domenica 6 maggio 2012

Investire per risparmiare

Normalmente si investe per risparmiare in fasi successive.
E' un po' che non scrivo di libri, perché leggo meno.
E perché leggo meno? 
Perché sono sempre attaccato ai social network con i (troppi) device elettronici anche in mobilità.

Proprio per questo, seguendola e stimandola da tempo, sono stato incuriosito da questo libro di Alessandra Farabegoli già uscito in forma elettronica e in uscita in forma cartacea.

Nello stile dell'autrice, che non a caso si definisce "distributrice di buonsenso" il libro si legge velocemente, senza troppi ghirigori e ripetizioni all'americana e contiene moltissimi suggerimenti, appunto, di buonsenso e operativi.
Cose che ognuno di noi probabilmente dovrebbe sapere (si parla di dieta informativa, e da lunedì tutti siamo a dieta vero?) ma che spesso non facciamo.

In molti punti mi ha costretto a fronteggiare mentalmente la mia pigrizia nell'affrontare certe tematiche che non amo e per le quali ogni scusa è buona.
E ribadisce fortemente l'ansia da notifica che quasi tutti abbiamo (è suonato un avviso sul cellulare proprio ora, che sarà?)

Ma oltre alla componente "psicologica" c'è una ampia spiegazione operativa, molto interessante, anche per gli utenti più "avanzati", con la spiegazione di metodologie e software che ci permettono di ottimizzare l'utilizzo della nostra risorsa più scarsa, il tempo.

Insomma investire un po' di tempo nel leggere il libro permette di ottimizzare e risparmiarne parecchio dopo.
Se poi siete "nuovi" sui social network e ve ne state appassionando è un must read.

E io spero di riuscire a mettermi a dieta, con una dieta equilibrata in ambedue i suoi significati.

giovedì 26 aprile 2012

Pubblico e privato

Cosa vuole dire "orientamento al cliente" & efficienza

le mie figlie fanno 2 università in due città diverse, una pubblica e una privata.

Una università fa tutto sul sito, magari migliorabile come navigabilità ma con tutto ciò che serve compresi scadenziari, scarico moduli, bollettini ecc. Da quanto so mia figlia viene avvista in tempo reale via mail di tutte le cose importanti.
Per il pagamento delle rette scarichi un RID in pdf dal sito, vai in qualsiasi banca (o dal tuo home banking) e paghi.

L'altra ha un sito con il look and feel fine anni 90, che nella maggior parte dei casi non funziona. Mia figlia è terrorizzata dalla prenotazione esami che quasi sempre non va, ma confortata dal fatto che i professori sapendolo se ti presenti ti accettano all'esame.
Per la retta da circa 2000 euro manda a casa, via posta, un comodo bollettino postale.
Immaginando che:
  1. non avendo un cavolo da fare (ho figlie in età da università, sarò già in pensione, no?) mi offrono il modo di passare una mattinata in posta per pagare il bollettino
  2. visto che non ho la minima idea di come fare per pagare oltre 1000 euro (quindi non posso usare il cash) e verosimilmente in posta non accettano gli assegni o carte di credito non emesse da loro dovrò magari fare la fila per sapere come pagare (assegno circolare?) per poi rifarla per pagare
  3. per facilitarmi le cose posso sempre aprire un convenientissimo conto postale per foraggiare la CDP
 Immagino di dovervi spiegare quale è pubblica e quale è privata, a questo punto.

martedì 17 aprile 2012

Una pazza idea

Si combatte il traffico tenendo fuori dai centri storici le automobili.
Ma una componente importantissima del traffico deriva dalla logistica, sempre più un big business dei nostri tempi.

Sul tema avrei però una modesta proposta.
Con l'accorciamento delle supply chain e il poco magazzino abbiamo sempre più consegne piccole e frequenti alla rete di vendita.
Spesso gestita da una grande quantità di diversi corrieri. Può quindi capitare che uno stesso negozio riceva o effettui diverse spedizioni lo stesso giorno con corrieri diversi.

Se fossi sindaco (inimicandomi il mondo):
  1. farei una gara per la gestione delle consegne in città che preveda solo veicoli elettrici e un magazzino di consolidamento delle spedizioni in arrivo per la città (e in uscita dal centro) fuori città, vicino ad una autostrada e con ferrovia. Favorendo la composizione di un consorzio tra grandi corrieri e padroncini locali.
  2. tutte le consegne per la città dovrebbero essere obbligatoriamente arrivare lì. La successiva consegna dovrebbe avvenire la mattina entro le 10.30 e pomeriggio entro 16.30 (solo per materiale urgente tipo medicinali/deperibile). La logistica dovrebbe e potrebbe consegnare il materiale dividendo la città a zone.
  3. chiuderei il centro a tutti i mezzi di trasporto merce che arrivano "da fuori"
  4. chiuderei completamente il centro alle auto dalle 8 alle 9.30 per evitare chi va al lavoro (e si, completamente vale anche per i politici)
Avremmo così una singola  consegna al giorno per ogni negozio con un percorso ottimizzato per zona e fatto con veicoli elettrici.

Pony, piccoli pacchi messaggeri ecc potrebbero girare solo in bici o motorino. Se devi consegnare roba grossa passa per la logistica.
Risparmieremmo una marea di traffico, centinaia di furgoni in doppia fila e alla fine secondo me anche dei soldi per l'ottimizzazione dei flussi.

Certo migliaia di padroncini mi odierebbero a morte.

venerdì 23 marzo 2012

La vittoria di Porro

Ieri la Giunta di Confindustria ha indicato Giorgio Squinzi come nuovo Presidente.

Squinzi è stato eletto con molti meno voti di quanto si attendeva e di quanto la stampa velinava.

Ci sono due problemi principali:
  1. non ha raggiunto (sia pure di un voto) la maggioranza della Giunta
  2. in giunta si vota per testa, non vengono pesati. Sia pure a voto segreto è abbastanza risaputo che Squinzi è passato con molti voti del sud. In assemblea i voti si "pesano" e in caso di scontro duro duro (al quale non credo) ci potrebbero essere delle sorprese. Visto che alcune aree che hanno appoggiato Bombassei sono molto più "pesanti"
Certamente nel prossimo periodo si cercherà un accordo, le squadre sono già all'opera.
Poi spero Confindustria saprà rigenerarsi e marciare compatta dietro al Presidente, come è sempre successo.

Io mi immaginavo una cosa di questo genere, è il grande difetto dell'attuale Presidente quello di non fare squadra e non costruire la successione.

