giovedì 14 ottobre 2010

Pausa

E' un periodo molto difficile della mia vita.

Come avrete notato non ho molta ispirazione nello scrivere. Prima o poi mi tornerà la voglia.

Spero

Nel frattempo non aspettatevi molto da qui.

venerdì 1 ottobre 2010

Mavadaviaiciapp

Alla faccia dell'aiutare l'export nonostante la mancanza del ministro al Ministero dell'Avviluppo economico si danno da fare per complicarci la vita.

Le nuove regole di emissione dei certificati di origine per il materiale non fatto in Italia prevedono la presentazione dell'originale del certificato di origine o della fattura di importazione o della bolletta doganale.
Ogni volta.

Peccato che:
  1. è ottimo per chi importa e riesporta, per chi come noi riesporta semplicemente pezzi di ricambio magari 60 o 70 volte gli stessi pezzi come faccio a presentare 70 originali?
  2. gli stessi originali li pretendono presenti in azienda la finanza, l'agenzia delle entrate e le dogane.
  3. per chi esporta molto aggiungiamo tonnellate di carta alle tonnellate già presenti.
  4. ci sono indicazioni stringenti su come vanno fatte le fatture... che sono non coerenti sul come vogliono le fatture le dogane estere. Quindi doppia fattura, una per la CCIAA italiana, una per l'esportazione. Peccato che mica le facciamo a mano, le facciamo con quella roba strana chiamata computer (tenete presente che i certificati di origine sono espressamente studiati per la compilazione con macchina da scrivere) e non è così agevole emettere due fatture diverse.
  5. Naturalmente vale per i singoli pezzi non è che se su una fattura da 100.000.= dollari ci sono 50 dollari non di origine Italiana puoi evitare il tutto.
Insomma business as usual per la burocrazia, il vero motore della crescita della occupazione italiana.

Poi ci stupiamo se la produttività cala?

E il pensiero di evitare problemi e "non fatturare" i pezzi di poco valore diventa forte forte.

martedì 14 settembre 2010

Pubblicità

Come pubblicizzare i centralini automatici? (che tra l'altro io odio con tutte le mie forze?)
Mail ricevuta stamattina:

Sarebbe bello avere un call center interno che facesse outbound per reperire nuovi clienti ma:
  1. Sindacati
  2. Ferie
  3. Contributi
  4. Maldipancia
  5. Anno sabatino
  6. Cause di lavoro e spese legali
  7. Giorno libero
  8. Malattia
  9. Maternità
  10. Buste paga e consulente del lavoro
  11. Liti
  12. Fannulloni
  13. Formazione
  14. Licenziamenti
  15. Assunzione, contratti, quale scegliere, consulenze.
  16. Stipendio, stipendio non sudato paga pantalone.
  17. Poco rispetto del datore di lavoro
  18. Obbligo di assunzione a tempo determinato
  19. Scioperi
  20. Crisi e pantalone paga stipendi 
Tralascio la dozzinalità del messaggio, ma credo che illustri bene l'atteggiamento di chi dovrebbe assumere delle persone. 
E che debba fare pensare.

Anche Pantalone :-)

lunedì 13 settembre 2010

Forza Marchionne

A volte i simboli nascono dalle piccole cose, anche un maglione blu al posto del solito gessato può essere un simbolo in un paese dove conta più l'apparenza della sostanza.

La disdetta (alla sua scadenza, tra l'altro) del Metalmeccanici contratto 2008 è un atto che dovrebbe essere normale, visto che è già stato aggiornato con un altro.

Ma questo non è un paese normale.

