Il Corriere della Sera, ormai schierato, scende in difesa del progetto di tassazione dei guadagni finanziari (le rendite sono un'altra cosa) con un editoriale di Giavazzi.
Ho già spiegato come, a mio parere, ciò possa avvenire solo tassando tutti i Titoli di stato, non solo quelli di nuova emissione. Giavazzi conferma (Prodi nega).
E' indubbio che oggi ci sia, ad una prima occhiata, uno squilibrio tra la tassazione sui redditi personali (che è decisamente troppo alta) e quella sui guadagni finanziari (che andrebbe magari divisa in speculazione e investimento, questo si).
Non accetto però il ragionamento di Giavazzi "Quando lo Stato tassa i cittadini più poveri per pagare gli interessi sul debito pubblico preleva il 23% (l’aliquota minima sui redditi da lavoro) e lo trasferisce per lo più ai ricchi, i quali, sugli interessi che percepiscono, pagano solo il 12,5%". Solita demagogia cattocomunista!
Lo stato semplicemente paga un bene (il denaro) a qualcuno disposto a fornirlo non a caso poi dice " Infatti la gran parte dei titoli pubblici è detenuta da investitori istituzionali".
Allora Giavazzi si decida: i poveri finanziano i ricchi o le banche e i fondi?
E che colpa ne ha chi ha risparmiato se vuole che il suo bene gli venga pagato da chi ha fatto la cicala e la cicala si rivale sui deboli?
Come al solito basta giustificare la propria tesi e si usano diverse visioni giocando con le parole.
E' come la storia del reddito netto di 79.000 euro che ha un aggravio di solo 456 Euro, pur sempre lo 0,5%, poco, ma non nulla, il25% dell'inflazione.
Come da più parti detto non vanno però dimenticati alcuni fattori:
1 - parte del rendimento dei titoli di stato serve a coprire l'inflazione, i rendimenti netti degli ultimi anni (tolta tassazione e inflazione) sono risibile se non perdite
2 - la gente guarda i guadagni netti, aumenta la tassazione, occorre aumentare i rendimenti (e infatti gli incassi si fanno su quelli già emessi)
3 - i mercati finanziari stanno diventando sempre più globali, non a caso molti fondi di investimento sono stati spostati in paesi con regimi fiscali più favorevoli, maggiori tasse significa impoverimento della borsa italiana e del settore finanziario in Italia. Certo che i lavoratori del settore sono già molto mobili e non è un problema, ma ci sono fior fiore di paesi che hanno fatto esattamente il contrario (diminuzione della tassazione) e hanno fatto del settore finanziario un buon volano per la crescita.
4 - l'aumento della tassazione sui guadagni di borsa disincentiva l'investimento nelle azioni. Esattamente il contrario di un paese avanzato che dovrebbe incentivare il mercato dei capitali. Chi lo fa fare a Ferrero (per fare un esempio di cui ho letto in questi giorni) di entrare in borsa se poi si rovina di tasse sulla plusvalenza che realizza? Questo sposta certamente i risparmi dagli investimenti alle rendite.
5 - come ricorda Steve le "rendite" derivano dal risparmio, il risparmio quando ero bambino era considerato un pregio, oggi forse è meglio avere una tonnellata di debiti che dei risparmi, visto che che poi se uno risparmia diventa una mucca da mungere.
6 - beati gli evasori, che i soldi li hanno all'estero e magari investiti in borse a bassa tassazione.
Alla fine la realtà è che certi vizietti e certi meccanismi mentali la sinistra e i cattolici non li hanno persi, quindi il ricco non è ricco perchè ha lavorato e risparmiato o ben investito, i soldi sono una roba sporca e qualche magagna se li hai l'hai fatta, almeno quella di sfruttare i tuoi collaboratori, quindi vai punito.
Per questo, mi si consenta ;-), continuo a credere che un imprenditore non possa essere di sinistra.
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