E visto chi ha fatto la campagna elettorale e si era reso garante dei numeri in Giunta, chi sa un po' di cose Confindustriali capisce che quello nel titolo non è un errore di battitura ma una battuta.

mercoledì 21 marzo 2012

Lavoro e imprese

Giustamente il governo interviene su uno dei grandi problemi del nostro paese: il lavoro.
Giustamente lo fa da Governo. Senza sottostare a veti vari incrociati che da sempre sono proprio quelli che bloccano il paese, ivi compresi quelli della mia parte, Confindustria.

Ci sono però, visti dalla plancia di comando della nave che naviga nella tempesta due problemi fondamentali:
  1. la visione dirigistica dello "Stato etico" che vede, provvede e sa cosa è giusto
  2. l'applicazione poi sul campo, nel lavoro di tutti i giorni delle leggi (soprattutto da parte dei giudici)
E' innegabile che ci siano abusi da parte dei datori di lavoro, e molto spesso, badate, uno dei principali che hanno creato precariato è lo Stato.
A maggiore ragione in un momento di crisi intervengono la scarsità di posti di lavoro che portano qualcuno ad approfittarsene e la scarsità di lavoro per le aziende che costringe a sfruttare ogni cosa, spesso anche border line per diminuire i costi.
Ci sono settori come facchinaggio, servizi alla persona, pulizie dove, a fronte di una professionalità necessaria nulla, il costo del lavoro è quasi l'unico costo.
Non a caso in questi settori gli abusi di cooperative e contratti atipici sono esplosi.
Spesso a causa dello Stato stesso che fa appalti al massimo ribasso e poi non paga regolarmente, creando situazioni esplosive di persone già sottopagate che neppure ricevono lo stipendio.
Mi chiedo come verranno risolte le questioni delle aziende che lavorano con appalti stracciati per lo Stato e che secondo le nuove regole andrebbero pesantemente bastonate.

C'è poi tutta una fascia dove invece è necessaria una buona professionalità ma non vi è continuità di lavoro. Mi viene in mente tutto il settore start up web, informatica, ricerca.
In questo caso la partita iva è a volte una scelta del collaboratore stesso, perché in periodi di lavoro scarso può lavorare per altri, spesso perché comunque molti dei lavoratori del settore non amano la rigidità dell'essere dipendenti (orari, subordinazione).
In altri casi è la società stessa che cerca di mantenere flessibilità e abbassare il costo del lavoro il più possibile.
L'idea che arrivi in azienda l'INPS a fare le pulci e decida che i dipendenti sono trasformati a tempo indeterminato (spero in questo caso senza sanzioni retroattive per l'azienda) che lo desiderino o no, badate bene, è una bomba a mano messa nella sede della società. Che in moltissimi casi potrebbe lasciarci le penne.
In informatica va anche considerato che purtroppo le cose cambiano talmente velocemente che una azienda può cambiare e spostarsi tra varie tecnologie e necessità con cambiamenti che richiedono forti cambiamenti nel personale.
Un dipendente con posto fisso che non si aggiorna e si "siede", intanto è garantito, in aziende con pochi dipendenti diventa una palla al piede terribile. Un consulente può o cercarsi lavoro in un altro posto dove hanno necessità della sua professionalità o è incentivato ad aggiornarsi.

Voglio poi vedere il testo per il discorso somministrazione e contratti a termine, ma spero si ricordino che ci sono aziende che fanno prodotti stagionali (Panettoni, uova di Pasqua, gelati, vivai, agricoltura) e che hanno strutturalmente la necessità di prendere persone stagionali.
Penalizzarle o irrigidirle significa minarne la competitività.

Per quanto riguarda i licenziamenti non so quante volte ho detto, con mille altri, che l'obiettivo delle aziende non è licenziare. Ogni licenziamento è un piccolo fallimento personale, perché non si ha più il lavoro o perché non si è stati in grado di scegliere la persona giusta.
Con quello che costa nella complessità odierna (ho detto che le basse professionalità sono già sfruttate con modi diversi) formare un collaboratore perché lavori bene con tempi e qualità adeguati, le aziende usano il licenziamento come estrema soluzione.
Basta guardare quanto, in questi anni di crisi, le aziende abbiano sfruttato fino all'ultimo la cassa integrazione per tenere il personale. Ad onor del vero ci sono casi di aziende decotte dove la CIS è voluta dal sindacato ma quello è stato eliminato nella riforma.

Il problema non è mai stato licenziare, i modi e i motivi si trovano.
Il problema (che è irrisolto e assegnato alla riforma della giustizia) sono sempre stati i giudici e i tempi.
L'applicazione delle leggi è sempre stata "proteggere il lavoratore contro l'azienda cattiva".
Gli esempi si sprecano, dai ladri dei bagagli di Malpensa reintegrati all'artigiano che il giudice ha fatto assumere come dipendente a tempo indeterminato in quanto mono committente.

Quando le aziende fanno i conteggi di costo-opportunità ad oggi avevano come spada di damocle la durata del processo (e il fatto che spesso il dipendente avviava la causa dopo un anno per alzare la posta degli arretrati) e il reintegro.

Oggi in parte con una sanzione economica minima e massima, mentre il reintegro c'è solo in caso di discriminazione questo è in parte risolto.
Il problema nasce dalle mensilità fissate come minimo e massimo di indennizzo per i licenziamenti.
Quando si fa una trattativa, infatti, queste diventano la base.
Sia il lavoratore che il datore di lavoro hanno tutto l'interesse a trovare un accordo preventivo per una uscita morbida e un conto è partire da un massimo di 6 mesi e uno da 15.
Una cosa che non ho capito è se questa indennità sarà proporzionale agli anni lavorati.

L'atteggiamento dei giudici di cui si parlava è un grande problema per le aziende.
Che sanno già che probabilmente il dipendente (favorito dall'orientamento dei giudici) avvierà la causa di lavoro:  se esiste il minimo appiglio per licenziamento discriminatorio, altrimenti per licenziamento ingiusto.
Fare una offerta per una uscita soft comporta usare (nell'ambito delle valutazioni del rischio di causa) come base gli indennizzi di legge.
Che sono costosissimi per le piccole imprese o una start up.

