Come promesso vorrei ritornare sull'uso e l'abuso dei SN, mille altri certamente più qualificati ne hanno parlato, ma vorrei raccontare le mie idee sull'uso dei SN in occasioni come i convegni Confindustria, visto il quello che ho suscitato.
L'uso di twitter wall o dei social network non è certo una novità nella convegnistica, nei *camp o in eventi legati all'argomento.
Lo sarebbe in eventi più strutturati e, mi si permetta di dirlo spero senza offendere nessuno, di rilevanza molto elevata.
Da sempre Confindustria (ma vale per i sindacati e altre associazioni) investe nella convegnistica, attraverso gli sponsor, cifre molto elevate.
Chi ha mai provato ad organizzare un evento immagina i costi dell'organizzare un evento per 6000 persone, con una sala plenaria, altre 7 sale separate, una sala stampa attrezzata per, credo, centinaia di giornalisti, il pranzo per tutti con grossi problemi di sicurezza (fisica, c'è parecchia gente che gira con scorta lì dentro) ecc ecc
Per inciso uno dei risultati di Bergamo è "meno convegni" ma di questo magari riparleremo.
A fronte di una "macchina" tanto complessa naturalmente si cercano di ottenere dei risultati di comunicazione il più possibile vicini all'obiettivo che ci si dà. A Bergamo era anche "siamo tanti".
E qui si innesta il problema social network.
Come detto non è la prima volta che comunico live da un convegno, ma qui c'è un tweet che dice "la maggior parte degli interventi confusi e noiosi. Meglio che non ci siano giornalisti a sentire questa roba. Proposte poche".
Non pare vero a Repubblica.it, che lo mette in prima pagina, di potere sparare nel titolo "poche proposte". Ne ho già parlato di quello che era il significato quindi non mi ripeto.
Da quel punto è una specie di fiume in piena, visto che la cosa finisce nelle agenzie (mi scuso ma non sono risalito alla primogenitura) e quindi praticamente sulla buona parte della informazione italiana, che in alcuni casi va a riprendere altri tweet tra lo scherzoso e il satirico e un po' dissacratori (quello è il mio stile, spesso anche verso me stesso). Ma praticamente in nessun caso approfondisce contattando l'autore.
Notare che il Sole 24 ore aveva organizzato un account twitter specifico per le assise che mi ha citato, ma aveva anche meno followers dei miei pochi. E altri hanno twittato dalle assise.
Non so se ho fatto un favore a Confindustria (in fondo vale l'assunto "purché se ne parli") o le ho dato un dispiacere, non ho notizie di particolare agitazione sulla cosa al settimo piano.
Se però in un evento come questo l'uso dei SN fosse "spinto" avremmo più problemi.
Già l'altro giorno ad un certo punto spunta questo tweet
Peccato che Laterza non avesse ancora iniziato a parlare! La sua risposta è "conoscevo già il contenuto dell'intervento" e visto che fa il consulente l'idea che l'abbia scritto (in tutto o in parte) non è strana.
Siccome i partecipanti in queste cose (Gente come Della Valle, Moretti, Colaninno & Co.) hanno spesso schiere di addetti stampa e consulenti è inutile che racconti come può andare.
Basta fare un giro su certe pagine facebook e si nota come ci siano persone che non hanno nulla di meglio da fare che mettere dei like a post di aziende e a pagine.
Immaginatevi un Moretti, per fare un nome, e una bella quantità di tweet che partono e ne esaltano l'intervento.
Il rumore diventa molto elevato, e potremmo perdere la spontaneità e immediatezza del corretto uso dello strumento.
Un altro problema, nel caso Confindustriale, è che siamo a elevato rischio di intrusione da parte di gruppi più o meno organizzati. Gli stessi che si radunano davanti alle associazioni e lanciano uova sulle facciate o che le occupano e via dicendo.
In pochi secondi un eventuale wall sarebbe probabilmente coperto di insulti ed epiteti poco carini verso la signora che presiede l'associazione e i partecipanti.
