Essere qui in ufficio mi fa pensare che stiamo sempre più andando verso una società "aperta" 24 ore 365 giorni all'anno. Già la globalizzazione ti porta a ricevere email a qualsiasi ora del giorno.
Per il commercio l'aumento dei centri commerciali ha ampliato molto gli orari. Da un lato per chi ha orari strani come i miei è comodo, dall'altro ci sono due controindicazioni.
Una è il disagio per chi si trova a coprire un certo tipo di turni (tipo la domenica) e ha una famiglia (magari col coniuge che fa orario settimanale normale).
Il problema è abbastanza chiaro, e porta disagio in famiglia.
L'altro è la difficoltà che questo porta allo schema tradizionale del nostro piccolo commercio.
Visto il mio lavoro mi interessa l'analisi competitiva che riguarda i piccoli negozi. Tradizionalmente sono portati avanti dalla famiglia, la nuova situazione li mette in difficoltà perché presuppone un impegno costante e un forte disagio affettivo.
Il maggiore impegno deve essere anche remunerativo, se occorre lavorare in due o tre bisogna che i guadagni coprano due o tre stipendi, il volume d'affari deve crescere.
In questo sono favorite le "catene" che basano tutto su numeri diversi, hanno personale assunto (magari in part time) per coprire le ore di punta.
Il piccolo negozio si trova in svantaggio competitivo: può tenere aperto l'orario tradizionale (e rischia di perdere clienti che si abituano ad andare in altri negozi) o fare lo sforzo con tensioni se il business non è poi di successo.
Oppure finirà come a Londra con i minisupermercati degli indiani che in negozio ci vivono. Ma per accettarlo ci vuole una "fame" che molti nostri commercianti non hanno più.
martedì 7 agosto 2007
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5 commenti:
a me pare una forbice che sta divaricando le prospettive di "sopravvivenza" di molte aziende in settori diversi.
aziende che competono su mercati internazionali e che JIT o kanban o lean "vorrei ma non posso" ammesso che sappiano cos'è finiscono per scaricare sui subfornitori le proprie inefficienze o le proprie "incompetenze" innestando una selezione al contrario.
Non e' solo questione di "fame", specialmente quando i tuoi sforzi vengono annullati dalla lungimiranza di un tale che decide di chiudere una strada "perche' all' estero vanno tutti in bici".
In America il 24 x 365 è conseguenza, oltre che della grande distribuzione, della presenza di molteplici etnie sul territorio. Per esempio ricorrenze differenti per religioni differenti portano a periodi di riposo differenti.
Da consumatore non posso che essere favorevole dato che, anche io, ho spesso orari strani.
io sono molto favorevole al 24x365 .
Per quanto riguarda il primo punto: il coniuge che fa il turno weekend dovrebbe essere solo grato al 24x365 in quanto è proprio grazie a questo che ora ha un lavoro e porta a casa i soldi. Il disagio sarebbe molto più grosso se non avessero i soldi per andare avanti forse..
Per quanto riguarda il punto due, è normale fa parte del creative destruction ..
Ricordo a Milano, fine anni '80, quando il Comune decise di pedonalizzare Corso Vittorio Emanuele (la strada che va dal Duomo a San Babila)e di consentire l'apertura domenicale dei negozi. Apriti cielo! Riunioni in Confcommercio con l'Associazione di Via fino a notte fonda, tutti a dire ma come si fa, non è possibile, ecc. Io sostenevo che si trattava invece di un'opportunità. Oggi è un'isola pedonale favolosa ed i vecchi negozi hanno ceduto a colpi di miliardi alle catene tipo Zara. Non si può considerare il commercio come una realtà statica, tutto muta, evolve; ma i piccoli negozi hanno un futuro, eccome, solo devono specializzarsi. Sarebbe come dire che le grandi immobiliari uccidono i piccoli imprenditori edili. E' chiaro che non è così.
L'equivoco secondo me sta nel nastro orario. Ma chi l'ha detto che tutti i negozi debbano aprire alle 8.30/9.00 del mattino e chiudere alle 19.30? ma chi mai andrà in libreria al mattino?. Ma perchè non aprire alle 12.00 e chiudere alle 22.00 ? E poi perchè aprire tutti i giorni? a Trieste tutti i negozi sono chiusi il lunedì e non è nemmeno detto che sia la soluzione migliore. Slittiamo gli orari,i giorni di chiusura, consorziamoci tra negozianti, ma soprattutto specializziamo l'assortimento. La grande distribuzione alimentare ha riscoperto le isole a servizio per il fresco, i salumi, la carne, il pesce. Questo offre spazi molto interessanti al commercio tradizionale DI QUALITA'. Lo stesso dicasi per il no food, casalingo, tessile, ecc. I grandi Mall fuori città sono di una noia incredibile, tutti uguali, tutti con gli stessi brand, identici assortimenti, stesse promozioni. Ci sono praterie estese da coltivare per il piccolo commercio di centro città. Certo che se succede come a Livigno dove un turismo mordi e fuggi giornaliero si trova TUTTI i negozi chiusi dalle 12.30 alle 14.30. Ma lì credo vi sia una complicità esplicita con i ristoratori. Però è un errore, chiudere tutti mentre vi è il massimo di clienti per strada non mi sembra molto intelligente.
Un riflessione sul part-time verticale tanto odiato dai sindacati. Ricordo le battaglie per introdurlo maggiorato pure di un 10% di costo. Eppure molte donne sposate con figli che non hanno la possibilità di lavorare, gradiscono molto poterlo fare nei weekend quando il marito a casa può tenere i figli. E si tratta di un aiuto non marginale al bilancio domestico. Capisco il problema della qualità della vita e dei rapporti familiari, però... primum vivere..deinde philosophari..
Non credo invece che i negozi tipo gli indiani di Londra attecchiranno mai da noi, semmai è più probabile lo sviluppo di shop automatici aperti 24 ore, ci sono già alcuni esempi.
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