Insomma tutta la riforma è da leggere bene, ma credo che il primo impatto saranno ulteriori problemi per le assunzioni.
L'esatto opposto dell'obiettivo che ci si era posti.
Con una fortissima ed estrema attenzione oltretutto ai contratti non a tempo indeterminato che saranno anche precari ma almeno sono una occasione.
Temo fortemente che molte delle attività a quel punto verranno subappaltate, magari all'estero se possibile (pensate a tutto lo sviluppo web).

sabato 18 febbraio 2012

Donne

Nonostante il titolo e il periodo di farfalle e l'opinione che si ha degli imprenditori vorrei parlare di donne e lavoro, sollecitato da Arianna Visentini su twitter a seguito di un suo articolo su La Voce. Pensavate parlassi di gnocca eh? Beh, abbandonate pure mi è venuto una specie di poema.

Premetto che come sempre sarò poco political correct, come nel mio stile, ma dirò ciò che penso.

In azienda da noi abbiamo parecchie donne, sia in produzione (anche se dei cambiamenti di produzione le hanno fatte diminuire rispetto al passato) sia in ufficio.
Siamo una azienda che tende ad inserire persone giovani quando può quindi ciò vale anche per le donne.
Tempo fa, per questo, siamo arrivati ad avere 4 donne in maternità (su poco più di 50 dipendenti, non su 500) con tutti i problemi che ciò comporta (un paio nello stesso settore).

Non ci siamo mai posti grossi problemi di "genere" anche se in certi lavori magari tendiamo ad avere "preferenze" per un genere. Alcuni lavori produttivi abbiamo visto che per necessità fisiche proprio le donne non riescono a farli, in altri preferiamo le donne perché magari più adatte (piccoli assemblaggi).
In ufficio abbiamo un mix e se forse è un po' scontato nelle funzioni è perché le persone che ci sono capitate e abbiamo considerato adatte alla posizione erano  "scontate".
Assumiamo le persone se le consideriamo adatte alla posizione, fregandocene abbastanza del contorno, per capirci fra uno bravo e uno meno bravo in mobilità (si risparmierebbe) prendiamo quello (per noi) migliore.
Non abbiamo stagisti, le poche volte che li abbiamo avuti facevano gli stagisti, non gli impiegati, cercando di insegnargli qualcosa. Usiamo abbastanza gli interinali ma per i picchi produttivi o esigenze in ufficio temporanee. Molti entrai come interinali sono assunti a tempo indeterminato.
Fatte le doverose premesse per inquadrare "l'ambiente" un po' di mie esperienze sul tema (senza pretesa che siano significative).

Problema principe: la maternità.
Per una azienda come la nostra è una gran rottura di palle. Le persone lavorano in grande autonomia usando sistemi informatici ampi e a tratti complessi, seguendo tutto il processo (per dire alle vendite uno segue dall'offerta all'emissione fattura, tutto il ciclo) cosa che necessita di parecchia formazione ed esperienza.
Quindi la mancanza di una persona per maternità la rende non immediatamente e facilmente sostituibile, siamo anche in pochi e spesso certe attività sono seguite da singola persona, c'è un backup ma è un backup non certo in grado di svolgere il tutto al meglio (e ha già le sue cose da fare).
Alcune hanno lavorato come se niente fosse fino all'ultimo e sono rientrate il prima possibile, alcune hanno sfruttato tutto lo sfruttabile. Ci sta, non tutti siamo uguali e alcuni hanno la tendenza a vedere l'azienda come un qualcosa da "sfruttare", tipo "stare a casa è un mio diritto".
Da parte nostra offriamo già normalmente (non in produzione per problemi organizzativi) l'orario flessibile (+ o - 1 ora) e aumentiamo la flessibilità specialmente per i primi periodi facendo scegliere alla neo mamma gli orari in base alle sue necessità.
Non abbiamo telelavoro (mai approfondito, nessuno in verità ce lo ha chiesto) anche se in qualche caso alla "mamma" abbiamo dato un portatile e qualcosa lo faceva da casa saltuariamente. Non so se riusciremmo ad organizzarlo anche per la necessità di linee di connessione adeguate.
Il rientro, con le nostre velocità di cambiamento è indolore per chi sta via poco, molto più complesso se l'assenza è quella "lunga".
Poi, a dirla tutta, moltissimo del post maternità deriva dalla mamma.
Abbiamo casi nei quali è tornata con rinnovato impegno ed è più produttiva di prima.
Abbiamo casi nei quali è chiaro che il maggiore interesse della mamma è fare la mamma e il lavoro è un "di più". Ma lo ripeto, ci sta.
In un un paio di casi, per scelta (in un caso si era nel frattempo trasferito il marito) le neo-mamme hanno rinunciato al lavoro. Ma l'incidenza per noi è bassissima.

Ultimamente abbiamo notato una molto maggiore influenza di assenze di neo-papà che danno una mano a mamma a tenere il lavoro e se il figlio è malato, da quanto ho capito, fanno metà giornata loro e metà la mamma.

Non è proprio nella nostra mentalità anche solo immaginare di avere le lettere di dimissioni in bianco o stronzate simili.

Certo è che per le piccolissime aziende italiane, spesso con una impiegata che fa tutto se questa va in maternità la cosa causa problemi organizzativi.

Sul medio termine però, una donna con i figli è soddisfatta è tutto sommato, secondo me, forse più equilibrata.

Va detto che purtroppo ultimamente sono in forte aumento le separazioni e se avviene con i figli piccoli spesso causa problemi abbastanza rilevanti.

Stipendi
Da noi non mi pare ci siano particolari differenze di stipendio, escluse due o tre persone "tecniche" la persona con stipendio più alto è una donna.
E in produzione le donne forse hanno stipendi leggermente più alti dei colleghi.

Part time
Ne abbiamo in produzione, ne abbiamo avuti in ufficio.
In ufficio non lo amo particolarmente, mi causava problemi organizzativi: per le riunioni avevi orari che non si potevano utilizzare, gli esterni che avevano bisogno della persona non avevano le risposte immediatamente come sono abituati. La fluidità del lavoro ne risentiva un po'.
Ma probabilmente dipende molto anche dalla posizione, in altre avrebbe impattato meno (ed effettivamente ha impattato meno il discorso allattamento, simile al part time, per alcune).

Asilo e servizi
Siamo una azienda troppo piccola per potere avviare progetti di asilo interno, ho cercato qualcuno nei dintorni interessato ma i miei colleghi non paiono sentirci molto.
Da quello che vedo moltissimi ancora si affidano alla nonna, qualcuno a nido e asilo ma con qualche problema mitigato solo dall'orario flessibile.