Ecco che allora, vale per Confindustria ma per gli eventi in genere, può diventare pericoloso e poco producente l'utilizzo dei social network in modo troppo spinto.
Eppure il mezzo sarebbe ideale per un confronto aperto e leale.
Ma ci vuole la trasparenza.
E' vero che le "agenzie" e i vari "fan" dopo un poco chi conosce il mezzo li individua, e che chi insulta e cerca di sabotare fa lui stesso una brutta figura (salvo con i suoi solidali magari convinti di "avergliela fatta vedere") un po' come certi commentatori qui che periodicamente spuntano e mi hanno costretto malvolentieri a lasciare commentare solo chi si registra.
Ma il rumore e la contrapposizione come troppo spesso accade non permettono l'emersione delle idee e di chi vuole portare il proprio contributo (anche non allineato) in modo educato e pacato.
Io purtroppo la soluzione non la vedo, se non quella di avere a che fare con persone corrette.
Nei social network come nella vita.
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4 commenti:
Comprendo i dubbi e i punti interrogativi, ma secondo me la risposta è (come al solito) proattiva: senza la pretesa di "controllare" (pretesa vana ormai in quasi tutti gli ambiti della nostra azione), aiuterebbe comunque molto cominciare a dedicare un po' di spazio e budget per allestire durante l'evento di un "social media team" come si deve. Altrimenti, si è in balìa del caso, e i risultati si vedono di conseguenza.
Io non capisco dove stia il problema. Se si mette il wall di twitter, si lasciano le porte aperte e ci si industria per stare in timeline alla pari con gli - eventuali - contestatori. O si sta in rete (accettandone tutte le opportunità e criticità) o ci si blinda al di fuori (il che serve molto a poco dal momento che la rete parla di te anche se non vuoi.
Da qui, pare logico arrivare a capire che la migliore tecnica è l'apertura totale. Le persone non sono stupide e sanno farsi una propria opinione anche su commenti (o tweet) eccessivi, fuori luogo o volutamente provocatori.
Chissenefrega se il wall viene "sporcato". E' più vero.
Filippo Ronco
@filippo
Certo ma se tu inviti come ospite Tremonti o Berlusconi mi sa che è meglio se il Wall dietro glielo spegni ;-)
Siamo sicuri di essere pronti all'apertura totale?
Io, sinceramente, no.
Consapevole che la discussione in rete si sviluppa comunque, che non si può ingabbiare, credo però che ci siano occasioni nelle quali è opportuno non fornire tu stesso evidenza e platea alla discussione.
Ti faccio un esempio solo, la foto che esce il giorno dopo con Tremonti che parla e il Wall che dice "Tremonti sei un pirla" (ok si potrebbero filtrare almeno le parolacce).
La trasparenza è un valore, ma con dei limiti, secondo me.
Il punto è che la rete, nella sua democratica equidistanza, si autodepura ed autodistilla. Se in un contesto come quello da te indicato arrivi a dover censurare un muro di tweet per paura di quel che potrebbe esser detto, non è del muro che dovresti preoccuparti ma dell'opportunità della presenza di quegli ospiti (piuttosto di altri) o dello stesso intero convegno (piuttosto di altri).
Nella mia visione, non è che la rete non è pronta per il convegno, è che dal momento che la rete non la puoi filtrare e ti dice quello che pensa (nel bene e nel male), non è una tipologia di strumento integrabile in un sistema basato sulla comunicazione dall'alto e unidirezionale.
C'è un mondo là fuori che va avanti nonostante tutto quello che ci circonda (e non c'è granché di buono purtroppo quanto a esempi ecc).
Stai sereno che se ci fossero a parlare governanti o altri esponenti politici che hanno guadagnato la fiducia e il rispetto delle persone il wall sarebbe non più un pericolo ma un esaltazione del momento.
Cioè mi pare che guardi la pagliuzza anziché la trave.
Fil.
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