Questo è un paese dove, ancora, una parte significante del paese è legata a schemi mentali di contrapposizione.
Un paese rovinato da una generazione di insegnati cresciuta nel mito del '68 (col 6 politico senza studiare) che hanno riversato nella scuola tutte le loro frustrazioni, incapacità e paranoie.
Un paese dove sento sempre parlare di diritti, ma poco o nulla di doveri.
Un paese dove i primi a cercare scorciatoie, a cercare compromessi, ad accettare situazioni inaccettabili, a credere al colpo di fortuna della lotteria, a vedere i furbi come più intelligenti degli onesti sono proprio le persone della "gente comune" che diventano poi elettori e cercano chi possa loro fare un favore più che un politico onesto.
Un paese dove la burocrazia si autoalimenta per darsi uno scopo e poter approfittare della confusione per trarne vantaggi.
Un paese dove la notizia è quando uno fa le cose normali e il suo dovere.
Un paese che ha perso la tensione morale e la voglia di migliorarsi, che insegue sogni di soldi facili e subito, che non è più disposto al sacrificio del duro lavoro giornaliero per raccogliere poi i risultati.
Un paese dove ormai da anni i sindacati (spesso ivi compreso il nostro, Confindustria) difendono se stessi e l'indifendibile, sempre più lontani dalla loro funzione di rappresentare le istanze degli iscritti. Sempre più parte del sistema essi stessi.

Un paese dove c'è ancora chi non ha capito che siamo tutti ai remi, che tocca a tutti remare e che il comandante (la politica) lo scegliamo noi quindi poco da lamentarsi se non fa il suo lavoro. Ma se tutti siamo ai remi, non remare o remare contro vuole soro dire stare peggio tutti.
Un paese dove tutto ormai è tifo calcistico e quindi meglio che l'avversario perda, anche se è una sconfitta del paese, per la soddisfazione di vederlo nella polvere.

Ci voleva Marchionne, con la sua cultura internazionale, la sua lontananza dai soliti giri per scardinare un sistema basato sugli amici degli amici. Per far saltare il compromesso di una mano lava l'altra.
Per mettere tutti davanti alle loro responsabilità.
Per minacciare di far saltare anche il nostro tavolo, quello Confindustriale, se non ci mettiamo ad essere più coerenti con la nostra funzione e meno poltronisti e burocratici.

Spero che continui, che tenga duro.
E che faccia scelte coerenti pulendo anche nella Fiat (che serva di esempio anche per gli altri) certi bubboni tipo acquisti non proprio trasparenti e pagamenti in ritardo che strozzano i fornitori.
E che contribuisca ad una Federmeccanica più moderna e aperta.

mercoledì 28 luglio 2010

La solitudine dei numeri uno

A volte i numeri uno sono soli perché così deve essere. C'è sempre un momento nel quale ti trovi a dovere decidere, se sei il numero uno.
E in quel momento sei solo.

A volte i numeri uno sono soli per scelta, vai a capire perché, perché non ti fidi? Perché non vuoi nessuno che ti faccia ombra?
E a volte questo difetto è chiaro e ripetitivo.

E pensare che a mio parere chi governa una organizzazione (a maggiore ragione se pro-tempore e con un mandato relativamente breve) dovrebbe avere tra i suoi principali obiettivi quello della successione, del lasciare una organizzazione più forte di prima.
E invece, a volte l'impressione che viene è che l'idea sia "dopo di me il disastro" (come già successo anni fa quando si era giovani).
Ma forse è perché uno dei consiglieri più ascoltati è uno portato al Macchiavellismo, all'intrigo, alla non fiducia, al divide et impera. Certo i risultati (personali) magari vengono a casa. Ma a che prezzo per il sistema?

Non bastava la crisi, non bastava un governo "amico" che fa tutto il contrario di quello che servirebbe. Ci mancava un manager internazionale a guidare Fiat. Uno che delle tradizioni se ne frega, e che cerca di fare business da multinazionale. A volte è bello averlo da sventolare in giro, quando rompe certi equilibri è meno bello.

E dire, che con la salita del giovane erede tra le infinite vice-presidenze, all'interno di una strategia "una poltrona per tutti" che ci ha dotati di un direttivo che fra un po' replica i numeri del governo (credo siamo ormai a 80 persone) doveva dare prestigio (fa sempre fico nelle foto di circostanza essere di fianco ad uno di quella famiglia, vedi assemblea) e coprire le spalle dal Piemonte. Che di posti ne ha parecchi, vedi anche SGR, Cda della mucca da mungere ecc.
E invece cosa ti va a combinare sto svizzero?