Donne sul lavoro
Chiudo con una cosa che non piacerà a molti.
Le donne sono il peggior nemico delle donne sul lavoro.
Troppo spesso vanno in competizione più contro le colleghe che contro i colleghi.
E troppo spesso sono il maggiore ostacolo alla promozione delle colleghe.
Gli uomini in genere hanno una competizione che è limitata e sfocia poi nel cameratismo, le donne troppo spesso mettono le cose sul piano personale (non professionale) e "se la legano al dito".
La mia esperienza dice che è molto più problematico mantenere un ambiente equilibrato in presenza di molte donne piuttosto che fra gli uomini.

Alla fine mi è venuto fuori un poema. Con poche proposte oltretutto.
Ma forse la proposta maggiore è rinchiusa nell'ultima parte.
Che le donne, se vogliono sfondare quel tetto di cristallo, devono imparare a non essere competitive contro le altre donne ma cercare di coalizzarsi.


mercoledì 15 febbraio 2012

Produttività e collaboratori

A furia di dirmi "domani lo scrivo" non sono più andato avanti sul discorso produttività. Pigro.

In questi giorni sto, come sempre, ma in questo periodo di più, lavorando su organizzazione interna e miglioramento dei processi aziendali.

E mi stupisco di come a volte cose che a me appaiono evidenti non vengano segnalate dai miei collaboratori: colli di bottiglia, attività ripetitive non ottimizzate, perdite di tempo.
D'accordo, io ho un occhio maggiore per queste cose, ho un maggiore interesse.
Ma mi comincio a chiedere se non ci siano altre ragioni.

Maggiore produttività vuole dire metterci meno a fare le cose.
Metterci meno a fare le cose significa che fatto 100 il livello produttivo con 50 persone, se risparmio il 2% del tempo tendenzialmente ho bisogno solo 49 persone (o portare la produzione a 102%).

Non è che la poca produttività fa comodo alle persone perché giustifica la loro presenza?

Anche se poi, come spesso accade, una azienda meno competitiva alla fine può portare alla chiusura.

mercoledì 21 dicembre 2011

Produttività vò cercando

Se ne fa un gran parlare ma la produttività è come il marketing: a seconda della persona con cui parli la produttività è una cosa diversa.

Parto da una autocritica.
Se parlate con molti miei colleghi la mancanza di produttività deriva da quei fannulloni dei loro dipendenti che non hanno voglia di lavorare.

Invece, in azienda, la produttività si basa su investimenti in tre pilastri strettamente correlati: tecnologia, formazione, organizzazione.
Per evitare un post monstre arriveranno tre post dedicati.

Ci sono poi le diseconomie produttive "esterne". Non è un mistero che il peso della burocrazia in Italia è enormemente superiore a molti altri paesi.
Basta dire che per una start-up che vende servizi (o app) via internet è conveniente aprire una filiale nel Delaware perché se fa microfatture da massimo 50 dollari è talmente alto il costo burocratico di tutta la contabilità che rende anti-economico farlo in Italia.

Pensate poi a quante incombenze ci sono, quanta carta occorre preparare. In una piccola azienda da circa 50 persone secondo me almeno 2 persone sono dedicate al 100% a faccende burocratiche (non dico registrazioni contabili che si farebbero comunque ma proprio cose burocratiche).
Basta dire che da me stanno lavorando in due da due settimane per preparare lo "spesometro" e di quattro commercialisti interpellati non siamo riusciti ad avere una risposta univoca su cose come se Telecom è contratto o no.
Esportiamo e ci vuole una dichiarazione contenete di tutto e di più per un certo numero di leggi. Secondo voi va bene una dichiarazione standard? No naturalmente, ogni dogana utilizzata per l'export vuole la sua. Che vuole dire prepararla, firmarla, ecc.
Per non parlare di code in posta o in uffici vari che presuppongono la presenza di una persona addetta e dotata di calma olimpionica.

Da anni parlano di semplificazione.

Visto da qui non fanno che complicare le cose.
Basta dire che in due anni adesso di elenchi operazioni ne abbiamo tre: intra, black list e spesometro. E meno male che c'era il Ministro della Semplificazione anche se certo da uno con questa faccia non è che ci si può aspettare molto.

Quando poi senti dire che aumentiamo la produttività eliminando la festività locale o spostando al sabato certe feste ti viene vogli di inseguirli con un forcone.

[Continua...]

domenica 20 novembre 2011

Sfruttamento degli anziani

Una idea che mi frulla in testa da tempo.

Certe attività effettivamente una persona di una certa età ha difficoltà ad eseguirle.
Ma ha una esperienza incredibile, magari non allineata alle tecnologie attuali, ma ben solida.

E se noi da un certo punto in poi facessimo delle regole per le quali (incentivi fiscali per la persona e per le aziende) l'anziano resta in azienda come tutor dei giovani a fare formazione e affiancamento? Magari part time.

Le non tasse pagate compenserebbero la pensione, l'anziano avrebbe un reddito ed una occupazione, potrebbe continuare a fare ciò che gli piace senza responsabilità operative.
Le aziende ne beneficerebbero per la formazione dei giovani.
I giovani avrebbero chi gli insegna davvero un mestiere con competenza e passione.

Sapeste quante volte se ne va l'anziano artigiano capacissimo nel suo lavoro e le aziende si trovano in difficoltà!

sabato 19 novembre 2011

Sfruttamento giovanile

In mio tweet di ieri ha avuto qualche successo e causato qualche polemica.

Premesso che di studenti universitari ne ho due in casa, pur essendo possibile l'idea  che siano i miei ignoranti e tutti gli altri eruditi, ho anche una lunga frequentazione di studenti.
Prima direttamente, in tempi caldi, nei quali il rischio era prendersi una pallottola, dove ho frequentato gente e riunioni di tutto l'arco costituzionale e ben oltre e poi frequentando le scuole per fare relazioni ed orientamento.

E confermo quanto detto, troppo spesso l'esuberanza giovanile, la voglia di cambiare il mondo e di fare casino vengono sfruttati da altri con ben altri scopi.

I dati delle manifestazioni di ieri parlavano di qualche migliaio (2/3) di studenti per città. A Milano quanti studenti universitari ci sono? 20/30.000?
Quindi il 10% era in piazza (ammesso fossero tutti studenti) e il 90% era a fare lo studente, cioè a studiare.
Dalle facce viste nelle foto molti o erano parecchio fuori corso o non erano studenti ma Cobas, gli altri organizzatori.

