giovedì 6 novembre 2008

Culture

Chi opera sui mercati internazionali sa bene quanto contino le differenze culturali.

Sarebbe velleitario voler condurre una trattativa con un tedesco e nello stesso modo con un arabo o un sudamericano o un cinese.
Le differenze culturali contano ed influenzano moltissimo anche l'economia.

Ecco che allora la crisi in atto si ripercuoterà in modo ben diverso sulle diverse aree.

Prendendo le due più grandi macro aree di consumo Stati Uniti ed Europa, vedremo secondo me una grande differenza nei tempi e nei modi di uscita.

Gli Stati Uniti vivono sul debito e di debiti, con fortissima mobilità sociale e territoriale. Perdere un lavoro significa ripartire, cercare nuove opportunità, magari trasferirsi. Il futuro è un'opportunità e il segnale di un nero alla Presidenza, come dicono tutti i commentatori, è forte: tutti ce la possono fare (anche scherzandoci sopra).

In Europa viviamo in una società ingessata, poco flessibile.
Alle prime avvisaglie economiche, non essendo tradizionalmente abituati al debito ma al risparmio, sapendo che perdere il lavoro è un dramma, tiriamo i remi in barca e riduciamo i consumi.
La flessibilità del lavoro per le aziende è bassa.

Tutte cose positive e grandi conquiste, ma in un momento come queste economicamente pericolose.
Se tutti riduciamo le spese, la contrazione economica innesca una spirale che ci porta a ridurre ulteriormente. Non sono per lo "spendete" Berlusconiano, ma occorre trovare un giusto equilibrio.
Allo stesso modo la rigidità nel mondo del lavoro rende meno flessibili e adattabili alla situazione le aziende che rischiano di non riuscire a reagire nel modo giusto.
Noi poi viviamo in un paese dove, per quanto possa sembrare assurdo, è più facile chiudere completamente uno stabilimento che licenziare due o tre persone.

Insomma la mia grande paura è che gli USA passeranno brutti momenti ma ripartiranno pieni di entusiasmo, noi staremo qui a menarcela sul cosa fare e sul di chi è la colpa mentre gli altri ci passano davanti.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Condivido appieno la tua riflessione.
In Italia il Sistema Impresa e la Burocrazia ci soffoca.
Gli imprenditori passano piu' tempo intrappolati nelle carte e nelle leggi, piuttosto che a pensare ad una soluzione per attraversare il deserto.
Sui licenziamenti preferisco non commentare: io stessa ho un dipendente che dal dicembre 2005 mi manda un certificato ogni 15 giorni e occupa un posto per il quale ci sarebbe la fila di gente volonterosa e piu' meritevole di lui.
Per non parlare poi del nuovo Testo Unico sulla sicurezza... "equilibrio" e' una parola che non esiste nel vocabolario dei legislatori, sostituita da "fondamentalismo"...
E intanto nella mia provincia ci sono 3000 lavoratori in cassa integrazione...
E ora mi fermo se no faccio un trattato :)
... Buona giornata insomma...

Anonimo ha detto...

...e intanto leggo sull'ANSA di oggi:

Citi e Goldman: scatta taglio posti
Rispettivamente 3.200 e 9.100 dipendenti in meno

Anonimo ha detto...

Mah, il fatto che non ci sia flessibilità credo che valga soltanto per gli imprenditori onesti. Tutti quelli che conosco utilizzano manodopera in nero, stage fasulli, contratti a progetto fasulli, oppure fanno firmare al lavoratore una lettera di dimissioni al giorno dell'assunzione, che tireranno fuori il giorno che vorranno cacciarlo.
E se è un piantagrane, fanno di tutto per rendergli la vita impossibile (chiamandolo "testa di c..", "figlio di p..", facendogli fare i lavori più schifosi, ecc.) Se ciò nonostante non se ne va, lo licenziano lo stesso, tanto i tempi della giustizia italiana verrà reintegrato 10-15 anni dopo (e preferirà ricevere una piccola somma di denaro e ritirare la denuncia anziché morire di fame in attesa d'una sentenza). C'è anche chi costringe tutti gli altri dipendenti a dire falsa testimonianza contro il "rompi", così da poterlo accusare di furto, scarsa produttività, ecc..
Col libro matricola in formato elettronico (nel quale si possono aggiungere e cancellare dati come su una lavagna) sarà impossibile per un ispettore del lavoro dimostrare che uno lavorava in nero.

Sulla burocrazia non mi attendo molto, dopo che hanno silurato Bersani. Solo da noi la destra poteva scendere in piazza a difesa della lobby dei tassisti. Continueremo a dare migliaia di euro a un notaio per una firma, non potremo più comprare l'aspirina o la benzina al discount, per non parlare delle penali se chiuderemo un conto bancario o se vorremo trasferire un mutuo.

Anonimo ha detto...

Ma invece di confrontarci con gli USA non sarebbe meglio imparare dai paesi scandinavi? Sarà che mi piacciono le svedesi però non sono organizzati così male.

Unknown ha detto...

@ rino
ma son quattro gatti.
Un conto è dare certe prestazioni a 8 o 9 milioni di persone con senso civico, un conto a 60 milioni di furbi