Nell'arte del management i segnali e i comportamenti sono più importanti delle parole.
Mi spiace trovarmi in compagnia di Bertinotti, ma devo dire che Marchionne mi piace sempre di più.
Con l'occasione rispondo anche ad un commento di Marco S. su un mio post che mi diceva spiegami perché epurare i bugianen porta bene alla fiatte.
Cito a memoria perché non so se saprei ritrovare il libro in cui l'ho letto. Fiat è stata sempre organizzata alla "Savoia" e in modo molto simile a quello militare. Non a caso c'è una tradizione militare negli Agnelli, Gianni e senior.
Quindi rigida catena di comando, struttura piramidale e "caste" a seconda del livello. Mi narravano che alle cene dove c'era molta dirigenza Fiat comunque i tavoli erano divisi per "livello" quindi un middle manager non poteva in nessun caso sedersi con un top manager. Un pò come la mensa ufficiali, sottufficiali e truppa.
Unito a questo la scuola ufficiali era considerato un ottimo bacino per andare a cercare il management e per abitudine si sono sempre preferiti i piemontesi, permeati del mito Fiat e psicologicamente adatti a quel tipo di organizzazione.
La presenza di uno come Romiti (che come intelligence certo batteva 100 a 0 quei quattro polli di Telecom) non migliorava certo la situazione. Per lui l'auto era probabilmente una rottura di palle. Non a caso fece fuori Ghidella (certo non uno stinco di santo come molti a quel livello) che voleva una Fiat auto-centrica e nel suo mandato seppe dare una chiara impronta di prodotto con auto di livello tipo la Duna.
Torniamo all'oggi. Dicevo che i segnali sono importanti.
Già il marketing si è evoluto con ottime iniziative come il blog di lancio della Bravo.
Presentarsi all'appuntamento con gli analisti in maglione (cosa normale in Usa) è un segnale.
Dire "sono un metalmeccanico" è un segnale.
Ma con una situazione come quella raccontata prima che l'amministratore delegato, un sabato si presenti insieme a diversi suoi collaboratori a vendere le auto è una specie di bomba atomica.
Immagine? Certo, ma anche segnale per tutti i dipendenti e il mercato.
Anche nelle piccole aziende troppo spesso l'imprenditore o il management si chiude in ufficio e nulla sa del processo per il quale il suo prodotto è poi venduto sul mercato.
Non parlano con le persone che acquistano il prodotto per capire perché hanno preso quello e non quello di un concorrente.
Andare in mezzo ai clienti per un'azienda come Fiat è il segnale che occorre cambiare strategia (e molto è stato fatto) e fare macchine per i clienti, non che piacciono ai tecnici o peggio che hanno una strategia solo di costo.
E spero che il fatto che l'Ad di Fiat "scenda in strada" convinca i troppi che stanno chiusi in ufficio a farlo. Quanti hanno mai provato ad andare ad acquistare un proprio prodotto in modo anonimo? Provare per credere.
domenica 11 febbraio 2007
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6 commenti:
cavoli imprenditore, quando uno dice le coincidenze!
proprio nei giorni precedenti la tua risposta sulla fiat (a proposito, grazie) ho letto un libro che dà una immagine vividissima di cos'era il modello a cui si è sempre ispirata la fiat, cioè - come hai ricordato tu - l'idea "alla savoia" dell'esercito, della disciplina, ecc. ecc.
si tratta del libro intitolato Takfir - Cronaca dell'ultima battaglia di Alamein di Paolo Caccia Dominioni e Giuseppe Izzo, editore Mursia (ristampa del 2007)
quello che tu descrivi - e le conseguenze! - è descritto nei minimi dettagli in questo diario della battaglia di El Alamein e della successiva ritirata scritto dai comandanti di due unità italiane che vi presero parte: un battaglione guastatori e un battaglione paracadutisti della divisione Folgore
dopo la lettura (e a maggior ragione, dopo la tua risposta che conferma l'influenza pestifera di un certo modo di comandare anche in campi apparentemente lontani dalla vita militare...) mi viene il - cattivo - pensiero che forse non era Mussolini che andava appeso a un distributore di benzina...