Gli studenti sono comodi, basta una miccia e scendono in piazza a rimpolpare le manifestazioni di tutti. Uno sciopero e un giorno di scuola saltato sono da sempre una facile attrattiva. Poi il grosso si perde nei bar strada facendo e non sa neppure le ragioni dello sciopero ma il risultato per andare sui giornali è ottenuto.

Anche in nelle territoriali di Confindustria o altre organizzazioni quando certe manifestazioni o incontri mostrano dubbi sulla partecipazione sfruttano gli studenti per avere poi una sala piena. (ho qualche dubbio che poi la maggior parte stia a sentire, ma fa parte delle cose).

Ma veniamo a nocciolo della questione, sulla strumentalizzazione.
Partendo dal lavoro.

Con il mestiere che faccio, e visto che ho una azienda che è sempre stata in crescita e non se la sta cavando male anche nella crisi, il discorso di assunzioni, per fortuna, è da noi abituale.
E quindi so bene il meccanismo che si avvia. Tenete presente che con oltre 50 persone per noi le regole per i licenziamenti sono quelle dei grandi.

Il problema principale che abbiamo è quello della instabilità dei mercati. E' difficile prevedere cosa succederà tra due mesi con alti e bassi molto forti e una serie di fermi e improvvisi riavvii difficili da governare.
Giusto ieri, neppure a farlo apposta, in viaggio con mio padre parlavamo di due ragazzi che sono da noi come interinali che sono molto in gamba.

Ma so già, come è accaduto tante altre volte il meccanismo che partirà.
Sono bravi, sono così rari quelli bravi e che si impegnano (di questo riparlerò ma ho già parlato) che vale la pena di offrirgli un lavoro fisso.
Nel modo ideale licenzierei quei due lavativi che abbiamo (in tutte le aziende ce ne sono) e li sostituirei, applicando la meritocrazia, con due giovani in gamba.
Nella realtà siccome non posso licenziare i due lavativi comincerà il balletto su che prospettive di lavoro abbiamo per i prossimi mesi, sull'organico ideale, su come fare fronte ai picchi (interinali o straordinari) e tutta una serie di cose di gestione.
Alla fine so già che, se va bene, otterranno probabilmente un contratto a tempo determinato di un anno, in attesa di vedere come va il lavoro.

Ecco questi sono i giovani che scendono in piazza a difendere l'articolo 18? Uno dei più grossi limiti alla meritocrazia che tutti dicono di volere in Italia?
Ah se non ci fossero gli interinali, non assumeremmo, faremmo molti più straordinari come mille altri o sposteremmo fuori alcuni lavori. Tanto per sgombrare il campo dall'idea che siano il male. E quei due non avrebbero neppure i 6 mesi di lavoro.

Pensioni: Per mantenere l'equilibrio delle pensioni i contributi dei giovani sono sempre più alti andando a tagliare fortemente i loro redditi netti.
L'idea è che quei contributi servano per la loro pensione.
No, quelli INPS servono per pagare la pensione del loro papà, mamma, nonno, zio magari andati in pensione a 50 anni con le vecchie regole e che stanno prendendo una pensione commisurata agli ultimi stipendi gonfiati a fronte di contributi molto bassi versati.
Mentre i giovani difficilmente potranno godere di regole anche lontanamente comparabili.

Insomma un paio di casi dove i giovani scendono in piazza a difendere i privilegi di chi li chiama in piazza mentre il mondo è cambiato e quei privilegi loro non li avranno mai.
E certo non possono ottenerli scendendo in piazza.

Sta diventando un poema ma voglio anche parlare del tema di questi giorni.

La discesa in piazza preventiva su un governo che non è neppure ancora insediato per me è appunto strumentalizzazione.
Si contesta qualcosa senza neppure sapere cosa. In amicizia, per spirito di contestazione del quale i giovani sono pieni.
D'altra parte scendono per difendere le università ispirati dai baroni che le università le hanno rovinate contro persone che hanno saputo creare una delle migliori università italiane dove, mi dicono, il merito (e non il censo) è fortemente applicato.

Ma vogliamo parlare di banche e debito?

Il debito l'abbiamo creato tutti, chi più chi meno.
Io ho avuto una nonna che per 30 anni ha preso una pensione di reversibilità senza avere mai versato una lira di contributi non avendo mai lavorato.
Tanti tanti anni fa, quando la situazione era completamente diversa, anche noi in azienda (come tutti, intendiamoci era la regola) avevamo sacche di nero sia nelle vendite sia con i collaboratori.
Anche a me è capitato di pagare in contanti per evitare l'IVA o in cambio di uno sconto (ed è evasione).
Molte aziende (non la nostra) hanno prosperato vendendo alla PA a prezzi enormemente gonfiati.
Molti dipendenti della PA hanno fatto ben poco di quello per cui erano pagati (e magari avevano altri lavori in nero).
Tutte cose che hanno contribuito a creare il debito.

L'altro lato della medaglia, cari studenti, è che la pensione del nonno contribuisce magari a pagarvi gli studi o a mantenervi a casa se siete tra quelli che non studiano e non cercano lavoro (troppi).
E' che magari papà è riuscito a comperare casa col lavoretto in nero o pagando parte della casa in nero per risparmiare.

Insomma abbiamo vissuto sopra alle nostre possibilità e una quota del debito si è trasferito (attraverso sovvenzioni o minori tasse) ai privati.

Allora cari studenti se volete rinnegare il debito dovreste anche rinunciare a ciò che vi verrà lasciato, da un certo punto di vista anche alle infrastrutture. E ripartire da zero.

Sulle banche poi, siccome gestiscono i soldi di tutti noi, stanno fallendo perché noi di soldi non ne abbiamo quasi più, e i titoli di stato gli investitori non li vogliono più quindi si sono svalutati e le banche ne sono piene per tenere in piedi in nostro malridotto stato.
Ma lì dentro ci sono i nostri soldi e se la banca salta noi potremmo non rivedere i nostri soldi. Chiedete a papà se gli sta bene e con che cosa vivrete poi.

La speculazione internazionale è un bella scusa, ma voi prestereste 1000 euro al vostro amico che chiede soldi sempre a tutti, va in giro con una bella macchina, spende e spande mentre sapete che guadagna 800 euro al mese?

L'impressione, visti da fuori, è che mentre i genitori e noi tutti (finanziando l'università, i treni a prezzo politico, le strade su cui marciate) vi mantengono voi scendete in piazza a fare casino.

