martedì 18 settembre 2007

Multimandato

Chi scrive ha sempre considerato una forza della Confindustria il limite dei dei mandati.
Permette di avere sempre gente che viene (e sa di dover tornare) dalle aziende e non il Presidente professionista.

In politica al massimo livello non sono molto d'accordo.
La politica è un lavoro serio e difficile, non si può improvvisare. Lo dimostrano i tanti della "società civile" che hanno fatto pessime figure in quel campo.
Legificare è una cosa difficile e, anzi, proprio l'improvvisazione di molti attuali parlamentari è la causa di un pessimo livello di leggi ultimamente.
E continui cambiamenti non possono che fare peggio, occorre una certa professionalità e conoscenza del meccanismo.

Piuttosto metterei l'accento su due fattori.

Uno è la selezione, l'altro la riduzione dei parlamentari.
La riduzione porterebbe ad una maggiore responsabilizzazione e visibilità dei parlamentari.
Oggi la buona parte fa semplicemente il pianista,votando su ordine del segnalatore di turno, ma il loro contributo è basso o inesistente.
Avere invece 100/120 parlamentari permetterebbe di avere maggiore visibilità sul loro operato (ma oggi Prodi fra ministri e sottosegretari è già lì...) e attraverso la votazione sarebbe facile mandare a casa le persone che non si comportano come dovrebbero. Anche se non c'è il limite al mandato.
Collegi più grandi renderebbero più difficile la corruzione spiccia oggi presente a livello locale.

Il secondo fattore è quello della selezione.
Una volta uno faceva "carriera" controllato e formato dal partito, partiva dal basso e se era in gamba veniva fatto "crescere". Don Camillo, bravo sindaco, diventava parlamentare.
Non a caso i politici di maggior valore oggi (piaccia o no) hanno fatto tutta la trafila della carriera. E gente come Andreotti, Fini, Veltorni, D'alema o De Michelis, con tutti i loro difetti sono molto meglio di tanti improvvisati provenienti dalla "società civile".
Per i politici incapaci esiste il sistema del voto, se non sono validi si deve lasciarli a casa così.

A basso livello (comuni, provincie, regioni) invece sono per il limite ai mandati. Se sono un passaggio della carriera è giusto che ci sia un ricambio. E se uno è bravo farà carriera e andrà in parlamento, altrimenti sarà costretto a trovarsi un lavoro.
Ma se c'è uno veramente in gamba perché lo devo lasciare a casa?

6 commenti:

Marco ha detto...

sacrosanto.
ieri alla radio sentivo ricordare delle molte rielezioni di sir. W. Churchill che dai conservatori passò ai liberali e come liberale fu rieletto.
un tempo c'erano le ideologie, ora si butta tutto sulle persone. peccato che né le prime né le seconde possano supplire alla mancanza di idee.
questo casomai è il vero male italico. manca un'idea di quel che si vuole essere tra dieci, venti, cinquant'anni e di conseguenza, mancano gli uomini sulle cui gambe quelle idee possano fare strada.

Unknown ha detto...

Purtroppo si è persa la tensione ideale di costruire qualcosa per il futuro.

Oggi si costruisce solo quello che può essere inaugurato entro il mandato, possibilmente appena prima delle elezioni successive!

Anonimo ha detto...

Parole Sante.

Credo ci sia da dire purtroppo però che oramai anche nella Confindustria le conquiste avvenute dopo la svolta di Torino (1970) a cui tu fai riferimento si sono molto attenuate, sotto la spinta di una sorta di "neo-restaurazione" che dai primi anni '90 ha colpito le Riforme continuamente, facendo perdere a molti la vera "vision" di che cosa vuol dire essere un imprenditore e che cosa vuol dire far parte della confindustria.

Marco ha detto...

per molti, troppi, il rifermimento è rimasto il tempo della fame degli anni 40 e non il futuro da conquistare o il presente di chi sta meglio di noi. l'appagamento e l'ebrezza del boom passato ha impigrito la mente dei padri che han cresciuto figli come nobili decaduti (mio figlio/a non dovrà mai passare quel che ho passato io).
abbiamo anziani che hanno come metro di paragone un'era distante "secoli" e giovani che non sanno cosa vogliono perché non gli è stato insegnato il gusto di sfidare sé stessi per crescere, non gli è stato insegnato a voler qualcosa. per questi, finiti i soldi dei padri, sarà un risveglio amaro temo, dover crescere e maturare a quarant'anni quel che altrove s'impara nei primi venti. un prezzo che stiamo già pagando tutti quanti.

ho come l'impressione che il boom economico degli anni passati sia stata una pietanza troppo ricca e troppo grassa, consumata troppo in fretta dallo stomaco di un'italia contadina che non era culturalmente pronta.

secondo te abbiamo fatto indigestione?

Anonimo ha detto...

Per me la svolta è avvenuta con il '68, "il salario come variabile indipendente", "il 18 politico", "vietato vietare" e via sciocchezzando. E non ce ne siamo ancora liberati, nella scuola gli insegnanti sono in buona parte figli di quella (in)cultura. In più siamo il paese che fa meno figli NEL MONDO. Io sintetizzerei dicendo che purtroppo la ricchezza in molti strati sociali è arrivata prima della cultura, di conseguenza molti troppi non hanno gli strumenti per affrontare un periodo di dura recessione quale temo sarà nel prossimo futuro. Ciò darà spazio a tribuni, mestatori e arruffoni e non è una profezia ma la triste constatazione di questi giorni.

Marco ha detto...

pollo
insomma un periodo in cui a sparar cazzate saranno in molti ad avere il grilletto facile ;)