Scombina le carte, alza il bubbone su una Federmeccanica ormai più sindacato dei sindacati, governata dagli amici degli amici. Incapace di darsi una strategia.
Non per la piccola impresa (sarebbe troppo) ma ormai anche incapace di tutelare il suo più grosso socio.
Certo sempre di poltrone parliamo, ma non basta scegliere uno a pochi km da casa per garantire i risultati (quando oltretutto la struttura è una pallido ricordo di chi non c'è più).
Se poi il precedente è diventato deputato del Pd è chiaro anche ai sassi che qualcosa non funziona.

Certo potrebbe essere il momento della verità per i millemila della base incazzati con Fiat, da sempre uno dei parafulmini italiani, che smoccolano contro i troppo potenti Torinesi.
Ma domani, se il settore auto è fuori (Fiat si tirerebbe dietro quasi per certo tutta la catena) chi cavolo me lo fa fare di restare lì con regole peggiori di quelle di altri. Oltretutto con una decrescente capacità di incidere sul contratto quando dalla nostra parte del tavolo ci si trova con funzionari forti (ma inetti) e rappresentanza inesistente.

E tutti gli stipendi nelle decine e decine di territoriali dove il settore auto è fondamentale chi li paga? E tutti i direttori?
Non è che poi a tutti i nemici di Fiat (come spesso accade in queste cose) gli tocca ricredersi?

Ma è così, divide et impera, organismi elefantiaci permettono di fare, al numero uno, quello che vuole.
Ma il numero uno a quel punto deve decidere.
Non puoi trovarti con due posizioni chiave inadatte (internamente e nella tua principale fonte di sostentamento) e non volerle cambiare perché le hai scelte tu e faresti la figura di avere sbagliato.
Ho capito che internamente Mr K fa il facente funzioni, ma mi sembra comunque una cazzata.
E il non volere organizzare successione e rappresentanza adeguata non fa che aprire la strada (a maggiore ragione se l'unico privato grande se ne va) al progetto dei nuovi entrati, grandi ma pubblici, di (eufemismo) contare di più.
Qualche passo di quelli fondamentali e importanti è già stato fatto, MI pare che il progetto sia chiaro.

E allora sarebbero certamente macerie, un monopolista di nomina politica che va a tirare la giacchetta al governo? Ma veramente c'è qualcuno che ci crede?

Ma purtroppo mi rimane poca speranza. Non c'è peggior sordo di chi non vuole sentire. E qui non si tratta di "conversazione", di quello, nonostante la giovane età credo non ci sia proprio neppure lontanamente idea (basta vedere le strategie di comunicazione).
E con il buon A in giro capisco che si gestisce concedendo visibilità (poca eh) e poltrone. Ma mettere persone già super impegnate e non operative a gestire i progetti non aiuta a che siano utili alle aziende, alla fine li gestisce la struttura, che di come funziona una azienda capisce pochino.
E non a caso l'unica commissione decente degli infiniti vice-presidenti mi si dice che era quella gestita da un capace medio-piccolo bergamasco, nostro ex-giovane amico.
Giustamente segato al giro successivo, non è che poi a qualcuno viene in mente di fare benchmarching?
In compenso ci inventiamo la tassa sulla scuola per le  associazioni. Per tenere in piedi una struttura col solito ex-giovane amico a gestirla.

Io continuo a credere di potere spostare granellino dopo granellino per rendere la spiaggia migliore. Ma ogni giorno è più difficile.

E non serve usare la nostra fonte di sostentamento (sempre più arida) per sparare tranquillizanti titoli in prima pagina.
Ci conosciamo da tanti anni e sai che noi piccoli di provincia magari non siamo bravi negli intrighi di corridoio ma non siamo scemi.

PS scritto di getto e non corretto che se mi metto a correggerlo ne taglio metà

Ad una certa età si diventa sordi

Volevo completare i miei pensieri sul discorso carta-digitale parlando di libri e di CdA. Premetto che ad oggi non ho ancora un lettore digitale.

Moltissime delle cose che dico,tra l'altro, sui libri si adattano anche alla musica.
Tutti sanno che Amazon ha superato con i libri digitali le vendite dei libri (non ho tempo di andare a controllare ma mi pare barassero e avessero detto "con copertina rigida" ma il trend è quello).
Quindi anche per il libro la digitalizzazione avanza a grandi passi.