Per appoggiare altri che hanno solo il fine di posizionarsi in una certa area politica. Ma non per voi, perché quello è lo spazio che occupano, poi sul da farsi lanciato qualche slogan in TV alla prima votazione sul tagliare le pensioni dei parlamentari o qualche privilegio votano compatti con tutti gli altri (magari a favore ma dopo aver controllato i numeri e di essere in forte minoranza).

venerdì 11 novembre 2011

Tradimenti

Cari signori del Pdl (e leghisti) sento dai notiziari che appoggiare il governo Monti sarebbe un tradimento della volontà popolare perché la gente aveva votato per Berlusconi.

Non sono un vostro elettore (diciamo lo sarei potenziale) ma il governo una volta eletto rappresenta teoricamente tutti.

Lasciatemelo dire.

Il vero tradimento è già stato consumato, perché gli elettori non vi hanno votato per far fare a Berlusconi i cazzacci suoi e mettere a posto le sue cose.
Vi hanno votato, credetemi, fidandosi (a questo punto a torto) che avreste fatto le promesse riforme in senso liberale dello Stato e che avreste abbassato le tasse.

In questo momento, per le riforme non fatte e anche per colpa vostra che avete aumentato le spese, abbassare le tasse è impossibile.

Allora almeno appoggiate un governo che faccia le riforme che non avete fatto e farete felici i vostri elettori e (mi si perdoni il francesismo ma viene dal cuore) non rompete i coglioni.

E se volte veramente fare contenti davvero i vostri elettori dimezzatevi, e nel prossimo parlamento andateci in 300.

mercoledì 9 novembre 2011

Circolare, circolare

Il tipico errore del neo-imprenditore è confondere i flussi con il fatturato.
E non capisce perché fattura così tanto ed è sempre senza soldi.

C'è una cosa che si chiama capitale circolante ed è la croce e delizia di qualsiasi attività economica.
Se avete un supermercato chi paga lo fa immediatamente all'acquisto, alla sera versate in banca il gruzzoletto delle vendite giornaliere (ma dovete finanziare il materiale sugli scaffali e in magazzino).
Se vendete ad un supermercato questo paga magari (in questo periodo inteso come auspicio) a 120 giorni. Quindi dovete finanziare tutto il periodo di transito del materiale, la mano d'opera e delle spese varie e i 4 mesi del pagamento.

Facendo quattro conti si capisce che il supermercato lucra proprio sui soldi che incassa e paga dopo parecchio, mentre il fornitore ha bisogno di soldi per finanziare l'operazione, quindi va dal fornitore di soldi, che si chiama banca.

Come intuisce facilmente chiunque maggiore è il tempo totale (pagamento+transito) più soldi ho bisogno. E più lavoro più ho bisogno soldi.
Attraverso i flussi di cassa positivi, e gli utili che dovrei avere sul prodotto, poco a poco riduco la necessità di soldi e comincio ad autofinanziare pezzi del magazzino e poi sempre di più.

Allora il primo problema è come diminuire quel tempo totale.
Facile, teoricamente: chiedere ai clienti di pagare alla svelta. Teoricamente.
La realtà è poi che in tempi di crisi tutti pagano male e in ritardo.
Maestra in questo è la pubblica amministrazione (che poi come percettore diventa super fiscale se ritardi di un giorno a pagare tu).

Peggiore è la puntualità e velocità di pagamento, maggiore è la mia necessità di cassa e l'ingovernabilità dei flussi.
Ma le banche non mi danno materia prima (denaro) infinita, anzi, e come da regola di mercato più ne ho bisogno e più me la fa pagare.
Quindi l'idea geniale è quella di non pagare i fornitori, che a loro volta in difficoltà cadranno nel girone infernale.

Fino a che le banche di soldi ne avevano fin troppi, il lavoro "girava" e c'erano dei margini decenti tutti si occupavano poco di flussi di cassa. Era meglio fatturare e portare a casa margini. Dei quali spesso la banca era il maggiore beneficiario, ma rimaneva qualcosa per l'azienda.

Oggi invece siamo nella situazione nella quale le banche non hanno soldi: non si fidano neppure tra di loro e non se li prestano e ci sono anche quei simpaticoni dello Stato che li "invitano caldamente" a comperare titoli del debito pubblico che diventano immobilizzazioni perché il loro valore attualmente è in caduta libera.

E non avendo soldi non li danno ai clienti.
I quali ne avrebbero bisogno per pagare i fornitori (i dipendenti sono fornitori di mano d'opera).

Insomma come capite quello che sta uccidendo le aziende non è il fatto che le banche non gli danno soldi, ma che i loro flussi sono negativi. Anzi una corretta azione aziendale in questo momento dovrebbe puntare tutto sui flussi e non sui margini.
Privilegiando clienti che pagano, e veloci.
Dovrebbero rinunciare al lavoro se pagato tardi e male, perché aumenta le loro necessità di cassa e peggiora la situazione. Lo so che è dura ma a fare bene i conti conviene.
In un mondo ideale dove tutto è pagato in contanti non avrei bisogno di fidi dalle banche se non per gli investimenti.

Non a caso le aziende che soffrono meno in questo momento sono quelle che lavorano con l'estero dove (perlomeno fino a qualche mese fa) i pagamenti sono più veloci e regolari.
Non a caso la Francia ha introdotto, appena la crisi è partita, stringenti regole anche per i pagamenti tra privati.
Non a caso diversi paesi hanno accelerato la loro velocità di pagamento ai fornitori della pubblica amministrazione (alcuni ormai puntano ai 10, si dieci avete letto bene, giorni) per attenuare i problemi della crisi di liquidità bancaria.

Da noi, come spesso accade, han fatto l'opposto, per ridurre i deficit (ricordate che lo Stato funziona per cassa e non per competenza) semplicemente smettono di pagare.
E io benedico ogni giorno le scelte che abbiamo fatto tanto tempo fa. Estero e nulla alla PA.

lunedì 7 novembre 2011

Insostituibili

Berlusconi aveva basato all'inizio la sua comunicazione sul "saper fare" derivante dall'aver fatto e guidato importanti aziende.

Ma ha applicato il peggio di quella cultura al governo.

Una delle cose peggiori che possano accadere ad una azienda, e  che spesso capita, è proprio quanto sta accadendo nel governo.