Grande Caccia Dominioni! Un Uomo come pochi nella nostra storia. Non stupisce che sia sconosciuto ai più. Difficile, anzi: impossibile trovare dei paragoni al giorno d'oggi in Italia.
Li accanto, sulla pensilina del distributore - posto che una cosa del genere proprio non si potesse evitarla - avrebbe fatto la sua "bella" figura anche colui il quale, singola persona o organismo aziendale, decise di mantenere in produzione e di vendere i CR42 (e quindi anche chi li comperò) non che i Carri M13 e quelli delle seire L, tanto per fare degli esempi. Non solo: si fece in modo, in Azienda, di rifiutare la costruzione su licenza dei Panzer tedeschi, adducendo - vere o presunte non saprei di preciso - problematiche soprattutto economiche. Questo rifiuto coinvolse poi a catena tutti gli altri industriali.
Col risultato che migliaia di ragazzi andarono a combattere su dei mezzi totalmente inadeguati.
Il giovane avvocato combattè in cavalleria, ed in Nord Africa era su delle Autoblinde SPA (cioè FIAT). "Curiosamente" l'unico mezzo blindato degno di nota che la nostra industria seppe mettere a disposizione del Regio Esercito.
Saluti
carissimo fb, vista la tua approfondita conoscenza di crimini di guerra della fiat (perché questo sono!) potresti dirmi dove - se possibile - leggerne qualcosa ?
e - sempre a proposito di crimini di guerra - sai dirmi chi era l'impresa costruttrice delle mine V3 di cui parla Caccia Dominioni nel suo libro Takfir ?
Fiat: difficile dare indicazioni precise. Si tratta di informazioni e impressioni ricavate da tanti anni di letture inerenti la seconda guerra mondiale e il Regio Esercito Italiano. Potrei aggiungere, a completare il quadro, che se la memoria non mi tradisce, la Lancia era pronta a costruire i motori per i Panzer su licenza Maybach. Invece tutto sfumò perchè...
Mine: prendila con le pinze perchè non sono riuscito a trovare informazioni certe. Potrebbe trattarsi della Valsella. Ma, ripeto, non ne sono certo. Oppure potrebbe essere stata anche autoprodotta dal R.E. in una delle sue officine/arsenali.
Curioso, infine, come uno degli eroi di Alamein, coautore, come "Eques" in alcuni casi, di alcuni libri con Caccia Dominioni, e cioè il Conte Bechi Luserna, caduto poi per mano amica in Sardegna per l'8 settembre, abbia legato poi la sua discendenza a quella degli Agnelli. La figlia di Bechi Luserna, giovinetta, venne adottata da Piaggio. Sposò Umberto, fratello di Gianni.
carissimo fb,
grazie per la risposta
visto che sembra interessarti la storia della seconda guerra mondiale ti segnalo un articolo in inglese di Jacques R. Pauwels presente sul sito www.globalresearch.ca
titolo dell'articolo è: Profits uber Alles! American Corporations and Hitler
l'articolo è molto interessante perché mostra come buona parte dell'industria bellica del terzo reich PRIMA e DURANTE la guerra era di proprietà... americana (!)
insomma, l'alleato italiano rifiutava di produrre quegli armamenti che il nemico americano produceva su larga scala !!!
vedi come è strana la vita...
Ciao
Marco S.
p.s.: se non fosse per l'imminente approvazione della "legge Mastella" (un ossimoro perfetto!) ti potrei segnalare che nell'articolo in questione risulta come, fra le multinazionali USA che producevano per la guerra di Hitler, ce n'era una di proprietà di una certa famiglia appartenente ad un-piccolo-popolo-che-ha-tanto-sofferto... comunque se leggi l'articolo lo vedrai da te...
Grazie della segnalazione, leggerò con interesse.
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