D'altra parte un buon lettore di libri tiene lo spazio di un libro o poco più ma ne contiene x, se penso alle mie valige da vacanze (quando le facevo) piene più di libri che di vestiti non posso non vederne l'utilità.
Il vero grande problema oggi è probabilmente la scarsità dei titoli in Italiano, ma questo è un altro discorso.

Anche qui però io ho dei sogni che immagino difficilmente vedrò esauditi in tempi brevi. Intanto sono un feticista, e a me l'oggetto libro piace.
E come comperare un disco in digitale non mi dà la soddisfazione del CD fisico, così i bit non soddisfano le mie patologie da accumulo in libreria.

E allora mi piacerebbe entrare in una libreria, comperare il libro, arrivare alla cassa e che la cassiera mi dicesse "vuole anche la versione digitale?" e usando la mia carta fedeltà (se c'è) o la mia mail pagando pochissimo di più tornando a casa trovassi il mio libro nel mio "contenitore elettronico di acquisto" (con i giornali e la musica).
Anzi, se il lettore è connesso me lo trovo già in metropolitana.
E alla rovescia, se ho l'elettronico comperato on line e lo compero fisico fatemi un po' di sconto (in modo che la somma dei due sia sempre uguale).

Il discorso sottolineature e note ho visto che lo hanno introdotto, non so se ci sono ma avere "community" con le quali condividere le annotazioni e i suggerimenti (magari con gli qualche pagina scaricabile gratuita) potrebbe essere un ottimo canale di promozione. Se so che tizio ha i miei gusti e mi suggerisce un libro è probabile che io sfrutti il consiglio.

C'è poi il discorso prestiti. Una delle funzioni di base del libro fisico è che lo si può prestare (i DRM sono assolti!). Perché non posso prestare un libro elettronico?
Il DRM passa ad un amico, io non posso più aprirlo finché non me lo restituisce. (se è complicato ecc ecc vale il discorso giornali, fatti vostri)
Ad essere un piccolo editore io poi farei anche delle cose tipo "hai comperato tre titoli miei?" puoi averne uno a scelta per fare bookcrossing (ma il tuo lo tieni).
Organizzando cacce al tesoro o luoghi virtuali dove faccio promozione e uno può trovare un codice di book crossing.

L'editoria elettronica è una minaccia e una opportunità per i piccoli editori e per gli editori.
Intanto i grandi editori possono trovarsi il grande autore che passa alla distribuzione diretta. E devono reinventarsi il mestiere perché se dematerializziamo, tutta la catena odierna (ivi comprese le megalibrerie) diventa meno strategica.
I piccoli hanno invece una chance enorme ma solo se sapranno mettersi in rete per creare una piattaforma agile e poco costosa che permetta loro di essere presenti sul mercato.
Non posso e non voglio iscrivermi a 20 servizi, ognuno il suo, così si farà solo il gioco di Amazon e Apple. 
Anche l'auto editoria a quel punto sarà più semplice se la piattaforma è aperta e poco costosa.
Certamente se non altro risparmieremmo tonnellate e tonnellate di carta di sbrodolamenti di aspiranti autori che nessuno leggerà mai.

Sui libri il supporto è diverso dai giornali, credo che un device specializzato sia necessario e che nessuno si mette a leggere un libro in un internet point come può fare con un giornale.
Ma i device devono poi avere una interfaccia semplice che permetta la gestione di più negozi.

Dopo questa bella sbrodolata sull'editoria viene da dire, ma se un pirla qualsiasi, neppure specializzato, ha delle idee e delle proposte (sia pure contestabili), perché le case editrici non fanno cose di questo genere (in Italia)?

Anche qui ho una mia idea. Li avete visti i CdA?
Il consiglio di amministrazione di una società è quello dove si disegnano le strategie e gli scenari, che poi il management porta avanti.

RCS: il Presidente Marchetti è certamente persona degnissima, ma siamo sicuri che sia un innovatore un notaio di settant'anni? E altri nomi che vedo tipo Lucchini, Stevens, Rognoni così a naso non è che mi diano poi sta grande idea di innovatori!
Nella quotidiani ci sono menti fresche come Bazoli, Geronzi e Pesenti in compagnia del trio d'oro degli amichetti Tronchetti, Della Valle, Montezemolo.

