Tanti fallimenti, 25% nel commercio: "un'impresa su 4 tra tutte quelle fallite lavorava nel commercio".
Purtroppo ormai anche per gestire un piccolo negozio occorre una certa professionalità.
Occorre capire un minimo di quello che si vende (e non sempre accade) di marketing ma anche di finanza (per capire come funzionano i flussi) e di bilanci.
Non sono più i tempi della boutique all'amante..
Eppure a molti quando parli di queste cose ti guardano male e l'aria è "cosa vuoi saperne tu".
lunedì 17 aprile 2006
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5 commenti:
Il dramma del commercio italiano è un pochino più complesso e viene da lontano, da quando nel dopoguerra per ridurre una forza lavoro in agricoltura sproporzionata la politica (leggi DC) decise di dirottarne una parte nel terziario (leggi piccolo commercio). Con un corollario importante, bloccare la crescita della distribuzione moderna. Questa politica andava benissimo anche al PCI che nelle regioni da lui controllate bloccò qualsiasi apertura della GDO salvo le Coop che controllava direttamente.
Conseguenza la GD in Italia non esiste più (sparita Standa, venduta Coin, Upim ai francesi) e quella alimentare sempre più in mano agli stranieri. Non parliamo delle grandi superfici (ipermercati) dominio dei francesi. Il problema è che le catene straniere veicolano i loro prodotti a scapito di quelli italiani (Confindustria se ci sei batti un colpo), provate a fare un controllo presso un qualunque Carrefour o Auchan. E nonostante ciò alla fine i negozi tradizionali sono ancora troppi, ne dovranno sparire o riconvertirsi almeno un altro milione !! ma è un dramma passato nell'assoluto silenzio e disinteresse della politica e della stampa. Il commercio viene ricordato solo quale causa di inflazione...quale immensa cecità e scempiaggine.
Dal punto di vista industriale il problema è che il piccolo commercio è il contraltare della piccola industria.
Con milioni di negozi si trova sempre il negozietto disposto a comperare il tuo prodotto, affrontare Auchan richiede investimenti che i piccoli non si possono permettere, capacità di interfacciarsi a realtà del genere in primis. Poi servono strategie di brand, pubblicità, merchandising, capacità di sopportare pagamenti lunghi ecc ecc
Ecco perchè forse la situazione andava bene a tutti.
Gli spazi anche per il piccolo commercio ci sono, quello che serve è maggiore professionalità e capacità strategica.
Ad esempio molti non hanno capito la forza dei centri commerciali e nei tempi buoni non hanno accettato di aprire anche un negozio lì, adesso stanno arrivando le grandi catene e diventa difficile trovare gli spazi.
In compeso moltissimi vanno in franchising e nel centro città se guardi i negozi ormai potresti essere a Bangkok come Londra come Milano. Sempre gli stessi marchi.
L'appiattimento dell'offerta causata dal franchising e la conseguente mancata segmentazione provocano lo spaventoso effetto di una distribuzione indifferenziata, omologata ormai ovunque da Voghera a Tokio. E non riusciamo a valorizzare i centri commerciali naturali che sono i nostri centri storici...pieni di uffici pubblici e quindi automobili e sempre più vuoti di attività terziarie; la sera e la domenica sinistri cimiteri. Ma è un argomento che da solo meriterebbe un blog.
Appunto.
Gli spazi ci sono, troppo spesso mancano le capacità strategiche di vederli e riempirli.
A mio avviso è anche vero che non dipende esclusivamente dal commerciante. Per il piccolo negozietto che distribuisce il piccolo marchio è dura combattere contro il marketing serrato e onnipresente del grande franchising. La nicchia di consumatori magari ce la si può ritagliare nelle grandi città ma, nei piccoli centri, la vedo cosa di difficile attuazione.
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