mercoledì 14 marzo 2007

Difficile fare il tutor

Sono uno strenuo sostenitore del fatto che un capo debba fare il coach e il tutor.
Ottimo e bellissimo, fa crescere le persone, crea un buon clima in azienda, motiva le persone.

Ma al capo chi ci pensa?
Avete presente quanto è difficile fare il coach? Alla fine i problemi di tutti diventano i tuoi, devi essere competente, capace, sapere un pò di tutto quello che succede, allenare le persone a trovare le soluzioni facendogli intravedere la strada e cercando di fargli fare il ragionamento che lo porta a sceglierla.

E il tutor? Devi occuparti della persona oltre che del collaboratore, pensare al suo benessere psico fisico senza però essere invadente, devi farlo sentire protetto ed essere capace di riprenderlo in modo costruttivo e motivante.

Oltretutto vale sempre il vecchi detto del dito e braccio, se li "coccoli" vorranno sempre di più.
E magari alla fine dopo tutto questo sforzo ti trovi davanti quello che se ne va per cento euro in più o per avvicinarsi a casa o perché in un altro posto gli offrono mari e monti (all'assunzione le promesse van via facile).

E il capo chi lo aiuta?
Avete presente lo stress e la quantità di problemi, variabili, cose che uno si trova a dover gestire? Certo ci pagano per quello. Ma in certi momenti la pesantezza diventa quasi insostenibile.
Se poi si lavora con persone della famiglia diventa difficilissimo gestire l'equilibrio tra il rapporto di lavoro (se sbagli devo riprenderti) e quello affettivo (ma non c'entra nulla col fatto che ti voglio bene).

E volete mettere quanto è più facile usare il vecchio sistema delle urla e del "fai così perché lo dico io"?

Ma io sono testardo e un gran romanticone. E la storia mi dice che molti di quelli che ci hanno lasciato ci hanno rimpianto.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Carissimo Imprenditore,
Oltre a quello che dici [fa crescere le persone, crea un buon clima in azienda, motiva le persone] è, come saprai, il principio basico della delega; se oggi ti assisto mi libero di un attività domani. Anche nel mio lavoro mi trovo spesso a dover motivare e sostenere le persone senza che altri sostengano me e devo sempre trovare dentro di me le motivazioni ed il sostentamento all'azione. Certo non sempre è facile ma sono convinto che nel lungo periodo paghi sostenere gli altri e che sia un modo per crescere interiormente e professionalmente.
Auguri e vuon lavoro.
Un abbraccio.
Pier Luca Santoro

Anonimo ha detto...

Splendido post, mi ci sono riconosciuto; una domanda, cosa fai se qualcuno chiede di rientrare in azienda ? a me è successo. Ci sono due scuole di pensiero, chi se ne va è per sempre (vedi IBM) e chi dice che uno rientrato è di esempio a tutti gli altri. Tu come ti comporti?

Anonimo ha detto...

Caro imp. l'"assistenza" è propedeutica al processo di delega ma poi la gente deve camminare con le proprie gambe, se ce la fà bene senno si cambia perche, come dice il proverbio, la mamma premurosa fà la figlia lamentosa. Per quanto riguarda i parenti in famiglia già se ne è parlato, ma all'uopo amo sempre ricordare un detto di mio padre in proposito: " fuori le donne dalla società.." Estremo? Maschilista? Forse, ma nel suo estremismo ha un fondo di verità e ragionevolezza.

Saluti
Omar

Anonimo ha detto...

"E magari alla fine dopo tutto questo sforzo ti trovi davanti quello che se ne va per cento euro in più o per avvicinarsi a casa o perché in un altro posto gli offrono mari e monti "

il problema é che, ormai, ci sono logiche che anche i lavoratori hanno adottato.se essere lavoratore dipendente significa vendere un servizio e porsi sul mercato, allora si adottano tutte le strategie tipiche dell'impresa.
quale imprenditore non mollerebbe un cliente in favore di uno che, per lo stesso prodotto, lo paghi il 10 % in più?

quale imprenditore non cambierebbe sede se quella nuova gli permetesse un risparmio sui costi vivi del 20-30% ?

i concetti romantici del " siamo una grande famiglia" "crediamo ed investiamo in te perché crediamo nelle tue potenzialità" sono rimasti in un'epoca lontana, in cui un lavoratore entrava in un'azienda a 19 anni e ne usciva a 55.

finita l'epoca, finito anche il romanticismo.

Unknown ha detto...

A tutti.
Certo che è per delegare, se no cosa lo faccio a fare ;-) ciò non toglie che se vuoi far crescere le persone non si finisce praticamente mai.


@ Pier Luca
Sono d'accordo che sul lungo paga.
Ma l'è dura come mi confermi.

@ Pollodimare
Mai capitato, qui il turnover è basso e chi se ne è andato quasi sempre era per una nostra scelta cosciente (non incentivata ad andare ma non incentivato a restare), quindi poi non ci pensi neanche a riprenderli.

@ Omar
Donne qui tante, ma della famiglia in giro non ne vedo...
E se uno dopo un pò non cammina entra a far parte di quelli di cui dicevo a pollodimare.

@ Ultimo anonimo
Mica contesto il mercato, ci mancherebbe.
E la gente è libera di andare dove vuole.
Ciò non toglie che ti verrebbe voglia a volte di presentargli una fattura per la formazione.
Anche se come ho detto qui di gente che se ne va e vorremmo tenere poca poca se ne è vista.

Quello che contestavo (sono stato troppo stringato) è che si lasciano abbindolare dalle promesse. Spesso poi non mantenute. Ma ripeto che non è il nostro caso.
E il mio esempio era di 100 E pr uno che guadagna bene e per distanze accettabili, certo non con dfferenze abissali.

Anonimo ha detto...

Vorrei un tuo parere sulla mia teoria,
qui http://marketingpark.blogspot.com/2007/03/il-futuro-dietro-le-spalle.html

Ciao

TZ