici è in buona parte vero ed è una realtà con cui noi tutti imprenditori ci troviamo a dover avere a che fare ogni giorno.

Metto il punto su 2 cose che si dicevano:

1. a volte è più conveniente per l'azienda andare avanti in certi momenti a colpi di stagisti. Questo perchè come si diceva il personale che funziona è poco, molto poco e di difficile reperibilità.
Siamo imprenditori e dobbiamo pensare al nostro bene aziendale.

2. so di una interessante visione che vi riportiamo: molte ditte che conosciamo sono aziende che vanno avanti con uno strettissimo legame tra il loro profitto e lo "stipedio" del personale, che è per larga parte - dal 50% al 100% a volte - ancorato al sistema delle provvigioni. Sono aziende piccole, tutte comprese tra i 2 e i 30 collaboratori, quindi molto flesibili e gestibili, e hanno però una forte forza nel loro Mercato.
Questo perchè sono organizzate sempre in sistemi di Network che lavorano di comparto e quindi partecipano insieme in offerte anche di alto livello "quantitativo".

E' un sistema di business che nei servizi sembra funzionare molto ed avere una forza di espansione elevatissima nel Mercato.

Unknown ha detto...

@ Nico R'n'R
Le opportunità di fare l'imprenditore nel campo musicale sono molte...

@ Marco
Tutto tristemente vero. Infatti dicevo che probabilmente non si è pronti a certi discorsi in Italia.
Il sindacato e molti lavoratori vedono ancora il mitico "salario variabile indipendente"

@ Suarez
Sono deboli gli incapaci, in molte aree del Nord ormai le persone preparate possono "ricattare" le aziende.
Certo, magari più gli operai specializzati che lavorano con le mani sporche di molti colletti bianchi, ma proprio perché c'è il mito dell'ufficio.
Da noi i premi di produzione (liberali non esiste il contratto integrativo aziendale) come costo azienda non vanno molto lontani dal 10% dell'utile pre-imposte. Ma ci si paga una montagna di tasse (pur essendo deducibili)

@ Rino
Noi, essendo liberale, abbiamo uno dei fattori di calcolo che è il merito, ma incide poco. Chi lavora bene a mio parere deve avere uno stipendio più alto dei lazzaroni tutti i mesi, non nel premio di fine anno.
E poi dei lazzaroni bisogna liberarsi e fine.

@ Prime
Vero sulla difficoltà di trovare persone in gamba. Ma il lavoro fatto da uno stagista non può che essere approssimativo, a mio parere. Magari in aziende più strutturate della mia dove gli fai fare data entry va bene, ma se appena deve metterci del suo non credo funzioni.
Il discorso provvigioni e/o lavoro a progetto funziona bene nei servizi.
Ho difficoltà a immaginare un sistema a provvigioni per uno che è su una linea di montaggio a tirar bulloni.
Esisteva, si chiamava cottimo. Dovrebbe essere vietato, oggi.

Anonimo ha detto...

@l'imprenditore:
si trattava come correttamente tu indicavi di tutte aziende di servizi.