Ci sono anziani che hanno "fatto" l'azienda e l'hanno guidata in modo eccellente per lunghi anni (Berlusconi al governo ha fatto invero pochino) ma che poi arrivano ad essere anziani.
E con l'anzianità diventano inevitabilmente conservatori, poco disponibili a rischiare, inadeguati ai tempi per mentalità, lontani dal "sentire comune" proprio per quel successo e le sue conseguenze.
Le solite cose: abbiamo sempre fatto così, ha sempre funzionato, sono 50 anni che abbiamo successo facendo quello, tu vuoi insegnare a me, che l'ho fatta, come si guida questa azienda, i clienti se ne vanno ma vedrai che torneranno, è solo una crisi passeggera.
Per arrivare alla sindrome dell'insostituibile.

Senza di me qui non funzionerebbe nulla.

Che può anche essere vero, ma perché da pessimo leader non ha preparato adeguatamente la successione.

Ne conoscete, vero, di quelle aziende, dove i giovani talenti se ne vanno, dove l'autoreferenzialità guida le scelte, dove si sacrifica di tutto per non dispiacere il capo. Dove nell'idea dell'abbiamo sempre fatto così si sacrificano investimenti e non si cambia nulla anche se i conti non tornano più.
Ecco alla fine quelle aziende vanno in default, poi o qualcuno le compera per un pezzo di pane o falliscono. A volte muoiono semplicemente con il capo.

So bene che Berlusconi ha lasciato la guida delle aziende ai figli e non molla la poltrona di governo perché questa è strategica per mantenere il suo impero.

Ma questo ci sta portando a fondo con lui, un vecchio che si sente invincibile e insostituibile.

venerdì 4 novembre 2011

[Guest post] Fondazioni


Ricevo da un affezionato lettore un post che mi pare interessante, e quindi pubblico.
di Gianni Miltoni

Prendiamo il Comune di Siena. Nel 2010 ha riscosso 81 milioni di euro e ne ha spesi 88. Non c’è più l’ICI, i trasferimenti dallo Stato scarseggiano e anche gli enti locali tirano la cinghia. Fortuna che a riequilibrare il bilancio del comune senese ci pensa la generosa e ricca Fondazione MPS con circa 10 milioni di euro di “contributi decennali destinati al pagamento di rate di BOC (bond comunali) per piani di manutenzione straordinaria della città”. La generosa e ricca Fondazione MPS: una fondazione no profit di origine bancaria, nata insieme a tante altre all’inizio degli anni ’90, dal conferimento di una banca pubblica (Banca MPS) da parte dello stato. Benché sia stata creata con un bene pubblico, benché subisca la vigilanza del Ministero dell’Economia, le Fondazione MPS (come gli altri Frankenstein generati dalla legge Amato-Carli) può dirsi un ente di diritto privato e il suo patrimonio di quasi 6 miliardi di euro (2 miliardi in più di quanto rientrò in Italia con il precedente scudo fiscale) è gestito in autonomia da organi deliberanti nominati da Comune di Siena, Provincia di Siena, Regione Toscana, Università degli Studi di Siena, Arcidiocesi di Siena. Scopo della Fondazione MPS è il mantenimento nella città di Siena della sede e della Direzione Generale della Banca Monte dei Paschi di Siena e il perseguimento di fini di utilità sociale nei settori della ricerca scientifica, dell’istruzione, dell’arte, della sanità, dell’assistenza alle categorie sociali deboli, della valorizzazione dei beni e delle attività culturali mantenendo e rafforzando i particolari legami con Siena. Tutto molto nobile. Certo, magari 5 milioni di euro per 40 dipendenti della Fondazione MPS (125 mila euro di costo medio, medio eh!) sono tanti in tempo di austerity, per non parlare dei 2 milioni di euro per i 29 membri degli organi deliberanti che si riuniranno in Fondazione sì e no una volta al mese. Epperò come criticare un’istituzione così generosa? Le erogazioni sono state numerose nel 2010: 779 per un totale di quasi 70 milioni di euro. Si va dal finanziamento di borse di studio, ai 120 mila euro per il Festival di San Galgano passando per i summenzionati contributi in favore del comune per la manutenzioni di strade, teatri e chiese.
Insomma, meno male che c’è santa Fondazione MPS che riversa una tale pioggia denaro nel piccolo territorio senese supplendo alle carenze di Stato e Comune. Purtroppo però la pacchia sta per finire. I dividendi dalla partecipazione in MPS si sono prosciugati e, anzi, la banca continua a chiedere aumenti di capitale che la Fondazione MPS deve per forza sottoscrivere per rispettare la sua mission statutaria (il controllo della assoluto della Banca). In estate la Fondazione ha già sborsato un miliardo indebitandosi in parte con altri istituti di credito (ah, i rischi sistemici) e se passerà la linea dura del’EBA (l’agenzia europea che vigila sul patrimonio delle banche), MPS potrebbe trovarsi a dover deliberare un altro aumento di capitale da 3 miliardi di euro, di cui la Fondazione MPS dovrebbe sottoscrivere 1,5 miliardi di euro. E dove dovrebbe trovarli? E’ certo che il territorio senese nei prossimi non potrà contare molto sulle erogazioni di Santa Fondazione, nonostante il suo patrimonio di 5 miliardi di euro.
E se la Fondazione rinunciasse a sottoscrivere l’aumento di capitale diluendosi e, anzi, vendendo un po’ delle azioni esistenti per finanziarie gli interventi sul territorio? Non si può fare per statuto. L’avesse fatto tre anni fa, magari fondendosi con l’allora Sanpaolo Imi, la città di Siena ora potrebbe contare su un patrimonio ben più consistente e al sicuro dalla crisi del settore bancario (come ha fatto la Fondazione Roma per la sua originaria partecipazione in Cassa di Risparmio di Roma, diventata Banca di Roma, poi Capitalia, poi Unicredit e progressivamente dismessa sul mercato).
Il caso senese è solo un esempio. In Italia ci sono un’ottantina di fondazioni che controllano complessivamente un patrimonio di 50 miliardi di euro (un poco meno della finanziaria varata per il piano anti crisi) attraverso organi deliberanti autoreferenziali, autonomi e nominati dagli enti più disparati (arcidiocesi, comuni, sindaci, provincie, arcivescovi, accademie, rettori, etc.). Questi enti non solo controllano un’importante massa finanziaria in molti casi, come quello senese, vitale per il territorio, ma esprimono anche i vertici di importanti istituti di credito. Nel licenziamento di Alessandro Profumo da Unicredit, prima banca italiana e uno delle prime dieci banche europee, un ruolo fondamentale è stato giocato dalla fondazione Cariverona un po’ insofferente alle mire internazionali di Kaiser Alessandro.
Il mecenatismo, la cura del patrimonio artistico del territorio, le borse di studio e la promozione delle scienze sono tutte cose nobili ma c’è da chiedersi se è auspicabile che lo stato tagli i servizi ai cittadini, la sanità e consideri persino di rubacchiare dai conti correnti bancari senza che queste fondazioni, nate da un patrimonio pubblico, siano minimamente toccate. E’ assai gretto pensare che prima di ritoccare i ticket sanitari forse bisognerebbe sponsorizzare qualche festival in meno, ma viviamo in tempi gretti e di austerity. E anche volendo sacrificarsi decidendo di non toccare il patrimonio di queste fondazioni, che d’altronde stanno lì per far del bene al territorio di riferimento (questo va riconosciuto), come si fa a garantire che quelle erogazioni siano gestite con trasparenza? Quando c’è di mezzo la cosa pubblica la trasparenza è rara, ma almeno l’ente pubblico risponde agli elettori. Le Fondazioni sono del tutto autoreferenziali. E se scorrendo le erogazioni del bilancio di Fondazione MPS si vedono cose bizzarre ma tutto sommato lodevoli, recentemente è uscito un articolo inquietante sulla gestione della Fondazione Roma (2 miliardi di patrimonio, di cui solo 0,5 ancora investiti in Unicredit).
Si fa presto, e sarebbe di un avventato robinhooddismo, proporre di nazionalizzare le fondazioni e riportare nello stato quei 50 miliardi per tagliare meno tasse. Le fondazioni hanno in parte realizzato con le risorse del sistema bancario ciò che la Lega Nord prova a fare da anni col bilancio dello stato: una distribuzione in senso federalista delle risorse. Nate da banche che raccoglievano e investivano sul territorio, le Fondazioni continuano a mantenere un forte vincolo con il territorio nello scegliere la destinazione delle loro erogazioni. Si potrebbe tuttavia pensare di rendere più sistematico e meno discrezionale il modo in cui intervengono per supplire alle carenze degli enti locali. In un periodo in cui si tagliano stipendi pubblici (o almeno si fa finta) e si chiede alle banche di tagliare i bonus, perché le fondazioni, che nelle banche hanno il loro patrimonio e nel comune il loro naturale “cliente”, non sono sottoposte agli stessi vincoli? E’ sacrosanto che le erogazioni sia decise in senso “locale” ma è altrettanto sensato che le Fondazioni abbiano tanta influenza nella gestione delle banche influenzando in senso altrettanto localistico di banche che dovrebbero aspirare a un ruolo nazionale quando non europeo? Le Fondazioni sono buoni azionisti attivi? Che dire ad esempio di Cariverona e Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna che comprano quote rilevanti di Mediobanca? Un investimento finanziario? Sì, ma fanno a cazzotti con Consob per poter esprimere un loro consigliere di minoranza nonostante il loro collegamento con azionisti di maggioranza in Mediobanca (caso Unicredit-Cariverona). Insomma, sembra che alcune di queste Fondazioni che brandiscono la loro raison d’être territoriale, sembrano aver perso di vista il territorio distratte dai giochetti di potere della finanza.
Saranno enti di diritto privato, ma le Fondazioni sembrano soffrire degli stessi vizi e degli stessi personalismi di qualsiasi ente locale. Solo che a differenza dei comuni, non hanno un elettorato, non hanno debiti e gestiscono grandi risorse finanziarie.
Una forte revisione della governance delle fondazioni sarebbe da considerare per: a) consentire di veicolare più risorse verso le amministrazioni locali alleviando i provvedimenti di austerity presi dallo stato b) sterilizzare il loro effetto nella governance della banca per rendere il nostro sistema bancario più dinamico e aperto.
Parliamo di 50 miliardi, una finanziaria. Parliamo del controllo del nostro sistema bancario. Parliamone ogni tanto.