Insomma ci siamo capiti. I Cda delle case editrici sono posti dove fare politica e occuparsi di avere buona stampa molto più che non di fare business innovativo per l'azienda, tanto quasi tutti sono azionisti marginali e il ritorno è in immagine e potere, non in soldini.

Anche per rimanere in casa nostra in Confindustria non è che il Cda del Sole24 ore, che entra nel grande progetto spartitorio Confindustriale denominato "una poltrona per tutti" salvo qualcuno (Caio per fare un nome) non è che mi ispiri poi così tanto senso di innovazione sulle nuove tecnologie.

Ecco che allora tra giornalisti old style, cda occupati a gestire il potere, un sistema paese muffo, un sistema editoriale sordo e obsoleto, con la paura della conversazione (sei pazzo? e se poi parlano male di noi) e alla incomprensione delle nuove tecnologie al cliente non ci pensa nessuno.

E poi si lamentano (come i discografici) della perdita di business senza capire che il business non è sparito, in parte ha preso altre strade ma soprattutto aspetta a braccia aperte un prodotto fatto per il cliente e non per l'amico politico di turno su carta perché "abbiamo sempre fatto così".

giovedì 22 luglio 2010

Sono fatti vostri

Anche se seguo e dibatto la cosa, per interesse personale (grazie anche al lavoro sul tema del Giornalaio)  raramente scrivo qui di editoria.
E' un settore non facile e che non conosco molto.

Ma stasera avevo voglia di scrivere da "cliente".
E volevo dire agli editori che a me dei problemi loro interessa poco.
Non mi interessa che Apple voglia la gabella (visto che ipad sembra il messia che salverà i giornali).
Non mi interessa nulla dei problemi tecnici (investissero un po' di soldini).
Non mi interessa delle politiche dell'editore.
Non mi interessa del fatto che abbiano schiere di giornalisti da far lavorare.
Non mi interessa che abbiano manager legati alla carta e ad un concetto antiquato di editoria.

Sono il cliente e mi esprimo con il portafoglio. Molto semplice.
Mi dai il prodotto che mi aspetto? Compro.
Non me lo dai? Si, provo ma poi non compro.

Allora cosa mi aspetto da un "nuovo giornale"?
Intanto di potere fare i due abbonamenti (carta e digitale) con un delta prezzo molto basso. Ad esempio perché il Corriere lo leggo volentieri su carta ma se sono in viaggio o all'estero lo leggo elettronico.

Poi mi aspetto che la versione elettronica sia trasversale, sono fatti miei se ho dietro un ipad, un portatile o lo leggo via web da un pc di un internet point. I DRM sono un problema tuo, non mio, io il servizio l'ho pagato.

Poi mi aspetto che sfrutti il mezzo. Certo non di avere, se non su richiesta, il PDF del giornale. Chissenefrega della impaginazione originale.
Invece vorrei gli articoli ricercabili e taggati correttamente.
Vorrei che ci fosse la possibilità di avere una prima pagina con gli articoli delle mie preferenze (autori, argomenti).
Vorrei pagare un giornale digitale 50 centesimi massimo, perché non c'è la distribuzione e la stampa.
Vorrei magari per certi giornali abbonarmi solo ad una sezione. Ad esempio del mio quotidiano locale salto a piè pari le pagine "nazionali" e mi interessa la cronaca locale. Personalmente dello sport guardo qualcosa di motori e neppure sempre.
Vorrei che il tutto fosse tipo dropbox accessibile dai miei client in varie piattaforme.
Vorrei (ma mi pare scontato) la possibilità di memorizzare e magari segnalare articoli a chi ha l'abbonamento.
Vorrei per giornali come il Sole24 ore un abbonamento "aziendale" per un certo numero di copie digitali (tanto poi se non lo fai tutti leggono con lo stesso profilo utente come spesso accade in azienda).
Vorrei un servizio di alert integrato nell'abbonamento per, che so, due o tre tag che mi manda una mail con la notizia.
Vorrei (ma sogno) decidere come voglio il numero di domani. Perché dovete spedirmi il giornale se sono in vacanza a New York per una settimana e quando torno li butto tutti via? Oppure sono a Roma e lo voglio ritirare con un codice in edicola.

Insomma vorrei un sacco di cose e le pagherei. Ma per convincermi a pagare occorre un salto di mentalità e di qualità del servizio. Come sempre accade.

PS accetto ben volentieri le pagine pubblicitarie negli articoli digitali. Ma se volete che clicchi anche lì offritemi qualcosa in più di un banner invadente che pubblicizza con linguaggio e comunicazione old style (fatemi uno sconto se compero in line perbacco! riconoscetemi parte del margine che va alla distribuzione)

Un mese

Urca, tornando sul blog noto che è ben un mese che a furia di "domani" non posto.

lunedì 21 giugno 2010

Siamo tutti allenatori (e imprenditori)

Ciclicamente chi fa il mio mestiere si trova con persone che dicono cosa deve fare, come si deve comportare e lezioncine varie.
Non ultimi, come da commenti di oggi su questi blog, anche "manager" che si vanno allegramente ad aggiungere a politici, sindacalisti e persone della strada.
Dando già per scontato che lo fanno dei dipendenti geni incompresi.

Un po' l'effetto allenatore (di gran moda in questi giorni di mondiali) per il quale abbiamo 50 milioni di commissari tecnici della nazionale e un pirla che non capisce nulla che è stato messo lì (probabilmente perché raccomandato, o leccaculo ecc ecc) a farlo davvero.


Se è così chiaro e semplice fare l'imprenditore, e quelli che lo fanno sono chiaramente degli incapaci, magari lì solo perché figli di papà; perché tutte queste persone non fanno una bella azienda che conquista il mercato ad ampie falcate e fa fallire gli incapaci?

Io vivo di mercato, non ho protezioni di sorta, non abbiamo aiuti di stato e siamo anche tra quei pazzi che pagano le tasse e cercano di comportarsi correttamente.
Oltretutto è una azienda famigliare portata avanti da raccomandati entrati in azienda in quanto parenti del "padrone".
Insomma la schifezza assoluta.
E non ci sono particolari barriere d'ingresso. Basta avere dei buoni tecnici in grado di mettere assieme un progetto (se ce la facciamo noi, via non sarà difficile no?) e due soldini per fare un po' di investimenti.


Dovrebbe essere un gioco da ragazzi.

Eppure vedo gente (manager compresi, anzi per primi) che parla, parla, parla e spara sentenze. Ma che stranamente non si mette a fare l'imprenditore.
Le scuse saranno le solite, "le banche non aiutano", "il mercato è bloccato" ecc ecc, le solite scuse. Se mi lamento io o altri siamo dei lamentosi sempre lì a lagnarsi.
Ma certamente per loro è diverso.



Eppure per un manager capace e con i contatti giusti non sarà difficile far partire in quattro e quattr'otto un'azienda di successo. Cosa ci vuole?
E ci sono tanti manager che l'hanno fatto e ce l'hanno fatta (Colaninno per parlare di uno famoso, faceva il manager di De Benedetti, ma ne conosco molti altri).

Ci sono tante altre persone che ci provano ogni giorno, magari con poche risorse e confidando nelle loro idee, partendo da dipendenti, neppure da dirigenti.

Ma la maggior parte restano allenatori da bar, capaci di parlare davanti ad un caffé corretto grappa e poco più.
Insomma come si dice, al solito "son tutti finocchi col culo degli altri".

giovedì 17 giugno 2010

Grosso quanto?

Quando eravamo ragazzi era in voga un giochino su certe dimensioni.
Il tempo passa ma in fondo non cresciamo mai.

La crescita dimensionale delle aziende sembra essere il "must", siamo passati da piccolo è bello a "crescere, crescere".

Ma come da ragazzi abbiamo imparato che le dimensioni non sono tutto, dovremmo ricordarcene anche quando parliamo di aziende.

Grande o piccolo è relativo, posso fatturare 20 milioni ed essere piccolo e fatturare un milione ed essere grande.
Estremizzando se faccio pasta e fatturo 20 milioni di fronte a Barilla sono piccolo, se faccio 1 milione con il formaggio di fossa probabilmente sono grande (sparo a caso non ho idea del business totale del formaggio di fossa).