giovedì 3 novembre 2011

Il mondo finirà nel 2012

Una delle specialità italiane è il rinvio.
Sul past due abbiamo ottenuto la solita deroga all'Italiana che scadrà il 31 Dicembre.
E nella migliore tradizione (ricordate il tessile e la Cina?) ottenuti deroga e rinvio ci avviamo fiduciosi verso l'attesa della prossima deroga e rinvio.
Peccato che non ci saranno deroga e rinvio e migliaia di aziende rischiano di trovarsi in posizione di default il 1 Gennaio 2012.

Come spesso accade se ne parla da un po' ma i miei colleghi, sempre molto indaffarati, non hanno tempo di occuparsi di queste sottigliezze.

Peccato che moltissimi hanno posizioni di "arretrati" o past due, che possono essere sconfinamenti rispetto ai fidi accordati, ritardi nei rimborsi mutui, cosine così.
E che magari lo sono da, per esempio da 45 giorni.
Fino al 31 Dicembre non succede nulla (spero la banca li avvisi almeno). Il 31 Dicembre sono 100 giorni, situazione che la banca ha sempre tollerato (anzi lucrava sulle commissioni di scoperto).
Il 1 Gennaio 2012 improvvisamente sarà fuori dai termini, passati da 180 (in deroga) a 90 e l'azienda sarà dichiarata in default. Parola che spero tutti abbiano capito cosa vuole dire: "non in grado di onorare i propri debiti".

Potete sempre chiamare un indignato e provare un default controllato o appellarvi al diritto sovrano di autodeterminazione aziendale organizzando anche un referendum tra i dipendenti. O dichiarare che i debiti li ha fatti il vostro predecessore e non è giusto che siate voi a pagarli.
Resta il fatto che nessuno vi darà più credito e le banche chiederanno, tutte, il rientro completo (esce in Centrale Rischi).
E se avete garanzie in essere potrete vederle escusse.

Bello eh? Tranquillizzante?

Cosa fare?
Intanto controllate attentamente la situazione dell'uso dei fidi, ma non fidatevi.
Andate in Banca D'Italia e controllate la vostra Centrale rischi. Capita infatti che quei simpatici ragazzi incravattati dei bancari facciano errori nella compilazione dei dati e risultino sconfinamenti o past due inesatti.

E rientrate, o rinegoziate i fidi per essere all'interno (e per la seconda cosa potrebbe essere già tardi).

Tenete d'occhio la rete, molti ne scriveranno, più preparati di me. Io ne scrivo perché so che un po' di colleghi mi seguono.
E fate girare la voce...

Ah, e se non sapete cosa è la Centrale Rischi pensate seriamente a fare un po' di formazione sulla finanza d'impresa.