Questo per fare capire che le dimensioni piccole o grandi non sono significative, se non le rapportiamo al settore di appartenenza e che ci sono fior fiore di aziende "piccole" che magari fatturano tra i 5 e i 10 milioni e sono tra i leader mondiali del loro prodotto di nicchia.

Il problema della dimensione nasce quando il mercato mi richiede dei servizi di un certo tipo, che sono quelli standard del mio settore, e che per riuscire a finanziare devo spalmare su un fatturato adeguato al settore.

Per l'export è più un problema di mentalità e attitudine che di costi, per cominciare non servono cifre folli. Certo, se uno è un artigiano è difficile, ma se parliamo di aziende appena appena strutturate si può partire anche con cifre affrontabili.

Il problema principale è poi quello dell'innovazione e della capacità di investimento.
Anche noi, anni fa, abbiamo abbandonato una linea di prodotti perché eravamo troppo piccoli per competere e richiedeva una quantità di investimenti fattibili solo con volumi che noi non raggiungevamo.
Ma l'innovazione, in molti settori, è (ancora) spesso più un problema di persone ed attitudine che di soldi. Le buone idee possono venire anche alla piccola azienda, e permetterle di crescere.

C'è poi l'opportunità, importante, di fare rete per chi produce sottosistemi, ma per quello mi darò ispirare successivamente.

mercoledì 16 giugno 2010

Confusione

Secondo me ormai c'è un po' di confusione.

La mia impressione è che i padri costituenti con "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro." intendessero una cosa diversa da quello che pensa la gente.

Secondo me intendevano che la gente deve lavorare, magari in parte anche per lo sviluppo e il bene comune.

Oggi spesso si scambia il "lavoro" con l'avere uno stipendio e cercare di fare il meno possibile. Ci sono anche diversi libri di discreto successo in proposito.

Peccato che lo stipendio sia il corrispettivo del lavoro e della produttività, quindi se il lavoro non è produttivo e non si paga:
  1. o nessuno misura e non si capisce bene chi paga
  2. o troviamo qualcun altro che con il suo lavoro compensa il nostro non lavoro
  3. o sul medio termine il nostro posto, non produttivo, sparirà
 a voi la scoprire l'applicabilità delle tre opzioni in varie situazioni Italiane.

PS lo so che la produttività dipende anche dalle scelte aziendali ma l'esperienza mi dice che le persone in gamba e che sanno nuotare sono le prime che abbandonano le barche che fanno acqua.

martedì 15 giugno 2010

Controllo per chi?

Qualche giorno fa si discuteva su Friendfeed sui problemi per avviare una Srl, si parlava di capitale sociale.
Per inciso non ero d'accordo sul poterla fare con un capitale inferiore al minimo attuale (dovrebbe essere 10.000 Euro).

Ma uno dei grandi ostacoli per una capitalizzazione adeguata è il collegio sindacale.
In pratica o si porta il capitale ad una cifra veramente elevata, ma se si è nei dintorni della soglia non conviene.
Non conviene sia per un problema di costi (il collegio è relativamente caro per una PMI) sia perché comunque c'è un maggiore controllo, e, da quando sono aumentate le responsabilità dei sindaci, i controlli sono fatti seriamente e a volte possono essere visti come una rottura di scatole dall'imprenditore.

Secondo voi avere già un controllo in azienda serio porta un qualsiasi beneficio per l'azienda?
Pensate bene: nessuno.
Così come essere certificati per iso di qualità, ambiente, sicurezza non porta alcun beneficio all'azienda.

I controlli vanno fatti, è una cosa sacrosanta, anzi in Italia se ne fanno troppi di forma e pochi di sostanza, ma non sarebbe bene che chi ha già un controllo avesse un qualsiasi beneficio rispetto a chi non li ha? Anche solo per compensare i maggiori costi che sostiene per un controllo che è continuativo e non spot come quello delle istituzioni.

Il Collegio Sindacale poi è un limite alla crescita della capitalizzazione delle aziende in un momento in cui dovremmo favorire l'opposto.

E allora, che so, rendere deducibili completamente gli interessi passivi, le auto (responsabilizzando il collegio sulla inerenza), rendere più flessibili gli ammortamenti e cose di questo genere potrebbe essere una via.

PS lo so che il collegio, soprattutto  nelle società pubbliche è un bel business. Non ho detto di abolirlo, ma di trovare una compensazione.

domenica 13 giugno 2010

Quale Cina?

Come spesso accade quando si parla di qualcosa si tende a generalizzare.
Un po' come quando si dice che gli imprenditori evadono le tasse.
Sono affermazioni frutto da una parte del sentire comune o di "medie" tra le varie sfumature.

Ma il mondo, notoriamente, non è bianco o nero ed esistono infinite sfumature di grigio.

Per la Cina vale lo stesso discorso.
Esistono oggi tante Cina, come esistono, chi può negarlo, diverse Italia.

Nel mondo del business per quella che è la mia esperienza la Cina è molto simile all'Italia.

A fianco di aziende che sono cresciute e sono attori importanti sul mercato globale, con propri reparti di R&D, di progettazione, di marketing, organizzate come vere aziende esiste tutto un sottobosco che vive ai margini della legalità.

Per intenderci, aziende come l'ormai tristemente nota Foxconn sono quasi sicuro che non fanno copie, pagano poco, ma in modo allineato al mercato locale i dipendenti, ha una sua struttura.
E producono prodotti di buona qualità-

Poi ci sono migliaia di aziende del sottobosco che operano ai limiti (per non dire oltre) della legge.
Sono piccole aziende che schiavizzano i dipendenti, vivono di copie, di prodotti di pessima qualità, magari contenti materiali dannosi per la salute.
Non molto distante dall'Italia di un po' di anni fa, e per certi versi, in alcune zone, anche di quella di oggi.

Di quale Cina parliamo allora quando, come nei commenti di qualche recente post si accusano gli imprenditori italiani di non voler accettare la concorrenza?

Dai dati che ho produrre con qualità comparabile alla nostra costa, in Cina, tra il 30 e il 40% in meno (almeno nel metalmeccanico) che, intendiamoci, è moltissimo.
Ma ben lontano da quell'80% in meno che a volte si vede sul mercato.

Il problema di noi piccoli è che come concorrenti ci troviamo questi piccoli fuorilegge, non le aziende serie ed organizzate.
Ed è questo che ci fa alterare.
Ma vale non solo per le aziende cinesi. Chi lavora non in regola in Italia, parimenti, ci fa concorrenza sleale.

Noi la nostra parte la facciamo, e se non la facciamo il mercato ci punirà.
Ma vorremmo competere senza trucchi.

venerdì 11 giugno 2010

Trolling

La voglia di mettere la registrazione per commentare è forte.
Ma resisto.

Però fatemi un favore personale, inventatevi uno pseudonimo e firmate, anche Alan Ford, Paperoga o Gastone va bene. Spesso non partecipo ai commenti perché c'è una fila di anonimi e basta.

Fai ciao ciao con la manina

Mi sono definitivamente stufato.
Stufato di leggere che la principale occupazione del Governo (oltre a rubare, naturalmente) è quella di difendere gli interessi personali del Presidente del Consiglio, dei ladrones che lo circondano, di gente che ormai si pensa intoccabile.
Il mondo sta collassando e il pensiero in Italia è porre la fiducia per le intercettazioni?

Ci avevo sperato, per un momento, tanti anni fa. Che un po' di liberismo potesse arrivare in Italia.
Finita l'illusione un opposizione anti-industriale e incapace mi faceva turare il naso e immaginare fosse il male minore.

Adesso basta però, qui non è più questione di turarsi il naso, la cacca è ben sopra il naso ed è impossibile difendersi.

Egregio Presidente del Consiglio se fare politica (che è l'arte di mediare e studiare scenari) non le piace, si levi dalle palle e torni a comandare nella sua azienda.
Anzi, facciamo una cosa, si levi dalle scatole e basta che ogni giorno che passa Lei e i quaqquaraquà che la circondano sta facendo di tutto per confermare tutto il male che si dice di Lei.